13.

Michael la portò in una delle tante baracche in metallo e la fece accomodare dentro. Una ragazza dai lunghi capelli rossi e gli occhi verde smeraldo l'accolse sorridendo.

《Ciao! Ben arrivata! Sono Beth, tu come ti chiami?》

Spiazzata ancora una volta da tutto questo calore, le disse il suo nome perplessa.

《Piacere Kejsi! Il letto sopra è tutto tuo. Sappi che non russo quindi non ti darò alcun fastidio la notte, qualsiasi cosa ti serva chiamami. Sono felice di avere una nuova compagna di stanza!》

Le disse Beth euforica.

《Tra un po' tornerò a prenderti, vedi di sistemarti. Non fare cose stupide, credo tu capisca cosa intendo. Le recinzioni sono elettrificate e ci sono sentinelle ad ogni angolo...》

Disse Michael spezzando il calore creato da Beth nella stanza.

《Sono quindi in prigione?》

《No, non lo sei. Ma per ora vedi di non fare cose stupide come schiantarti su una corrente da centomila volt.》

Chiuse la porta ed uscì. Kejsi si chiese come avessero l'elettricità visto che l'intero mondo ne sembrava sprovvisto. Forse la stavano solo intimidendo, ma le sentinelle erano vere, le aveva viste all'entrata e preferì attendere di valutare meglio l'ambiente circostante prima di provare a scappare.

Michael non tardò a tornare, dopo poco era di nuovo lì a bussare alla porta. Si chiese perché non entrasse direttamente, senza bussare, strattonandola dove gli pareva e piaceva, invece di aspettare che fosse lei ad aprirgli. Eppure stava lì davanti, tranquillo, sicuro che prima o poi gli avrebbe aperto.

Stufa di saperlo lì come una specie di condor paziente, decise di aprire la porta ed, andare incontro al suo destino.

《Eccoti. Seguimi prego.》

Kejsi lo seguì impaziente di arrivare ad un dunque e Michael non si girò nemmeno una volta a controllare che ci fosse dietro a lui. Forse in fondo non sarebbe stato così difficile scappare, pensò.

Arrivarono a una grossa caserma di cemento che si estendeva sottoterra. Michael la fece entrare e la portò in quella che era una vecchia sala conferenze ante guerra. Era una sala semplice e fredda: un grande tavolo metallico in centro, contornato da un gran numero di sedie girevoli nere e un archivio pieno di carte sulla parete sinistra. Notò subito la grande carta geografica appesa alla parete dietro il tavolo, con dei grossi pallini rossi sparsi ovunque. Intuendone il significato pensò che forse, la sua era veramente l'unica foresta rimasta sul pianeta.

Seduto al tavolo, Giacomo la stava aspettando insieme ad altri uomini.

《Accomodati prego.》

La ragazza prese posto su una sedia d'ufficio con le rotelle girevoli, proprio di fronte a lui.

《Kejsi...》

Come sapeva il suo nome? Poi le venne in mente che l'aveva detto a quel bambino, forse lo era riuscito ad udire o forse - più semplicemente - Michael gliel'aveva riferito.

《... sai cosa è successo?》

《È scoppiata una guerra nucleare...》

《Certo, ma sai cosa è successo?》

《Cosa intendi?》

《Intendo, sai perché versiamo in questa condizione? Sai da dove tutto ha avuto inizio? Perché ora siamo qua a faticare per un po' di pane e un po' di acqua? Hai visto cosa è successo?》

Il modo di porle domande era indagatorio, ma il tono era pacato e caldo.

《È scoppiata una bomba... forse i Russi volevano eliminare un deposito di armi americano che custodivamo qui vicino. La bomba è scoppiata a pochi chilometri da me, ho visto la luce e sono rimasta cieca per circa un'ora. Mi sono rifugiata in una canaletta di cemento per sopravvivere...》

《Vedo con piacere che non sei come buona parte delle persone che abbiamo trovato, ovvero spaesata, senza alcuna coscienza di quello che sia veramente successo. Mi stupisce di come tu sia ancora viva onestamente, i danni che avresti dovuto riportare sono mortali senza cure e visto che tutti gli ospedali sono stati distrutti o evacuati, mi chiedo come tu possa essere qua di fronte a me oggi.》

Kejsi sapeva come, solo grazie ad Amos, ma stette ben attenta a non scucirsi su di lui. Non sapeva che intenzioni avessero e per ora era meglio rivelare il meno possibile, quindi rimase in silenzio.

《Deduco che dovrò tenermi questa curiosità ancora per un po' finché non scoprirò la risposta. In ogni caso non siamo stati colpiti da una bomba qualunque, l'hanno soprannominata Tzar, un ordigno russo, la più potente mai creata. Ha ucciso migliaia di persone e dato inizio a una guerra che ne ha uccise quasi tutte su questo pianeta. Gli Stati Uniti non attendevano altro che un invito a sfoderare il loro arsenale - nonostante fosse stato colpito quello più grosso in loco - ne avevano molti altri ben rimpinguati. Fu la fine di tutto. Ogni paese nella propria stupidità, rabbia e disperazione, diede sfogo a ciò che aveva conducendo i pochi rimasti in vita a morte certa.》

Lo sguardo di Kejsi rabbrividì, lasciando trasparire il disgusto per chi avesse compiuto tale azione.

《Perché Kejsi... siamo tutti morti. Chi più chi meno, siamo tutti stati esposti alle radiazioni, quindi è solo questione di tempo.》

《Lo so, lo so benissimo, ma non sarà con la violenza e con l'odio che saneremo tutto questo!》

《Sono d'accordo con te, anche se non mi crederai.》

《No, infatti non le credo. Lei ha ucciso le persone più care che mi erano rimaste!》

《Kejsi, forse non ti sei resa conto che stiamo affrontando la più grossa carestia che l'intera umanità abbia mai visto. Chi ora pensa di vivere con i propri affetti e starsene ben rintanato al calduccio, nell'amore e negli abbracci del focolare è soltanto uno stupido ed un illuso, tutto questo non esiste più. Non qui. Non ora. Non in questo mondo.

Ora ti faccio una domanda Kejsi.

Se potessi scegliere fra salvare un uomo anziano al termine della sua vita e un gruppo di bambini, chi sceglieresti? Rispondi sinceramente.》

《I bambini certamente, ma non puoi paragonarlo a quello che avete fatto voi!》

《E invece è proprio la stessa cosa Kejsi, non avevamo niente di personale contro di loro. È solo pura e semplice logica matematica, non c'è abbastanza cibo per tutti e bisogna fare una scelta. Non possiamo più permetterci di sostenere la fascia anziana della società a meno che non sia indispensabile alla sopravvivenza, non è una cosa bella, ma ci hanno messo in questa situazione. Non è stata una scelta nostra ed ora dobbiamo farci i conti.》

Kejsi rimase in silenzio. Capiva cosa voleva dire. Anche lei teneva ai bambini e avrebbe fatto di tutto per salvarli, specie se fossero stati i propri figli, ma arrivare ad uccidere degli innocenti sorpassava ogni limite.

《Sono prigioniera?》

《Ti pare di aver visto qualche prigioniero qui?》

Kejsi fece mente locale, tutti sembravano incredibilmente felici di stare lì.

《Te lo dico io. No. Non sei prigioniera, sei libera di andartene se vuoi, ma prima voglio mostrarti una cosa.》

《Certo, mi dai un colpo in testa, mi rapisci, mi ammanetti e poi mi lasci andare così? E io dovrei crederti?》

《So che ti risulta difficile capire il nostro modo di fare, ma stiamo cercando solo di optare per il male minore in un mondo dove ormai è inevitabile. Stiamo solo evitando mali di gran lunga più grandi. Ora seguimi.》

Giacomo si alzò dirigendosi verso l'ascensore e spinse -2, fu tutto molto veloce e dopo pochi secondi le porte metalliche si aprirono lasciando intravedere una grandissima serra.

《Guarda bene Kejsi, perché da qui ripartirà il mondo. I nostri agronomi lavorano sodo ogni giorno per far sopravvivere queste piante, e farle crescere forti e rigogliose. La nostra speranza è quella di riuscire a far tornare tutta la terra proprio come questo posto. Siamo ambiziosi, ma con impegno e tempo ci riusciremo.》

Kejsi si sporse dalla passatoia per guardare la serra davanti a sé. Era bellissima. Era grande centinaia di metri e ospitava tantissimi tipi di piante: dai più banali ortaggi a foglia larga a interi filari di meleti, alberi di limoni, alberi di kiwi e altri frutti. Il profumo fresco e dolce si sprigionava generoso arrivando anche a notevole distanza. Donne e uomini erano intenti a prendersene cura con impegno e dedizione. Alcuni sollevarono lo sguardo per salutarla.

《Nuova agronoma?》

Chiese un ragazzino con le lentiggini e gli occhialoni spessi.

《No, le stiamo solo illustrando la nostra missione, deve ancora scegliere se unirsi a noi o meno.》

《Oh beh, allora spero proprio ci verrai a fare compagnia, c'è davvero tanto da fare. Buona visita!》

Kejsi non disse niente, era intenta solo a osservare. Giacomo tornò di nuovo all'ascensore e premette -3.

《Fai silenzio per favore qua, i nostri bambini stanno facendo lezione.》

C'erano diverse aule con tanto di lavagne, gessetti e librerie. Un numero enorme di bambini stava seguendo matematica, storia, geografia e scienze. Le maestre erano ben vestite e professionali, sembrava davvero di essere tornati a scuola.

Giacomo non disse nulla, lasciò solo che Kejsi guardasse e si rendesse conto degli sforzi immensi che stavano facendo per ricostruire la società.

《Abbiamo diversi piani. Abbiamo laboratori chimici ed informatici, abbiamo diversi settori specializzati dove ogni sopravvissuto usa le sue abilità per rendersi utile agli altri. Di posti così non so quanti ce ne siano ancora sulla terra. Sfruttiamo l'energia geotermica, solare ed eolica, abbiamo enormi generatori azionabili per le emergenze e numerosi pezzi di ricambio.》

Fece una pausa e la guardò negli occhi.

《Vedi Kejsi, noi ci sporchiamo anche le mani di sangue è vero, ma non credere che per noi sia una gioia. Una vita per altre vite, è il prezzo della sopravvivenza, il sacrificio. Noi in particolare ci occupiamo del lavoro sporco. Tutti qua dentro in questo campo ne beneficiano, ma siamo noi a portarci questo peso e credimi non è leggero, ma va fatto. Se ti può confortare è stato un colpo secco, non hanno sofferto.》

Quelle parole la destabilizzarono. Si ricordò di quando aveva sparato al cinghiale nel bosco, anche lei si era sporcata le mani di sangue. Aveva preso una vita innocente per altre vite, le loro. Quanto era diverso quello che stavano facendo Giacomo e Michael? In condizioni estreme si è spinti a gesti estremi, era davvero tanto diversa da loro?

《Ora Kejsi puoi scegliere. Puoi avere un posto qua, aiutarci, usare le tue abilità per ricostruire un futuro insieme a noi o puoi tornare fuori e fare finta che tutto questo non sia mai successo. Ma non sei stupida e penso tu abbia capito che una cosa del genere non possa durare. A te la scelta.》

Kejsi non si sbilanciò, era inutile negare che tutto ciò l'aveva sconvolta.

《Ci devo riflettere.》

《La riflessione è il primo passo verso scelte sagge. Torna alla tua branda, a fine settimana ci comunicherai la tua decisione, nel frattempo esplora pure il campo.》

Giacomo sparì indaffarato con mille altre questioni che richiedevano urgentemente il suo parere.

Dentro di lei al momento c'erano un sacco di emozioni confuse, da cui non sarebbe riuscita a venire a capo in giornata. Decise quindi di prendersi veramente quei quattro giorni al campo per schiarirsi le idee e fare una scelta ponderata.

Michael l'accompagnò fuori dalla sala e le chiese se avesse ancora bisogno di qualcosa.

《Com'è nato questo posto?》

《È sempre esistito, ed è sempre stato segreto. Il governo lo aveva costruito per le emergenze, Giacomo era un militare pluridecorato e ne era a conoscenza, fu il primo a venire qua per aprirlo ai sopravvissuti.》

《Era?》

《Sì. Non era d'accordo con il fatto di rispondere all'attacco. Sapeva che avrebbe solo innescato una disastrosa reazione a catena, ma non lo ascoltarono, così lasciò la divisa. Fece in tempo ad allontanarsi dall'edificio che venne distrutto con tutte le persone all'interno. Non è un mostro Kejsi, nessuno di noi lo è, cerchiamo solo di fare la cosa più giusta e a volte farla... richiede dolore e sacrificio.》

La salutò e si congedò avendo anche lui molte cose da fare. Kejsi decise di fare un giro della recinzione, le era stato detto di girare libera, ma lì si sentiva tutto tranne che libera. Così provò a metterli a prova.

Si avvicinò alla prima torretta con la sentinella. Si fermò lì per un po', a osservare il ragazzo che vi era dentro - a dir poco sfacciatamente - proprio per provocare una reazione, ma il ragazzo non la badò minimamente.

《Serve qualcosa signorina?》

Kejsi girò gli occhi all'insù e continuò il giro, da lì non avrebbe cavato un ragno dal buco. Possibile che avvenisse tutto a cielo aperto, che tutti fossero liberi? Le sembrava impossibile, ma più si guardava attorno più sembrava vero.

Quella notte avrebbe dormito lì. A quell'ora non avrebbe potuto fare molto altro, il giorno dopo avrebbe esplorato più a fondo il campo e ragionato a mente lucida.

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