Capitolo 54
Sono terrorizzato da questo essere oscuro che dorme in me. Per tutto il giorno ne sento i morbidi, setosi movimenti, la sua malignità.
Le nuvole passano e si disperdono.
Sono quelli i volti dell'amore, quelli pallidi ed irrecuperabili?
È per questo che agito il mio cuore?
Sono incapace di più conoscenza.
Cos'è questa, questa faccia così omicida nel suo intrico di rami? Sento i suoi acidi e viscidi baci. Pietrifica la volontà.
Queste sono le isolate, lente colpe che uccidono, uccidono, uccidono.
Adam scappava, scappava da Elena, scappava da se stesso.
Solo ora si accorgeva di quanto fosse diversa quella ragazza dalla sua Jo. Sua perché ormai era inutile nasconderlo, da troppo tempo cercava di convincersi che quello che provava per lei era soltanto un amore fraterno. Quella era unicamente una bugia dietro la quale nascondersi.
Aveva cercato di essere suo amico, di non far trapelare nulla, e ci era riuscito fin troppo bene.
Vero?
Se qualcuno ha avuto dei sospetti fin'ora, lo dica subito... Nessuno?
Come immaginavo.
I dolci occhi della ragazza erano diventati totalmente neri e sul suo viso sottile la pelle era talmente pallida e tirata da farla sembrare uno scheletro. Una massa di capelli bianchi e flosci ricadeva sciolta sul suo vestito, ora diventato troppo grande e ingombrante per il suo corpo scheletrico.
"Esme, Esme, dove sei?" Cominciò ad urlare il ragazzo invano.
Ben presto si rese conto che la casa era deserta, apparte per lui e il mostro che lo stava inseguendo.
Quando scese le scale vide un immagine che era l'opposto rispetto a quella che aveva ammirato quando era entrato una mezz'ora prima: gli arazzi che ricoprivano le pareti erano a brandelli e il pavimento lustro era invece macchiato di muffa polvere e... sangue.
In un angolo giaceva il corpo di Esme, posto in una strana angolatura. Gli venne un'attacco di nausea, aveva la colonna vertebrale spezzata. Ma chi avrebbe mai potuto fare una cosa del genere?
Le lucine intorno alle finestre erano fulminate e fuori dalla finestra tutto era diventato buio e freddo. Niente più Natale, niente più gioia o felicità.
"Dove sei Adam? Ho un certo languorino" la ragazza, o almeno quello che vi era rimasto, apparve in cima alle scale.
Stava sorridendo soddisfatta, come un gatto quando ha appena avvistato un topo succulento che sa sarebbe diventato la sua cena.
Il ragazzo si guardò intorno in cerca di una via d'uscita, ma osservando meglio il terrificante scenario presente fuori dalla casa si chiese quale poteva essere l'alternativa migliore.
Alla fine decise di seguire una via intermedia, si gettò di corsa nella stanza alla sua destra e, una volta dentro, chiuse la porta a chiave.
Cercò l'interruttore, ma qualche secondo dopo si rese conto di essere un idiota, a quei tempi non esisteva ancora la luce elettrica.
Un forte rumore lo fece sobbalzare, qualcuno stava cercando di sfondare la porta.
Uno, due, tre colpi.
Il legno comincia a scricchiolare.
Quattro, cinque, sei colpi.
Il metallo dei cardini si piega stridendo.
Sette, otto... la porta esplode in una miriade di schegge.
Adam, ormai convinto di essere spacciato, serrò gli occhi.
Ma successe l'ultima cosa che poteva aspettarsi, il legno sotto i suoi piedi si piegò e pochi attimi dopo lo ighiottì, portandolo via da quell'incubo.
Si sentì scivolare lungo uno stretto tunnel, simile in tutto e per tutto agli scivoli dei parchi acquatici.
A quanto pare iniziava proprio adesso la sua vera prova.
'Ma allora quello che era accaduto fino ad ora che cos'era? Un prologo forse?'
Si ritrovò a pensare un po' sconsolato e un po' divertito per l'assurda situazione.
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