L'ora più buia di questa umanità

"Carissimi concittadini, italiani..." 

Il Presidente della Repubblica Mattarella comincia così il suo discorso. Lo sfondo non è quello del suo studio al Quirinale.

C'è una bandiera, un tricolore dietro. Solo quello. Un muro scalcinato di cemento precompresso. Il nonno d'Italia ha indosso una giubba camouflage sui toni improbabili del bianco e nero, una tenuta da ingaggio urbano.

Informa i sudditi – cittadini – che "...in questa che appare l'ora più buia per la nostra umanità" siamo tutti quanti tenuti a rimanere chiusi in casa, serrati all'interno senza aprire a nessuno. Siamo tenuti a non curarci delle comunicazioni cellulari che non esistono. Siamo quasi tenuti a ringraziare festanti il "down to ground" di ogni connettività digitale o analogica che sia e il silenzio più assoluto dell'informazione.

"In queste ore, in cui massimamente è impossibile un accurato controllo delle fonti d'informazione e delle notizie, ogni dettaglio potrebbe essere utilizzato per sollevare il panico, minare il morale della nazione e destabilizzare una comunità che sta resistendo con fatica a una minaccia ancora ignota".

Batto il pugno contro il muro: siamo alla frutta.

"Congiuntamente al premier Matteo Renzi e a una task-force di governo, da una località protetta garantiremo ogni sforzo per la soluzione del problema."

C'è da crederci. Nel frattempo, noi cittadini dobbiamo rimanere barricati in casa, unica direttiva. Al netto di una serie di banali stronzate sul risparmio assoluto dei consumi e l'uso parsimonioso di ogni risorsa.

"Restiamo uniti e serriamo le fila..."

Peccato che abbia affermato solo un attimo prima che è fatta "espressa raccomandazione di non interagire con nessuno che non sia di stretta conoscenza e assoluta fiducia."

Ci tappano in casa, chiedendoci di resistere... e magari in un condominio di venti famiglie, per stare sicuri, sterminare i vicini o negargli aiuto.

"Questi hanno la merda in testa!"

Marco mi guarda esterrefatto. Marco è uno da palestra, cocktail con gli amici... Marco non sa nemmeno esattamente chi sia questo che sta parlando. Però, alla fine, è uno di cuore... Di certo con Alberto o Donato o Marina mi andrebbe peggio.

"Vi raccomandiamo di non attardarvi o arrischiarvi in strada, se non fosse strettamente indispensabile. Vi raccomandiamo di non spostarvi verso inesistenti punti di raccolta, come caserme dei carabinieri, posti di polizia o presidi dell'esercito. Tutte le forze armate e le forze di sicurezza sono in strada per cercare di arginare quanto più possibile ogni fenomeno criminale e ogni minaccia conosciuta. Con fermezza ricordiamo ora e a tutti, che i saccheggi, gli atti di sciacallaggio, ogni gesto criminale, non resterà impunito."

Ah, sì, per inciso, ci informano anche che c'è il coprifuoco.

Come ci informano che il prossimo comunicato video sarà diffuso a due ore dalla fine di questo... cioè alle undici e cinque.

Trasmissioni sospese. Morale della favola... Ci avete capito niente? Io no!

Noi no, visto che anche Marco mi guarda con dipinta sul volto l'espressione: "Ok... e quindi?"

Batto il pugno al muro, una volta, poi ancora. La rabbia. Rabbia e disperazione. Punto il telecomando verso il decoder, torno a scorrere i canali. Torno su uno in particolare: Tele Radio Buon Consiglio.

Avrei dovuto non farlo, sento una stretta violenta alla bocca dello stomaco. La mano perde prensilità, il telecomando finisce in terra sul linoleum che fascia celeste il pavimento.

"Oh porco Dio!"

Resto inebetita, il viso inespressivo, gli occhi deboli, incapaci di aprirsi stupiti o chiudersi sconvolti. Non so da dove mi venga quella risposta, ma lascio andare verso Marco il fiato a formare parole disperate.

"Non perdere tempo, Marco: dio non centra. Non esiste!"

Quella che la telecamera inquadra è una ressa che sciama impazzita. Non sembra nemmeno più un insieme di corpi, ma un'unica marea di teste che si muovono a ondate, spariscono e ricompaiono inghiottite da altre teste, altre braccia e spalle.

Le urla sono agghiaccianti.

Non si sente piangere, nessuno prega più. Se ci credessi, direi che sto guardando un reportage dall'Inferno, il girone degli appena arrivati, quelli che ancora non sanno bene quel che li aspetta e sperimentano per la prima volta la più inumana e atroce delle condizioni: la pura, accecante disperazione.

Le vetrate regalano uno spettacolo impietoso, grazie al teleobiettivo che ormai se ne frega di censurare il peggio, continua una diretta folle e devastante.

"Non possiamo scendere, ormai siamo qui, bloccati... gira stronzo, gira, tanto vale..."

È la voce impazzita della giornalista.

Non la tiene più nessuno. Il terrore le ha regalato l'estatica esperienza della diretta della vita. Lei, abituata ai viaggi di devozione con la salma del santo patrono, alle inchieste sui miracoli presso le cliniche oncologiche più disparate, all'intervista facile facile ai pellegrini assiepati... Proprio lei, ora, lì, sull'orlo dell'inumano con la videocamera in mano e la certezza di essere colei che senza filtri, forse unica al mondo, sta girando, non smette di girare, di raccontare la fine del mondo.

Almeno la fine del mondo a San Giovanni Rotondo, Puglia, Europa, Italia.

Le porte della basilica spalancate mostrano l'orda terrorizzata che preme, s'incunea spingendo e cercando una via di fuga. Fuori, tra tutti quelli che continuano a spingere per salvarsi, gruppi di morribondi in camice, di semi viventi in pigiama, di ex pellegrini ed ex scampati con i vestiti e la carne a brandelli, si avventano sulle ultime file.

Azzannando famelici, moltiplicandosi.

Addentano, straziano, sembrano non saziarsi mai. Quando i corpi morsicati finiscono a terra li abbandonano, si lanciano impazziti sugli altri. Chi resta a terra si rialza, poco dopo. Si rimette in piedi, punta e aggredisce. Chi è appena entrato in chiesa prova senza fortuna a correre alla porta e spingerla fuori, nel tentativo di serrarla. Chi sopraggiunge lo aiuta, chi è fermo sulla soglia preme e resiste, per poi passare dall'altra parte e cercare di scacciare chi gli era dietro solo un attimo prima.

"Marco, è la fine..."

Quando mi volto, non lo vedo lì accanto a me.

"Marco!"

Non mi risponde. Chiama il mio nome, nel tentativo di attirare la mia attenzione.

"Sonia, corri qui...".

L'auto del Dottor de Palma parcheggia rapida sul breccino del viale d'ingresso, accanto al Quasquai del vigilante.

Marco è fermo davanti alla porta, la mano destra sulla pistola. Mi avvicino alla vetrata, riconosco il dottore.

"Fallo entrare, sei pazzo!"

Un morribondo non sa guidare, non può guidare. Il medico alza gli occhi, ci riconosce dietro ai vetri, si ferma a osservarci, poi con la faccia stranita ci fa segno di aprire.

Non ha nemmeno messo un piede interamente in struttura che, con voce sorpresa e quasi di rimprovero: "Ma voi che cazzo ci fate qua? Ma non sapete niente?"

Lo fisso esterrefatta.

"Dottore ma come cosa ci facciamo qui?! Io avevo il turno di notte..."

Quasi a giustificarmi in una conversazione surreale, viste le circostanze. Cioè, surreale mica tanto: io avevo davvero il turno di notte e nessuno mi ha ancora dato il cambio.

"Dottore che succede lì fuori?"

"E chi lo sa... sono impazziti tutti, il mondo intero. Non ci sono notizie ma, almeno a Bari, la situazione è assolutamente fuori controllo."

Si affaccenda a chiudersi la porta alle spalle, poi guarda fuori dalle finestre al piano terra continuando a sciorinare notizie confuse.

"La città è a ferro e fuoco. Ci sono bande di criminali che si sono date al saccheggio sistematico dei supermercati. C'è gente armata che gira ovunque. Spacciatori, delinquenti, ladri... sono impazziti tutti. Tutti armati in giro. Hanno assaltato persino gli ipermercati. All'inizio, stanotte, si sentivano sirene e auto della polizia... adesso in città ci sono solo urla e spari."

Si dirige come una furia verso la medicheria.

"Dottore mi scusi, cosa dobbiamo fare con..."

Mi guarda stranito mentre apre l'armadio dei farmaci e tira fuori dalla borsa alcune buste di plastica:.

"Scusa Sonia, cosa dovreste fare con chi? Con quelli di là?"

Annuisco e proseguo: "Sì, con i pazienti... insomma... le terapie..."

Esplode in una risata disturbante: "Ah perché hai forse intenzione di rimanere qui con loro?"

Apro le braccia. Credo di non avere ancora la forza ed il coraggio di capire quello che sta cercando di dirmi.

"Dottore, io ho dato loro solo la terapia del mattino ed un rinforzo sedativo perché abbiamo avuto un problema con la signora Buozzi..."

"Si è risvegliata la vecchia, vero?" 

"Sì ed ha aggredito Vincenzone..."

Il dottore sorride quasi divertito: "E dove sono i due ritornati?"

"Sono sopra... adesso sono morti davvero..."

Marco è sulla porta, de Palma lo guarda, credo abbia intuito che li abbiamo ammazzati a colpi di pistola.

"Ecco, appunto, allora lo avete capito da soli cosa bisogna fare: lasciateli qui e scappate. Non fate cazzate: qui ad aiutarvi non verrà nessuno."

E se nessuno verrà ad aiutarci, se il mondo se ne frega di noi, non ho bisogno di chiedermi per quale ragione lui si stia tanto affaticando a rovistare nell'armadio dei medicinali, con le sporte della spesa di un supermercato vuote tra le mani o ben aperte sulla scrivania.

Faccio un passo indietro, non sta pensando a me.

E' troppo impegnato a riempire le buste, troppo preso a cercare, frugare, a svuotare il frigorifero di tutti i campioncini e i flaconi.

Sento dei colpi.

Torno nella stanza poggiando la mazza da baseball proprio dietro il muro, a destra, all'ingresso. Colpisce con un pugno alcuni sacchetti di ghiaccio istantaneo, riempie la busta e comincia a sversarci dentro decine di fialette e flaconi.

"E tu allora, qui, che ci sei venuto a fare, se dici che nessuno ha voglia di aiutarci?"

Sono passata al tu, dargli del lei non mi viene. Mentre si arrabatta come un corvo sulla carogna, i suoi capelli unti sono l'ultimo dei dettagli a darmi il voltastomaco.

Non mi risponde, se non arricciando il muso da topo in un sorriso disturbante.

"Sto facendo l'unica cosa sensata che avreste potuto fare voi, cari..."

E prima di richiudere le ante e correre alla finestra per dare uno sguardo ancora, fuori, controlla un'ultima volta di aver preso tutto dall'armadio.

Torna verso la scrivania afferrando le tre buste con una mano, la sinistra.

"Dove sono le chiavi del magazzino?" mi fa porgendomi la mano, senza guardarmi negli occhi.





**Nota dell'autore: Inutile ricordarvi che noi autori artigiani abbiamo un solo modo per far conoscere in giro le nostre storie. Il passaparola dei lettori che hanno amato le nostre parole è uno dei migliori. Qui su Wattpad ti basta inserire questa storia in elenco lettura - credo poi che se ti piace quel che hai letto, la cosa dovrebbe anche tornarti utile :)

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