Vorrei solo vederti morire

Mi avvicino ed apro la finestra; le sbarre mi proteggono, tengono la morribonda a distanza.

La guardo, resto ferma di fronte a lei e la guardo. Le labbra e i denti sono sporchi di sangue, solo in parte raggrumito.

Ha le mani rosse, luride ed una oscena sbavatura sul dolcevita rosa che ha sotto.

Non riesco a scorgere molto sotto le spalle minute. La cornice della finestra lascia spazio solo a questa immagine, nemmeno fossimo in televisione. Rantola, geme con una cadenza lenta e rauca. Gli occhi, appannati e sulla via del grigiore, sono puntati su di me.

Mi fissano e seguono i miei movimenti. Non le interessa guardarmi in faccia. Se muovo la mano, seguono i movimento del braccio. Gli imbecilli guardano le dita, mai la luna. Se parlo, se dico qualcosa, se faccio rumore, sposta lo sguardo verso la fonte del suono. Ma per trattenerlo lì e farle cercare quel che ha prodotto il rumore devo per forza restare ferma, altrimenti tornerà a seguire quel che si muove.

Provo a calciare la parete mentre muovo la mano.

Il richiamo sonoro diventa più irresistibile di quello visivo. Si allontana di un passo, abbassa lo sguardo, aumenta la frequenza dei rantoli e del respiro. Più forte batto, più si agita, più veloce colpisco, più grugnisce e strepita. Mi fermo. Resta immobile, ciondolante. Poi, senza che io abbia fatto un suono, senza che io abbia mosso un muscolo, con una lentezza agghiacciante torna ad alzare la fronte e riprende a fissare qualcosa di indistinto che devo portare cucito addosso. Non mi guarda negli occhi, non mi fissa... ma sta guardando me.

Che la attiri l'odore della mia pelle? Che sia sensibile al battito cardiaco, magari più chiaro ora che c'è silenzio?

Mi chiedo se non sia il caso di svegliare gli altri e decidere cosa fare. Non so se sia un bene sparare: abbiamo pochi colpi, lei è sola lì fuori. Uno sparo li butterebbe tutti giù dal letto precipitandoli nell'angoscia più totale. Non so nemmeno io come reagirei, in questa condizione, se un colpo di pistola mi richiamasse alla realtà.

Nello stesso momento mi chiedo se svegliarsi da assediati e vedere l'assediante non sia controproducente. Potrei dirglielo domani, dirlo a tutti, metterli al corrente di quello che è successo e spiegare loro che non ho voluto strapazzarli.

Sarebbe di sicuro la scelta migliore.

Fatto sta che farei meglio a sbrigarmi.

Un colpo in testa basterebbe, è vero... Ma ho solo sei cartucce ed altre cinque stanno nel caricatore della pistola che Marco ha con sé. Sprecarle per questo abominio solitario mi pare una cosa davvero stupida.

Mi giro, faccio qualche passo indietro, inforco la porta e corro in segreteria a recuperare la mazza da baseball. Quando torno in fretta nella stanza la ritrovo lì, ferma alla finestra, forse ad aspettare che tornassi.

"Che ci resti a fare qui, troia demente? Che sei rimasta a fare?"

Le parlo e mi guarda, guarda il suono che esce dalle mie labbra... Perché è lì che punta gli occhi, qualche centimetro sotto i miei. Ha una espressione che mi strappa un sorriso impietoso: gli ebeti, gli idioti, ti guardano così quando proprio non riescono a capire cosa stia succedendo.

Non hanno significato alcuno, i suoni, per lei.

Sono solo la prova che qualcosa di vivo è lì da qualche parte e sta facendo rumore.

La fisso, io la fisso prendendo i miei tempi, parlando piano, continuando ad insultarla nei modi più volgari che conosco, quasi che tutta quella violenza e quella oscenità mi facessero bene.

Resta ipnotizzata dalla mia voce, ferma sui piedi. Il corpo sballonzola leggermente, avanti e indietro, come se non riuscisse a rimanere ferma e ritta nella posizione. Alzo lentamente la mazza e la punto contro di lei. La muovo verso il suo collo con lentezza, mentre alzo la voce per mantenere la sua attenzione fissa e lontana da quel che sto facendo. Faccio passare la punta del bastone tra le inferiate con attenzione, senza che sbatta facendo rumore.

Quando è a pochi centimetri dal suo corpo, alzo di più il timbro e parlo più velocemente. Comincia ad infervorarsi, prova a venire vicino, tocca la mazza con la parte superiore dello sterno.

E' in quel momento che si inferocisce.

Afferra la testa del bastone con entrambe le mani, serra le dita insanguinate sul legno e digrigna i denti, grugnisce, strepita mentre io alzo la voce ed aumento la pressione per spingerla via. Spalanca le fauci e serra gli occhi. Si muove in modo scomposto, disturbante, compensando le mie spinte con dei passetti sghembi isterici.

Quel modo di muoversi mi indispone, così innaturale per qualcosa che abbia le sembianze di un essere umano.

Do un colpo secco verso di lei, spingendo il bastone con entrambe le mani. La mazza la colpisce proprio sullo sterno, la spinge indietro di un mezzo metro facendola caracollare a terra senza controllo. La osservo ruzzolare, battere la schiena al suolo e provare a rialzarsi a fatica.

Solo ora, nel quadretto di luce proiettato sul selciato del giardino, riesco a vedere la sua figura intera. Trattengo a stento un conato di vomito, richiudo la finestra, come a cacciare fuori quella visione, tenerla lontana da me. Eppure, rimango ferma a guardare. Perché i vetri non servono a difendere gli occhi, mai.

Il dolcevita squarciato come una porta riaperta su un vecchio muro.

Non ha la gonna ed i collant neri sono lacerati fin sulle ginocchia.

Ha le gambe sbucciate in più punti, morsi e strappi ovunque sulle gambe, fino alla zona pelvica. Questo è quel che posso vedere guardandola ora, che mi sta di fronte. Poco sopra la cintola, l'orrore: la pancia aperta, strappata a morsi e feroci colpi di mano. Gli intestini per parte sono rovesciati fuori, appesi, come un feto rimasto attaccato al cordone ombelicale.

In più punti sono strappati dal segno di altre morsicature. Il sangue copre tutto quel che c'è lì sotto. Ecco, il perché di quella andatura molto più incerta e disturbante: aveva un gran bel peso, di fuori, che la spostava in avanti.

Dopo qualche tentativo riesce a tornare in piedi e si riavvicina molto più rapida alla finestra. Si aggrappa alle sbarre, sembra issarsi contro i tubolari in ferro, affamata, rabbiosa. Mi tiene gli occhi puntati addosso e ringhia. Esasperata. Vinco il ribrezzo, riapro la finestra ed accendo la televisione, facendo salire di un po' il volume.

I rumori che sente la distraggono, cerca di sporgersi aderendo col viso alle inferiate per guardare in direzione del suono. Metto di nuovo la mazza in posizione e faccio andare un altro colpo, secco, control lo zigomo e l'occhio. Distratta dai rumori non vede il bastone partire verso di lei. La colpisco. Indietreggia ma resta serrata alle grate ruggendo di rabbia.

Non è dolore, quanto più la consapevolezza ferina che qualcuno la sta colpendo, minacciando. Ringhia contro di me, continuando a fissare alla mia destra, verso la televisione. Ogni mio movimento anche minimo adesso cattura la sua attenzione. Di qui non posso ammazzarla, a meno di non mettermi a rischio di aprire le grate. Non credo sia una buona idea, assolutamente no.

Volto le spalle, non c'è altra soluzione.

Esco nel corridoio, mi muovo verso la porta d'ingresso e faccio scattare la serratura.

Il freddo della sera mi stringe ai fianchi e dietro, sui lombari, regalandomi un brivido. Come se già l'ansia e la paura non fossero abbastanza. Mi muovo sicura fino a dove il pavimento è fatto di pietre bianche sbrecciate.

Mi fermo sull'uscio del breccino, impugno la mazza con entrambe le mani, poi lascio andare un: "Muoviti, sono qui, dai...".

Per attirarla. I sassolini scricchiolano sotto le sue scarpe, aritmici, zoppicanti. Il faro illumina quel corpo oscenamente smangiucchiato mentre gira l'angolo e si dirige verso di me a passo svelto e malfermo.

Stringo la mazza, la destra che avvolge completamente il manico, proprio sopra la base. La fronteggio ed aspetto in posizione quando ancora è a qualche metro da me. Il ruggito cresce, quasi a farmi paura.

La mani si alzano per cercare di stringere qualcosa di mio: gli abiti, la carne, non so.

Sferro un colpo violento ruotando il busto ed il braccio destro. Schianto la mazza contro la sua spalla, spingendola di lato sul breccino. Non riesce a controllare l'equilibrio facilmente ma resta in piedi.

La colpisco ancora, da dietro, centrandola sulla colonna vertebrale e facendola stramazzare al suolo.

Lì a terra colpirla con la mia arma sarebbe difficile e davvero stancante. Le vado davanti, mi metto di lato rispetto alla testa, pronto a colpire appena si proverà a rialzare. Mentre coi palmi cerca di farsi forza e sollevarsi, posso guardarla dietro: praticamente nuda, raschiata, ferita, ma non mangiata, lì dietro.

Guardo la coda di capelli ricci che le ricade di lato, l'elastico nero che la tiene stretta. Mi chiedo come si chiamasse, quanti anni avesse, come sia arrivata qui e da dove. Il faro proietta la mia ombra poco sopra la sua testa. Ha le mani a terra, si è sollevata sulle ginocchia e sta cercando di issarsi col busto.

L'altezza mi pare giusta.

Colpisco con quanta forza ho in colpo facendo calare la mazza come un'ascia proprio sotto l'osso occipitale, sulla nuca. Ricade in avanti, sento le ossa del collo cedere con uno scricchiolio sinistro. Ma non cade.

Resta in ginocchio, la testa penzoloni sul petto... eppure continua a provare ad issarsi.

Non basta, non basta neppure spezzargli il collo, no... La testa: bisogna spaccarle la testa.

Alzo il bastone e colpisco ancora, con violenza. Un colpo secco e sordo, ancora una volta. Crolla a terra, senza più un rantolo. Resta lì immobile, il collo piegato, il mento sullo sterno e la fronte sulle pietre a reggere il peso del busto.

Fino a quando non le colpisco la testa con poca convinzione facendola crollare a pavimento.

Crepata, anche lei, problema risolto.

Guardo la mia ombra proiettata sulle sue spalle e sul suo corpo. Mi chiedo se non sia il caso, in questa situazione, di spegnere il faro. Ed è proprio mentre lo guardo, mentre mi chiedo che fare, che li sento arrivare. Questa troia li ha portati dritti dritti a noi.



**Nota dell'autore: Inutile ricordarvi che noi autori artigiani abbiamo un solo modo per far conoscere in giro le nostre storie. Il passaparola dei lettori che hanno amato le nostre parole è uno dei migliori. Qui su Wattpad ti basta inserire questa storia in elenco lettura - credo poi che se ti piace quel che hai letto, la cosa dovrebbe anche tornarti utile :)

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