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Non appena uscì, tirò un sospiro di sollievo. Non seppe bene per cosa, non seppe bene perché, ma si sentì davvero sollevato da qualcosa. E lo sapeva, eccome se lo sapeva, che c'entrava quel maniaco suicida del suo compagno. Lo sapeva che quel sospiro riguardava lui. Lo sapeva, eppure non voleva ammetterlo.

Velocemente uscì dal palazzo e andò nel bar che aveva menzionato prima. Ovviamente si riferiva a quando l'ultima volta erano stati lì insieme, subito dopo la missione che avrebbe dato inizio al caso di James Joyce. Arrivare prima di Dazai, ubriacarsi, e non capirci più niente di quello che gli avrebbe spiegato. L'idea lo allettava, ma non abbastanza. Voleva rimanere lucido mentre riceveva le sue informazioni. Mentre veniva a conoscenza di tutto, o quasi.

Entrò in quel locale e prese posto ad uno dei tavoli più appartati, il più adatto per le conversazioni top-secret. Non che quella lo sarebbe stata, ma non si sapeva mai. Magari Dazai gli avrebbe dato informazioni davvero da tenere nascoste.

In ogni caso, voleva essere sicuro che fossero da soli e tranquilli, quella volta. Voleva guardarlo negli occhi mentre lo ascoltava, voleva vedere il suo sguardo.

Iniziò a picchiettare sul tavolo la punta delle dita con fare ansioso, quanto ci metteva quell'idiota?

È vero, era corso lì più veloce che poteva per essere lui ad aspettarlo, ma non così tanto.

L'ultima volta che ha ritardato, Dazai...

Proprio mentre faceva quel pensiero, ecco apparire dall'ingresso la figura slanciata e avvolta dalle bende che attendeva. Distolse lo sguardo verso un punto nel nulla, e dopo pochi secondi lo vide sedersi di fronte a lui, con aria tranquilla.

«Finalmente.» mormorò Chuuya, alzando gli occhi verso Dazai.

«Oh, che tono sgarbato, Chuuya!» sbuffò l'altro in tutta risposta, battendo le mani sul tavolo.

«Ho aspettato te per prendere il mio vino. Dovresti ringraziarmi.» ringhiò Chuuya, facendo una smorfia e alzando una mano verso il bancone.

«Ringraziarti per cosa? Per non esserti ubriacato? È nel tuo interesse, non di certo nel mio.»

Rimase in silenzio. Iniziava a mancargli la pace che in quei sette giorni lo aveva avvolto. Anche se era straziante, in certi momenti, non avere qualcuno a ribadirgli quanto fosse stupido. No, ora che ci pensava.. Non lo era per niente.

«Comunque, cosa vorresti che io ti spiegassi?» continuò Dazai, fissandolo con un sorriso stampato in viso.

Gli dava volontariamente fastidio con quella smorfia semidivertita, lo rendeva più tranquillo vedere come Chuuya si innervosiva alle sue espressioni. Significava che almeno, dopo tutto quello che avevano passato, qualcosa era tornato normale. O si illudeva soltanto che tutto fosse tornato normale; in realtà, non avevano risolto molto, né parlato. Non erano mai stati bravi a farlo, al massimo litigavano e si insultavano, oppure rimanevano in silenzio a guardarsi.

Ah, quegli sguardi..

Dazai si era così perso nei suoi pensieri, che non aveva nemmeno ascoltato la risposta di Chuuya.

«Ho detto.. Perché non mi hai fermato subito?» ripeté il rosso, prendendo il bicchiere di vino che gli era stato appena portato.

Ci fu un attimo di silenzio.
A Dazai tornarono in mente gli occhi del compagno, mentre era sotto l'effetto di Corruzione. Gli tornò in mente il momento in cui lo aveva quasi lasciato morire. Non lo aveva ancora realizzato, si era svegliato da qualche ora e non aveva pensato nemmeno per un secondo all'attimo in cui stava finendo tutto. E ora, Chuuya glielo aveva chiesto, direttamente, senza nessun giro di parole. Glielo aveva chiesto con un tono stranamente tranquillo, esprimendogli ancora una volta tutta la sua cieca fiducia senza un minimo di filtro. Rimaneva sempre sorpreso da come Chuuya fosse così schietto e diretto, rimaneva quasi... stordito dalle sue parole.

«Non potevo» rispose, assumendo questa volta un'espressione più seria, e abbassando per la prima volta lo sguardo, da quando si era seduto «James mi aveva privato della mia abilità, quindi non potevo fare niente. Ho aspettato il momento giusto per farmela restituire, e poi..»

«... E poi hai squalificato Corruzione, è così?» chiese Chuuya, sorseggiando il suo vino. Anche se aveva posto quell'ultima domanda mantenendo il suo tono tranquillo, questa volta sembrava anche un pizzico ironico.

«I-io..»

«Non mi ricordo niente di quello che ho fatto» riprese Chuuya, abbassando il bicchiere e cercando di guardare Dazai negli occhi, nonostante mantenesse basso lo sguardo «però mi ricordo di averti visto, ad un certo punto davanti a me.»

Dazai sussultò in modo quasi impercettibile. Quindi se ne era accorto? Si era accorto di quell'attimo di esitazione, e glielo stava rinfacciando come se non gliene importasse nulla, o forse, al contrario, troppo?

«Stavi..» Chuuya esitò.

Anche lui non voleva, non aveva intenzione di fargli tornare quel ricordo, eppure doveva sapere. Doveva capire se quel gesto fosse stato segno di arresa, di sconfitta, di debolezza. Voleva sapere se lo stava davvero abbandonando. Ma, in ogni caso, non sarebbe stato pronto ad una possibile risposta affermativa. Non si era preparato, aveva solo ignorato il suo dubbio e aveva aspettato il risveglio di Dazai, per poi tornare a pensarci.

«..Chuuya» Dazai provò a parlare, ma Chuuya lo interruppe.

«Stavi indietreggiando, vero?» chiuse gli occhi, e poi li riaprì, notando che Dazai aveva finalmente alzato lo sguardo.
«Perché stavi indietreggiando?» incalzò di nuovo, senza dare nemmeno tempo al compagno di rispondere.

«Penso tu sappia già la risposta.»

Ecco. Lo aveva detto. Lo aveva ammesso. Lo stava abbandonando, è vero. Lo stava lasciando da solo. Aveva provato ad allontanarsi. E ora?

Se non si alza e non se ne va, giuro che lo prendo e...

«Capisco.»

Chuuya si alzò. Dazai lo vide passare accanto a sé, sollevando un po' di povere dal tavolo che per molto tempo era stato inutilizzato, si lasciò sfiorare dal braccio di Chuuya mentre questo se ne andava alle sue spalle, probabilmente fuori dal bar. E rimase in silenzio, aprendo leggermente la bocca senza sapere cosa dire per fermarlo, senza muovere un singolo muscolo per bloccarlo.
Quindi veramente, solo perché per un attimo aveva perso la lucidità, veramente Chuuya lo stava lasciando lì, da solo, a prendersi tutta la colpa per quel gesto insensato?

E davvero lui glielo stava permettendo?

Non fece in tempo a girarsi per guardarlo, che se lo ritrovò di nuovo accanto, mentre ritornava al suo posto, di fronte a lui.

È ancora qui?

«A volte mi fanno ridere le tue preoccupazioni immotivate. Solo un pazzo suicida potrebbe averle.» Chuuya sorrise, gesticolando divertito e agitando un bicchiere di vino pieno davanti a lui «meno male che non sei stupido!»

«Cosa-»

«Anche se mi stavi facendo morire, ora sono qui, e anche tu. Siamo entrambi vivi, e lo siamo grazie a te. Non so cosa ti abbia spinto a cambiare idea. Ma qualunque cosa fosse, ci ha salvati. Quindi ficcati in testa quello che sto per dirti, e ricordatelo per sempre, perché non penso te lo ripeterò ancora.»

Dazai aspettò, ancora senza parole per tutto quello che Chuuya stava facendo. Una sorpresa dopo l'altra, e se le sarebbe pure dovute aspettare, dopotutto.

«Ti ringrazio.» biascicò finalmente il compagno, con un tono di voce radente il silenzioso «ora siamo pari.»

«Mh?»

Ah, forse per..

«Per quello, insomma, lo sai. Quello che mi hai detto. "Scusa", ricordi?»

Era visibilmente imbarazzato, e probabilmente così a disagio che in un altro contesto sarebbe andato via urlando e rompendo le prime cose che gli capitavano a tiro. Non era da lui fare una scenata del genere, con tutte quelle smancerie da compagni affiatati e cose di quel tipo.

Dazai annuì e ordinò qualcosa da mangiare. Chuuya decise di rimanere in silenzio, aspettando che il compagno prendesse qualche argomento che sarebbe potuto essere interessante. Smise di bere il suo vino, non voleva esagerare, e gli girava già un po' la testa.

Dopo qualche minuto, Dazai iniziò a parlare.
«Alla fine James Joyce era stato in grado di non farsi scoprire da me, quando feci entrare Akutagawa nella port-mafia. Con la sua abilità era in grado di spostarsi velocemente; se io mi trovavo in un posto, lui era già andato altrove. Devo dire che è stato un avversario complicato.»

«Mi chiedevo...» mormorò Chuuya dopo aver annuito a quell'informazione «...il fatto che teletrasportarsi per una seconda volta vicino a qualcuno restituisse a quel qualcuno l'abilità che precedentemente aveva perso, ecco, come hai fatto a...?»

Dazai accennò un sorriso, poi iniziò a mangiare ciò che aveva ordinato. Chuuya lo fissava con la fronte aggrottata e una smorfia seccata. Perché doveva sempre aspettare che si arrabbiasse prima di rispondere a qualche sua domanda? Lo faceva di proposito, fare innervosire Chuuya lo divertiva, ma era certo che non fosse l'unica cosa a cui pensava.

«Ho raccolto informazioni. Non ero sicuro, ma quando è successo ne ho avuto la conferma. È stata fortuna.»

«Fortuna, eh?» sogghignò Chuuya, ricominciando a sorseggiare il suo vino.

«Avevo anche scoperto che avesse la fobia dei temporali. Quindi ho cercato di fare leva su quello, per farlo cedere. Insomma, almeno il tempo giocava a  nostro favore.» concluse, sorridendo.

Sempre il solito genio. Non si stanca mai di apparire in questo modo, così fastidioso?

Abbassò lo sguardo verso il tavolo, non sapendo più che dire. Era tutto lì ciò che gli dava pensiero? Era solo quello che voleva chiedergli?

Sono stanco di essere sempre io a fare domande. Sono stanco di essere sempre io ad agire. Anche nel combattimento, sono io che attacco, lui non fa altro che guardare e stare a ragionare. Ragionare, ragionare, perché invece di ragionare non si preoccupa un po' di fare qualcosa?

«Senti, Chuuya» esclamò ad un tratto Dazai, con grande sorpresa di Chuuya.
Il rosso in fondo sapeva che Dazai non sapesse solo pensare. Nello scontro contro James glielo aveva provato. Aveva combattuto contro degli uomini, contro il suo nemico, l'aveva ucciso. Aveva salvato lui. Però non voleva ammetterlo completamente. Se lo avesse fatto, forse gli avrebbe dato ancora più fastidio.
«Corruzione ti sta dando altri problemi?»
Chuuya si strinse nelle spalle e fece toccare le punte delle dita delle sue mani guantate.

«No, non più. A volte sento qualcosa, ma riesco a controllarla meglio...»

«Capisco. Se dovesse capitare qualcosa di nuovo, dimmelo immediatamente.»

Chuuya annuì. Quella piccola rassicurazione lo aveva tranquillizzato. Scosse la testa fra sé, e si alzò.

«Te ne vai?» chiese il bendato, guardandolo dal basso. La sua espressione era abbastanza indifferente, ma il suo tono sembrava dispiaciuto.

«Sì, ho delle faccende da sbrigare. E poi stare troppo con te mi fa male» rispose l'altro, alzando un po' la voce «e anche a te.»

«Oh, dici?» rise Dazai, alzandosi dalla sedia e rimanendo fermo di fronte a lui, sovrastandolo con la sua altezza.
Chuuya lo seguì con lo sguardo, facendo un passo indietro. Lo metteva a disagio il corpo alto del suo compagno, davanti a lui, immobile.
«D'accordo, vai» si decise a dire Dazai allargando le braccia con un sospiro. Aveva sempre quello stupido sorriso stampato in faccia.

«Me ne vado perché lo voglio io, Dazai, non certo perché me lo stai concedendo tu» lo superò, scontrandosi contro di lui e scostandolo con la spalla «bastardo» finì, alzando un braccio come cenno di saluto. Poi Dazai lo vide uscire dal locale, e dopo poco anche lui fece lo stesso. Sapeva che non sarebbe finita lì, sapeva che Chuuya aveva altre cose che voleva chiarire, ma gli avrebbe dato il tempo di elaborarle. Finché, ovviamente, non si sarebbe stancato anche lui. Finché l'attesa sarebbe stata sopportabile.

Quando mi chiederai quello che veramente vuoi domandarmi, Chuuya?

~~~

Boom.

Spero che questo ennesimo confronto fra Dazai e Chuuya vi sia piaciuto, perché a me è piaciuto tantissimo scriverlo.

Cosa ne pensate? Secondo voi Dazai cosa intende con l'ultima frase? Qual è la vera domanda che Chuuya vuole porgli?

Ricordate: il passato non si dimentica...

Alla prossima, lettori miei :3

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