Capitolo 101

"Giulietta!" Esclamò Ashleigh da dietro la porta che ricordava essere quella della povera ragazza.
"Sono chiusa dentro" sentì urlare di rimando.
"Allontanati" la avvertì la mora, poi posò entrambe le mani sulle ante della porta intagliata con motivi floreali. Si concentrò e sentì il calore fluirle attraverso le braccia fino ai palmi delle mani.
Cercò di concentrarlo in un punto preciso: la serratura, e questa, con un piccolo sfrigolio, si aprì subito.
Ashleigh aveva sempre avuto un buon controllo sul proprio corpo, ma a quanto pare la cosa valeva anche per i poteri paranormali.
Giulietta si precipitò fuori dalla stanza, era bella come sempre.
"Raggiungi le segrete, sono tutti là. Ma fa attenzione, per favore" le disse posandole una mano sulla spalla.
"Grazie, sei la dimostrazione che anche le donne possono essere coraggiose" sorrise, per poi sparire dietro l'angolo in un turbinio di veli azzurri.
"Questo vestito è davvero insopportabile" pensò ad alta voce quando, voltandosi per tornare indietro, il bordo della gonna si incastrò allo spigolo della porta.

"Però ti sta d'incanto, peccato doverlo rovinare" una voce sconosciuta le rimbombò alle spalle e lei rabbrividì: l'avevano beccata.
Un ragazzo in armatura la stava guardando con un'espressione autoritaria.
"Dov'è lady Copuleti?"
A quella domanda Ashleigh fece un sospiro di sollievo, almeno Giulietta era salva.
"Non lo so" rispose ostinata.
"In tal caso, ci divertiremo" affermò con un sorriso perfido.
"Non credo proprio" una voce rassicurante fece capolino alle orecchie della ragazza e poco dopo Dylan sbucò con in mano una spada.
Bastarono un paio di tondi e una schivata, il cavaliere venne subito disarmato: Dylan era il capitano della guardia reale per un buon motivo.
"Stai bene?" Le chiese avvicinandosi.
"Si, ma ora dobbiamo andare" rispose lei trascinadolo per un braccio, gli altri li stavano.
"Aspetta, prima devo dirti una cosa" la supplicò tentando di fermarla.
"Avremo tempo dopo" disse lei girandosi a guardarlo negli occhi.
"Non è vero. Perché una volta che raggiungerai gli altri te ne andrai per sempre, io non posso venire con te, lo sai questo?"

Una consapevolezza si fece strada nella mente di Ashleigh, in un attimo la sua espressione passò da sollevata a spaventata.
"No, non puoi rimanere qua. Non dopo tutto questo, ti uccideranno" ansimò in preda all'ansia.
"Ashleigh. Ashleigh, guardami" Dylan le posò entrambe le mani sulle guance.
"Io sarò sempre con te, ovunque andrai. Lo sono stato fin'ora. Perché non mi hai mai dimenticato" bastarono quelle parole a farle capire tutto. Non era difficile, lei lo aveva sempre capito dal primo istante.
"Dylan, tu..."
Un bagliore metallico attirò la sua attenzione, bastò mezzo respiro e Ashleigh si ritrovò dall'altra parte del ragazzo.
Il tempo sembrò fermarsi, la ragazza spalancò gli occhi in un'espressione di sorpresa. Il tutto accade al rallentatore: la spada che le trapassava il ventre, il sangue che macchiava il bel dorato del vestito, le gambe che cedevano.
La lama si fuse non appena il ragazzo la lasciò andare.

Ashleigh si accasciò al suolo, Dylan le fu subito accanto. Il cavaliere si guardò le mani, erano sporche di sangue, poi corse via.
Erano soli.
Lei sentiva la vita scivolarle via, come il sangue che continuava a gocciolare. Sentiva il ragazzo che le diceva che sarebbe andato tutto bene mentre singhiozzava. Sentiva un sonno improvviso prendere il sopravvento. Sentiva le mani farsi fredde, la vista offuscarsi e il cuore rallentare.
Con un ultimo sforzo portò una mano sulla guancia di Dylan, lui la stava tenendo sulle ginocchia come una bambina e la propria testa era poggiata sulla sua spalla.
Lui la guardò negli occhi, aveva lo sguardo di chi si sente impotente, di chi sa non poter fare niente per evitare l'inesorabile.
"Occhi, guardatela un'ultima volta, braccia, stringetela nell'ultimo abbraccio, o labbra, voi, porta del respiro, con un bacio puro suggellate un patto senza tempo con la morte che porta via ogni cosa" sussurrò lui mentre le lacrime gli rigavano il viso.

Ora capiva cosa lei aveva passato, e si sentiva ancora peggio di prima. Il destino spesso fa brutti scherzi e la sua vendetta prima o poi arriva sempre.
"Ti amo" mimò lei in un ultimo disperato attimo di coscienza.
Poi, con le labbra di Dylan posate sopra le proprie, si lasciò cullare dal dolce oblio della dama in nero.
L'ultima cosa che la città sentì fu l'urlo di una piccola ragazza dai lunghi cappelli color del cioccolato che, dopo essere stata risucchiata lontano dal quel luogo, capì di aver perso un'altra persona a lei cara.

Un'altra che aveva ferito nel profondo.
Un'altra cui non aveva fatto in tempo a dire quanto le volesse bene.
Un'altra, che non sarebbe stata l'ultima.

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