Capitolo 52

Il passato è l'elemento più fragile: sbiadisce sempre.
E il più stabile: non cambia mai.
Passato è quello che avremmo potuto fare, è un epoca ormai terminata, è il mosaico che ogni giorno riempiamo con nuove tessere.

Londra era affollatissima in quel periodo, tra la gente che scorrazzava sulle strade fatte da mattoni in pietra grezza, le carrozze trainate da imponenti cavalli e i negozi sempre pieni di clienti affaccendati nelle ultime compere prima della vigilia di Natale.

C'era un aria magica, accompagnata da sottili fiocchi di neve che s'incastravano tra i capelli chiari di Adam, ma non era tanto la città in sé a renderla tale, più un qualcosa di inspiegabile che ti scaldava il cuore e te lo riempiva di gioia, la 'magia del Natale', ecco cos'era.

Vedere la gente piena di pacchetti colorati, gli alberi addobbati agli angoli delle strade e quella strana aura che circondava un po' tutti, un'aura felicità.
Il Natale in tutti quei secoli non era cambiato per niente, se non per la tipologia dei regali richiesti, infatti se ora si chiede l'ultimo modello di cellulare reperibile sul mercato, allora ci si accontentava di nuova carta da lettera, una piuma e tanto inchiostro.

Ancora Adam non poteva credere di essere finito agli inizi dell'Ottocento, per di più a Londra e nel bel mezzo delle vacanze natalizie.
Cosa poteva essere la sua prova poi era ancora sconosciuto.
Lui era un appassionato di romanzi storici e in quel momento si sentiva come uno dei protagonisti dei suoi libri preferiti.

Fermandosi davanti alla vetrina di una panetteria si accorse di star indossando un completo ottocentesco con tanto di cilindro e foulard, gli venne da ridere. Abituato com'era ai suoi comodi jeans e felpe, in quel momento si sentiva come un pinguino in abito da sera.

"Adam! Adam! Oh my dear lord, where have you been? We were all worried!"
Una donna bassa e robusta si presentò davanti al ragazzo, ancora scioccato dal fatto che qualcuno conoscesse il suo nome.
"Are you ok?" Aggiunse.

Quella signora non poteva avere meno di una cinquantina d'anni, come testimoniava la crocchia di capelli scuri rigati di bianco, ma l'energia con cui si muoveva e i vispi occhietti scuri tradivano tutto il resto.
"I'm... ehm... fine" era da molto che Adam non parlava l'inglese, visto che poco prima di arrivare in quella foresta stava facendo uno scambio culturale in Francia e che lui e gli altri cinque ragazzi avevano deciso tutti di parlare in italiano durate la permanenza in quel posto.

Ovviamente coloro che avevano organizzato il gioco si erano persino dati la pena di trovare sei ragazzi che sapessero parlare almeno una lingua in comune, tornando indietro non avrebbe partecipato a quel campus a Milano.

La donna, che scoprì si chiamava Esme, lo trascinò agilmente lungo le intricate vie della capitale inglese, fino a giungere di fronte ad una piccola villetta borghese, dall'aria elegante.
Arrivati di fronte alla grande porta di quercia intagliata, incorniciata da lisce pareti chiare e da due imponenti colonne doriche, Esme bussò.

Dalle grandi finestre si intravedevano tante lucine colorate, segno che l'interno della casa era decorato come le strade di Londra.
Dei leggeri passi riusuonarono da dietro la porta che qualche secondo dopo si spalancò, lasciando intravedere la figura minuta di una ragazza dai capelli color del cioccolato e dagli occhi bicolore, uno blu e l'altro azzurro.

"Jo, tu che ci fai qua?" Chiese Adam con gli occhi spalancati.

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