Capitolo 100

Il piano era semplice: Emily li avrebbe fatti entrare dall'uscita di servizio delle cucine, poi sarebbero andati a liberare i due ragazzi e sarebbero scappati via da quella casa infernale.
C'erano un paio di serrature da scassinare e delle sentinelle da aggirare di mezzo, ma erano fiduciosi.
"Ripetiamo il programma di stasera" disse la bionda camminando avanti e dietro ai piedi del letto su cui Joseph era seduto a gambe incrociate.
"Andremo a cena, tu chiederai di andare in bagno e io nel frattempo cercherò di distrarre gli ospiti" ripeté lui come uno scolaretto.
"Perfetto, ora possiamo scendere" lei gli porse la mano ed entrambi si avviarono verso la scalinata che separava le stanze degli ospiti dagli ambienti comuni.

La cena passò tranquillamente, era da tempo che non mangiavano qualcosa di normale, oramai si erano abituati agli strani animali e ai frutti della foresta.
Parlarono del più e del meno, per Emily fu facile inventare la loro vita a corte, aveva una grande fantasia. Poi non era del tutto una bugia che loro venissero da Londra, d'altronde ci erano appena stati, cinque secoli più tardi, ma faceva lo stesso.
La ragazza colse l'attimo non appena ci fu la pausa per i dolci e, aggraziata come sempre, si alzò con una scusa e si diresse verso la porta della sala da pranzo.
Questa era illuminata da un lampadario di cristallo e aveva le pareti panna decorate da ghirigori lilla sui bordi.

Le cucine erano poco distanti, bastava attraversare un paio di corridoi illuminati da torce appese alle parenti e una piccola rampa di scale, per trovarsi di fronte a una porta di metallo.
Bussò due volte e subito sentì dei passi avvicinarsi. Una donna robusta con la faccia sporca di farina venne ad aprirle "Desidera?" Chiese con aria scocciata, sicuramente Emily non li aveva interrotti in un buon momento.
"Il signor Montecchi ha ordinato di lasciare le cucine" disse con tono solenne.
"E perché mai?" Domandò scioccata.
"La cucina serve libera per... una... sostituzione. Potete ritirarvi nei vostri alloggi, dopo aver portato in tavola i dolci" inventò prontamente la bionda.
Poi, dopo una decina di minuti, le cucine furono vuote: era il momento di agire.
Emily raggiunse la porta in fondo alla stanza piena di tavoli, fornelli e piani di lavoro e con uno scatto la spalancò.
"Era ora" sbuffò Damon entrando "stavamo congelando"
"Grazie Emily" disse invece Jo lanciando una delle sue solite occhiataccie al ragazzo.
"Dobbiamo sbrigarci, di solito non ci metto così tanto tempo in bagno" scherzò Emily.

Le segrete si ripresentarono di fronte agli occhi di Ashleigh ancora più cupe e inquietanti dell'ultima volta.
Joseph era riuscito a raggiungerli, aveva detto che Emily non era stata bene in quegli ultimi giorni e che sicuramente era tornata in camera, quindi doveva andare a controllare se si sentisse meglio.
Le sentinelle erano temporaneamente assenti: un colpo di fortuna aveva fatto si che metà di loro fosse in missione per ordine del signore, mentre l'altra metà in pausa per la cena.
Raggiunsero subito la cella, Romeo era accucciato sul suo fondo.
"Romeo!" Chiamò Ashleigh.
Una volta che la riconobbe, un sorriso si aprì sul volto angelico del ragazzo.
"Ho un dejavù" rise.
Con un'abile mossa la mora posò una mano sulla serratura della cella, che in un attimo cominciò a liquefarsi sotto gli occhi stupiti dei ragazzi. Le sbarre si aprirono cigolando e lasciarono uscire un Romeo malridotto.
"E Giulietta?" Chiese subito lui appresivamente, dopo aver abbracciato Ashleigh.
"Ancora non siamo riusciti a liberarla" s'intromise Dylan.
"Andrò io allora"
Era talmente decisa che nessuno osò controbattere.

Era arrivato il suo momento.

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