Capitolo 4

Lui sapeva già che la porta era aperta. Damon non era il tipo da chiudere a chiave, era talmente spaventato dal rimanere chiuso dentro che ladri e assassini per lui passavano in secondo piano, persino la sua paura verso quel fratello che tanto lo odiava.
Bastava abbassare la maniglia dolcemente, avendo cura che non emettesse il minimo cigolio. Dopodiché si entrava nella camera da letto, buia come la pece, dove nessuno che non conoscesse la stanza palmo a palmo avrebbe saputo muoversi senza inciampare nella cassapanca, nello sgabello o nei libri sparsi sul pavimento. Nessun'altro se non lui poteva camminare, più silenzioso delle zampe di un gatto, sul morbido tappeto persiano, fermarsi prima di incontrare la prima colonnina del letto, fare altri tre passi a destra, fermarsi di nuovo. Incontrare con le dita l'orlo della coperta. Scostarlo piano, un centimetro alla volta. Ora sentiva il respiro del fratellino addormentato, almeno secondo lui. Prese la lama lucente dalla tasca, la sfilò dal fodero, e con uno scatto la calò sul suo corpo inerme.
Ma Damon era sveglio, infatti non aveva chiuso occhio dalla sera prima per paura di quel fratellastro che l'aveva accolto nella sua casa, ma senza mai accettarlo veramente.
Scartò di lato,ma la lama non mancò il colpo, gli aprì un lungo squarcio sulla schiena. E poi un altro e un altro ancora. Però la paura e l'adrenalina lo spinsero a  fuggire da quella casa, verso la fresca aria notturna.

"Così sono riuscito a scappare..." terminò Damon tranquillamente, come se fosse la milionesima volta che raccontava quella storia.

"Ma i tuoi genitori..." cercò di dire la ragazza.
"Morti, entrambi. In un incidente d'auto" rispose tutto d'un fiato.

Avrebbe voluto dirgli che le dispiaceva, ma immaginava già tutte le volte che lui aveva sentito rivolgersi quella frase.
Così gli passò un braccio intorno alle spalle e lo strinse a sé, d'altronde, per quanto terribile poteva essere la situazione in cui erano finiti, almeno non erano soli.

Il ragazzo si lasciò cullare dal corpo minuto di Jo "Sapevo che prima o poi avrebbe tentato di uccidermi, non aveva mai voluto la mia custodia" concluse "ora però raccontami un po' di te, ne ho abbastanza del mio lugubre passato"

Jo decise di accontentarlo e sotto la tenue luce della luna e delle stelle, che ora non sembravano più esserle nemiche, parlò per la prima volta di tutto ciò che le passava per la testa.
Dalla sua vita al college ai suoi problemi per socializzare con gli altri ragazzi, dallo strano colore dei suoi occhi al fatto che avrebbe sempre desiderato viaggiare fuori dall'Italia.

Risero per gli aneddoti divertenti delle loro vite, si disperarono per le loro sventure e gioirono per l'aver trovato qualcun'altro con cui condividere attimo della propria vita.

"Così dopo che mi ha vista è scappato a gambe levate perché credeva che fossi una strega pronta a lanciargli una maledizione" Jo terminò di raccontare la catastrofe accaduta durante il suo primo appuntamento.

"Quel ragazzo non aveva un briciolo di cervello, non sa cosa si è perso" affermò maliziosamente Damon.
"Scemo" urlò lei mentre gli tirava un pugno sulla spalla sinistra, sperando di nascondere il rossore.
"Sei simpatica, sai?"
"Sei un idiota, sai?"
Si guardarono nuovamente negli occhi e  scoppiarono entrambi a ridere.

Perché ci sono legami che nascono ancor prima di essere scoperti.

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