Capitolo 30
"Teddy..."
Non parlò, non sussurrò, ma mosse silenziosamente le labbra per comporre quella parola.
Ed ecco che arrivò. Il panico. Quella sensazione che ti blocca, che ti fa tremare, come se fuori ci fossero pochi gradi. Che ti impedisce di pensare, di riflettere, pervade la mente. Ti impedisce qualsiasi cosa. Anche la più banale, come il respiro. Ecco. Diventa affannato come se stessi sotto un macigno che fa peso sui polmoni.
Aveva paura. Non sapeva che fare. Dopo tanto tempo che avrebbe voluto rivederlo, ora le sembrava sbagliato. Come se lui non dovesse essere lì, come se lei non dovesse guardarlo.
Le gambe le vennero meno. Non sentì più la forza, nelle braccia e nelle gambe. Diventarono flaccide. Senza vita. Tutto il suo corpo lo era, in verità.
Doveva sedersi, stendersi. Le girava la testa, stava per svenire.
Intorno vedeva solo le sagome sfocate degli alberi.
Stava tremando. Chiuse gli occhi.
Era solo un sogno, lo faceva ogni notte. Anche la passeggiata era stata solo un'immaginazione.
Aprì gli occhi ma lui era ancora là, Teddy era ancora di fronte a lei.
"Sorellina non vieni a salutarmi?" Le chiese.
La sua voce era la stessa, dolce, eloquente e familiare.
Per un istante si sentì a casa, come quando durante le vacanze natalizie giocava al Monopoli con suo fratello, seduti sul grande tavolo di ciliegio del loro salotto.
"Tu non puoi essere qui..." rispose Jo facendo un passo indietro.
Ancora non riusciva a capire se stesse sognando o meno, anche se ciò che la circondava le sembrava fin troppo compatto e realistico.
"È inutile che continui a guardarti intorno, non stai sognando" insistette Teddy.
Jo in risposta fece la prima cosa che le venne in mente, prese un ramo poco distante e se lo conficcò nella gamba.
Urlò, il dolore era reale ed anche il sangue che aveva cominciato a fuoriuscire dalla ferita.
Nel frattempo suo fratello era scattato in avanti per toglierle dalle mani l'oggetto che Jo aveva reso potenzialmente pericoloso.
"Stammi lontano!" Aggiunse quando lui tentò di accarezzarle una guancia.
"Perché mi odi così tanto?" Disse Teddy guardandola con i suoi grandi occhi verde selva.
"Perché tu non sei mio fratello. Lui è morto tra le mie braccia"
Jo si allontanò ancora una volta ma lui fece nuovamente un passo verso di lei.
"Si può sapere che cosa vuoi da me?"
Ormai si era convinta che era solo un brutto scherzo.
"Soltanto rivederti" rispose sorridendole raggiante.
Tutto quello non la convinceva, c'era qualcosa di strano ma non capiva cosa. Eppure era sicura che si trovasse proprio di fronte a lei, anche se non riusciva a vederlo.
Così socchiuse gli occhi e cercò di concentrarsi, come se stesse cercando di vedere attraverso un vetro appannato.
L'immagine del corpo di Teddy baluginò, come se si stesse sdoppiando, per poi tornare al proprio posto.
Fu allora che capì...
"DAMON! ADAM!" iniziò ad urlare all'impazzata, sperando che si trovassero nei paraggi.
Nello stesso momento l'essere tornò alla sua forma originale, era un ragazzo dalla pelle bianchissima e dagli occhi rossi come il sangue.
La chioma corvina, lunga fino alle spalle, era legata in un codino disordinato, ed un pezzo di stoffa strappata era arrotolato intorno alla sua vita come unico indumento.
"Dovevo capirlo prima che eri un métamorphe"
Damon gliene aveva parlato, erano creature che si nutrivano dei sentimenti umani, trasformandosi in persone che nella vita della vittima avevano rappresentato qualcosa di importante.
"Devo dire che ho apprezzato molto il tuo misto di panico e tristezza" le disse sghignazzando, prima di sparire con un balzo nel fitto della foresta.
Subito dopo Adam e Damon apparvero trafelati, con gli occhi di chi aveva fin troppe domande senza una risposta.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top