37.
Entrò nell'ascensore e provò a premere -6, ma si fermò al -5 non proseguendo la sua corsa.
《Maledizione!》imprecò.
A quanto pareva ci voleva un codice per scendere ulteriormente, un codice a lui sconosciuto, un codice a cui non sarebbe mai arrivato se non con le maniere forti.
Le risposte erano al -6, ne era certo. Sentiva che non poteva aspettare oltre, non poteva nascondersi nel campo come se nulla fosse. Non più.
Prese la decisione. Quella che avrebbe dato inizio alla rivolta.
Aspettò, davanti all'ascensore, che uscissero. Li avrebbe attaccati, li avrebbe costretti a parlare e se serviva li avrebbe uccisi. Non era un gran piano, ma l'effetto sorpresa poteva giocare a suo favore. Nella sua testa si continuava a ripetere "ora o mai più", ormai era troppo compromesso per non agire.
Si posizionò di lato in modo da non essere visto appena le porte si fossero aperte.
Si aprirono dopo lunghi, lunghissimi minuti di attesa dove il sudore sulla sua fronte ormai si era espanso e gli aveva inzuppato anche tutta la maglietta. La sua testa non aveva avuto tempo di pensare al peggio. O meglio, l'aveva avuto ma preferì bloccarli quei pensieri. Non poteva farsi prendere dal sentimentalismo, doveva agire, essere freddo e metodico. Un po' come lo era Kejsi con un'arma in mano. Ma ne era veramente altrettanto capace? Sarebbe riuscito a contenere la sua rabbia per lasciar posto a una freddezza di gran lunga più temibile? Non lo sapeva, ma di lì a poco lo avrebbe scoperto.
La lucina delle porte si accese e il rumore dei cavi metallici annunciava l'imminente arrivo dell'ascensore. La testa ormai era vuota. O scappava o restava e affrontava qualsiasi situazione gli si fosse posta davanti. Il cuore gli batteva forte in gola e i piedi erano ben piantati a terra, doveva resistere.
Da quelle porte inaspettatamente uscì solo Dario. Non se lo aspettava, ma sarebbe bastato lui per farlo scendere.
Prese il suo inseparabile fucile e glielo puntò alle spalle.
《Sei più sveglio di quanto pensassi.》
Sbraitò Dario.
Cosa voleva dire? In fondo era un'ammissione di colpevolezza. Come se stesse davvero nascondendo qualcosa proprio a lui, come se in fondo se lo aspettava che prima o poi se lo sarebbe potuto ritrovare alle spalle, ma non ci si soffermò troppo. Sentiva che le risposte sarebbero presto arrivate.
Lo sbattè dentro l'ascensore e lo bloccò.
《Ora dimmi come arrivare al -6 o credimi quest'anscensore sarà l'ultima cosa che vedrai.》
Dario si mise a ridere con il suo solito comportamento che radeva la più totale indifferenza.
《Credi davvero di riuscire a fermare tutto questo? Sei solo uno stupido granello di sabbia nel mare che si sta per far ammazzare.》
《Uno stupido granello di sabbia che ha un'arma puntata sulla tua faccia, quindi fossi in te riderei meno.》
In risposta sputò su Amos col risultato di farlo uscire di senno. No, non aveva decisamente la freddezza di Kejsi. Prese il coltello dalla fondina e gli fece un taglio terribilmente vicino alla carotide.
《Pensi di spaventarmi con un graffietto?》
Amos fu veloce come un fulmine e gli sparò poco sopra al ginocchio. Dario iniziò a urlare e imprecare in preda al dolore accasciandosi sul pavimento dell'ascensore.
《Ora ti spiego brevemente come funziona. Il tuo femore è fratturato, rischi un'embolia. Se anche l'arteria femorale è danneggiata avrai un'imponente emorragia che potrebbe richiedere l'amputazione della tua bella gamba, sempre che tu non muoia prima. Quindi ora sta a te scegliere. Meno tempo ci impiegherai a dirmi come si arriva al -6 più probabilità avrai di salvarti. Vedi tu.》
Dario imprecò e lo maledisse, ma il forte dolore e la presa di coscienza che sarebbe potuto morire davvero, lo convinsero.
《Vuoi andare al -6? Benissimo sarà un piacere spedirti all'inferno!》
Per scendere era necessaria una combinazione di tasti, una sorta di codice: 661163. Appena gliela disse gli diede un colpo in testa col calcio del fucile e lo portò nella stanza virtuale dove gli legò la gamba con una cintura e lo rinchiuse.
Tornò in ascensore. Ora il pavimento era completamente ricoperto di sangue tanto che le suole delle sue scarpe ci si appiccicavano e scivolavano riproducendo un rumore schifoso.
Non ci diede bada e premette la famosa combinazione diretto al -6. Aveva sentito che c'erano scorie radioattive e che solo con certe tute ci si poteva entrare, ma loro non erano certo scesi lì completi di tuta anti radiazioni. Qualsiasi cosa ci fosse stata lì sotto non sarebbe morto appena aperte le porte dell'ascensore, o almeno così sperava.
L'ascensore superò il -5 e segnò il famigerato -6. Era il momento della verità.
Prese il fucile pronto a sparare a qualsiasi cosa gli si fosse parata di fronte, probabilmente non lo aspettavano, ma non ci avrebbero messo molto a reagire.
Le porte metalliche si schiusero fluidamente, aprendo la vista a una scrivania piena di fogli dall'aspetto antico.
Si sporse appena fuori dall'ascensore per vedere chi ci fosse, ma non c'era assolutamente nessuno. Che la Serpe e Giacomo si fossero avviati a un altro piano prima della sua discesa? In ogni caso non ci sarebbe voluto molto prima che lo scoprissero. Uscì dall'ascensore e si guardò intorno.
Era un piccolo studio con al centro una scrivania in legno antico di noce, illuminata da una lampada da tavolo con la base in ottone e diffusore verde. Dall'altra parte del tavolo si ergeva ben visibile un vecchio mappamondo dai toni pastello con infilzate delle puntine rosse.
Non potè far a meno di pensare che strideva notevolmente con lo stile moderno e freddo del resto della base. Si guardò intorno e vide che a destra dello studio c'era una grande porta in vetro temperato con il simbolo "radioattivo" stampato sopra e lì vicino degli appendini con appese diverse tute gialle anti radiazioni. Giacomo diceva la verità, effettivamente non aveva mai mentito.
Si avvicinò per vedere cosa ci fosse dentro, ma del fumo verde che probabilmente serviva a sterilizzare il corridoio di passaggio dall'altra parte del vero laboratorio, gli impediva di vedere qualsiasi cosa.
Forse Giacomo era lì dentro, ma guardò gli appendini, sembrava non mancasse nemmeno una tuta. Magari era veramente andato a un altro piano.
Si diresse alla scrivania e diede un'occhiata al mucchio di fogli sparsi in un apparente completo disordine.
Erano un mucchio di disegni ingegneristichi e scarabocchi di cui non capiva granché, ma vi riconobbe lo schizzo che assomigliava alla piramide che aveva visto a Dario posizionare su quel tetto. Vicino alla luce, sulla punta di questa, vi era segnato un gigantesco punto di domanda rosso; scritto probabilmente da una mano molto nervosa, visto quanto era calcato il tratto.
Decise di aprire i cassetti, doveva trovare qualcosa che lo aiutasse a comprendere lo scopo di quella "roba".
All'interno vi trovò un sacco di fascicoli. Uno in particolare attirò la sua attenzione, era intitolato: Progetto Tzar.
Forse lì dentro poteva trovare informazioni utili. Decise di aprirlo e leggere:
Il riscaldamento globale sul lungo periodo dipende dalla quantità cumulata di CO2. Dobbiamo limitare l’aumento delle temperature globali a 1,5 °C rispetto i valori preindustriali (il riferimento è il periodo 1860-1880). Le emissioni cumulate di CO2 da tutte le fonti antropogeniche dovranno essere inferiori a 2.800 Gt.
Dall’inizio della Rivoluzione industriale ne sono state emesse approssimativamente 2.200 Gt (circa quattro quinti dello «spazio di carbonio»).
Rimane spazio per circa 600 Gt di CO2.
Ogni anno ne immettiamo 43 Gt.
Il calcolo è facile...
Sì, il calcolo era dannatamente facile, mancavano solo 14 anni. Ma si chiese cosa c'entrasse questo con la Tzar, che stesse sviluppando una nuova tecnologia per ridurre l'inquinamento? Ma ormai non avrebbe avuto senso, non c'era più nessuno rimasto a inquinare.
Continuò a sfogliare il fascicolo intervallato da dati e grafici fino ad arrivare al progetto della bomba, la bomba Tzar.
Era incredibilmente dettagliato, conteneva tutte le descrizioni meccaniche della bomba e tutti i progetti per costruirla. Come aveva fatto a recuperare quei dati? Una volta esplosa, la bomba non lascia così tante informazioni e quei progetti erano perfettamente completi. La bomba non era di origini italiane e gli italiani di certo non erano padroni di quel tipo di tecnologia. A cosa gli servivano? Voleva costruire un'altra Tzar? A che pro? Ormai non c'era rimasto più nulla da distruggere.
Stava continuando a sfogliare pagine e pagine quando gli venne in mente una cosa. Prese il fascicolo tra le mani e guardò la prima pagina.
Gli si gelò il sangue.
Collegò in fretta tutti i pezzetti e per poco non gli venne da vomitare, il cuore gli batteva all'impazzata e le emozioni stavano avendo la meglio su di lui.
《Forse allora non sei così stupido.》
Era così frastornato e sconvolto che non si era nemmeno accorto della presenza di Giacomo alle sue spalle, insieme a Michael e la Serpe poco dietro con una pistola puntatagli alla faccia.
Li guardò tutti profondamente negli occhi per qualche secondo. Poi esplose.
《Questo fascicolo... questo fascicolo risale a prima dello scoppio!》
Giacomo sorrise facendo piegare la sua cicatrice in modo lugubre.
《Precisamente, di un anno e sei giorni prima dello scoppio, sì.》
Il cuore di Amos stava battendo così forte che di lì a poco gli sarebbe uscito dal petto, i suoi polmoni si riempivano e si svuotavano a una velocità frenetica mai vista.
《Sei stato tu! Non i Russi! Tu hai fatto esplodere Tzar! Tu ci hai colpiti! Hai colpito il nostro stesso paese!》
Quelle parole gli stavano uscendo dalla bocca come lame desiderose di infilarsi nella carne del bersaglio, il quale però, sembrava invulnerabile.
《Sì, sono stato io. Oserei dire di aver fatto uno splendido lavoro, non per vantarmi ovviamente.
Tutti conoscevano questa bomba e sapevano che solo la Russia aveva questa potenza. La parte complicata è stata rubare i progetti, ma poi è stato molto semplice.
Tutti hanno pensato che fossero stati i Russi a colpirci, ma non era così, smentirono ma nessuno gli credette. D'altra parte come potevano... Ormai la rabbia e il dolore per le perdite erano troppo forti, tutti avevano sete di vendetta.
È bastato un singolo piccolo gesto. Il premere un pulsante. E si è scatenata l'apocalisse, tutti sono entrati in guerra e nessuno ne è uscito vicitore.》
Disse senza scomporsi di un millimetro, aumentando a dismisura la rabbia di Amos.
《Tu ti rendi conto di quello che hai fatto?! Ci hai uccisi tutti! Ci hai condannati a morte! Hai condannato a morte l'intero mondo!》
《No. Io ho salvato il mondo.》
Vide l'espressione spaesata di Amos e proseguì il discorso.
《Non hai letto quel fascicolo? Non hai visto a che punto eravamo arrivati? Ci erano rimasti solo 14 anni. Hai mai sentito parlare della curva di Malthus?
No?
Bene, te la spiego in parole povere. Ogni popolazione segue un andamento, una curva. Questa curva cresce come cresce la popolazione in maniera esponenziale, finché non raggiunge un valore massimo. Le risorse alimentari diminuiscono, la competizione per il cibo aumenta. In teoria poi dovrebbe ritrovare un equilibrio, ma non nel nostro caso.
L'inquinamento e lo sfruttamento eccessivo delle risorse ci hanno portato verso un valore minimo critico.
Sai cosa c'è dopo il raggiungimento di questo valore uomo Lupo?
L'estinzione della specie.
Il mondo aveva bisogno di un reset generale prima che fosse troppo tardi ed è proprio quello che ho fatto. Ho salvato l'umanità dalle sue stesse mani.》
Le dita gli prudevano. Lui era la causa di tutto, non solo della sua infelicità, della rovina della città, della morte di Aldo e Anna. Lui era il principio: la causa di tutti i mali, la causa della morte di milioni se non miliardi di persone.
L'unica cosa che gli stava impedendo di mettergli le mani alla gola e toglierli il respiro ora, era solo quell'unica maledetta pistola.
Poi l'aveva chiamato "uomo Lupo", la Serpe aveva avuto il tempo di dirglielo o lo sapeva fin dall'inizio? Stava giocando con lui. Lo aveva sempre fatto, con tutti.
《Perché non mi hai ucciso? Tu lo sai da dove vengo e perché sono qui, non è vero?》
Giacomo rise sguaiatemente.
《Certo che so da dove vieni, l'ho capito dal primo momento che ti ho visto. Da quando hai messo piede qui dentro.》
《E allora perché mi hai fatto entrare? Perché mi hai permesso di diventare un soldato se sapevi chi ero!?》
Giacomo sorrise e quel sorriso, poteva giurarci, era il più inquietante e spietato che le sue pupille avessero mai visto.
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