Doppia coppia a Capodanno
Dedicato a AnnaGiude
Parte seconda
Frattanto, Eva e Lee volteggiavano in pista, un ballo dopo l'altro, e così fecero quasi le tre. La giovane donna ebbe ben presto i piedi a pezzi a causa dei tacchi vertiginosi, ma pur di continuare a stare tra le braccia del suo beniamino, continuò imperterrita; tuttavia l'attore statunitense, abituato a riprodurre le più piccole sfumature delle emozioni e azioni e quindi a notarle negli altri, ben presto si accorse del suo disagio e, con la scusa d'esser stanco, la riportò al tavolo, dove si sedettero.
"Dell'altro champagne?", le domandò, allungando la mano verso la bottiglia più vicina.
"Sì, grazie..."
Con rammarico, Lee scoprì che la bottiglia era vuota. Ne cercò un'altra e, trovatala, versò il liquido color paglierino nel flûte di Eva, poi nel proprio. Brindarono ancora una volta e poi presero un sorso.
"Penso che sia uno dei migliori capodanni della mia vita", dichiarò Lee, "Soprattutto per merito della compagnia", aggiunse, sorridendole in una maniera tale che Eva sentì le ginocchia tramutarsi in gelatina.
"Ah... per me, è il migliore in assoluto", replicò, sforzandosi di apparire disinvolta, ma in realtà avrebbe volentieri fangirlato a tutto spiano, come avrebbe spiritosamente detto Vivien. Maldito, pensò usando la parola spagnola – lingua che conosceva molto bene – per maledetto, sei ancora meglio di quel che credevo, non solo fisicamente, ma anche come persona... e ora cosa faccio? Se prima ero persa, adesso sono cotta come una pera... Povera me...
Si accorse che lui la stava guardando con aria interrogativa ed allora spiegò, cercando di usare un tono spiritoso:
"Voglio dire, cosa potrei volere di più dalla vita che essere qui, in una famosa località sciistica, in un bellissimo albergo, a bere champagne e festeggiare l'anno nuovo in compagnia del mio attore preferito?"
Il sorriso di Lee si ampliò; okay, forse non era stata la migliore delle idee, essere spiritosa, perché se prima aveva sentito le ginocchia molli, adesso il cuore le schizzò in gola.
"Davvero sono il tuo attore preferito?", lo udì domandarle a bassa voce. Deglutì, poi annuì:
"Sì, certo, altrimenti non lo avrei detto... Non sono una che fa complimenti così a caso", sorrise per attenuare un'affermazione che altrimenti poteva suonare brusca, "Ad esempio, mi piace in modo particolare Joe Mcmillan perché per certi versi abbiamo un carattere simile: passionale, deciso, orgoglioso. Anche Thranduil mi piace molto, perché è un personaggio complesso, apparentemente burbero e arrogante, ma si intuisce che ha sofferto molto, in passato, e pur essendo un tipo molto tosto, ha le sue debolezze. Mi piacciono i personaggi complicati e tu li interpreti molto bene. Ned il fabbricante di torte è delizioso, ma troppo semplice, in questa prospettiva, per i miei gusti..."
"Anche io preferisco interpretare personaggi complessi", le confidò Lee, "Per un attore, rappresentano una sfida, richiedono maggior impegno e di conseguenza, quando riescono bene, danno maggior soddisfazione. Ammetto però che ogni tanto mi piace anche fare qualche personaggio più semplice, per usare la tua espressione, così tanto per divertirmi e rilassarmi."
"Certo, è comprensibile: va bene le sfide – piacciono anche a me, o non avrei accettato la responsabilità del lavoro al British Museum – ma ci vogliono anche le pause di relax, tra una e l'altra."
"Molto ben detto", approvò l'attore. Proprio in quel momento, a Eva sorse l'irresistibile bisogno di sbadigliare: dopotutto, era in piedi dal mattino presto ed aveva alle spalle un viaggio di svariate ore, nonché si sentiva emotivamente provata dall'eccitante incontro col suo idolo, per non parlare delle ore passate a danzare con lui. Si girò dall'altra parte e nascose lo sbadiglio dietro la mano.
"Scusami", mormorò, un po' imbarazzata, "ma sono davvero stanca..."
Lee scattò immediatamente in piedi e le porse la mano.
"Scusami tu per non essermene accorto", disse, dimostrando la sua natura di vero gentiluomo, "Direi che è comunque un buon orario per andare a dormire", soggiunse, mentre lei accettava la sua mano e si alzava, "Ti accompagno."
Salirono al piano di Eva, poi lui la scortò fino alla porta della sua camera. La giovane donna era rimasta silenziosa per tutto il tragitto, improvvisamente un po' a disagio: non era una verginella inesperta e si era resa conto che l'attore era attratto da lei. Tuttavia non era questo a metterla a disagio, bensì le spudorate immagini che si erano affacciate alla sua mente, di se stessa mentre lo invitava in camera sua a trascorrere insieme il resto della notte. Non era una bacchettona, ma neppure una che invitava un uomo nel proprio letto dopo appena poche ore che lo aveva incontrato. D'accordo, tecnicamente lei conosceva Lee da un paio d'anni, ovvero da quando lo aveva visto nella parte del re elfico Thranduil ne Lo Hobbit – anzi, addirittura da più tempo, visto che la prima volta lo aveva visto in Pushing Daisies quattro o cinque anni prima – ma non era certo la stessa cosa.
Leggermente impensierito dal suo silenzio, Lee non aprì bocca; si sentiva stranamente sulle spine. Questa giovane donna era una persona speciale: non era la prima volta che provava una subitanea attrazione per qualcuno, ma finora era sempre stato qualcosa di meramente fisico, mentre con Eva andava oltre, sconfinando nella sfera intellettuale ed emotiva. Era come se una sottile magia li avvolgesse e lui non voleva correre il rischio di rovinarla dicendo qualcosa a sproposito, come ogni tanto gli capitava quando parlava senza pensare; qualunque cosa fosse a turbare Eva, le avrebbe lasciato il suo spazio per risolverla, limitandosi a starle accanto nel caso avesse voluto confidarsi.
Eva estrasse la carta magnetica dalla pochette ed aprì la porta della sua stanza, poi esitò. Maledizione, perché non era come alcune sue amiche, che non avrebbero avuto nessunissimo scrupolo a fare una proposta sessuale ad un uomo, figuriamoci a un attore famoso e bellissimo?? Sospirò mentalmente: lei era fatta così, punto e basta.
Si girò verso Lee, sollevando gli occhi nei suoi.
"Buona notte", gli augurò a bassa voce, "È stata una serata stupenda."
"Sì, sono d'accordo", confermò Lee. Gli occhi di Eva erano due meravigliosi pezzi di cielo e per lunghi istanti se ne sentì rapire; venne preso da un gran desiderio di prenderla tra le braccia e baciarla, ed involontariamente il suo sguardo scese a guardarle le labbra piene. Chissà com'erano morbide...
Rendendosi conto di dove puntavano gli occhi dell'attore, Eva si irrigidì, improvvisamente preda di un timore irrazionale; accorgendosi del suo trasalimento, Lee distolse di colpo lo sguardo e, abbassandolo ulteriormente, le prese la mano, per poi tornare a sollevare gli occhi nei suoi mentre si portava le sue dita alle labbra.
"Buona notte, Eva, a domani", le fece un galante baciamano, "Ci troviamo a pranzo, così poi nel pomeriggio andiamo a sciare?", le domandò, rammentandole che ne avevano parlato durante la cena.
Eva non capiva perché fosse stata così spaventata – dopotutto, lui non aveva fatto niente – ma adesso si rilassò; rassicurata dal suo atteggiamento, poté rispondergli con relativa spigliatezza:
"Ma certo! A che ora, per il pranzo?"
"Con Richard e Vivien oggi parlavamo di mezzogiorno e mezzo, per te va bene?", le propose lui. Eva annuì:
"Senz'altro."
Accorgendosi di star tenendole ancora la mano, l'attore la lasciò andare.
"Discese non troppo impegnative, visto che abbiamo fatto le ore piccole", scherzò. Lei ridacchiò:
"Sì, meglio non esagerare, e io comunque sono fuori allenamento: non ho mai avuto occasione di sciare, da quando mi sono trasferita a Londra. Inoltre non ho i miei sci, che sono rimasti nel Vermont a casa dei miei: contavo di affittarli qui, ma ovviamente non è come usare i propri."
"Hai ragione... Puoi chiedere in reception, so che affittano anche i pattini."
"No, quelli li ho portati, non sono ingombranti come gli sci", gli rivelò Eva, poi prese un respiro, "A domani, allora."
"A domani..."
Con un ultimo sorriso di congedo, Eva si girò ed aprì la porta, poi la chiuse alle proprie spalle; fece in tempo a scorgere Lee che, le mani in tasca, tornava verso l'ascensore per salire al proprio piano. Le sembrò che avesse le spalle leggermente incurvate e immaginò che anche lui fosse stanco.
Con un sospiro, buttò la pochette sul letto, vi si sedette e si liberò delle scarpe, poi tornò ad alzarsi e cominciò a svestirsi. Guardando il letto, sospirò di nuovo: se lei fosse stata un altro tipo di donna, a quell'ora sarebbe stato Lee a toglierle il vestito e di lì a qualche minuto si sarebbero rotolati su quello stesso letto. Solo che lei non era mai stata una da una botta e via, lei voleva sentimento... Era stata una stupida? Sarebbe stato così grave concedersi una notte di sesso – o magari più d'una, visto che entrambi si sarebbero fermati a Chamonix alcuni altri giorni – con Lee Pace, l'attore per cui fangirlava da anni...? No, certo che non sarebbe stato grave, ma se poi lei si fosse innamorata sul serio, mentre per lui fosse rimasta soltanto una piacevole avventura vacanziera? Già pensava d'aver perso la testa, figuriamoci se fosse andata oltre. Se solo avesse potuto pensare che lui era interessato a lei, davvero interessato...
Con un altro sospiro, si distolse da quei pensieri: inutile tormentarsi, sarebbe andata come doveva andare. Appeso l'abito nell'armadio, andò in bagno a struccarsi e a spazzolarsi i capelli, poi si infilò a letto e spense la luce. Agitata com'era, non si aspettava di addormentarsi tanto facilmente, invece il sonno la colse dopo pochi minuti.
***
Lee chiamò l'ascensore, che si rivelò essere ancora lì e che pertanto si aprì subito; salì e premette il pulsante del proprio piano, poi si allentò la cravatta, sbottonando il colletto della camicia, meditando su quanto era appena accaduto, o piuttosto non accaduto.
Per un momento, aveva percepito in Eva un'apertura, un atteggiamento che invitava ad un'avance; ma poi si era ritirata. Evidentemente aveva cambiato idea; eppure sapeva di piacerle, non gli aveva forse detto che lui era il suo attore prediletto? Era certamente una donna che sapeva il fatto suo; e non pensava che fosse una puritana. La sua reticenza, quindi, era dovuta a una scelta precisa e consapevole, coerente con il suo carattere; concluse che non era una ragazza che si concedeva facilmente, ma qualcosa gli diceva che, quando lo faceva, dava tutto di se stessa, non certo soltanto il corpo. Scoprì che l'idea lo attirava, contribuendo a fargliela piacere ancora di più; nel suo ambiente, non era facile incontrare una donna pulita e sincera come gli sembrava Eva. Decise che voleva conoscerla meglio; dato che anche lei abitava a New York, quando lui non era impegnato col lavoro sarebbe stato facile frequentarla... Posto che lei fosse d'accordo, naturalmente: non era tanto arrogante da prenderlo per garantito.
Frattanto, dopo essere sceso dall'ascensore, era arrivato davanti alla porta della propria camera; l'aprì ed entrò, poi si spogliò e s'infilò sotto le coperte. Si addormentò, senza rendersi conto di star sorridendo.
***
Il mattino seguente, i quattro amici si incontrarono per il pranzo. Mentre si accomodavano al loro tavolo, Eva notò l'anello al dito di Vivien; attese che si fossero tutti seduti, poi si rivolse a lei e a Richard:
"Non è che avete qualcosa da dirci, voi due?", domandò con un sorrisetto saputo; aveva notato che era sul medio e non sull'anulare, ma anche così, le sembrava significativo.
L'attore britannico ridacchiò, e così Vivien.
"Ve lo diciamo solo se promettete di tenervelo per voi, per il momento", disse quest'ultima, tornando seria.
"Ma certo!", le assicurò Eva.
"Chiaro", annuì Lee.
Vivien allora posò la mano sinistra sul tavolo, mostrando bene l'anello ad entrambi gli amici.
"Richard mi ha chiesto di sposarlo", disse a bassa voce, guardando amorevolmente il proprio fidanzato, "e io ho detto di sì."
Eva sorrise a trentadue denti, felicissima per i suoi due amici; anche se avrebbe voluto saltare in piedi e abbracciarli con tutta la foga del suo carattere, si contenne per non attirare l'attenzione di tutti i presenti in sala da pranzo.
"Congratulazioni!", si limitò quindi a mormorare, sentitamente ma discretamente.
"Felicitazioni", disse Lee, "Avete già fissato la data?"
"Oh cielo, no", rispose Richard, "Le ho fatto la proposta poche ore fa, dateci il tempo di pensarci!", concluse sogghignando, imitato dall'amico, poi lo guardò tornando serio, "Piuttosto, vecchio mio... ti andrebbe di farmi da testimone di nozze?"
Lee sgranò gli occhi per un momento.
"Caspita! Mi fai un grande onore, amico mio... ma pensavo che lo avresti chiesto a tuo fratello", soggiunse, in tono interrogativo.
"Chris sarà l'altro testimone, infatti", annuì Richard.
"Beh, accetto senz'altro", disse l'attore statunitense, "Grazie per avermelo chiesto."
"E tu, Vivien? Vanessa?", domandò Eva, riferendosi alla migliore amica di sempre dell'altra, che anche lei conosceva.
"Pensavo a lei, infatti", confermò Vivien, "Sono stata la sua maid of honour; se accetta, lei sarà la mia matron of honour, essendo già sposata", aggiunse, dato che la tradizione anglosassone prevedeva titoli diversi a seconda se le testimoni di nozze della sposa erano già maritate o meno, "Ma dato che Richard avrà due best men, io avrò almeno un'altra amica, come maid of honour, e... stavo pensando a te, Eva", concluse con un sorriso.
Per un attimo, la donna più giovane rimase a bocca aperta; riprendendosi, ebbe di nuovo l'impulso di alzarsi per abbracciare l'amica, ma si trattenne, dimostrando notevole autocontrollo, e disse sorridendo:
"Grazie, ne sarò onorata."
In quel momento arrivò il cameriere col menù del giorno; fecero le loro scelte, rimanendo su pietanze leggere dato che intendevano andare a sciare ed era meglio non esagerare.
Il pomeriggio sulla neve fu divertente e spensierato; si fecero grandi risate quando Vivien finì addosso a Richard facendo cadere entrambi, e Lee li immortalò col telefonino, coperti di neve fresca ed in un groviglio di gambe e braccia.
"La Armitage Army si sbellicherà dalle risate", disse ad Eva, sghignazzando, e lei annuì ridendo a sua volta. Frattanto Vivien, approfittando della situazione, stampò un bacio sulla bocca a Richard, prima di ritirarsi e provare a rimettersi in piedi, ma lui l'acchiappò e la fece ricadere, vendicandosi stampandole a sua volta un bacio sulla bocca. Lee, col cellulare ancora in mano, scattò sveltamente una seconda foto.
"Questa non la posterò", assicurò ad Eva, "a meno che non me ne diano loro il permesso, s'intende."
"Penso che ai fan di Richard, quelli che gli vogliono davvero bene, farebbe piacere vedere un bacio tra lui e la sua fidanzata", ragionò la giovane donna, "ma naturalmente spetta a loro decidere se divulgare o meno un loro momento di tenerezza."
Entrambi conoscevano la riservatezza dell'attore britannico, che difendeva la propria privacy con molta determinazione, e pertanto nessuno dei due si sarebbe sognato di dare in pasto al pubblico un'immagine della loro intimità senza la loro approvazione.
Terminato il momento ilare, ripresero le discese; la pista era illuminata, pertanto era possibile sciare anche dopo il crepuscolo, ma Eva, essendo fuori forma, non volle esagerare e verso le quattro e mezzo annunciò che si ritirava.
"Vengo anch'io", dichiarò Vivien, "Così, se vuoi, possiamo approfittare della spa dell'albergo."
"Ottima idea!", approvò Eva, che adorava rilassarsi in un centro benessere.
"Vieni, vecchio mio, le nostre damigelle vogliono starsene per conto loro e ci hanno elegantemente congedato", disse Lee a Richard, ridendo. Anche l'altro rise:
"D'accordo, dolci fanciulle, ci vediamo dopo."
Eva sentì il cuore accelerare nel sentire Lee parlare di loro damigelle, ma prontamente si ripigliò, dicendosi che si era espresso così solo per galante cortesia.
Le due donne tornarono quindi in albergo, dove salirono nelle rispettive camere per cambiarsi; poco dopo si ritrovarono, munite di asciugamano e avvolte nei morbidi accappatoi di spugna dell'hotel, e scesero al piano interrato, dov'era situata la spa. Essendo ancora abbastanza presto, c'era poca gente; appesero gli accappatoi e, seguendo la regola corretta e diffusa in molti Paesi, entrarono nude nella spettacolare sauna finlandese, strutturata come una grotta rivestita di faretti a led che cambiavano colore, aggiungendo ai benefici della sauna tradizionale anche quelli delle cromoterapia. Qui trovarono una coppia seduta in un angolo, a cui fecero un cenno di saluto, che venne ricambiato, e si sedettero a loro volta sui rispettivi asciugamani.
"Allora, che te ne pare di Lee, adesso che lo hai conosciuto di persona?", domandò Vivien, a bassa voce sia per non disturbare, sia per non far udire i loro affari.
"È ancora più attraente, dal vivo", le confidò Eva, "e non intendo solo fisicamente. Mi piace, per davvero", esitò, poi pensò che a Vivien poteva ben dirlo, certa della sua comprensione e della sua discrezione, "Potrei facilmente innamorarmi sul serio, di lui, se... se solo avessi qualche speranza di piacergli."
Vivien soppesò bene le proprie parole prima di parlare: non riteneva giusto dare a Eva false speranze, ma neppure di stroncarle senza motivo, tali speranze.
"Non posso parlare per lui, naturalmente", disse infine, "ma di sicuro non mi sembra che tu gli sia indifferente."
"Tu dici?", fece l'altra, non osando illudersi, "Sarebbe troppo bello..."
"Non si può mai sapere", commentò Vivien quietamente, "Staremo qui fino a domenica, ci sono ancora due interi giorni prima della partenza: vedremo come vanno le cose..."
Eva annuì: aveva ragione l'amica, poteva solo aspettare gli eventuali sviluppi e agire in conseguenza.
Dopo la sauna, si immersero nella vasca dell'acqua fredda, poi riposarono e ripeterono il ciclo; mentre stavano sdraiate sui rispettivi lettini per la seconda volta, avvolte negli accappatoi e nelle trapunte, Eva si fece raccontare da Vivien l'esatto svolgimento della richiesta di matrimonio di Richard.
"Sicché non si è messo in ginocchio, nel chiederti in moglie?", volle sapere. L'altra scosse il capo:
"No, e francamente ne sono contenta perché penso che mi sarei sentita imbarazzata da un atteggiamento simile, anche se lo vuole la tradizione. È stato comunque molto romantico."
"Sì, concordo", ammise Eva, "So che non avete ancora parlato di una data, ma pensi che sarà presto?"
"Non lo so... molto dipenderà dai suoi impegni. Finita la vacanza, deve tornare a Vancouver per continuare le riprese di Hannibal, poi da lì decideremo. Posso solo dire che mi piacerebbe che fosse caldo... giugno, o addirittura luglio."
"Bene! Anche a me piace di più l'idea di un matrimonio in estate..."
Finito il secondo riposo, si recarono alla stanza del bagno turco, ed infine, dopo una bella doccia fredda, indossarono i loro bikini e usarono l'idromassaggio nella piscina riscaldata.
Quando tornò in camera, Vivien trovò Richard che si era già cambiato, preparandosi per la cena.
"Allora, com'è andata, nella spa?", le chiese l'attore, dopo averla accolta con un bacio.
"Bene!", rispose lei, aprendo il cassetto del comò per prendere la biancheria intima, "Eva mi ha confidato che Lee le piace molto, intendo dire davvero, non soltanto come attore e personaggio pubblico... Sarebbero una gran bella coppia, vero?"
"Già. Anche lei piace molto a Lee, me l'ha detto lui... Sarebbe veramente bello se tra loro nascesse qualcosa."
"Ne sarei contentissima, per tutti e due", dichiarò Vivien, recandosi in bagno per asciugarsi i capelli umidi, "Noi li abbiamo fatti incontrare... ora tocca a loro."
"Sì, di più non possiamo fare..."
***
Il giorno seguente decisero di fare qualche discesa al mattino, mentre avrebbero trascorso un paio d'ore nel primo pomeriggio a pattinare. Avendo fatto un abbondante full breakfast, a mezzogiorno mangiarono rapidamente un panino e poi andarono alla pista all'aperto, che a quell'ora era quasi deserta. Indossarono i pattini – Eva i suoi personali, gli altri presi in affitto sul posto – e poi entrarono in pista, dove risuonavano le note di famosi valzer viennesi. Vivien, che non era molto esperta, si tenne aggrappata a Richard.
"Tutte le scuse sono buone per stare appiccicata al tuo fidanzato, eh?", la prese in giro Eva.
"Puoi dirlo forte!", rise Vivien, "E meno male che mi hai insegnato qualcosa, nei mesi scorsi", aggiunse, riferendosi alle loro escursioni sulle piste ghiacciate in giro per Londra, come a Hyde Park o a Somerset House, "Dai, facci vedere cosa sai fare", la invitò poi, pensando che avrebbe impressionato Lee, caso mai ce ne fosse stato ancora bisogno. Aveva ben visto come quei due si guardavano, l'attrazione tra loro era palese.
"Datemi qualche minuto per scaldarmi", li esortò, poi partì. Fece un paio di giri della pista, sia pattinando in avanti che indietro, slanciando le gambe – fasciate da aderenti pantaloni neri che sfumavano nel grigio – e muovendo le articolazioni, mentre gli altri tre pattinavano più tranquillamente. Poi si affiancò loro e annunciò:
"Comincio..."
"Vai", le sorrise Lee; emozionata, la giovane donna si mosse e, mentre prendeva la rincorsa, pregò tutte le divinità di tutte le epoche e latitudini che conosceva di non fare figuracce. Eseguì un salto semplice con consumata abilità, poi prese un'altra rincorsa e ne fece un secondo, più difficile, che le riuscì perfettamente. Col cuore in gola per il timore di sbagliare, ma decisa a dare il meglio di sé, compì qualche evoluzione coreografica preparatoria e poi, per terminare in bellezza, concluse con il salto più difficile che sapeva fare, un doppio axel – il triplo era al di là delle sue capacità atletiche, ma del resto non era una pattinatrice professionista.
Tornò ad avvicinarsi agli amici; Vivien cominciò ad applaudire, subito imitata da Richard. Lee aveva un'espressione decisamente ammirata:
"Caspita, ma sei bravissima!", esclamò, quando si fermò accanto a lui; gli occhi di Eva splendettero come stelle al suo complimento.
"Grazie", mormorò, ansando leggermente per lo sforzo, "Mi sono tenuta in allenamento pattinando in giro per Londra", aggiunse.
In quel momento, attaccò il valzer sicuramente più famoso al mondo, Sul bel Danubio blu.
"Questo non me lo perdo", fece Lee, porgendo la mano a Eva, "Permette un ballo, signorina?"
"Molto volentieri, signore", accettò prontamente la bionda, afferrando la sua mano con un sorriso; si lanciarono quindi in pista, a ballare sul ghiaccio, trovando affiatamento rapidamente come la sera di san Silvestro.
Vivien li seguì con gli occhi.
"Sembrano proprio fatti l'uno per l'altra", bisbigliò a Richard. L'attore le posò una mano sulla vita, preparandosi a portarla in pista.
"Hai ragione, stanno proprio bene, insieme", commentò, "Si vede che sono in sintonia."
Eva e Lee volteggiavano in pista come se l'avessero fatto moltissime altre volte; lui non era esperto di pattinaggio artistico, ma se la cavava abbastanza bene col ballo, ed Eva era leggerissima da portare. Le fece fare qualche piroetta, niente di complicato dato che il suo livello di capacità era decisamente inferiore a quello di lei, ma abbastanza da divertirsi insieme.
Frattanto, Richard e Vivien pattinavano in coppia, ma senza propriamente ballare dato che nessuno dei due era sufficientemente esperto per farlo. Terminato il brano, vennero raggiunti dagli altri due; per un paio d'ore, si divertirono a provare figure e salti, e perfino Vivien si cimentò nel semplice salto a tre, assistita da Eva, anche se rischiò un paio di capitomboli, il secondo dei quali la fece finire dritta tra le braccia di Richard. L'attore britannico l'acchiappò e, per non perdere l'equilibrio a sua volta, la spinse contro la recinzione.
"Ehi, se vuoi mettermi in orizzontale, non hai che da dirlo", le sussurrò all'orecchio, con intenzione. Vivien sogghignò:
"Il pensiero mi ha sfiorato, infatti..."
"Vivien, la vuoi piantare di cadere addosso a Richard?", la prese in giro Eva, ridendo a crepapelle, passando loro vicino, "Lo fai apposta, confessa!"
"Mi dichiaro colpevole, Vostro Onore!", ribatté l'accusata, facendo ridere anche gli altri.
Verso metà pomeriggio, la pista cominciò ad affollarsi, così i quattro amici decisero di tornare in albergo.
"Che ne dite di scaldarci con un buon vin brulé?", propose Vivien. Gli altri accettarono volentieri, così si recarono al bar dell'albergo, che offriva un ottimo prodotto fatto con del corposo vino di Borgogna ben fiammeggiato e poco zuccherato, così da non eccedere con il grado alcolico, servito con biscotti. Si sedettero ad un tavolino del bar; mentre erano intenti a bere e chiacchierare in maniera molto rilassata, a Richard sovvenne una cosa che aveva dimenticato di fare al mattino.
"Scusa, Eva, ci faresti una foto, a me e Vivien?", le domandò, frugandosi in tasca per pescare il cellulare, "Volevo twittare la notizia del fidanzamento, prima che qualche pettegolo si accorga che Vivien ha un anello al dito e diffonda la notizia, magari precisando che ci sposeremo il mese prossimo", concluse con una smorfia a metà tra il divertito e il rassegnato.
"Volentieri", rispose lei, prendendo il telefonino che lui le porgeva, "Vi farò qualche scatto, così potete scegliere quello migliore, okay?"
Richard avvicinò la propria sedia a quella di Vivien per poterla prendere sottobraccio; lei posò la testa sulla sua spalla, preparandosi a sorridere all'obiettivo.
"Metti in mostra l'anello", la esortò Eva; a quel punto Vivien lo cambiò di posto, passandolo sull'anulare perché non potesse esserne equivocato il significato, e posò la mano sul braccio in maniera che fosse ben visibile. La bionda curatrice museale scattò, poi li invitò a cambiare posizione, e Richard allora fece girare Vivien per abbracciarla da dietro; di nuovo la donna mise in evidenza l'anello ed Eva scattò. Un terzo scatto vide i due fidanzati abbracciati che si guardavano negli occhi, sorridendosi, l'anello sempre in risalto.
Quando guardarono le foto, Richard decise per le prime due – la terza gli sembrò troppo intimistica, così decise di tenersela per loro – e quindi le postò entrambe, con la didascalia, aperta e chiusa con un cuore rosso Sono felice di annunciare che oggi 01/01 2015 ho chiesto a Vivien di sposarmi, e lei ha detto di sì! Non abbiamo ancora stabilito la data, ma ora siamo fidanzati ufficialmente.
Vivien non nascose il proprio nervosismo:
"Spero che non scatenare crisi di gelosia..."
"Che non ci provino neppure", disse Richard, oscurandosi in viso, "altrimenti cancello il tweet."
Quello era infatti il suo modo di protestare – con la riservatezza e il rifiuto della polemica che lo caratterizzavano – quando su Twitter i suoi fan facevano commenti poco gentili, soprattutto se erano rivolti alla fidanzata, dove la sua tolleranza era pari a zero.
"Oh, non preoccuparti", disse invece Lee con fare rilassato, "vedrai che riceverete il novanta percento di risposte positive e l'inevitabile dieci percento di negative. Cerca di non darci bado, non lo meritano."
"Sì, lo so", sospirò Vivien, "ma ciò nonostante, dispiace sempre ricevere critiche dettate dall'invidia, fatte con l'unico intento di tirarti addosso veleno. Soprattutto le donne sanno essere cattivissime."
"Eh, lo so", affermò Eva, rammentando come al liceo fosse stata vittima di bullismo da parte di altre ragazze, mortalmente invidiose del fatto che lei, oltre che molto bella, fosse anche una brillante studentessa; fortunatamente era sempre stata dotata di un bel caratterino ed aveva saputo metterle al loro posto con grande decisione. Il fatto che tirasse di boxe aveva giocato un ruolo determinante, comunque, ricordò con una certa feroce soddisfazione, "Aspetta che intanto faccio un commento positivo io..."
"Anche io", si affrettò ad annunciare Lee, tirando fuori il suo cellulare. Entrambi digitarono velocemente il loro messaggio di felicitazioni, mentre già sul profilo di Richard iniziavano ad apparire cuoricini di approvazione e commenti di fan.
"Ehi Eva, siamo fidanzati anche noi!", esclamò Lee ad un certo punto, ridendo. La giovane donna sussultò ed arrossì vistosamente:
"Che cosa??"
Le fece vedere una foto che gli avevano twittato, che ritraeva lui ed Eva mentre ballavano sul ghiaccio, con la didascalia La nuova fidanzata di Lee Pace?
"Ma che ca...avolo!", esclamò Eva, trattenendosi solo all'ultimo da un'espressione più colorita.
"Beh, almeno è in forma interrogativa", osservò Richard, quando l'amico fece vedere anche a lui.
"Ma farsi gli affari loro, no, eh?", sbottò Eva, scossa, poi guardò Vivien, "Adesso capisco la tua situazione..."
"A volte è davvero pesante", ammise l'altra, "All'esposizione mediatica ci si abitua, più o meno, ma alle critiche gratuite no."
"Purtroppo ci saranno sempre", commentò Lee con un sospiro, "L'importante è non farsene angustiare."
"Hai ragione", concordò Vivien.
"Lo svantaggio di stare con un attore famoso", si spiacque Richard, toccandole il braccio in un gesto di scusa.
"Ehi!", fece la donna, afferrandogli la mano e stringendola con fare rassicurante, "Guarda che sapevo a cosa sarei andata incontro, quando abbiamo annunciato la nostra relazione; e comunque sono adulta e vaccinata, posso reggere la pressione, soprattutto sapendo che mi sostieni."
"Questo, sempre", affermò lui con decisione.
Quando, verso le sei, salirono in camera per rinfrescarsi e cambiarsi per la cena, controllando l'account di Richard videro che, effettivamente, la stragrande maggioranza dei commenti era favorevole, molti perfino entusiasti, con tanti cuoricini, anelli di diamante, coriandoli e altre emoticon festanti. Alcuni erano spiritosi, altri laconici; solo un paio erano decisamente ostili e fecero aggrottare la fronte a Richard in una mimica poco promettente.
"Non capirò mai le persone che si dichiarano mie fan e poi non sanno essere felici per me", borbottò con evidente dispiacere.
"Ah, se per questo, neppure io capirò mai quel tipo di persone", dichiarò Vivien, dispiaciuta del dispiacere del suo fidanzato, "Non sono vere fan, sono troll, vivono d'invidia e si divertono a seminar zizzania. Non saranno mai capaci di essere felici per qualcun altro, perché non lo sono per se stesse. Non meritano neanche di esser considerate."
"Su questo hai perfettamente ragione; ma mi spiace vedere le inevitabili battaglie che scatenano tra gli altri fan, quelli che mi sostengono per davvero. Insomma, se non sono miei sostenitori, nessuno li costringe a seguirmi, clicchino il tasto non seguire più e la facciano finita!"
"Se fossero dotati di buonsenso, lo farebbero... ma non lo sono. Con costoro, è una battaglia persa. L'unica è ignorarli. Se le cose si fanno troppo pesanti, puoi sempre fare un tweet in questo senso, invitando i tuoi fiancheggiatori a non dar retta a tali personaggi. Se tutti faranno come se non esistessero, finiranno col stancarsi e se ne andranno da soli."
Richard annuì:
"Farò come suggerisci", le sorrise, grato del suo sostegno, "Sai sempre come rasserenarmi... grazie."
Vivien gli si avvicinò e gli accarezzò la guancia con un gesto così dolce che gli fece venir un groppo in gola.
"È quello che fanno le persone che si amano, no?", mormorò lei. Richard le prese la mano e ne baciò il palmo, teneramente.
"È vero..."
***
L'attrazione tra Lee ed Eva era ormai più che evidente; durante la cena, i due flirtarono apertamente, ma nessuno dei due faceva un passo decisivo, perché entrambi sentivano che poteva non essere una semplice avventura, bensì una storia importante, e quindi non volevano rovinare tutto per l'eccessiva fretta. Inconsapevoli che gli altri due stavano facendo il tifo per loro, trascorsero anche il giorno successivo a farsi gli occhi dolci; infine venne il momento di salutarsi, perché Lee doveva partire molto presto per recarsi in aeroporto. Dopo cena, quindi, si fermò solo brevemente, ma quando si congedò, Vivien si rivolse a Richard:
"Stasera mi sento stanca, andiamo a dormire anche noi?"
Un po' sorpreso, l'attore inglese assentì:
"Ma certo, tesoro..."
Si alzarono quindi tutti e quattro e andarono a prendere l'ascensore; la prima a scendere fu Eva, che stava al secondo piano.
"Beh, allora ti saluto, Lee...", cominciò.
"Permettimi di accompagnarti", fece lui. Vivien si sforzò di non lasciar trapelare la propria soddisfazione e gli disse:
"Buon viaggio per domani, Lee."
"Grazie, Vivien", le sorrise lui, abbracciandola. Eva si mise davanti alla fotocellula per evitare che le porte si richiudessero, mentre Lee scambiava un rapido abbraccio anche con Richard, poi smontarono dall'ascensore e si diressero verso la stanza di lei.
Mentre continuavano la salita, Vivien fece l'occhiolino al fidanzato:
"Se Lee non si offriva di accompagnare Eva, gli avrei dato un calcio nel sedere!"
Richard sogghignò:
"L'avrei fatto anche io!"
Lei scoppiò a ridere:
"Povero Lee... ha rischiato di essere buttato fuori dall'ascensore a calci!"
Frattanto, l'attore americano camminava affiancato alla bella curatrice museale.
"Quanto dicevi che rimarrai ancora a Londra?", le domandò in tono casuale. Il cuore di Eva accelerò i battiti, ma lei si obbligò a non sperare troppo.
"Rientro a New York il venti di questo mese", rispose, cercando disperatamente di usare un tono ugualmente casuale.
"Ah bene... Se ti va, dopo che ti sarei ripresa dal jet lag, potresti farmi da guida al Met, come parlavamo l'altro giorno...", buttò lì l'attore, guardandola interrogativamente. Erano ormai arrivati davanti alla porta della sua camera; si fermarono e lei si girò a guardarlo a sua volta...perdendosi immediatamente nelle profondità smeraldine dei suoi occhi.
"Ah... sì, certo", rispose, rischiando di soffocarsi perché il cuore le era salito in gola.
"Ottimo!", esclamò Lee, "Posso darti il mio numero? Così quando sei comoda mi chiami e ci organizziamo... e per ringraziarti del disturbo, se me lo permetti ti porterò fuori a cena."
A quel punto il cuore di Eva minacciò di schizzarle fuori dal petto.
"M-ma certo, volentieri", ebbe la forza di rispondere; fingendo una disinvoltura che era ben lungi dal provare, tirò fuori il cellulare dalla borsetta, "Dammi il numero..."
Lee aveva percepito l'emozione nella sua voce e se ne sentì a sua volta emozionato. Le dettò il proprio numero e lei lo digitò sulla tastiera.
"Ti faccio uno squillo, così anche tu hai il mio", gli disse, mentre completava l'operazione.
"Sì, grazie..."
Il cellulare di Lee emise il suono di una telefonata in arrivo, poi smise subito.
"Bene, siamo a posto", concluse Eva, riponendo lo smartphone, "Allora ci vediamo nella Grande Mela..."
"Sì, ci conto. Guarda che, se non mi chiami tu, ti chiamerò io", sorrise Lee. La giovane donna non poté fare a meno di sorridere a sua volta e di rispondere a tono:
"Cos'è, una minaccia?"
"No... una promessa", rispose lui, senza smettere di sorridere. Lee Pace, accidenti a te e al tuo sorriso da mille watt!, pensò Eva, sentendosi quasi girare la testa.
"D'accordo... Allora, a presto", gli disse, parlando piano perché temeva che la voce tradisse troppo palesemente la sua emozione, salita a livelli stellari, "Buon viaggio per domani."
"Grazie, anche a te", le rispose Lee; considerò la possibilità di baciarla: gli sarebbe piaciuto davvero molto, ma pensò che non era il caso di precipitare le cose, poteva aspettare che si rivedessero e farlo con la calma e la dedizione che lei meritava. Così, si limitò a prenderle la mano, se la portò alle labbra con fare galante e, guardandola negli occhi – che lo stavano fissando rapiti – le baciò leggermente il dorso, "Buonanotte, Eva."
Come suonava bene il suo nome sulle sue labbra, pensò lei, confusamente.
"Anche... a te, Lee", riuscì a rispondere in tono quasi normale. Con un enorme sforzo di volontà, si girò ed aprì la porta, entrò ed infine, con un ultimo debole sorriso di congedo all'attore statunitense, la chiuse.
Lee rimase a guardare la porta per qualche altro istante, poi con un sospiro si girò e tornò verso l'ascensore. Non era pentito di non averla baciata: l'attesa, semplicemente, avrebbe resto più bello il loro primo bacio, se e quando fosse accaduto. Non intendeva certo imporsi, ma avrebbe fatto di tutto affinché quella circostanza si avverasse. Così, cominciò subito a pensare a dove avrebbe potuto portare Eva a cena; ci voleva un bel ristorante, dall'atmosfera raccolta e dove si mangiasse bene...
***
Eva si tolse le scarpe dal tacco alto, poi andò in bagno a struccarsi. I suoi sentimenti erano un po' confusi: da un lato, aveva desiderato pazzamente che Lee la baciasse e quindi, poiché non l'aveva invece fatto, si sentiva delusa; ma dall'altra parte, era contenta che lui avesse dimostrato rispetto e discrezione, preferendo attendere un momento più appropriato, quando avessero potuto dedicarvi l'attenzione adeguata, senza l'assillo della partenza. Non era così inesperta di uomini da non essersi accorta che lui contraccambiava la sua attrazione, per cui era relativamente sicura che sarebbe successo. Apprezzava anche il fatto che avesse lasciato a lei l'iniziativa di chiamarlo, dimostrando che la riteneva capace di decisioni autonome; l'aggiunta che l'avrebbe chiamata lui se non lo faceva lei era invece una dimostrazione di quanto ci tenesse, ad essere contattato. Guardò la propria immagine allo specchio: era sicura di non star sognando? Ma no, certo che no: aveva trascorso tre interi giorni più le sera di san Silvestro con lui, non era possibile che fosse soltanto un sogno. Sorrise: non vedeva l'ora di tornare a New York...
***
"Secondo me è fatta", dichiarò Vivien, felice per l'amica, mentre si infilava sotto le coperte accanto a Richard. Lui non ebbe bisogno che gli spiegasse a cosa si riferiva.
"Anche secondo me", confermò, "Non ci resta che attendere gli sviluppi."
Vivien annuì sorridendo, poi si spalmò contro il fianco del suo fidanzato:
"Intanto, che ne dici di pensare a noi due...?"
Richard sollevò gli angoli della bocca nel suo caratteristico sorrisetto:
"Molto volentieri..."
FINE
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