Doppia coppia a Capodanno

Storia dedicata a AnnaGiude

Doppia coppia a Capodanno

Parte prima

"Allora, sei pronta?"

Vivien guardò la sua giovane amica Eva, che stava finendo di applicarsi il rossetto ma continuava a sbavarlo a causa delle mani che tremavano per l'emozione.

"Se riesco a mettermi il rossetto, anche sì!", rispose Eva, il tono di voce stridulo per l'agitazione.

"Fermati un attimo", la invitò allora Vivien, sorridendo comprensiva: ricordava ancora perfettamente la propria, di agitazione, il pomeriggio in cui era stata invitata a prendere il tè da Richard e quasi si era strozzata con i biscotti allo zenzero che aveva portato, tanto aveva lo stomaco chiuso. Da allora era trascorso più di un anno e mezzo, eppure le sembrava ancora impossibile che un attore eccezionale, famoso e bellissimo come Richard Armitage si fosse innamorato proprio di lei...

Era la sera di san Silvestro del 2014; si trovavano a Chamonix, dove Richard e Vivien stavano trascorrendo le loro vacanze invernali sulla neve, dopo il tour de force dell'attore per la promozione dell'ultimo film della trilogia de Lo Hobbit. Avevano scelto quella località perché consigliata loro da Lee Pace, carissimo amico di Richard e come lui amante degli sci, che vi andava ormai da anni. Infatti anche lui si trovava in quell'albergo e tutti e tre si recavano sulle piste insieme.

Eva seguì il consiglio dell'amica più anziana e posò il rossetto sul ripiano della toeletta.

"Sono così nervosa che ho lo stomaco annodato!", esclamò con un sospiro, "Mi sembra di avere quindici anni, non venticinque..."

"Guarda che non mi stupisce", sorrise Vivien, "Ricordo come stavo io quando sono andata a bere il tè da Richard la prima volta: ho saltato il pranzo!"

"Beh, no, prima di partire ho mangiato un panino in aeroporto", ridacchiò Eva, già un pochino tranquillizzata nel vedere che il suo non era un caso unico, "ma stasera mi sa che non inghiottirò un boccone...", concluse, scostando in ricciolo biondo che le era ricaduto sulla fronte.

"Vedremo... magari invece sarai così entusiasta che ti verrà una fame da lupo!"

"Ah potrebbe ben essere... sono una buona forchetta, di solito", Eva fece un altro sospiro, "Come mi piacerebbe piacere a Lee come tu sei piaciuta a Richard... ma non ci spero molto."

Eva era pazza di Lee Pace così come lo era stata – e a dire il vero lo era ancora – Vivien di Richard Armitage; ma non era una svampita fangirl che si strappa i capelli alla vista del suo beniamino, bensì una giovane donna rispettosa e di buonsenso. Era per questo motivo che, nonostante la notevole differenza di età – quasi vent'anni – erano diventate grandi amiche, dopo che più di un anno prima si erano conosciute frequentando lo stesso corso di difesa personale; ed era per lo stesso motivo che Vivien le aveva proposto di raggiungerla a Chamonix per san Silvestro, così da poterle presentare Lee. Non intendeva fungere da ruffiana, ma Lee aveva confidato a Richard di invidiarlo perché aveva trovato la sua altra metà; a trentaquattro anni, l'attore americano aveva cominciato a desiderare seriamente una persona con cui condividere la propria vita ma, nonostante le molte opportunità, finora non l'aveva ancora incontrata. Così, Vivien aveva pensato di farli conoscere, e magari sarebbe nato qualcosa come tra lei e Richard: in fondo, non si può mai sapere...

A causa di impegni professionali, Eva aveva potuto arrivare solo quel pomeriggio; Vivien si era fermata ad aspettarla in albergo, esortando il fidanzato ad andare sulle piste in compagnia di Lee, e così la presentazione tra i due sarebbe avvenuta quella sera, quando si sarebbero recati tutti insieme al veglione organizzato dall'albergo. Ormai mancava meno di mezz'ora all'appuntamento con i loro due cavalieri, al bar dell'albergo. Vivien aveva infatti preferito andare a cambiarsi nella camera di Eva, per darle supporto psicologico; di cui, a quanto pare, aveva proprio bisogno.

"Guarda che, vestita così, lo stendi di sicuro", le assicurò, guardandola: nel suo abito rosso, aderente e sexy in maniera elegante, era strepitosa e avrebbe fatto girare la testa a più di qualche uomo, quella sera, ne era sicura.

"Non lo so... magari l'abito è troppo vistoso..."

"No, per san Silvestro è perfetto", insistette Vivien, "Ora finisci di truccarti..."

***


"Ma tu la conosci bene, questa Eva?", domandò Lee a Richard mentre, seduti sugli sgabelli del bar, aspettavano le loro dame.

"Abbastanza da assicurarti che, oltre ad essere molto bella, è una donna di classe, intelligente, spiritosa, e che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno", fu la risposta dell'attore britannico, che pensava ogni parola che aveva detto.

"Sembra promettente", osservò Lee con apparente noncuranza, ma la verità era che si sentiva nervoso. Non amava gli appuntamenti combinati e in genere li rifiutava, ma non aveva potuto dire di no a Richard e Vivien, soprattutto dopo aver sentito la fidanzata del suo migliore amico parlargli di Eva in toni entusiastici. Da un po' di mesi a quella parte, aveva cominciato a desiderare sempre di più una persona al suo fianco, soprattutto dopo aver visto quanto Richard fosse felice e sereno da quando Vivien gli era accanto; ma questo non significava che fosse disposto a buttarsi in una relazione a caso. Era consapevole che le probabilità che questa Eva fosse la donna giusta erano minime, ma ovviamente fino a quando non la incontrava non poteva saperlo; si fidava di Richard e del suo parere e le premesse erano buone, ma poi in realtà se si sarebbe accesa la fatidica scintilla era tutto da vedere.

"Spero che lei non abbia aspettative troppo alte", aggiunse l'attore statunitense, come corollario ai suoi pensieri, "Magari di persona la deludo..."

"È il rischio che le persone come noi corrono sempre", gli fece notare Richard pacatamente, "Per questo ho sempre cercato di non dare eccessiva confidenza alle fan."

"E com'è che hai fatto un'eccezione con Vivien?", indagò Lee, la perplessità che traspariva chiaramente dai suoi occhi verdi.

La bocca di Richard si sollevò agli angoli nel suo tipico, piccolo sorriso.

"Il mio cuore ha sentito subito che era speciale", rispose semplicemente. L'espressione dell'amico si fece ancor più perplessa:

"Non avrei mai pensato che tu fossi il tipo da seguire un impulso... Ti ho sempre giudicato un tipo ponderato, che usa la testa."

"Normalmente è così", ammise l'altro, "ma a volte bisogna saper ragionare col cuore e non col cervello; e ad ogni modo non ho agito sull'onda di un impulso... Ci rivolgevamo semplici cenni di saluti – sai, quelli che ci si scambia tra vicini per pura cortesia – ma ogni volta provavo il desiderio di parlarle... Non ultimo, mi domandavo che mi aveva riconosciuto, diciamo che la mancanza di indicazioni in questo senso mi ha stuzzicato. Così ho approfittato di una volta che l'ho vista intenta a curare le rose in giardino e mi sono avvicinato; non l'avrei mai fatto, se non fosse stato che da giorni e giorni rimuginavo sulla strana sensazione che provavo."

"E poi hai scoperto che era una tua fan", sogghignò Lee, che conosceva il resto della storia.

"Una grande fan", confermò Richard, reiterando quel che lei gli aveva detto, "ma mi ha sempre trattato con grande semplicità, come un uomo e non come una celebrità... anche se, dopo, mi ha confidato che stava per svenire, quando le ho rivolto la parola", concluse, ridacchiando e scuotendo il capo, convinto che fosse un'esagerazione di Vivien.

Anche Lee rise piano.

"Vivien ti adora", sospirò poi, "Sei un uomo fortunato..."

"Lo so", annuì l'inglese, con enfasi, poi il suo sguardo si spostò dietro le spalle dell'amico, "Oh, ecco le nostre dame..."

Lee si girò tanto rapidamente da far traballare lo sgabello, rischiando di finire gambe all'aria. Si aggobbì per mantenere l'equilibrio, e fu così che poi sollevò lentamente gli occhi lungo una gamba femminile che spuntava dallo spacco di un sobrio, ma intrigante abito rosso, proseguendo sulle curve di un corpo snello ed atletico, una scollatura a V non eccessiva, un elegante collo di cigno, fino a raggiungere un bel viso incorniciato da lunghi riccioli biondi, in cui brillavano due magnifici occhi azzurri sapientemente truccati.

Sembra un angelo, pensò, stordito.

***

Scendendo al pianterreno in compagnia di Vivien, Eva aveva sentito il proprio stomaco serrarsi tanto da farla stare quasi male; l'emozione per l'imminente incontro col suo attore preferito era quasi insopportabile. Le porte dell'ascensore si aprirono, ma lei rimase immobile, le gambe inchiodate; quasi si fosse resa conto della situazione, Vivien la prese per un gomito e la tirò leggermente. Tanto bastò perché le gambe di Eva si mettessero automaticamente in moto, e così le due donne uscirono dalla cabina nell'atrio e si incamminarono verso il bar, i tacchi alti che non facevano alcun rumore sulla morbida moquette che rivestiva il pavimento.

"Eccoli là", disse Vivien a bassa voce, indicando, già sorridendo nel rivedere il suo fidanzato. Lo aveva lasciato in camera loro poco più di un'ora prima, ma per lei era sempre come vedere il sole.

Eva scorse Lee, che le girava le spalle intento a parlare con Richard, e sentì i battiti del suo cuore accelerare a mille; istintivamente sollevò una mano per assicurarsi che i suoi riccioli ribelli fossero a posto, ma si fermò a metà gesto perché Lee si girò di scatto ed ondeggiò sullo sgabello, tanto che per un momento lei temette che capitombolasse per terra. Poi l'attore sollevò lo sguardo, percorrendo tutta la sua figura, dai piedi alla testa, fino a fermarsi nei suoi occhi.

Il mondo scomparve.

Vivien vide l'espressione di Lee farsi trasognata e lanciò una rapida occhiata a Eva, il cui volto esprimeva lo stesso incanto; se da lei se l'era aspettato – sicuramente era la stessa faccia che aveva avuto lei la prima volta che i suoi occhi avevano incrociato quelli di Richard, il giorno che le aveva rivolto la parola mentre potava le rose – non aveva creduto di poterla scorgere sul viso di Lee.

Richard a sua volta aveva notato l'espressione ammaliata di Eva; guardò di sguincio l'amico e la vide rispecchiata su di lui.

Che sia un colpo di fulmine?, si domandò. Personalmente aveva creduto d'esserne immune perché non l'aveva mai provato... finché non aveva visto Vivien, di cui s'era innamorato prima ancora di parlarle. Ovviamente, dall'innamoramento improvviso all'amore vero e proprio c'era voluto un po', ma il suo cuore l'aveva riconosciuta molto prima della sua testa.

Poi l'espressione di Lee tornò al presente; l'attore si raddrizzò in tutta la sua considerevole statura – che superava perfino quella di Richard – e si sistemò la giacca, poi sorrise alla bellissima bionda davanti a lui.

Eva sentì le ginocchia andare in gelatina, ma lottò con tutte le sue forze per mantenere il controllo: d'accordo che lui era il suo attore preferito e il suo amore impossibile, ma lei aveva una dignità, per la miseria, era una donna intelligente e arguta, abituata a ragionare coi neuroni e non con gli ormoni...! Lo dimostravano una laurea conseguita con il massimo dei voti e un lavoro di prestigio, per l'ottenimento del quale aveva sbaragliato una concorrenza feroce, soprattutto da parte maschile. Non era un'adolescente in preda ad una tempesta emotiva... certo che il sorriso di Lee Pace dal vivo era assolutamente sensazionale...

"Vivien, Eva, siete semplicemente incantevoli", disse Richard, galante come sempre; la sua voce baritonale riportò la bionda al momento presente, "Eva, permettimi di presentarti il mio buon amico Lee Pace. Lee, questa è Eva Garner."

"Molto lieta", Eva riuscì a dire senza che le traballasse la voce, porgendo la mano.

"Enchanté", disse l'attore americano, prendendola e portandosela alle labbra per sfiorarne il dorso. Quel gesto d'altri tempi colse Eva impreparata e le mozzò il fiato in gola; per non parlare della sua voce, di tono simile a quello di Richard, che aveva sentito un'infinità di volte attraverso gli altoparlanti del cinema o del televisore, ma che dal vero era molto più intrigante.

Il barista, un uomo di colore impeccabilmente abbigliato di scuro con tanto di papillon, si avvicinò e chiese in francese:

"Posso servirvi un aperitivo, Monsieur Armitage?"

"Direi di sì", rispose l'attore nella stessa lingua, che conosceva abbastanza bene, per poi rivolgersi agli altri, "Cosa gradite?"

"Per me, un Kir", disse Vivien, che lo aveva assaggiato due sere prima, un cocktail a base di vino bianco con un tocco di sciroppo di ribes nero macerato in alcol zuccherato, "Eva, se vuoi provarlo, è delizioso..."

"Va bene", rispose l'amica un po' a caso; in quel momento potevano offrirle da bere olio da motore e avrebbe accettato comunque.

"Lo prendo anch'io", si affrettò a dire Lee, "Io sono sempre curioso di assaggiare cose nuove, e tu?", domandò ad Eva.

"Oh, anche io", rispose lei; stavolta riuscì a sorridergli di rimando e l'attore pensò che avesse un sorriso stupendo.

"Quattro Kir", disse allora Richard al barista, che annuì ad indicare d'aver capito.

"Accomodatevi pure a un tavolino", li invitò poi, indicando le poltrone in vimini, imbottite di cuscini color crema, vicine al bancone del bar.

L'attore britannico si girò e porse la mano a Vivien, che la prese.

"Andiamo a sederci", disse agli altri due. Lee fece cortesemente cenno a Eva di precederlo e lei si avviò, ondeggiando in maniera discretamente sexy sui tacchi vertiginosi dei suoi sandali d'argento. Per un breve attimo, Lee fissò con apprezzamento le curve sul suo spettacolare lato B, poi si ricordò che era un gentiluomo e distolse lo sguardo prima di seguirla.

Si sedettero attorno ad un tavolino e Richard domandò a Eva:

"Allora, com'è andato il viaggio?"

"Tranquillo, a parte un forte vento di traverso che ha reso l'atterraggio a Ginevra abbastanza movimentato", raccontò Eva, "ma una volta al JFK con una tormenta di neve è stato molto peggio..."

"Quale, quella del gennaio scorso?", domandò Lee.

"Sì, proprio quella."

"Santo cielo, anche io quel giorno sono atterrato al JFK, proveniente da Los Angeles! Avremmo potuto incrociarci là..."

"Il mondo è davvero piccolo", commentò Eva, sorpresa da quella coincidenza.

"Vero. Quel giorno sono mezzo morto di paura."

"A chi lo dici!"

Vivien e Richard si scambiarono un'occhiata sorridente: pareva che quei due si stessero trovando simpatici a vicenda. Magari c'era speranza...?

Richard decise d'intervenire con una domanda mirata:

"Eva, come procede col tuo lavoro?"

"Ho finito il riallestimento proprio ieri", rispose la donna, "per questo non ho potuto arrivare prima", notando lo sguardo interrogativo di Lee, spiegò, "Lavoro per il Metropolitan Museum, ma da quattordici mesi sono in prestito al British Museum. Ho appena finito di curare il nuovo allestimento della sala 42, dedicata all'arte medievale."

"Sembra impegnativo", commentò Lee, impressionato. Lei annuì:

"Abbastanza, soprattutto se ti scontri con colleghi coi paraocchi e dalla mentalità retrograda. Ho dovuto combattere duramente per convincere la direzione a darmi retta e a cambiare lo stile espositivo per renderlo meno didattico e più vivace, più godibile da parte di un pubblico interessato ma generico, non specializzato per così dire. Il nostro obiettivo è non annoiare il visitatore, anzi stimolarlo, incuriosirlo, spronarlo a volerne sapere di più", scosse la testa, "ma riuscire a metterglielo in testa a certi zucconi dell'establishment è stata un'impresa!", terminò con enfasi.

"Hai usato una mazza ferrata?", domandò Vivien ridendo.

"Guarda, se avessi potuto, l'avrei fatto!", replicò la bionda, sghignazzando; anche gli uomini risero. Lee era sempre più impressionato da Eva: oltre che indubbiamente molto bella e colta, era intelligente, spiritosa e grintosa come gliel'aveva descritta Richard.

In quel momento, arrivò una cameriera che servì loro gli aperitivi, accompagnati da olive e da piccole sfogliatine al formaggio.

Lee fu svelto a prendere un bicchiere e porgerlo galantemente a Eva; la donna lo accettò con un sorriso disinvolto, che però s'incrinò leggermente quando le sue dita sfiorarono quelle di lui. I magnetici occhi verdi dell'attore americano si fissarono nei suoi per un attimo, sufficiente a farle dimenticare di respirare. Ovviamente aveva sempre pensato che lui fosse bellissimo, ma di persona era da capogiro. Meno male che era seduta, pensò mentre si portava il bicchiere alle labbra sforzandosi di non far tremare la mano, altrimenti sarebbe sicuramente stramazzata.

Dopo aver porto un bicchiere a Vivien, Richard sollevò il proprio:

"Propongo un brindisi: alle due donne più incantevoli al di qua e al di là dell'Atlantico", disse, guardandole con il piccolo, ma espressivo sorriso che gli era tanto tipico e per cui le sue fan impazzivano – inclusa Vivien.

"A Vivien e Eva", Lee si unì prontamente al brindisi dell'amico.


Vivien sollevò il suo bicchiere in risposta:

"E noi brindiamo ai due uomini più affascinanti del mondo... dico bene, Eva?"

"Dici bene", sorrise la donna più giovane, unendosi a lei.

"Che esagerate...", cominciò Lee, ma Eva lo fermò con un'occhiata di finto rimprovero:

"Ehi, noi non abbiamo protestato alla vostra, di esagerazione!"

Risero tutti e quattro, poi toccarono i loro bicchieri e bevvero.

"Avevi ragione, Vivien, è delizioso", commentò Eva.

"Concordo", dichiarò Lee, con un cenno d'assenso, poi si rivolse alla giovane bionda, "Hai detto che lavori per il Metropolitan, ma sei in prestito al British... in che senso?"

"Uno scambio", spiegò Eva, "sia di personale, che di idee e progetti. Ho curato il nuovo allestimento della sezione di arte medievale del Met, così il British, che voleva fare la stessa cosa, mi ha ingaggiata. Nel frattempo, poiché a Londra avevano appena rinnovato l'esposizione della sezione dedicata all'antica Grecia, hanno mandato qualcuno a New York per fare lo stesso."

"È un sacco di tempo che non vado a visitare il Met", considerò Lee, usando anche lui il diminutivo popolare del museo, "Dovrò rimediare, ma solo dopo che sarai tornata, così magari mi potresti fare da guida personale", concluse, guardandola con aria interrogativa.

Eva stentò a credere alle proprie orecchie: le stava chiedendo di rivederla? Non le sembrava possibile... dopotutto, si erano appena incontrati. Probabilmente l'aveva detto per pura cortesia.


"Perché no?", rispose, cercando di stare sul neutro; per darsi un tono, prese una sfogliatina e la mangiò, "Buona!"

"Sì, vero", confermò Richard, che le aveva già assaggiate mentre seguiva lo scambio tra i due, "Quanto rimarrai ancora in Inghilterra, allora? Se hai finito il lavoro, suppongo tornerai preso nella Grande Mela..."

"Il mio ingaggio termina ufficialmente con l'inaugurazione, ovvero sabato prossimo; ma in realtà mi hanno pregata di rimanere un paio di settimane in più per controllare che tutto fili liscio e che non ci siano modifiche da fare, prima che io torni all'ovile."

"Ci mancherai", dichiarò Vivien, con sincerità: si era infatti molto affezionata a questa esuberante giovane donna.

"Non sono poi così tante ore d'aereo, da Londra a New York", Richard sorrise a Vivien, "Possiamo andare a trovare Eva senza problemi."

"E io farò un salto a Londra, ogni tanto", assicurò loro la bionda.

In quel momento, le porte della sala da pranzo furono aperte e il maitre – un uomo di mezza età, alto e calvo, leggermente soprappeso, ma comunque molto elegante nel suo impeccabile completo scuro – annunciò ad alta voce che si poteva cominciare ad entrare.

Poiché i posti erano assegnati, non ci fu alcun accalcamento, né particolare fretta di entrare, visto che la cena sarebbe stata servita tra non meno di mezz'ora. I quattro amici finirono l'aperitivo con calma, poi si alzarono; Richard offrì il braccio a Vivien e si chinò verso di lei:

"Sei davvero bellissima con quest'abito..."

Era uno dei tre che le aveva regalato quando avevano deciso di uscire allo scoperto con la loro relazione, un anno e mezzo prima; finora Vivien non aveva avuto ancora occasione di sfoggiarlo.

"Grazie", gli rispose lei, sorridendogli con occhi splendenti per il piacere e l'emozione che i suoi complimenti non mancavano mai di suscitarle, "Anche tu sei notevole", aggiunse, abbassando lo sguardo per dare una rapida scorsa al suoi outfit formale, un tre pezzi color castagna con cravatta abbinata. Qualsiasi fotomodello sarebbe scomparso, di fronte a lui: era semplicemente da urlo, almeno ai suoi occhi innamorati.

Mentre la coppia si avviava, Lee si affrettò a porgere il braccio a Eva, che lo accettò sentendosi nuovamente molto emozionata. Nonostante i tacchi vertiginosi, arrivava a malapena all'altezza delle spalle dell'attore, che superava il metro e novanta, essendo più alto anche di Richard.

"Sono una nana, rispetto a te!", rise, con grande umorismo. Lee la guardò, percorrendo con lentezza intenzionale tutta la sua figura:


"Se permetti, sei molto più carina di qualsiasi Nano io abbia mai conosciuto!"

"Guarda che ti ho sentito, stangone di un Elfo!", lo rimbeccò Richard, girandosi a mezzo.

"Quel Nano ha le orecchie lunghe!", borbottò Lee col cipiglio di Thranduil, ed Eva – che era pazza del suo personaggio tolkieniano – dovette tener sotto controllo un attacco di ilarità, limitandosi a ridacchiare sebbene volesse piegarsi in due dalle risate. Anche l'attore americano rise mentre seguivano le orme degli amici, che stavano a loro volta ridendo.

"Io e Richard ci stuzzichiamo spesso, riguardo ai nostri ruoli ne Lo Hobbit", le raccontò, gli occhi verdi che brillavano di allegria, "Spero che un giorno potremo lavorare di nuovo insieme, ci siamo davvero divertiti come matti."

"Hai proprio ragione", confermò Richard, fermandosi davanti al tabellone che illustrava i posti, "Abbiamo il tavolo Orchidea", disse, mentre lo scorreva con gli occhi.

"Eccolo", lo indicò Vivien, individuandolo. In base alla pianta della sala, lo trovarono agevolmente, anche perché ogni tavolo aveva un nome di fiore ed era stato decorato di conseguenza.

Erano tavoli rotondi da otto posti; si ritrovaronocon altre due coppie francesi, che si presentarono semplicemente come Jeannecol marito Daniel, e Albert con la figlia Mireille.


Avrebbero appreso durante la serata che la prima era una cantante piuttosto famosa in Francia e l'altro era un deputato del parlamento francese. La più emozionata alla presenza dei due famosi attori, come prevedibile, era la giovane Mireille, che l'indomani avrebbe compiuto diciotto anni e come regalo aveva chiesto al padre quella vacanza sulla neve. Sia Richard che Lee le fecero i loro auguri e si prestarono a farsi fotografare dal padre assieme a lei.

"Non sei gelosa?", domandò Eva a Vivien, sottovoce.

"No, perché?", rispose l'interpellata, "Tanto lo so, che Richard è solo mio", aggiunse sorridendo. All'inizio era stata un poco dura, per lei, affrontare la realtà del fandom femminile di Richard, tra cui c'erano ragazze – ma anche donne adulte – davvero scatenate; alcune, specialmente su Twitter, si prendevano delle confidenze che a tutta prima l'avevano infastidita, ma quando aveva capito che per Richard contava solo lei, si era rassicurata. Non sempre era facile, specialmente quando incappava in qualche commento velenoso nei suoi riguardi – anche se la Armitage Army l'aveva accolta con sufficiente grazia, c'erano sempre le eccezioni – ma nel caso presente, la giovanissima fan era talmente discreta e ben educata, che era impossibile esserne gelosa.

Eva trattenne un sospiro: non era molto sicura che sarebbe riuscita a fare altrettanto; ma comunque la possibilità era assolutamente remota, infatti anche se Lee aveva dimostrato di apprezzare il suo aspetto e la sua compagnia, che possibilità concrete aveva, di far breccia nel cuore del bell'attore statunitense?

In attesa della prima portata, conversarono simpaticamente, soprattutto delle loro imprese, presenti e passate, sui campi da sci. Lee fece ridere tutti quanti raccontando di quando, l'inverno scorso, sciando sempre lì a Chamonix, aveva perso il controllo e, dopo aver sbattuto contro un pinetto, era finito lungo disteso nella neve fresca. Richard si mise a ridere:

"Sì, mi ricordo che ti sei fatto immortalare da tuo fratello e poi hai postato la foto su Twitter!"

Anche Vivien ed Eva risero, annuendo a conferma di aver visto pure loro quella buffa immagine.


Poi arrivò l'antipasto, composto di crostini dorati spalmati di svariati tipi di paté, tra cui il celebre foie gras e il saporito formaggio roquefort. La conversazione proseguì con una certa vivacità, mentre i commensali facevano conoscenza e si rilassavano, anche grazie al buon vino che accompagnava la portata.

Poi fu la volta di una potage Parmentier, la tipica zuppa a base di porri e patate, servita con fette di pane tostato, seguita da una piccola fetta di una cremosa torta al formaggio che entusiasmò Vivien, grande amante dei prodotti caseari.

Ci fu una breve pausa, durante la quale i commensali chiacchierarono; poi fu la volta dei secondi, un filetto di manzo in crosta di pasta brisée servito con verdura al burro e purè di patate, e brasato con pancetta e funghi accompagnato da tagliatelle all'uovo.

"Conoscevo poco la cucina francese", ammise Eva, tra un piatto e l'altro, "Devo ammettere che sono gradevolmente impressionata: è tutto assolutamente delizioso."

"Uno dei motivi per cui mi piace questo albergo", le rivelò Lee, "tanto da tornarci ogni volta che vengo a Chamonix... Cambiando discorso, non ti ho ancora chiesto: tu scii?"

"Sì, sono originaria del Vermont e praticamente sono cresciuta sugli sci", rispose lei sorridendo: adorava sciare ed era pure brava, "Ma ancor più mi piace pattinare."

"Ah! Beh, allora possiamo fare qualche discesa insieme, se ti va."

"Ma certo", accettò lei. E figurarsi se avrebbe rifiutato...! Non era un appuntamento romantico, ma sciare con Lee Pace era meglio che andare a cena nel miglior ristorante del mondo con chiunque altro.

"Vedi di non fare un capitombolo come quello della foto", lo prese in giro Vivien, che aveva sentito.


"Cercherò di evitarlo", sogghignò Lee.

"Tu pattini?", gli domandò Eva.

"Non sono un esperto, ma me la cavo", rispose lui, "C'è una pista da pattinaggio olimpionica, a dieci minuti dall'albergo", le rivelò, "Di questa stagione, si può anche pattinare all'aperto."

"Fantastico! Allora magari dopodomani ci faccio una capatina."

Non ebbe il coraggio di invitare l'attore; di solito era piuttosto disinvolta, con gli uomini, ma di fronte al suo beniamino si sentiva stranamente timida.

L'arrivo del dessert impedì a Lee di rispondere. Era un dolce tradizionalmente natalizio a base di mandorle e frutta secca chiamato kougelhopf, di origine austriaca ma adottato anche in Germania e di lì passato in Alsazia e quindi in Francia; lo accompagnava un corposo vino passito chiamato Sauternes.

"Bevine poco", Vivien raccomandò a Eva, "è molto alcolico, anche se così freddo non sembra, e si rischia di ubriacarsi in un attimo."

"Grazie dell'avvertimento", rispose la bionda, "Non ho nessuna intenzione di ubriacarmi, voglio rimanere lucidissima e godermi la compagnia di Lee fino in fondo... E poi, domani dobbiamo andare a sciare insieme, come farei, coi postumi di una sbronza?", aggiunse ridacchiando. Vivien annuì a conferma.

La cena terminò poco dopo le 22.00; chi voleva caffè e liquori poteva prenderli al bancone del bar situato in un angolo della sala. Frattanto, sul palco presero posto i musicisti, che attaccarono un foxtrot. Per incoraggiare gli astanti a ballare, gli animatori dell'albergo fecero un giro per i tavoli ad invitare gli ospiti, ma molto prima che arrivassero a loro, Richard aveva già preso per mano Vivien e la stava conducendo alla pista: entrambi grandi amanti del ballo, da quello da sala a quello da discoteca, non avevano bisogno di esortazioni per lanciarsi.

"Tu balli?", domandò Lee a Eva.

"Sì, mi piace molto il ballo da sala, ma me la cavo anche coi caraibici."

"Anche io", sorrise lui, "Ti va di ballare con me?"

"Io, ballare con Lee Pace?", Eva finse spiritosamente di trasecolare, "Puoi scommetterci, cowboy!", concluse ridendo. L'attore rise alla sua battuta e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi, quindi raggiunsero Vivien e Richard e le altre coppie che si stavano muovendo in pista.


Da esperto ballerino, Lee aggiustò la lunghezza dei passi alle gambe di Eva, molto più corte delle sue; si trovarono subito in sintonia e ben presto volteggiavano attorno alla pista a tempo di musica come se lo avessero fatto centinaia di volte.

Dopo un altro foxtrot, fu la volta di un tango; Eva, che sapeva come Vivien e Richard amassero in particolare quel tipo di danza, lanciò un'occhiata alla coppia di amici e infatti la vide impegnata in una figura particolarmente difficile... che dopo un attimo Lee le fece fare, conducendola con consumata abilità. Sorrise, sentendosi al settimo cielo: stava ballando col suo attore preferito durante la notte di san Silvestro, cosa poteva chiedere di più alla vita?

Che lui perda la testa per te, le rispose una vocina beffarda dentro di lei. La scacciò con fastidio: non si sarebbe fatta rovinare il momento dalla consapevolezza di coltivare un sogno impossibile.

Il tempo trascorse velocemente, tra danze, chiacchiere, risate e qualche drink, perlopiù analcolico dato che nessuno dei quattro amici aveva intenzione di ubriacarsi, né ne vedeva motivo.

A meno dieci alla mezzanotte, i camerieri cominciarono a portare bottiglie di champagne ai tavoli, nonché calici adatti per il brindisi beneaugurale. Le due coppie, nonché gli altri quattro, tornarono al loro tavolo e Vivien prese una delle due bottiglie, togliendo la carta argentata attorno al tappo con le esperte mosse di un'efficiente sommelier; aveva ereditato la passione per i vini da sua madre, nata e cresciuta in Italia, e nel corso degli anni aveva seguito corsi adeguati, conseguendo tanto di diploma. Sia Jeanne la cantante che Mireille la figlia del parlamentare la guardarono con aria vagamente scandalizzata, dato che in tutta la sala era l'unica donna che si stava occupando dello champagne, ma Vivien si limitò a sorridere seraficamente: se n'era sempre infischiata se quel che faceva era considerata da uomo o da donna, per lei semplicemente questa distinzione non esisteva, c'erano solo cose che sapeva fare ed altre che non sapeva fare.


Scambiò uno sguardo con Richard, che si era reso conto della situazione e stava faticando a reprimere un sorrisetto ironico: la pensava esattamente come lei. L'attore prese i loro quattro calici e glieli avvicinò, in maniera che fosse comoda quando avesse versato il vino, mentre Lee ed Eva, entrambi abituati a vedere Vivien stappar bottiglie, non fecero una piega.

"Signore e signori, manca un minuto!", annunciò il cantante dell'orchestra, "Preparate i tappi!"

Con calma – sessanta secondi sono un tempo notevole, anche se spesso si crede il contrario – Vivien aprì la gabbietta, poi la tolse e cominciò ad allentare il fungo di sughero che chiudeva la bottiglia. Quando il cantante cominciò a contare gli ultimi dieci secondi, mosse il turacciolo fin quasi al limite, e allo scoccare della mezzanotte lo tolse con un movimento secco del polso, trattenendolo senza farlo saltare per ovvi motivi di sicurezza. Rapidamente lo versò nei quattro flute, che Richard distribuì prima ai due amici, tenendone uno per sé e uno per lei. Brindarono tutti assieme, scambiandosi gli auguri, poi Richard intrecciò il braccio con Vivien e i due bevvero, guardandosi negli occhi.

Osservandoli, Eva sentì un groppo in gola: oh, come sarebbe piaciuto anche a lei condividere un simile brindisi con l'uomo dei suoi sogni... che era in piedi accanto a lei, del tutto inconsapevole dei suoi sentimenti per lui...

Avanti Eva, cerca di darti un contegno!, si rimproverò, Sei innamorata di un sogno, di un'idea, in realtà non lo conosci affatto, lo hai appena incontrato, potrebbe essere del tutto diverso da come lo immagini... non puoi parlare di amore, perdiana!

Tuttavia, in fondo alla sua anima, sentiva che l'idea che si era fatta di Lee Pace nel corso degli anni in cui era stata sua fan non era per niente sbagliata; e questo non faceva altro che peggiorare la sua nostalgia.

Anche Lee osservava Richard e Vivien; era stato felice di apprendere che l'amico aveva finalmente trovato la propria altra metà, ma guardarli così felici insieme gli faceva sentire più acutamente la propria solitudine. Fra meno di tre mesi avrebbe compiuto trentasei anni ed era ancora single, e la cosa cominciava a pesargli. Oh, non che gli mancasse la compagnia, col suo lavoro e col suo aspetto poteva avere qualsiasi donna – e anche molti uomini – potesse desiderare; ma, dopo l'iniziale euforia di fronte a questa consapevolezza, si era stancato molto presto di rapporti superficiali, ancor più di semplice ginnastica da camera, ed aveva cominciato a desiderare d'incontrare una persona che gli riempisse il cuore come Vivien lo riempiva a Richard.

Senza intenzione cosciente, sbirciò Eva, in piedi accanto a lui col bicchiere in mano; sentì inaspettatamente il cuore che gli si stringeva in una morsa quando vide la sua espressione malinconica e desiderò con forza far qualcosa per cancellarla.

Si girò verso di lei e, fingendo di non notare niente di inusuale, toccò il suo calice col proprio e disse a bassa voce:


"Spero che mi concederai il primo ballo dell'anno... e anche molti altri, dopo quello."

Eva girò di scatto gli occhi su di lui e per un attimo parve guardarlo quasi spaventata.

"Oh!", fece, "Certamente! Mo... molto volentieri!", rispose, quasi balbettando. Il cuore le era saltato in gola e aveva dovuto inghiottirlo di nuovo prima di essere in grado di rispondere; ma stentava a credere a quel che aveva udito, soprattutto a quel che la richiesta dell'affascinante attore statunitense sottintendeva, ovvero un'attrazione nei suoi confronti. Troppo bello per esser vero, si disse, prendendo un sorso di champagne per bagnare la gola riarsa, Starà sicuramente solo cercando di essere gentile. Sì, non può essere altrimenti...

Per un momento, Lee aveva scorto la vulnerabilità nelle limpide iridi azzurre di Eva e sentito sorgere nel suo animo il desiderio impellente di proteggerla; poi gli occhi della donna erano tornati briosi e perspicaci come al solito mentre lo guardava sorseggiando il vino.

In quel momento l'orchestra riattaccò; allora depose il bicchiere e porse la mano ad Eva, che l'accettò, posando a sua volta il calice. Tornarono in pista con altre coppie, inclusi Richard e Vivien, e si mossero al tempo di un romantico valzer viennese.

Dopo un'ora scarsa, Vivien e Richard presero congedo, desiderosi di stare un poco da soli a celebrare l'arrivo del nuovo anno; a causa del lavoro di lui, infatti, non stavano insieme spesso quanto avrebbero voluto, anche se facevano di tutto per farlo a ogni occasione, quindi avrebbero approfittato quanto più possibile di quel soggiorno a Chamonix. Si scambiarono di nuovo gli auguri, con baci e abbracci, e mentre Eva e Lee proseguivano le danze, i due inglesi salirono in camera.


Appena arrivati, Vivien si recò in bagno, dove si struccò accuratamente e si sciolse i capelli; quando tornò in camera, trovò Richard in maniche di camicia e a piedi nudi – quest'ultima era una cosa che amava molto fare, specialmente se c'era una moquette morbida come lì – che si stava slacciando la cravatta. Sul tavolino accanto a lui erano posati due bicchieri a stelo alto e una piccola bottiglia di vino bianco, nonché un piatto da portata con colorati spiedini di frutta.

"Oh, e questi da dove arrivano?", domandò Vivien, piacevolmente sorpresa.

"Durante la cena, ho fatto un salto in reception e li ho ordinati", rispose Richard, lieto di averle fatto cosa gradita: sapeva quanto lei amasse la frutta e il vino bianco, "Mi hanno consigliato uno chardonnay di Borgogna."

"Mi sembra perfetto", dichiarò sorridendo la donna, sedendosi su una delle poltroncine e togliendosi le scarpe dal tacco alto. L'attore posò la cravatta sullo schienale della sedia dove c'erano anche gli altri capi d'abbigliamento che si era tolto, poi si sedette anche lui e stappò la bottiglietta, versandone il contenuto nei due calici. Ne porse uno a Vivien, che lo prese ringraziandolo con uno sguardo amorevole.

"Alla nostra", brindò, facendo tintinnare il proprio bicchiere contro il suo.

"Alla nostra", rispose lei. Bevvero un sorso, poi presero uno spiedino ciascuno e cominciarono a sbocconcellarli.

"Lee mi è sembrato colpito da Eva", considerò Vivien, "Tu che ne dici?"

"Sono d'accordo", annuì Richard, "Anzi, penso che lo attragga molto."

"Sarebbe fantastico se finissero con l'innamorarsi come noi due", dichiarò la donna, "Voglio dire, Eva ha già una cotta per Lee, e conoscendolo come lo conosco, non dubito che lei possa innamorarsi seriamente di lui; basta che lui la contraccambi, ed è fatta."

"Staremo a vedere... Comunque, me lo auguro anche io, entrambi si sentono molto soli; e sono due persone fantastiche che meritano di essere felici."

"Hai proprio ragione", annuì Vivien, "Come dice il proverbio, se son rose fioriranno..."

Finirono di mangiare la frutta, alternandola a qualche sorso di vino, poi Richard si alzò e porse la mano a Vivien, aiutandola a fare altrettanto. Lentamente, l'attirò contro di sé e la circondò con le braccia.

"È tutta la sera che desidero baciarti come si deve", le disse sommessamente; la sua calda voce baritonale le fece accelerare i battiti del cuore. La sua voce era una delle cose che le piacevano di più, di lui, anche perché essendo un attore, la sapeva usare molto bene per esprimere tutte le sfumature delle emozioni umane, e non faceva certo eccezione quando le parlava d'amore, anzi. In quel momento, le stava dicendo che l'amava, l'ammirava e la desiderava.

"Anch'io", bisbigliò, sollevando il viso verso il suo. Le loro labbra si incontrarono, sfiorandosi con dolcezza, una, due volte; poi si schiusero ed il bacio si approfondì, passando lentamente da tenero a sensuale, a passionale. Vivien sollevò le braccia per annodarle attorno al collo di Richard, mentre i loro corpi si stringevano l'uno all'altro, cercandosi. Quando si separarono, si guardarono un momento negli occhi, poi tornarono a baciarsi. Le mani di Richard salirono carezzevoli lungo il dorso di Vivien, sotto le lunghe ciocche dei suoi capelli bruni, fino alla nuca; lentamente, le abbassò la cerniera dell'abito, scostandolo per accarezzarle la pelle della schiena. Vivien si staccò dalle sue labbra e si scostò per permettergli di sfilarle le maniche; l'abito cadde morbidamente a terra, rivelando che indossava un elegante coordinato di pizzo color bordeaux, secondo la tradizione che vuole che mettere biancheria rossa la notte di san Silvestro porti fortuna, con un reggicalze abbinato e velatissime calze di seta nere.


Con un'espressione birichina, Vivien sollevò i piedi per uscire dall'abito ammucchiato alle sue caviglie, si allontanò di un paio di passi e si girò lentamente, in modo che lui potesse ammirarla da tutti i lati; le culottes lasciavano scoperte parte delle sue belle natiche e Richard sentì i pantaloni diventargli decisamente scomodi. I suoi occhi azzurri si incupirono per il desiderio; si sbarazzò della camicia e della sottostante maglietta, gettandole da parte, e scavalcando il vestito ammonticchiato le andò vicino, la prese nuovamente tra le braccia e la spinse verso la parete rivestita di pannelli di legno, dove le fece posare la schiena. Le prese i polsi e glieli sollevò sopra la testa, poi abbassò il viso e tornò a baciarla fervidamente; Vivien rispose con ugual ardore, già sentendo le gambe molli alla prospettiva di quel che sarebbe seguito. Richard era un amante generoso ed attento, amava darle piacere almeno quanto riceverne da lei, se non di più, e spesso la faceva restare letteralmente senza fiato; come adesso, mentre le lasciava i polsi per abbassarsi ulteriormente e sfiorarle il collo con le labbra, suggendo ed accarezzando con la lingua la delicata pelle della gola. Vivien spostò la testa all'indietro, contro la parete, per dargli più spazio, gli passò le braccia dietro la schiena e gli piantò le punte delle dita nei muscoli delle spalle, ed intanto dalle labbra le cadevano sospiri amorosi.

La sua risposta appassionata emozionò ed eccitò Richard; spinse col bacino, in modo da farle sentire tutto la sua innamorata voglia di lei, e lei ricambiò strofinandosi contro di lui. La sensazione gli strappò un gemito di piacere.


"Oh Vivien...!", esclamò, senza fiato. Tornò ad accarezzarle la schiena, fino a raggiungere il gancio del reggiseno senza spalline che indossava; lo aprì e glielo tolse, poi posò un ginocchio a terra e le abbassò le culottes, che lei correttamente indossava sopra il reggicalze. Il suo profumo di donna accesa di desiderio lo inebriò; lasciando cadere l'esiguo indumento, l'afferrò per i fianchi e posò le labbra sul suo tesoro femminile. A Vivien sfuggì un'esclamazione deliziata mentre lo sentiva tormentarla squisitamente, facendola fremere di piacere ed infiammandola sempre più di desiderio.

"R...Richard!", gemette, "Ti prego..."

Lui adorava sentirla implorarlo, in questi frangenti; ed era sempre più che ben disposto ad accontentarla. La schiuse, preparandola per lui, poi si staccò e tornò ad alzarsi; si spostò un poco e rapidamente aprì cintura e cerniera, togliendosi gli ultimi vestiti.

Vedendolo finalmente in tutto il suo splendore maschile, Vivien allungò una mano e lo toccò intimamente, chiudendo le dita attorno al simbolo della sua virilità per accarezzarlo. Sopraffatto, Richard emise un basso lamento; le ginocchia gli tremarono e, per sostenersi, posò le mani sulla parete, ai lati della testa di lei.

"Vivien...", gracchiò, rauco. Vivien continuò ad accarezzarlo per qualche istante, godendo dell'emozionante sensazione di potere che le dava la consapevolezza di essere lei, e soltanto lei, la donna in grado di farlo sentire così; infine lo lasciò andare. Allora lui l'afferrò per i fianchi e la sollevò alla propria altezza, posizionandosi; Vivien gli circondò la vita con le gambe, facendogli un cenno d'incoraggiamento. Guardandola negli occhi, Richard si spinse lentamente dentro di lei, congiungendoli nell'atto d'amore. Vivien schiuse le labbra con un sospiro di piacere non soltanto fisico. Udendola, l'uomo sentì il cuore tremolare di emozione; chinò la testa.


"Ti amo, Vivien", le bisbigliò sulle labbra, prima di baciarla; poi cominciò a muoversi, adagio, facendole emettere altri sospiri estatici.

In quella posizione, Vivien era interamente, felicemente in sua balia; ma una cosa poteva farla anche lei: strinse i propri muscoli interni, strappandogli un ansito di deliziata sorpresa.

Incitato dai suoi gemiti, Richard aumentò il ritmo e l'ampiezza delle spinte; poi cominciò a ruotare il bacino, alla ricerca del punto di maggior piacere di lei. La udì boccheggiare e comprese d'averlo trovato, così mantenne la posizione ed insistette; i lamenti amorosi di Vivien divennero sempre più forti, incoraggiandolo a continuare.

Vivien si sentiva annegare in un lago di pura estasi, tanto del corpo quanto dell'anima; quello era il vero significato di fare l'amore, l'unione fisica come espressione tangibile dell'unione spirituale, sentimentale, mentale tra due esseri distinti che, in quel momento, diventavano uno.

"Anch'io", sussurrò, tra un sospiro e l'altro, "Anch'io ti amo, Richard..."

Nelle proprie profondità, percepì le avvisaglie dell'orgasmo e si tese nell'aspettativa del compimento; chiuse gli occhi, esalando un altro sospiro.

Richard la sentì tendersi e comprese che era ormai prossima; anche lui era vicino all'acme ed allora incrementò ulteriormente la velocità dei propri movimenti. Pochi istanti dopo la sentì contrarsi spasmodicamente attorno alla propria carne, mentre un alto gemito le sfuggiva dalla gola; allora si lasciò andare e la raggiunse nell'ebbrezza dell'appagamento, mentre i loro lamenti d'amore si sovrapponevano. Per lunghi istanti, il mondo cessò d'esistere, il tempo si fermò e l'universo si riempì unicamente di loro due, cuori impazziti, respiri affannati, corpi accaldati, menti oscurate nel parossismo del compimento.

Poi, lentamente, tornarono dalla dimensione celestiale in cui si erano proiettati insieme e ridiscesero nel mondo normale; Vivien tornò ad aprire gli occhi e scoprì che lui la stava guardando, le iridi chiarissime splendenti, gli angoli della bocca leggermente sollevati in un lieve, tenero sorriso.

"Ho una cosa per te", le disse a bassa voce.

"Un'altra?", domandò lei, inarcando le sopracciglia in una mimica sfrontata che lo fece sbottare in una risatina.

"Sei una terribile monella", dichiarò, divertito.

"Lo so", ribatté Vivien, ridacchiando a sua volta, "Ti piaccio anche per questo, no?"

"Proprio così", ammise l'attore; la depose delicatamente a terra, "Sarà meglio andare a letto", osservò poi: la loro attività li aveva scaldati parecchio, ma ora che avevano finito, avrebbero ben presto sentito freddo.

Indossarono quindi le loro tenute da notte – Richard semplicemente pantaloncini e maglietta, Vivien una lunga camicia di seta – e si infilarono sotto le coperte.

"Allora, cos'è questa cosa per me?", Vivien sollecitò Richard, sorridendo intrigata. Lui le sorrise di rimando; le prese una mano e se la portò alle labbra, baciandone le dita, poi si sollevò a sedere, si voltò e frugò nel cassetto del comodino. Ne tirò fuori una scatolina rossa, tornò a girarsi verso di lei e, aprendola, gliela porse.

In un letto di seta color avorio, c'era un anello d'oro bianco e diamanti che s'intrecciavano in un elegante arabesco dal disegno vagamente elfico.

Vivien sentì gli occhi che quasi le schizzavano dalle orbite. Balzò a sedere, fissando l'anello a bocca aperta, senza riuscire a spiccicar parola, quasi incapace di respirare. Poi sollevò di scatto gli occhi in quelli di Richard, che stava scrutando le sue reazioni.

"Co... cosa...?", balbettò.


"Vivien Grosworth", l'attore enunciò il suo nome, scandendolo con la dizione chiara tipica di chi è abituato a recitare in teatro, "ti amo immensamente e niente al mondo mi renderebbe più felice che diventare tuo marito. Vuoi sposarmi?"

Vivien sbatté più volte le palpebre, lentamente; poi di colpo molto rapidamente, perché gli occhi le si erano all'improvviso riempiti di lacrime, mentre le parole dell'uomo assumevano significato nel suo cervello ottenebrato dallo stupore più assoluto. Non avevano mai parlato di matrimonio, tra loro, nell'oltre anno e mezzo che stavano insieme, e anche se lei ci aveva qualche volta pensato, non aveva mai avuto particolari aspettative in quel senso: non le interessava il matrimonio, non veramente, perché le bastava stare con Richard, amarlo ed esserne riamata.

Sfiorò l'anello con la punta dell'indice; era bellissimo, chiaramente scelto in base ai sui gusti, che ormai Richard conosceva bene: sapeva che apprezzava l'oro bianco e le cose di foggia insolita.

"Sono... senza parole", sussurrò.

"A me ne basta una soltanto", fece lui, sottovoce, rammentandole che le aveva posto una domanda, a cui naturalmente desiderava ricevere risposta. Vivien tornò a guardarlo negli occhi, emozionata, commossa fino in fondo all'anima.

"Sì, Richard!", disse di slancio, "Sì..."

Il sorriso dell'uomo divenne luminoso come il sole. Trasse l'anello dalla scatolina e, prendendole la sinistra, glielo infilò all'anulare. Scoprirono subito che le andava un po' largo, ma per non insospettirla, lui non aveva potuto chiederle la misura ed aveva quindi dovuto tirare a indovinare; comunque non sarebbe stato un problema, lo avrebbero fatto sistemare al più presto. Frattanto, Vivien lo avrebbe portato al medio, dove calzava a pennello.

"È bellissimo", mormorò Vivien, ammirando il gioiello.

"Felice che ti piaccia", sorrise Richard, "Appena l'ho visto, ho capito che era l'anello giusto per te."

"E hai avuto ragione", affermò lei, guardandolo e sorridendogli di rimando; poi domandò incuriosita, "Da quanto ci stavi pensando?"


"Da diverse settimane", ammise l'attore, "In maniera consapevole, intendo, ma credo che inconsapevolmente doveva essere da molto di più, perché altrimenti non mi spiego come mi sia balzata in mente l'idea non appena ho ricevuto l'invito al matrimonio di Greg."

Greg era un suo cugino, a cui era particolarmente affezionato perché, quando era soltanto quattordicenne, lo aveva aiutato a convincere sua madre a frequentare il Pattison College di Coventry, dove aveva potuto studiare musica, canto, danza e recitazione, cosa che aveva quindi costituito la base della sua professione. Il cugino, di pochi anni più anziano, era uscito da un brutto divorzio una decina di anni prima, ma ora aveva trovato un'altra donna con cui ricominciare; e naturalmente non aveva mancato di invitare il cugino prediletto, diventato famoso anche grazie a lui.

"Capisco", assentì Vivien, "Io... beh, io a volte ci avevo pensato, ma non te ne ho mai parlato perché, come sai, non ho mai ritenuto il matrimonio indispensabile alla felicità di una coppia. Questo però non significa affatto che io non sia più che felice di accettare la tua proposta", aggiunse in tono deciso, per stroncare sul nascere qualsiasi confusione in merito. L'attore annuì: conosceva lo spirito d'indipendenza della sua fidanzata e non si sarebbe mai sognato di calpestarlo; il fatto che lei avesse accettato di sposarlo, quindi, era per lui doppiamente fonte di gioia.

"Dovrai informare la Armitage Army", suggerì Vivien a quel punto.

"Farò un tweet in merito domani... anzi oggi, tecnicamente, visto l'orario", disse Richard, "Così preveniamo qualsiasi illazione da parte di chi dovesse vederti l'anello al dito e mettere online una foto."


"Il prezzo della notorietà", commentò la donna; non pensava che si sarebbe mai completamente abituata al fatto di stare insieme ad un personaggio pubblico, ma finora non le erano mai capitati episodi spiacevoli, al massimo qualche occhiata insistente sulla metropolitana o al ristorante con le amiche, o in qualche negozio. Sperava che continuasse così.

Prima di tornare sotto le coperte, si tolse l'anello e lo posò sul comodino; poi Richard la prese tra le braccia e si addormentarono così, stretti l'uno all'altra.


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