~36~
Nonostante tutto, non sapeva.
Non sapeva perché Dazai quel giorno avesse ritardato.
Quel giorno, che fin da subito era sembrato strano e diverso dagli altri, l'aveva reso sospettoso di ciò che sarebbe potuto capitare, gli rimaneva ancora impresso nella mente misto a rabbia, confusione, dolore. Persino i suoi sentimenti erano contrastanti e indecifrabili e inarrivabili, come Dazai. Erano legati a lui, e questo doveva averlo capito.
Ma nonostante tutto, non sapeva.
Non sapeva perché, quel giorno, il suo partner gli era venuto contro e l'aveva trattato in quel modo. Si ricordava ancora così bene il suo sguardo: così umano e indifferente da fare paura perfino a se stesso. Perché doveva essere così, Dazai doveva aver provato qualcosa mentre lo guardava per terra che tossiva e si riprendeva. I suoi occhi lo urlavano in modo silenzioso e supplichevole, ma allo stesso tempo arresi al fatto che nessuno li avrebbe capiti e che tutto sarebbe stato inutile, perché la sua vita era destinata al silenzio e alla sofferenza solitaria che si annidava dentro di lui, sotto le sue bende.
E quanto avrebbe voluto strappargliele quelle bende che lo tenevano distante da lui, che lo rendevano un alieno rispetto agli altri uomini che conosceva; e quanto avrebbe voluto strapparglieli quegli occhi che erano sempre diversi e sempre così maledettamente bui come il suo animo da mafioso; e come avrebbe voluto strappare Dazai dalla morte che tanto inseguiva, per dargli una vita che lui non desiderava, ma che avrebbe tenuto stretto a sé perché non sua, perché del suo compagno.
Gliel'avrebbe donata, quella vita, se la sarebbe strappata dal corpo per tenere vivo quell'uomo coperto da fasciature apparentemente insensate, e solo, pur di vederlo sorridere e vivere davvero. Avrebbe dato tutto per lui, perché sapeva che Dazai non avesse niente se non la morte che ancora stava aspettando. E avrebbe voluto dirgli che non era vero, che non aveva solo quel desiderio di morte, ma che con lui c'era anche il suo compagno, e avrebbe accettato il suo abbandono se la lontananza avesse potuto dargli la voglia di vivere ed essere felice.
E gliele avrebbe volute strappare, quelle fottute bende, che lo tenevano legato alla morbosa convinzione che forse un giorno se ne sarebbe andato da quel mondo privo di ciò che è buono, perché non esiste niente di buono, se non il nulla.
Chuuya si alzò da quel letto, che gli dava tanto la sensazione di essere in un ospedale e stare per sprofondare, e si diresse verso la finestra vicina, da cui poteva vedere il mare e il sole scomparire dietro di esso.
Pensò che alla fine lo accettava, quel suo modo di essere e di fare, perché senza di lui non sarebbe stato lì, in quella città, in quel paese, nel mondo. Ma non era rassegnazione, no, era consapevolezza; che forse c'era un animo buono e altruista in lui, forse non era tutto nero quel suo animo come si poteva pensare.
E quella confusione che aveva in testa si trasformava in rabbia, perché Corruzione lo rendeva rabbioso e fragile davanti a tutte quelle emozioni che a volte gli provocavano anche dolori lancinanti a parti del corpo che non riconosceva.
Rimase un giorno fermo sul davanzale della finestra fino a che il sole sparì dietro l'immensa quantità di blu che si ritrovava a guardare. Era già stanco di non potersi muovere come voleva, stanco di come il tempo stava passando inesorabilmente nonostante non stesse accadendo nulla, era stanco di stare da solo.
Erano passati solo tre giorni e già sentiva il peso dell'assenza e dell'impotenza che lo avvolgeva completamente. Tutto quel tempo da solo a pensare lo sfiniva più di ogni altra cosa.
E poi, che fine aveva fatto Dazai?
Non gli doveva portare notizie del nemico?
Per quella sera, di nuovo, non venne nessuno. Aspettò fino all'una di notte, circa, poi decise che quel silenzio e quel buio l'avevano stancato anche troppo.
Prese i suoi vestiti, sistemati dentro un cassetto di un piccolo mobile vicino al letto, e con un po' di fatica riuscì a vestirsi. Gli mancava soltanto il cappello, ma era tardi per cercarlo: doveva uscire.
Andò verso la porta, la aprì e, controllando che non ci fosse nessuno, si allontanò da quella stanza solitaria in fondo al corridoio.
Finalmente uscì dal quartier generale, respirando l'aria aperta che gli era mancata tanto in quei pochi, ma lunghi giorni. Si inoltrò nei vicoli vicini per sentire sulla sua pelle di nuovo tutti gli odori tipici della notte di Yokohama, osservando con occhi luccicanti i pub aperti da cui provenivano risate e urla e profumi di cibo accompagnato dal buon vino che tanto agognava.
Non resistette un secondo di più: indirizzò la sua fuga verso uno di quei locali da cui ancora non era stato cacciato e subito si sentì pervaso da un'immensa felicità.
Se mi avessero portato un po' di vino in camera, sarei stato buono lì. Ora se la vedranno con la furia di Dazai.
Rise sotto i baffi e si andò a sedere ad un tavolo, ordinando un bicchiere della sua bevanda preferita.
Dopo un'ora che si trovava lì, ormai accerchiato da uomini e donne di tutte le età che gridavano e starnazzavano, decise che forse sarebbe stato meglio cambiare aria.
Si alzò dalla sua sedia, barcollando leggermente, ed uscì.
Si toccò lo stomaco, che iniziava a chiedergli una tregua e supplicare riposo, ma lo ignorò, sopraffatto da un senso di libertà e leggerezza che da giorni sentiva di volere.
Vagò per quelle vie, perso e ancora libero. Finché ad un certo punto si accasciò a terra. La garza che gli circondava il torso era ormai pregna di sangue e la ferita aperta pulsava come fosse una vena in cerca di sfogo.
«Cazzo..»
Si appoggiò ad un muretto, tenendosi, per quanto fosse possibile, il petto.
Ora non dovrebbe arrivare qualcuno che si è accorto della mia scappatella e venire a prendermi?
Era sfinito, e leggermente brillo. Insomma, non avrebbe avuto le forze nemmeno se fosse stato sano.
Era diventato pallido, e il colore dei suoi capelli, non coperti dal cappello che gli mancava, accentuava ancora di più il pallore del suo viso.
«Hai imparato la lezione, ChuChuu?»
Un uomo davanti a lui gli stava tendendo una mano, da cui sbucavano alcune bende penzolonanti.
Per un momento, pensò di afferrare quelle.
Poi prese la mano, aiutandosi a rialzarsi.
«Potevi venire un po' prima, Dazai, bastardo.» ringhiò Chuuya, stringendo il braccio al compagno, il quale mise quello del rosso sulla sua spalla iniziando a camminare.
«Oh, no, altrimenti come avresti capito che errore hai commesso?» Dazai sospirò «insomma, è notte fonda, sei ferito, e vieni qui a bere? Quanto puoi essere stupido?»
Chuuya rimase in silenzio. D'altronde, il suo compagno aveva ragione. Meglio non dire nulla, per non dargli troppa soddisfazione.
Dopo un po' di tempo che camminavano, arrivarono al capanno di Dazai.
Lo lasciò, precedendolo nell'entrata.
Accese la luce e mostrò un interno più sistemato di casa sua. La polvere non si sentiva più sulla pelle di chi entrava, il materasso logoro su cui settimane prima Chuuya aveva dormito aveva lasciato posto ad un letto lindo e pulito. Gli scatoloni erano rimasti, ma ora erano stati sistemati agli angoli per lasciare più spazio al centro.
«Ti è venuta voglia di fare pulizie, Dazai?»
«Ho pensato che dovesse essere un luogo più confortevole, visto che lo avremmo usato spesso come punto di riferimento per riposarci durante le missioni più sfiancanti.»
Dazai prese una cassetta di pronto soccorso, poi aspettò che Chuuya si posizionasse sul letto. Ma lui non si muoveva.
«Che hai intenzione di fare? Non sei mica un dottore.»
«Ignori una mia caratteristica fondamentale, Chuuya!» rispose, indicando le sue bende.
Chuuya sbuffò e andò a distendersi lì, dove Dazai gli indicava.
Mentre il compagno sistemava gli aggeggi per medicarlo, lui pensava a come evitare tutta quella situazione.
Non c'erano finestre, non poteva scappare da lì. Il capanno era chiuso, e comunque non sarebbe riuscito a correre.
Dopo qualche minuto si arrese all'idea che quella fosse l'unica soluzione possibile, per sopravvivere.
«Su» esordì Dazai con un sorriso accennato sulle labbra «togliti quella fasciatura. Non devo mica fare tutto io.»
Chuuya iniziò a togliersi la garza, gettandola a terra con disgusto.
Dazai si avvicinò, evitando il piccolo laghetto di sangue che si stava creando accanto al compagno. Strappò con i denti della garza pulita e fece mettere Chuuya seduto, dopodiché iniziò a medicarlo.
E mentre il bendato lo curava, lui pensava solo ad una cosa.
Che, di nuovo, si ritrovavano così vicini da prendersi gioco l'uno dell'altro, da pensare a ciò che non era loro.
Perché non erano loro quei pensieri fissi che gli gridavano di toccarsi, non erano loro quelle sensazioni positive e negative mescolate insieme senza fare capire più niente.
E Chuuya non aveva in mente la sua ferita che ora si era aperta, non aveva in mente il dolore che gli provocava, aveva in mente soltanto la speranza di una possibilità di parlare senza dire niente.
Aveva capito, sì, l'aveva capito: quando stava con lui, non sentiva il bisogno di spiegarsi a parole. Quando apriva bocca lo insultava, ma quando c'era silenzio sapeva che Dazai lo capiva di più. E allo stesso tempo, tutte quelle emozioni in contrasto fra loro gli dicevano di smetterla di farsi capire così tanto. Che Dazai era uno sbruffone, si prendeva gioco degli altri, ne captava le debolezze e le usava a proprio vantaggio, come gli aveva detto una volta in un bosco.
Ma, cazzo, come si fa a dire di no ad un silenzio che ti rende fragile, ma allo stesso tempo meno solo?
~~~
Yo
Eccovi il nuovo capitolo!
Annuncio una cosa super incredibilosa che non so se avete intuito o se ho già detto, ma io la annuncio ugualmente: sono più avanti rispetto ai capitoli che posto, per questo li pubblico in modo rapido. Li revisiono, li sistemo un po', ma sostanzialmente il senso non cambia.
Quando li ho scritti, come avevo già detto penso nel primo capitolo, non l'ho fatto per pubblicarli, ma per @valecienta44 che non aveva nulla da leggere :D.
Dal prossimo capitolo, però, nemmeno lei conosce gli avvenimenti, o almeno non li ha letti, quindi sarà una totale sorpresa per tutti!
È una cosa irrilevante per voi, ma va bene lo stesso.
Inoltre questi capitoli, cioè dal 36 in poi, sono anche i miei preferiti; ebbene sì, anche io ho le preferenze!
Spero che vi possano piacere.
Buon proseguimento ^-^
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