41.
Dario era seduto davanti insieme a un suo sottoposto, non si fidava di lasciare guidare Kejsi. Lei infatti era seduta dietro insieme a Marco, Nicola e Remo. Tutti e tre erano imbarazzati e visibilmente agitati, a differenza di Kejsi che continuava a guardare fisso davanti a sé come se loro non esistessero, continuando ad accarezzare Ityu.
Nicola non si riuscì più a trattenere e cercando di non dare nell'occhio le si avvicinò per sussurrarle all'orecchio 《che fine ha fatto Amos?》
La risposta non arrivò subito, sembrava non averla nemmeno sentita la domanda. Nicola stava per ripetere a voce più alta quando finalmente si decise a parlare.
《È ancora vivo.》
Tutti e tre tirarono un respiro di sollievo.
《Cos'ha fatto? Perché non l'hai aiutato?》
《Non sono cose che ti riguardano.》
Kejsi chiuse lì la conversazione e Nicola tornò in fretta al suo posto. Dario si era girato e li stava osservando sospettoso. Era certo di starsi portando dietro una bomba a orologeria, ma del resto quelli erano gli ordini di Giacomo e lui non era nelle condizioni di trattare.
Remo era straordinariamente serio. Teneva stretto il suo cane tra le gambe come se potesse infondergli coraggio. Aveva paura come non ne aveva avuta mai. Quella situazione, quell'atmosfera, gli mettevano tensione. Sembrava un castello di carte in mezzo a una bufera. L'astio di Dario verso qualsiasi persona intorno a lui si percepiva chiaramente. Sembrava pronto a fare qualsiasi gesto inconsulto al primo sentore negativo. Teneva la mano costantemente serrata sulla pistola, pronto a sparare. E questa volta anche lui aveva portato il suo cane: un cane corso, un molossoide con ben 50 chili di muscoli. Nel campo si diceva che quel cane avesse ucciso diversi uomini sotto al suo comando e a tutti incuteva gran timore.
Kejsi invece era serena, fin troppo serena. Sembrava una bambina asociale seduta sul pulmino che la porta a scuola, ma loro tre sapevano bene che era pericolosa e che se avesse voluto avrebbe potuto farli fuori tutti in poco tempo. Per quello Dario non si separava nemmeno un istante dalla sua arma. Anche lui sapeva.
Marco toccò la spalla di Remo per tranquillizzarlo. Quella missione sembrava tanto una missione suicida.
《Rillassati. Andrà bene, noi tre dobbiamo restare uniti. Se si scanneranno, lo faranno tra di loro.》
Remo annuì con la testa e Marco accennò un sorriso. Nicola portava addosso agitazione e rabbia, era preoccupato per i suoi fratelli. Qualsiasi cosa gli fosse successa si sarebbe sentito direttamente responsabile. Se avessero disubbidito Dario gli avrebbe sparato senza esitazione, lui lo sapeva.
Il furgone si fermò. Erano arrivati.
Dario rimise la pistola nella fondina per scendere, agguantando nervosamente le stampelle. Kejsi si alzò e mise a tracolla il fucile con un gesto fluido e veloce. Ityu non fu da meno, si alzò subito sull'attenti pronto a scattare.
Nicola approfittò di quel momento per parlarle ancora, la fermò per un braccio e le disse:《cosa sta succedendo Kejsi? Con noi puoi parlare. Cos'è questa storia della madre di Sofia? Amos non avrebbe mai voluto il male della bambina...》
Kejsi si bloccò per qualche secondo per guardarlo negli occhi e poi staccò il braccio dalla presa salda di Nicola.
《Stai al tuo posto, soldato.》
Si aggiustò il fucile, fece un cenno al suo cane e scesero.
《Questa missione non promette nulla di buono, Nicola...》
《Lo so, Marco. Lo so.》
Remo aveva gli occhi che tremolavano, non voleva scendere per andare incontro a un massacro.
《Sentite, restiamo uniti e vicini. Non abbiamo altra scelta, dovremo coprirci le spalle a vicenda. È l'unico modo》, disse Nicola.
《Cosa facciamo se le cose si mettono male?》chiese Marco.
《Ci difenderemo. Con le unghie e con i denti.》
Nicola cercava di infondergli coraggio, conosceva il rischio. Marco mise un braccio intorno alle spalle di Remo e, insieme, scesero.
I cani che erano ormai diventati un branco si erano già uniti in formazione sotto la guida di Ityu e i tre padroni avevano fatto lo stesso mettendosi dietro a Kejsi. Fra Dario e lei, lei sembrava il male minore, o almeno cosi speravano.
Dario sputò per terra e poi puntò una stampella verso ognuno di loro.
《A noi serve solo Sara. Gli altri uccideteli tutti. 》
《Come facciamo a sapere chi è Sara tra loro?》, chiese Marco.
《È una donna, sui 33 anni, alta e bionda. Questo dovrebbe restringere il campo a sufficienza. Se poi non dovesse bastare sappiamo che ha una cicatrice sull'indice abbastanza grossolana.》
Tutti deglutirono. Era arrivato il momento della verità.
Dario tirò fuori il binocolo e studiò la situazione.
《Non ci credo. Ma davvero?》
Partì a ridere sonoramente e tutti si chiesero il motivo. Lui li invitò a guardare dallo stesso binocolo. Il motivo fu presto chiaro a tutti: erano solo in tre. Nessuna scorta, nessun recinto, nessun accampamento. Solo un Van con due ragazze e un ragazzo fuori.
《Sarà più facile del previsto a quanto pare. Potrei tranquillamente farli secchi tutti e tre da solo e con una gamba fuori uso.》
《Pecchi di superbia. Non pensi possano aver messo delle mine anti-uomo intorno al furgone? Se vuoi perdere anche l'altra gamba accomodati pure, io non ci tengo》, intervenì Kejsi.
Dario sbuffò, odiava anche solo pensarlo, ma la donna poteva aver ragione.
《Puoi sparargli a questa distanza?》
《Sono troppo vicini gli uni agli altri e si muovono di continuo. Rischierei di colpire Sara o di sbagliare il colpo rivelando la nostra posizione.》
Dario alzò un sopracciglio e la guardò truce.
《Bene. Faremo così allora: faremo il giro e ci avvicineranno da dietro. Tu Kejsi avrai l'onore di aprirci la strada. Se salti per aria qualcun altro prenderà il tuo posto.》
Sorrise maligno e Kejsi non seppe trattenere una smorfia, dandogli una spallata e sfilandogli a fianco.
《Andiamo Dood》, disse Dario per richiamare il cane corso vicino a sé e si incamminò.
《Stammi dietro, zoppo. Non vorrei prendessi una mina al posto mio perché arrivi tardi e non vedi dove ho messo i piedi.》
Ironizzò Kejsi accelerando il passo. Non pensava ci fossero delle mine, ma se ci fossero state non sarebbe stato poi male vedere una delle sue stampelle poggiarcisi sopra.
Arrivarono dietro al Van. Dario ordinò di fermarsi e aspettare che Kejsi andasse avanti.
《Secondo te ci sono veramente delle mine?》, chiese Remo a Nicola.
《Forse il mio cane potrebbe fiutarle...》, riflettè Nicola.
《Aspettate! Fermi. Il mio cane è stato addestrato a fiutare gli esplosivi. Vado avanti io.》
Remo strabuzzò gli occhi e lo fermò tirandolo vicino a sé.
《Sei matto vuoi rischiare la tua vita per quella? Lascia che vada lei!》
《Se lei muore, resteremo soli con Dario. Lei potrebbe proteggerci o quanto meno attirare l'ira di Dario al posto nostro se qualcosa va storto. È l'unica che riesce a opporglisi.》
《Credi davvero che sia meglio di Dario? È instabile. Ha voltato faccia persino a suo marito, perché credi che a noi toccherà una sorte migliore? Dario ce l'ha con lei. Una volta liberaticisi saremo a posto.》
Marco intervenne e diede ragione a Remo.
《È una pazzia, fratello.》
《Forse. Forse è una persona della peggior specie, ma una cosa di cui sono certo è che c'è un bambino che la sta aspettando al campo e che non si riprenderà mai più se torniamo senza di lei.》
Marco abbassò lo sguardo, sapeva che aveva ragione e si vergognò per non averci - egoisticamente - pensato prima. Nino la stava aspettando, per il piccolo era diventata sua madre. Per quanto non fosse una bella persona non potevano lasciarla morire lì e privare il bimbo della cosa più preziosa che avesse.
《Tranquilli, fratelli. Ce la posso fare. Non abbiate paura.》
Chiamò il suo pastore tedesco e si offrì al posto di Kejsi. Dario acconsentì, ma quando Nicola incontrò gli occhi vitrei di Kejsi sembrava che stessero implorandolo di non farlo.
Il cane incominciò ad annusare il terreno senza dare segnali di allarme. Tutti dietro di lui sembravano trattenere il respiro a ogni suo passo, con la paura che da un momento all'altro potesse essere l'ultimo.
Nicola arrivò fino al retro del Van. Tutto era andato bene e vide distintamente il sollievo quando guardò negli occhi dei suoi compagni, ma non in quelli di Kejsi. Perché se l'era presa per il fatto che si fosse offerto lui al posto suo? Le aveva risparmiato un rischio, ma non sembrava l'avesse apprezzato, anzi.
Vittorio, Vanessa e Sara stavano gesticolando, muovendosi istericamente intorno a un tavolino dov'era posata una carta orografica. Non si erano accorti di nulla, erano totalmente ignari di quello che sarebbe successo di lì a poco. Ma una cosa era certa agli occhi di Nicola, Sara non era lì tenuta prigioniera.
Avrebbe potuto uccidere degli innocenti per salvarsi la vita e quella dei propri compagni? Se Amos era d'accordo con Sara e quella non tornava da sua figlia pur di stare lontana dal campo, un motivo doveva esserci e doveva essere pure bello grosso.
《Ti sei imbambolato ragazzo?》
Dario -sprezzante- lo aveva ormai raggiunto insieme agli altri. Lo intimò ad andare avanti e ucciderli.
Il fedele sottoposto di Dario aveva il fucile puntato verso di lui. O uccideva o sarebbe stato ucciso. Dario non aveva intenzione di risparmiare nessuno, tutti ai suoi occhi potevano essere dei potenziali traditori.
Avanzò, con la stessa volontà di un sasso che rotola in discesa: senza possibilità di fare altro e senza possibilità di tornare indietro.
Fu il ringhio del cane di Nicola, intento a proteggere il padrone dalle minacce dell'uomo, a far accorgere Vittorio che non erano soli. Cercarono di prendere i fucili alla svelta ma Dario, il suo soldato e Kejsi furono più veloci. Gli puntarono contro i fucili e i rispettivi cani.
Vittorio prese subito Vanessa tra le sue braccia e la mise dietro a sé. Sara invece si frappose tra i due ragazzi e il fucile del soldato di Dario.
《È me che volete vero? Allora abbassate le armi. Vi servo viva giusto?》
Gli occhi di Vittorio incontrarono quelli di Ityu. I due si erano riconosciuti subito e la domanda sorse spontanea: che fine aveva fatto Amos? Chi era quella con il suo lupo?
《Non essere stupida Sara. È vero che ci servi viva, ma non intera. Ti conviene spostarti o potresti non rivedere tua figlia sulle tue gambe》, disse Kejsi.
《Conosco quel cane. Chi sei tu? Che ne hai fatto di mia figlia?》
《Mi chiamo Kejsi, e tua figlia merita una madre che gli dia un futuro, non una che si nasconda dalle proprie responsabilità.》
Al sentire il suo nome il viso di Vanessa sbiancò e le sue mani strinsero convulsamente la maglia di Vittorio. Se quella era Kejsi, che fine aveva fatto Amos? Che fine avrebbero fatto di lì a poco tutti loro?
《Ora basta. Uccido te e tutti quelli che continueranno a disubbidire ai miei ordini d'ora in poi. Levati donna o muori.》
Dario si stava reggendo su una sola stampella e teneva la pistola puntata sulla faccia di Sara.
《Non lo farai.》
Lui le sparò alla gamba senza il minimo preavviso e Sara si accasciò a terra gemendo. Poi rivolse subito la pistola verso i due ragazzi.
Vittorio drizzò il petto facendo da scudo a Vanessa. Sarebbero dovuti passare sul suo cadavere prima di arrivare a lei.
《Nicola, è la tua occasione. Dimostrami la tua fedeltà. Sparagli.》
Nicola guardò i suoi fratelli. Sapeva a cosa stava andando in contro e lo sapevano anche loro. Cercarono di fermarlo, ma lui toccò le spalle di entrambi e con occhi lucidi tentò di rassicurarli. Non aveva altra scelta.
I cuori di Marco e Remo incominciarono a battere all'impazzata. Sapevano che quella era una trappola.
Che cos'altro avrebbe potuto fare, però? Puntò il fucile verso Vittorio. Gli occhi del ragazzo erano umidi ma fermi, sarebbe morto pur di proteggere la sua donna. Non si sarebbe mai spostato.
Guardò Sara a terra che con tutte le sue forze stava cercando di rialzarsi per impedire una carneficina e attirare l'attenzione su di sé. Vide i suoi occhi illuminarsi allo stesso modo in cui luccicavano quelli di Sofia. Lo stavano supplicando, supplicando di fare la cosa giusta. Che uomo sarebbe stato per il resto della sua vita se in quel momento avesse premuto il grilletto? Come avrebbe fatto a guardarsi allo specchio, dormire la notte, da quel giorno in poi?
Diede una carezza al suo pastore tedesco accanto a lui.
《Grazie per essere sempre stato al mio fianco amico mio.》
Fu con coraggio che si voltò e con lo sguardo rivolto non verso Dario, ma verso Marco e Remo, sapendo sarebbero state le ultime persone che avrebbe visto, disse: 《no》.
Gli occhi non avevano nemmeno fatto in tempo a inumidirsi, le labbra a dire "Addio". Partì un colpo.
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