24.

Delle guardie armate arrivarono poco dopo per scortarli all'interno del campo. Era dentro.

Al cancello li accolse Giacomo, scrutando da cima a piedi Amos e il cane lupo.

《Quindi saresti tu il bel dottore della nostra Kejsi. Sei ridotto piuttosto male, come è successo?》

《Ho incontrato delle persone poco amichevoli lungo il tragitto...》

《Ah, e dove di preciso?》

《Sulla strada, ormai non c'è più nulla di preciso in questa terra.》

Giacomo lo scrutò in silenzio, aveva il dono di fiutare le bugie e quella puzzava di menzogna lontano un miglio. Quelle ferite e quei lividi, non erano quelli di un banale pestaggio, ma quelli di un vero e proprio combattimento. Pensò subito provenisse dal ring, ma come al suo solito decise di aspettare. Sapeva che prima o poi si sarebbe fatto scoprire.

《Mi chiamo Giacomo, sei il benevenuto nel campo. Ci mancavano dottori, ora però credo che sia tu ad aver bisogno di un medico. I miei uomini ti scorteranno in infermeria.》

Come Amos sentì il suo nome i suoi muscoli si irrigidirono e i suoi occhi si riempirono di fiamme. Pure Ityu percepì il suo mal umore rizzando il pelo. Ringraziò che gli uomini lo stavano tenendo per le spalle per portarlo in infermeria, perché sennò non sapeva quanto avrebbe potuto resistere al suo sguardo senza spaccargli la faccia.

Kejsi gli venne subito dietro. Guardandola, in quel momento, pensò a come Giacomo l'aveva chiamata poco prima: "la nostra Kejsi", nostra?
Dentro sentì il fuoco divamapargli rischiando di esplodere, ma le costole gli facevano troppo male, prese un respiro e cercò di calmarsi. Non poteva rovinare tutto appena entrato. Aveva un piano, una missione da intraprendere e ora aveva Kejsi. Doveva cercare di stare calmo, almeno per il momento.

L'infermeria era super tecnologica, al centro un lettino ospedaliero coperto da una cupola in vetro, ricordava la bara di Biancaneve, ma con un gusto High-Tech. Un uomo vecchio, uno dei primi che avesse visto da quando era entrato nel campo, gli venne in contro chiedendogli che tipo di urti avesse subito e quanto dolore sentisse da 1 a 10. Amos disse 7. Si tenne basso per puro orgoglio davanti a Kejsi.

L'uomo anziano lo guardò meglio da cima fondo per qualche silenzioso secondo, dove Amos si sentì profondamente a disagio, per poi aprire la cupola ed invitarlo ad accomodarsi sul lettino.

Come la chiuse si avviò al computer, schiacciò un paio di tasti e un tubo radiogeno circolare apparì dai piedi del letto andandosi a interfacciare col vetro scorrendo lentamente scintillando sopra il corpo di Amos, che rimase immobile, non avendo mai visto quel tipo di macchinario.

《Non ti preoccupare, ti sto facendo una semplice radiografia.》

Kejsi lo stava guardando da fuori la cupola sorridendo, invitandolo a rilassarsi. Amos sciolse i muscoli e cercò di farlo.

《Hai le costole incrinate, ma non rotte.》

Disse poco dopo il dottore poggiando le lastre sul diafano.

《Ti basteranno del riposo e degli antidolorifici, non andrei sul pesante, basteranno delle aspirine se non ti strapazzerai troppo.》

Subito dopo si avvicinò ad Amos e gli mise del ghiaccio secco sull'ecchimosi vicino all'occhio.

《Impacchi di ghiaccio due volte al giorno finché non sparisce. Chiaro?》

Kejsi intervenne, dicendo che ci avrebbe pensato lei e di non preoccuparsi. Poco dopo entrò nella stanza la figura di una donna, era davvero molto bella, quasi troppo, stridendo di fianco a tutti loro.

《Appena ho saputo sono corsa subito! Come sta? Tu come stai? Mio Dio, ho saputo che stavano per sparargli!》

《Oh, ciao Beth!》

Si girò verso Amos per presentargliela.

《Questa è la mia amica, nonché compagna di stanza, Beth!》

Lei gli sorrise a trentadue denti con una tale dolcezza, che no, decise che quella donna non gli piaceva. Gli sembrava "troppo" gentile, "troppo" dolce, per vivere in un mondo così, sapeva di finzione. Ma per Kejsi a quanto pareva era un'amica. Sembrava così tremendamente a suo agio lì, era davvero cambiata? Il boss aveva ragione? Era entrata nel meccanismo? I dubbi incominciarono a fargli paura, forse aveva davvero deciso di rimanere. Un gelo gli pervase tutto il corpo, ma decise di rimandare il discorso ad un altro momento, cercò di ricambiare spontaneamente il sorriso e si alzò dal letto.

《Grazie dottor...?》

《Grady, mi chiamo Grady.》

L'uomo anziano, dall'aria seria e professionale si congedò in fretta per tornare al suo pc. Sembrava poco disposto a socializzare, ma Amos non ne fece un dramma. Eppure lo incuriosiva, come si sentiva in un campo dove probabilmente era l'unico anziano in mezzo a tanti giovani? Era a disagio? Sentiva la pressione addosso che se non fosse stato efficiente Giacomo lo avrebbe terminato? Trattenne le domande all'interno dei neuroni e cercò di alzarsi tenendo fermo il ghiaccio sulla tempia.

《Giacomo mi ha chiesto di accompagnarti al tuo alloggio.》

Se prima Beth già non gli piaceva, ora ancora meno. Giacomo le dava ordini? Era una sua pupilla? Era in combutta con lui? Kejsi interruppe i suoi pensieri domandando perché non potesse stare dove stava lei.

《Che domanda Kejsi... ci siamo già noi due, non c'è ne sta un terzo e pure un cane!》

《Beh, vuol dire che mi sposterò dove verranno spostati Amos e Ityu.》

Ora sì che la riconosceva, quella era la sua Kejsi. Quella che non mollava e si intestardiva.

《Non è così facile, devo parlare con Giacomo, i posti sono assegnati secondo ordine...》

《È mio marito e io starò con lui al costo di doverci dividere un letto singolo o dormire sul pavimento. Se Giacomo ha qualche problema me lo venga pure a dire in faccia.》

Gli occhi di Amos si illuminarono nel sentirla parlare così e l'idea di dormire appiccicati nello stesso letto non gli dispiaceva. Con lei avrebbe dormito anche sul cemento freddo se fosse stato necessario per starle accanto.

Beth si rassegnò alla determinazione di Kejsi e con un cenno della testa li invitò a seguirla.

《Allora starete entrambi nella baracca dove sto io, certo meglio di quella dove sarebbe finito Amos...》

Kejsi le sorrise per ringraziarla e lei sospirò spiaccicando a sua volta un mezzo sorriso.

Amos non era felice di dover dividere la stessa stanza con quella ragazza, ma a quanto pareva non aveva altra scelta, se voleva stare con Kejsi quella era l'unica opzione.

Arrivò l'ora di cena, Kejsi diede da mangiare ad Ityu, lasciandolo poi riposare nella cuccia che gli aveva appena creato con un po' di coperte e cuscini accanto al letto ed entusiasta accompagnò Amos in mensa. Sperava che fargli vedere quanto quel posto potesse dare avrebbe indorato la pillola quando sarebbe arrivato il momento di parlargli della sua scelta. Era felice di averlo lì con lei, ma sapeva di dover prima o poi affrontare quel discorso e questo gli faceva una paura tremenda. L'avrebbe compresa? O si sarebbe arrabbiato lasciandola?

Si sedettero al solito tavolo insieme a Beth ed i suoi amici. Quella sera c'era vellutata di zucca con noci tostate, il profumino era davvero invitante, il tepore che proveniva dal piatto riscaldava le papille gustative preparandole al calore che fra poco sarebbe sceso giù giù fino lo stomaco. Amos non mangiava un piatto caldo da quelli che gli erano parsi secoli e ci si fiondò senza farselo ripetere due volte. Sul mangiare era davvero senza ritegno, sembrava un'aspirapolvere e spazzolava sempre tutto, cosa che divertiva molto Kejsi, in effetti trovava adorabile lui e il suo tremendo appetito.

Giacomo, come sempre a qualche tavolo più in là, stava fissando Kejsi e questa volta anche Amos se ne accorse. Ricambiò lo sguardo con odio impresso come ferro battuto nelle iridi, ricordando ancora una volta quelle parole che gli erano uscite dalla bocca "nostra Kejsi".

Lei se ne accorse e prontamente gli prese una mano sotto al tavolo e gliel'accarezzò sussurandogli nell'orecchio:

《Tranquillo lo fa sempre con i nuovi arrivati, ignoralo, non farci caso...》

Sapeva che la permanenza di Amos non sarebbe dipesa solo da Amos, ma anche da Giacomo, il quale si era accorta lo stava studiando da cima a fondo in maniera approfondita e sospettosa, il chè non avrebbe fatto ben sperare. Se l'avesse ritenuto un pericolo per il campo non avrebbe esitato a buttarlo fuori.

Amos strinse con forza la mano di Kejsi cercando di sfogare lì la sua rabbia, sempre con attenzione a non farle male, ma le fece capire chiaramente il suo stato di agitazione. Kejsi gli si avvicinò baciandolo lentamente sulla guancia vicino l'angolo della bocca, facendolo distrarre dal fissare Giacomo e invitandolo a rilassarsi.

《Stanotte Beth deve di nuovo lavorare, quindi ci lascerà la stanza...》

Gli disse espirando vicino l'orecchio, facendogli apparire sul volto un sorrisetto scemo che non passò inosservato a Giacomo, che li stava guardando lasciando trasparire limpidamente un notevole fastidio.

La tensione salì quando quello decise di alzarsi per sedersi nel loro tavolo. Da quando era lì non lo aveva mai visto alzarsi durante il pasto, anzi era sempre stata lei a venire da lui per parlargli, perché proprio ora doveva venire lì e rovinare quel poco di calma che era riuscita ad instillare in Amos?

《Posso sedermi?》

Kejsi lo guardò di ghiaccio mentre sentiva la pressione della mano di Amos aumentare. Era lì per provocare, non c'erano dubbi. Beth anticipò qualsiasi frase invitandolo a sedersi con loro sorridendo.

"MALEDIZIONE BETH" pensò fra sé Kejsi, mentre ad Amos quella ragazza continuava a piacere sempre meno, ma ormai la frittata era fatta.

《Sei un dottore allora? Dove hai studiato?》

《In realtà non lo sono, sono un cacciatore.》

《Un cacciatore? Non sei stato te a curare la nostra Kejsi?》

Di nuovo quella maledetta parola, "nostra", la voglia di vendicarsi e saltargli addosso stava crescendo a dismisura mettendo in difficoltà il suo autocontrollo.

《Sì, è stato lui, nonostante non fosse un vero dottore è riuscito a curarmi grazie alle conoscenze che aveva accumulato negli anni!》

Disse con fierezza Kejsi.

《Ma davvero? E come hai accumulato tanta esperienza?》

Giacomo lo stava sfidando e Amos non aveva la minima intenzione di abbassare lo sguardo e lasciarlo vincere.

《Mia madre era malata, ho dovuto passare molto tempo negli ospedali.》

La prima volta che sua madre si ammalò lui era ancora piccolo, eppure l'accompagnava sempre, non avendo un padre che lo potesse tenere o altri famigliari per lui. Ogni volta doveva aspettare pazientemente diverse ore che sua madre facesse le diverse terapie e i dottori, vedendolo sempre solo, lo avevano preso sotto la propria ala invitandolo ad accompagnarli attraverso i vari reparti. In breve tempo diventò la mascotte dell'ospedale, tutti gli anziani in degenza ormai lo conoscevano e aspettavano che facesse loro visita. Era un bambino sempre sorridente e solare nonostante la situazione, e riusciva a rallegrare contagioso tutti i pazienti con i quali entrava in contatto.

Assistendo i vari dottori, loro avevano colto spesso l'occasione di insegnarli qualcosa. Lui li osservava sempre con attenzione e loro vedendo che era particolarmente dotato, nonostante la sua giovane età, lo avevano incoraggiato a studiare medicina da grande. Cosa che provò a fare, arrivò fino al praticantato, ma non avendo abbastanza soldi e visto il peggioramento repentino di sua madre, non riuscì a laurearsi e finire gli studi. Preferì lavorare ed assisterla, fin quando non si spense.

Kejsi interruppe Giacomo, che stava per mettere il dito nella piaga, e dicendo di essere stanca invitò Amos ad alzarsi ed uscire fuori, il quale accettò molto volentieri. Se fosse rimasto un attimo in più sarebbe finito col mettergli le mani alla gola.

Passeggiarono un po' per i campi coltivati prima di rientrare, con grande sorpresa di Amos, il quale si stupì che nel terreno potesse ancora crescere qualcosa.

《Qua stiamo cercando di bonificare il terreno, sapevi che le piante hanno la capacità di assorbire i radionuclidi?》

La guardava con attenzione mentre si voltava elegantemente ad indicare i diversi tipi di piante. Si vedeva che ammirava quel lavoro tanto da parlarne come fosse suo, a dir la verità anche lui ne era rimasto molto colpito, ma non aveva intenzione di restare lì nonostante tutti i vantaggi che quel posto offriva. Quel campo era solo un lupo col manto da pecora, ma sarebbe riuscito a farlo capire a Kejsi? Sembrava realmente entusiasta, e quando decideva una cosa, sapeva che niente poteva farle cambiare idea, nemmeno lui. Iniziò a sentire freddo, non solo fuori, ma anche dentro, rendendosi conto che non poteva renderla partecipe del suo piano.

《Vuoi rientrare, ti senti male?》

Gli chiese con dolcezza e lui annuì, non sapendo che altro risponderle.

Come rientrarono lo fece stendere sul letto di sotto e gli andò a prendere il ghiaccio da mettere sulla tempia.

《Mi dirai mai cosa è successo veramente? Penso che chiunque riesca ad intuire che non sono state delle persone a caso per la strada...》

Gli disse tamponando delicatamente le altre ferite con un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante.

《Lo farò, ma non ora, ora voglio solo godermi questi momenti con te.》

Affermò bloccando la sua mano, intenta a disinfettargli le ferite, accarezzandole dolcemente il dorso con il pollice.

《Amos... lo so che hai tante domande da farmi, tante cose che vuoi capire, ma ti chiedo se possiamo non parlarne ora e aspettare domani... stasera vorrei solo stare con te, con te e basta, senza pensieri. Mi sono distrutta ogni giorno a pensare a te. Ora sei qui davanti a me, fatico ancora a crederci eppure è la realtà. Vorrei solo smettere di pensare e vivere questa bellissima realtà della quale l'assenza mi stava uccidendo...》

Ad Amos non servivano altre parole, aveva capito e la pensava allo stesso modo. Non aveva la forza di farle quelle domande proprio ora che l'aveva appena ritrovata, voleva solo viverla ed amarla e farle capire quanto gli fosse mancata.

La fermò con la mano ancora sopra alle sue ferite e le accarezzò la pelle delicatamente, salendo lentamente dal polso fino al gomito, facendole cadere di mano i batuffoli di cotone dai brividi. Appena poco sotto la spalla la prese trascinandola giù lentamente sul suo petto.

《Attento alle costole...》

《Lo so, lo so, stai tranquilla. Non ti preoccupare, se mi fai male ti sposto.》

Le disse facendole l'occhiolino. Kejsi sorrise e si adagiò al suo fianco, Amos le accarezzò il viso e si tuffò nei suoi occhi color pioggia. Se fossero stati un cielo, sarebbero stati un cielo grigio e malinconico, ma allo stesso tempo affascinante e profondo.

La strinse a sé e la guardò da più vicino ancora. Le punte dei loro nasi si scontrarono e i loro lineamenti si sfocarono facendo trasparire le loro essenze e i loro sorrisi.

I respiri si mescolarono, i profumi si unirono in uno solo, quello dell'amore, e i battiti si sincronizzarono. A poco a poco, battito dopo battito, respiro dopo respiro, divennero uno. Tornarono a congiungersi, tornando a essere quell'unico corpo, quell'unica anima ere or sono divisa in due.

Si addormentarono incastrati, Amos con la bocca sulla sua fronte come era solito fare per sentirne il profumo. Kejsi con il musetto nell'incavo caldo del suo collo protetta dalle sue braccia strette attorno alla vita, mentre le sue mani si appoggiavano al suo petto dalla parte del dorso essendo raccolte poco sotto il mento. Le gambe incrociate, come un groviglio indissolubile, non si sciolsero mai in quella notte gelida che i loro respiri avevano riscaldato.

L'anello di lei sulla mano e il ciondolo di lui sul cuore, si unirono anch'essi dopo tanto. Legno e oro, anima e cuore, vita e morte. Sarebbero sempre appartenuti l'uno all'altro.

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