Capitolo 87

"Mi avevi promesso che non saresti più tornata, mi avevi promesso che saresti rimasta fuori dall'Italia e che ti saresti dimenticata di me!" Le urlò Dylan esasperato.
Quel breve momento di felicità venne portato via dal cuore di Ashleigh. A quanto pare anche in quell'universo la loro storia d'amore non era finita bene.
"Tu lo sai che non ho avuto scelta, mi sono dovuto arruolarr e diventare cavaliere altrimenti la mia famiglia sarebbe morta di fame. Non è un bel periodo in Inghilterra, non c'è lavoro, non ci sono soldi e per le guerre tutti i raccolti sono andati perduti. Avevi detto che avresti continuato per la tua strada, che saresti stata al sicuro, invece ti ritrovo qui, in compagnia di un Montecchi nella residenza dei Capuleti e per di più in un paese che sai avere più pregiudizi su quelli come voi rispetto al resto del mondo!"

Il ragazzo non aveva perso l'abitudine di gesticolare quando qualcosa lo innervosiva o doveva fare un discorso importante.
"Io so chi sono e da dove vengo, Dylan!" A quei tempi gli abitanti dell'Africa non erano visti di buon'occhio, specialmente per lo sviluppo improvviso dei suoi paesi settentrionali "E comunque, che tu mi creda o no, non so neanche io come sono finita in questa città" rispose lei, cercando di ricostruire come erano andate le cose dalle poche parole del ragazzo. Di certo meglio all'estero che morto, pensò tra sé e sé per sdrammatizzare.

"Questa non me la bevo. Come è possibile che tu sia arrivata in un posto senza sapere come?" Le chiese ancora scettico con le braccia incrociate ed un sopracciglio alzato.
"Dylan, ti fidi di me?" Non c'era tempo di lasciarsi prendere dall'emozione, doveva portare a termine il proprio compito.
"Io... certo" le disse convinto.
"Allora devi aiutarmi a liberare Romeo"
"Cosa?!" Il moro strabuzzò gli occhi dalla sorpresa.
"È complicato da spiegare" sentiva che era la cosa giusta da fare, non poteva permettere che i due ragazzi morissero suicidi per uno stupido messaggero che non arrivò in tempo. Quindi tanto valeva agire per conto proprio.

"Va bene. Tanto visto che devo perdere il mio lavoro, perché non buttarci anche in una missione suicida"
Lui lo disse come una battuta ma Ashleigh dovette per un attimo serrare gli occhi per evitare che dolore riprendesse il sopravvento.
"Tutto bene?" Una mano le si posò sulla guancia.
"Si, sono solo stanca" mentì accolandosi sul palmo della sua mano.
"Non riuscirò mai a comprenderti, Ashleigh" esclamò rassegnato "comunque farei qualsiasi cosa per te, lo sai?"
"E amarmi?"
"Per quello non c'è bisogno di chiedere"
Lei sorrise e, dopo aver scritto un breve biglietto indirizzato a Giulietta in cui spiegava il loro piano, uscirono velocemente dalla stanza.
Erano diretti verso le segrete, però, passando di lato ad una porta, una voce femminile attirò la loro attenzione.
"Che cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo"
Era Giulietta, la fortuna era dalla loro parte.
Ashleigh subito infilò il pezzo di carta sotto la porta, era uno di quelli che aveva trovato nel baule ai piedi del letto.

L'ambiente delle segrete era totalmente diverso da quello del resto della casa. Umido, buio e grigio.
C'era un'unica cella piena.
Romeo subito li riconobbe, ma dalla sua espressione spaventata si accorse che non erano soli.

Forse anche la sfortuna era dalla loro parte.

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