Capitolo 6

Appena arrivati alla tenda, Damon aveva quasi perso le speranze: era impossibile sopravvivere a delle ferite del genere senza le cure appropriate, e loro in quel luogo avevano appena un posto dove dormire.

Almeno avevano del cibo, pensò il ragazzo guardando il corpo dello strano animale che si stava trascinando dietro.

All'improvviso notò una piccola scatola davanti alla porta ed un biglietto posato sopra di essa.
Posò la ragazza ormai addormentata sul letto di foglie e lesse ciò che c'era scritto.

'Nessuno potrà morire prima che il gioco abbia inizio'

Poi aprì la scatola e dentro trovò delle bende, delle garze, delle medicine varie ed anche un vero pugnale di acciaio.

Allora non erano soli, c'era qualcuno che li stava osservando da qualche parte.
Perché li avevano mandati in quel posto? Cosa dovevano fare? Sarebbero mai tornati indietro? Ma soprattutto, avrebbero dovuto affrontare di peggio?

C'erano moltissime domande ancora senza risposta, anche se al momento erano la cosa meno importante.

Damon si chinò nuovamente sul corpo della ragazza e cominciò a medicarle le ferite: si sarebbe ripresa presto.

La prima giornata passo tra cambi di fasciature ed uno stato di dormiveglia che accompagnò la ragazza per tutto il tempo.
Verso sera per la prima volta Jo si svegliò completamente, le faceva male ogni singola particella del proprio corpo e le bende le stringevano un braccio, i fianchi e le spalle in un doloroso abbraccio. 

"Damon?"
Il ragazzo le dava le spalle e stava ancora riflettendo sul significato di quella frase, ma, sentendo la voce della ragazza, riemerse dai suoi pensieri e le andò vicino.

"Come ti senti?" Le chiese scoccandole un bacio sulla fronte.
Jo arrossì, non era abituata a tutte quelle premure.
"Uno schifo" rispose lei sinceramente.

Subito dopo il ragazzo le raccontò del biglietto e dell'idea che si era fatta strada nella sua mente.
"Secondo te è possibile che tutto questo sia veramente un gioco e che noi siamo le loro pedine?"
"Cosa intendi con 'loro'?" Chiese ancora la ragazza.
"Ancora non lo so. Ma credo che, se la mia ipotesi è vera, non saremo gli unici giocatori"

I giorni passarono, pian piano le ferite di Jo si rimarginarono e lei poté tornare a camminare.
Damon era stato un cacciatore in gamba, infatti ogni giorno le portava le carni degli animali più bizzarri e anche qualche erba e frutto.

C'erano serpenti con le zampe, gufi dai quattro occhi e persino ragni dalle dimensioni alquanto raccapriccianti ma dal sapore molto buono. Sembrava di mangiare un hamburger dal sapore dolciastro e dalla carne di un grigio stinto.

Passato il tempo i due ragazzi erano diventati inseparabili, anche perché non c'era molta scelta, visto che si trovavano intrappolati praticamente in mezzo al nulla.

In quei giorni avevano provato a cercare una qualsiasi via di fuga: si erano arrampicati su un albero, per poi constatare che l'unica cosa visibile era una piana di alberi tutti uguali, avevano camminato senza fermarsi, per poi ritornare dopo un certo punto alla loro casa come se stessero girando in tondo, ed avevano persino scavato una buca con scarsi risultati, se non di imbrattarsi ancora di più i vestiti.

Ogni giorno gli arrivavano due bottiglie d'acqua, ma non riuscivano mai a capire chi fosse a mandargliele.
Le giornate erano passate monotone, fino a che una sera un urlo non squarciò il silenzio di quella foresta.

Era passata una settimana, e Damon e Jo erano insieme in quel momento.

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