Capitolo 39

Stava cadendo, come quando stai dormendo e all'improvviso ti senti mancare per un attimo la terra sotto i piedi, ti senti sprofondare, ma basta poco, un piccolo movimento, e ritorni sano e salvo nel tuo letto.
Però Damon era sveglio ed il tunnel in cui stava precipitando fin troppo realistico.

Appena la presa che lo teneva ancorato a Jo si era sciolta, aveva sentito le urla della ragazza interrompersi quando la terra si era richiusa sulla sua testa e le piante liberarlo da quella stretta soffocante.
Dopo qualche secondo, che per lui era stato eterno, arrivò il dolore; la caduta era terminata ed ora il ragazzo si ritrovava disteso, o meglio spiaccicato, su di una superficie ruvida e fredda.

A primo impatto poteva sembrare asfalto, ma era troppo poco regolare per esserlo, cosa che Damon aveva constatato con i palmi delle proprie mani nel tentativo di rimettersi in piedi.
Gli faceva male una spalla e non riusciva a vedere altro che una fitta oscurità, d'altronde non esisteva un sole sotterraneo.

Attese, con il passare dei minuti i suoi occhi si abituarono tanto da riuscire a scorgere dei piccoli corridoi che si disponevano radialmente a quella che poteva essere una caverna circolare.
Raggiunse lentamente il primo che gli si presentò davanti, cercando di non inciampare sul pavimento sconosciuto.

Gocce di sudore gli colavano lungo la schiena, come tante formiche gelate, l'umidità di quel posto era appiccicata ai suoi vestiti e capelli, non migliorando di certo la situazione.
Appena entrato nel vicolo Damon percepì un odore strano, dolciastro e... freddo, entrava nel naso e nella gola come se volesse soffocarlo.

Un attacco di nausea gli fece portare una mano davanti alla bocca quando si ricordò il perché gli sembrava familiare.
Come in risposta alla sua domanda muta si accesero delle luci ovali disposte in fila lungo tutto il soffitto e l'ambiente si riempì di quel ronzio tipico dell'elettricità che scorre in fili non usati per molto tempo.

Ma non fu tanto quello ad attirare l'attenzione del ragazzo, quanto lo scenario spaventoso che gli si presentò a pochi passi dal viso.
Una persona, o almeno quello che vi era rimasto, era appesa al soffitto da una corda spessa e macchiata di muffa e sangue.
La carne grigia e gonfia mancava in alcune parti del suo corpo, lasciando intravedere ossa e tessuti interni di un colore ancora più raccapricciante.
Dalla bocca aperta usciva qualcosa di viscido e bluastro, la lingua forse, un'orbita oculare era vuota mentre l'altra reggeva ancora il bulbo che ricadeva su uno zigomo, tramite dei capillari non ancora del tutto tranciati.
I vestiti erano strappati e macchiati di sangue rappreso, al collo era agganciato tramite una catena arrugginita un cartello di legno con sopra una scritta.

'Prova di smistamento:
•Elemento, oscurità.
•Livello, difficile.
•Possibilità di sopravvivenza, basse.
Il tutto è stato deciso in base al carattere, le qualità, i difetti e l'aspetto del giocatore.
Buona partita e, soprattutto, buona  fortuna'

Damon rilesse quelle parole un paio di volte prima di comprendere che i suoi sospetti erano fondati.
Erano finiti in un enorme gioco e l'unico modo per sopravvivere sarebbe stato vincere.

Quindi lui avrebbe giocato.
Fino all'ultima partita.
Fino all'ultimo respiro.

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