Capitolo 45
Il male ed il bene sono separati da una linea sottile, così come chi mostriamo di essere e chi siamo veramente.
Era questo il vero problema che assillava Jo, perché sforzarsi di essere sé stessa se poi le persone facevano di tutto per cambiarla, modellarla a loro piacere?
C'era qualcosa che la bloccava, qualcosa di importante e ben nascosto nella sua mente, qualcosa che non sapeva come superare.
Era finita nel suo paradiso, che era anche un po' il suo inferno.
Nel corso della sua vita aveva preferito restare ferma, più che sbagliare, non parlare, più che dire la cosa errata.
Ed ora Loro gliel'avrebbero fatta pagare.
Era finita in un posto tanto splendido quanto terribile, un posto che poteva essere creato soltanto da un artista molto fantasioso.
Sembrava che fosse spaccato in due metà, così vicine e così diverse.
La parte destra poteva benissimo essere il Paradiso, delle distese di nuvole soffici e candide come lo zucchero filato ricoprivano l'intera visuale, un cielo azzurro sconfinato risplendeva come raso sulla sua testa e un sole splendente riscaldava lievemente l'atmosfera come per creare un equilibrio con la lieve brezza che soffiava sui capelli di Jo.
Mentre la parte sinistra, quella era sicuramente l'Inferno, rocce scure come il carbone facevano da sfondo a quell'orribile scenario e si perdevano in un cielo violaceo. Lingue di fuoco e vapore fuoriuscite direttamente dal terreno rendevano l'aria praticamente irrespirabile, calda come il sole d'agosto, e una luna color del sangue splendeva come per indicare che in quel posto non si poteva trovare altro che distruzione e morte.
Un fruscio la fece voltare verso destra, poco lontano da lei si stava avvicinando una figura.
Quando questa si fece più vicina, Jo poté scorgere i suoi lineamenti: avrebbe pensato ad un angelo, se non fosse stato per la mancanza delle ali.
La sua bellezza era semplice e pura, talmente innocente da sembrare priva di ogni traccia di sensualità e malizia.
Capelli dorati incorniciavano il suo viso a forma di cuore, gli occhi azzurri sembravano poter contenere l'intero mare e le sue labbra carnose le fecero venire una gran voglia di testarne la morbidezza.
La pelle era talmente liscia e chiara da sembrare fragile come carta velina, infatti i muscoli tonici che essa ricopriva parevano poterla strappare da un momento all'altro.
Il ragazzo indossava una specie di toga di seta bianca che gli copriva una sola spalla e le gambe fino alle ginocchia ed era sigillata in vita con una corda dorata.
Lo stesso accadde a sinistra, solo che il ragazzo che le si presentò davanti era tutto l'opposto del primo.
Bello come un dio, terribile come un diavolo.
Il viso aguzzo metteva in evidenza i suoi zigomi alti e le guance scavate circondavano il suo sorriso, più somigliante ad un ghigno.
Due grandi occhi viola come le nuvole al calar della notte contrastavano con i lisci capelli corvini.
Il fisico snello e definito lo faceva sembrare una statua di marmo realizzata da Michelangelo e lo sguardo era talmente penetrante che Jo lo sentiva trapassarla da parte a parte, come fosse nuda.
Una toga identica a quella dell'altro ragazzo, se non per il colore scuro e la cinta argentata, era adagiata sul suo corpo.
La mora si sentiva ipotizzata da quei due ragazzi, come se fosse legata in qualche modo a loro, come se li conoscesse già da molto tempo.
Le sorridenvano, dolcezza contro malizia. La guardavano, mare contro notte. La chiamavano, innocenza contro tentazione.
"Voi chi siete?" Si sentì in dovere di chiedere.
La risposta arrivò dopo qualche secondo.
"Io sono la tua razionalità" disse il ragazzo angelo.
"Io sono il tuo istinto" rispose l'altro.
"Celebrian e Morthond"
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