Capitolo 10: Please, go away
Durante il viaggio verso casa, Jungkook rimase in silenzio, ascoltando la voce squillante di sua figlia che chiacchierava e rideva con Taehyung, seduto sul posto del passeggero, con il busto in torsione verso i sedili posteriori. Quello strano quadretto per quanto potesse sembrargli un bel momento dall'esterno, gli immetteva un'enorme ansia. In qualche modo era come se fosse tornato anni addietro, quando sua moglie era ancora viva e in salute. Sua figlia non l'aveva mai vissuta appieno come lui ma in qualche modo... sapeva che la piccola ne soffriva. Lo vedeva nei suoi occhi che gli mancava qualcosa e per quanto lui cercasse di darle tutto ciò di cui aveva bisogno, le mancava la mamma.
Quando arrivarono a casa, Dahyun non perse tempo e afferrando il modello per la mano, alzò gli occhi nei suoi, gli chiese con voce leggera ma insistente se potesse metterla lui a letto. Taehyung rimase a guardarla per qualche secondo, leggermente preso alla sprovvista da quella richiesta, prima di scuotere appena il capo e abbassarsi alla sua altezza. «Ehm... certo. Nel frattempo, tuo padre potrebbe fare il bagno così si rilassa» sussurrò appena, alzando lo sguardo sul ragazzo che era ancora in piedi davanti all'attaccapanni. «Andiamo» disse, prima di prendere la bambina in braccio e dirigersi nella sua stanza.
Jungkook sospirò, dopo aver dato la buonanotte a sua figlia, passandosi una mano tra i capelli. Quella situazione era assurda. Non tanto per come il loro rapporto era iniziato ma per l'atmosfera d'abitudine che si stava creando. Per quanto bene potesse farlo sentire, non sarebbe durata a lungo. Taehyung sarebbe partito alla fine delle feste e con molta probabilità non l'avrebbe più rivisto. Non poteva lasciare che sua figlia si abituasse alla sua presenza, per poi soffrire di nuovo per l'abbandono.
Scosse appena il capo, come a distogliersi da quei pensieri, prima di dirigersi in bagno per farsi una doccia rilassante, cercando di non rimuginare di nuovo su quella situazione.
Nel frattempo, Taehyung cambiò la piccola con il suo pigiama, mettendola a letto, rimboccandogli per bene le coperte. «Sei al caldo?» chiese poi, sorridendole, accarezzando i capelli scuri e morbidi della bambina, che lo guardava con i suoi occhioni tranquilli ed innocenti, incuranti di quanto la vita potesse essere dura e crudele. Era quello che lo affascinava dei bambini; la loro capacità di guardare sempre il bicchiere mezzo pieno; la loro gioia e l'entusiasmo che caratterizzava ogni loro gesto. Non riuscivano ad essere cattivi perché non avevano ancora conosciuto la crudeltà e in un qualche modo, questo faceva sentire il modello nostalgico. Per quanto ardentemente avesse lavorato ed agognato la vita che conduceva al momento, non poteva non sentirsi malinconico verso la sua gioventù, dove poteva essere libero di... libero semplicemente di essere. Quando siamo piccoli spesso ignoriamo quanto arbitrio abbiamo. Quanta fantasia espressa. Perché ci lasciamo influenzare e accecare dalla dura realtà dell'essere adulti e ci dimentichiamo che un tempo eravamo bambini anche noi... un tempo eravamo spensierati... e quel tempo ci mancherà per il resto delle nostre vite.
Dahyun annuì, continuando a guardarlo, portando una piccola mano ad afferrargli le dita, come a trattenerlo per qualche altro minuto. «Taehyung...»
«Si?» le rispose, accarezzandole ancora i capelli, tenendole la mano, passando il pollice sul dorso morbido della più piccola.
«Vuoi essere la mia mamma?» chiese la bambina, guardandolo dritto negli occhi. Quella richiesta, pronunciata con tanta innocenza e serenità, quasi fosse una domanda da porre tutti i giorni normalmente, lo spiazzò non poco. Lo spinse dritto nella realtà del momento che stava vivendo. Stava giocando con le vite e i sentimenti di due persone che non meritavano di soffrire e questo lo faceva sentire, ancora una volta, cattivo; sbagliato; crudele... egoista. Egoismo... quella parola lo aveva perseguitato da sempre; fin da bambino. Era egoista perché rifletteva per troppo tempo prima di agire; perché aveva paura di ferire le persone con la sua impulsività; perché un giorno aveva smesso di preoccuparsene, troppo ferito dalle parole degli altri; perché un giorno aveva deciso che piangere per ciò che era in quel momento non lo avrebbe trasformato in ciò che voleva essere. Spesso durante le nostre vite dobbiamo prendere delle decisioni... dobbiamo fare delle scelte... ed una scelta preclude sempre una rinuncia. Una volta, quando era adolescente aveva letto quello che considerava il suo libro preferito: "La verità sul caso Harry Quebert". Il capitolo otto, intitolato "Il corvo", si apriva con una frase e quella frase era il suo eterno mantra: "Chi osa vince, Marcus. Pensa a questo motto ogni volta che affronti una scelta difficile. Chi osa vince". E lui aveva osato... lo aveva fatto sul serio... ma adesso... adesso cosa doveva fare?
«Che... che cosa?» chiese, schiudendo appena le labbra, abbassando appena lo sguardo, incapace di reggere per troppo tempo quell'innocenza nostalgica.
«A papà piaci molto» rispose Daehyun, con le guance appena colorate per il tepore che le coperte emanavano. «Solo che non te lo dice... e io ti voglio già tanto bene» continuò con tono speranzoso, di chi sta chiedendo il permesso per qualcosa a cui tiene molto. «Papà è sempre triste da quando la mamma se ne p andata... piange spesso... lo sento la notte» continuò abbassando un po' il tono della voce. «Perché non diventi la mia mamma così lui non piange più?».
Taehyung non riuscì ad alzare lo sguardo. Come poteva? Il cuore gli si strinse in una morsa forte e decisa e non sapeva come risponderle. Dopo qualche minuto di riflessione, espulse le prime parole che gli vennero in mente. «è un po' complicato... io abito molto lontano» disse, sistemandole per bene le coperte.
«E non puoi venire a stare qui con noi?» chiese di nuovo la bambina, rattristendosi appena. «Papà ha detto che anche la mamma è andata in un posto lontano... Perché ci andate tutti?» chiese, alzando maggiormente le sopracciglia. «È così bello?»
Quelle parole lo stavano davvero distruggendo. Si rendeva conto di quanto dolore ci fosse dietro alle sue frasi innocenti... al senso di abbandono che la stringeva e sapeva che quel dolore era ancora maggiore nel cuore di Jungkook che non solo aveva perso delle persone importanti, ma in più era rimasto da solo a crescere sua figlia e desiderava per lei un futuro privo di quella sofferenza che per troppo tempo aveva sperimentato. La consapevolezza di star peggiorando la situazione lo stava scalfendo così tanto che non rispose neanche a quella domanda. Rimase a tenerle la mano finché non chiuse gli occhi e si assopì, lasciandogli tirare un sospiro di sollievo.
Jungkook nel mentre si era lavato e ora stava indossando la sua tenuta da notte. Quando Taehyung si presentò in camera sua, lo guardò con occhi appena lucidi ma si riprese quasi subito. «Si è addormentata» disse, facendo un piccolo gesto con il capo in direzione della camera della bambina.
«Bene» disse annuendo, abbassandosi appena per prendere una sua maglietta dal comodino, porgendogliela. «Tieni» sussurrò, guardandolo negli occhi. «Per la notte».
Il moro annuì, rimanendo a guardarlo per qualche secondo prima di annuire e dirigersi in bagno mentre il maggiore andava a stendersi e a sistemarsi sotto le coperte.
Quando Taehyung terminò la doccia, andò dritto in salotto, convinto che il corvino gli avesse preparato il divano letto ma così non era, dunque fece ritorno nella camera del proprietario di casa, bussando appena, aprendo piano la porta. «Ehm...» tossicchiò appena per attirare la sua attenzione. «Dove posso prendere le lenzuola?» gli chiese a tono basso per non fare troppo rumore.
Jungkook alzò lo sguardo nei suoi occhi, scuotendo appena il capo, prima di fargli spazio nel suo letto. «Vieni qui». Disse solo quello, senza aggiungere altro, con tono flebile e quasi rilassato.
Il minore entrò nella camera, chiudendo la porta dietro alle sue spalle, rimanendo però a guardarlo da lontano, leggermente timoroso. «Sei sicuro? Insomma... avevi detto-». Il corvino non lo lasciò neanche terminare la frase e senza distogliere lo sguardo da lui ripetette «Vieni qui».
Ed ecco che si ritrovarono entrambi di nuovo nello stesso letto, stesi sul fianco, fronteggiando i loro sguardi, incapaci di fare altro. Sembravano due ragazzini sperduti, quasi come se si trovassero davanti alla scelta di quale liceo frequentare o di quale lavoro fare in futuro. Si squadravano il volto per poi soffermarsi nelle loro iridi, incapaci di decodificarsi, di capire...
«Mi piacciono molto i tuoi occhi» sussurrò ad un certo punto il corvino, rimanendo fermo, portando una mano sotto il cuscino per stare più comodo.
«È la prima volta che me lo dici» sussurrò l'altro, sorridendo appena. Succedeva sempre così: si preoccupavano, si dannavano per il futuro e alla fine gli bastava qualche secondo in silenzio a guardarsi per farli smettere di pensare.
«Davvero» continuò il maggiore, portando una mano ad accarezzargli una guancia, passando con l'indice sul suo zigomo. «Mi piace il loro colore... il taglio... la profondità» sussurrò, fermando la mano. «Sembra quasi... che parlino».
«E cosa dicono?» sussurrò curioso e appena incantato il modello, rimanendo fermo, come se avesse paura di spezzare qualcosa che lo avrebbe portato a fermarsi.
«Sembra... che chiedano aiuto...» sussurrò Jungkook, tenendo la mano ferma sulla sua pelle. «Come se mi stessero dicendo "ti prego... amami"» continuò, avvicinando appena il capo al suo, prima di distogliere lo sguardo, completamente in imbarazzo. «O forse sono solo io che mi creo castelli in aira».
A quelle parole, seguirono lunghi momenti di silenzio, dove gli unici suoni udibili erano i loro respiri che stavano lentamente rallentando. Taehyung guardava il profilo del ragazzo con labbra schiuse ed occhi vitrei: stava riflettendo e non ci mise molto a dare voce ai suoi pensieri.
«Lo stai già facendo, non è vero?» sussurrò ancora, abbassando lo sguardo sulle proprie mani, che teneva ferme tra i loro corpi.
Jungkook rimase in silenzio per qualche secondo, quasi stesse trattenendo il respiro, come se avesse sperato che non se accorgesse. Chiuse gli occhi, sospirando, voltandosi di nuovo verso il suo corpo, stringendolo tra le braccia, infilando il capo nell'incavo del suo collo, respirando il suo odore. «Ti ho chiesto di non farlo» sussurrò, tenendo gli occhi chiusi.
«Non ho fatto nulla Jungkook...» sussurrò il moro, portando una mano tra i suoi capelli, poggiando il proprio capo al suo. Lo aveva detto ma in cuor suo non ne era poi così certo.
«Si invece» continuò il corvino, stringendo la presa sul suo corpo. «È colpa tua... continui a guarmi con questi occhi, continui a chiedermi di farlo e io... io non so cosa fare adesso Taehyung» sussurrò, sfiorandogli la pelle con le proprie labbra. «Vorrei fosse tutto più semplice... vorrei non dover sempre prendere la decisione giusta... vorrei per una volta... non dover rinunciare a ciò che voglio».
Taehyung chiuse gli occhi, rannicchiandosi nella sua stretta, avvolgendo le sue spalle con le proprie braccia, non sapendo cosa rispondere. Jungkook gli baciò piano la pelle, rimanendo immobile. In effetti non voleva una risposta, gli bastava quell'abbraccio. Non pretendeva nulla da lui, non pretendeva che cambiasse idea. Più che altro, era se stesso che desiderava fermare, era il suo cuore che voleva rallentare; quel cuore maledetto che fin troppe volte era stato la causa di lacrime amare, quelle lacrime che ora stava trattenendo ma che non potette evitare di lasciar scivolare sulle proprie guance quando l'altro gli baciò una guancia, accarezzandogli i capelli. Essere accarezzato da lui era così bello che non potette non sentirsi lo stomaco stringere in una forte presa.
Passarono qualche altro minuto in silenzio ad accarezzarsi, prima di crollare tra le braccia di morfeo, stanchi e arresi alle loro emozioni.
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Il mattino seguente, il primo a svegliarsi fu Taehyung che si stiracchiò appena prima di voltare il capo in direzione del corvino che continuava a dormire, cingendolo con un braccio attorno alla sua
vita. Sorrise appena alla vista del suo piccolo broncio assonnato, prima di allungarsi per stampargli un piccolo bacio sulla guancia, dopo di ché gli scosto lentamente il braccio, alzandosi dal letto per fare una sosta mattutina al bagno, prima di uscire dalla porta e ritrovarsi davanti la piccola Dahyun che stringeva tra le braccia il suo peluche a forma di Iron man. «Ehi piccola, ti sei svegliata?» chiese, avvicinandosi a lei per prenderla in braccio.
La bambina sorrise, guardandolo in viso, stampandogli un bacio sulla guancia. «Svegliamo papà?»
Taehyung sorrise al suo piccolo bacio, cullandola appena, prima di sospirare e dirigersi in cucina. «Lasciamolo dormire ancora un pochino. Andiamo a fare colazione».
Dette quelle parole, il modello mise a terra la bambina e rimase a fissare il piano cottura per qualche minuto, grattandosi il capo. «Allora... latte!» disse come se avesse appena avuto un'illuminazione divina. «Come si fa il latte?»
La bambina lo guardò decisamente poco convinta della cosa, prima di andare verso un ripiano e allungarsi a prendere il bollilatte. «Qui» disse con convinzione, porgendoglielo. «Forse è meglio svegliare papà però» continuò, decisamente intimorita dall'incapacità del moro.
«Nah... non sarà poi così difficile» disse, prendendo il latte dal frigo, riempiendo il pentolino, mettendolo sul piano cottura, cercando di accendere il fornello.
Nel frattempo, il sonno di Jungkook fu interrotto da quegli strani rumori, aprì piano gli occhi e non trovando Taehyung al suo fianco si corrucciò, alzandosi con il busto, scrutando con sguardo confuso la stanza. Dopo poco si diresse in cucina dove trovò sua figlia che stringeva la gamba di Taehyung che girava il latte nel pentolino. Gli si scaldò appena il cuore a quella scena così familiare, così intima, e rimase ad osservarli per qualche secondo, poggiato allo stipite della porta. Si avvicinò dopo un po', portando una mano dietro la schiena del modello, affiancandosi a lui, ridacchiando appena. «Tanto ardore per bollire il latte?» chiese, scuotendo il capo.
La piccola Dahyun sorrise alla vista del suo genitore, saltandogli in braccio. «Papà! Buongiorno» disse, baciandogli la guancia, stringendo le braccia al suo collo. «La mamma sta cercando di preparare la colazione» disse ridendo.
A quelle parole, il corvino non potette evitare di bloccarsi per qualche secondo. Era come entrato in una sorta di fase di stand by, dove cercava di processare ciò che voleva dire quel nomignolo. Lo aveva chiamato mamma... lo aveva seriamente chiamato mamma...
Si voltò verso Taehyung, guardandolo abbastanza confuso, con la speranza che almeno lui potesse dargli qualche spiegazione.
Anche il modello si era fermato, aveva smesso di mescolare il latte ed era rimasto a fissare la superficie perlacea del liquido candido, senza muovere alcun muscolo. Non sapeva cosa replicare né cosa dire, quindi si limitò a voltarsi a guardare il ragazzo e ad augurargli il buongiorno.
«Buongiorno» rispose in un sussurro Jungkook, continuando a guardarlo serio. Quasi si potevano vedere gli ingranaggi nel suo cervello lavorare senza sosta.
Quel loro scambio di sguardi tanto intenso quanto teso fu interrotto di nuovo dalla voce squillante della bambina che si riferì di nuovo a suo padre. «Papà, fai i pancakes?» chiese, guardandolo con i suoi occhioni. «Anche la mamma li vuole, vero?» continuò, questa volta rivolgendosi al moro, sorridendogli contenta.
«C-certo» rispose Taehyung, leggermente in imbarazzo, prima di annuire e controllare il latte, spegnendo il fornello e iniziando a riempire tre tazze.
Jungkook continuò a fissarlo, immobile come una statua di marmo, prima di sospirare e mettere giù la bambina. «Va a tavola. Adesso li preparo» le disse con un piccolo sorriso sul volto, prima di andare a prendere l'occorrente per le frittelle e iniziare a prepararle sul ripiano da lavoro.
«Non le ho detto di chiamarmi così» sussurrò il moro, poggiando le mani al sulla superficie di legno chiaro, guardandolo tra il dispiaciuto e l'intimorito.
«E perché lo fa allora?» chiese serio, mentre mescolava per bene l'impasto, cercando di farlo uscire il più liscio possibile.
«Dice che ti piaccio e che vorrebbe che fossi la sua mamma, cosa potevo dirle?» continuò, abbassando lo sguardo. Non si era mai trovato in una situazione del genere e doveva dire che stava diventando davvero opprimente.
«È una bambina, Taheyung» continuò il corvino, prendendo la pentola per i pancakes ed il burro. «Credi di poterle spiegare una cosa così?» lo guardò per qualche secondo, scuotendo il capo, prima di sospirare e passarsi una mano tra i capelli. «Lascia stare... va a sederti».
Jungkook preparò un piatto enorme di frittelle e i tre mangiarono tra i silenzi imbarazzanti dei due adulti e la voce squillante della piccola Dahyun che continuava a chiamare Taehyung, mamma. Ogni volta che lo faceva era come se premesse un pulsante che mandava una scarica elettrica lungo la spina dorsale dei due ragazzi. Quasi tirarono entrambi un sospiro di sollievo quando la bambina chiese al genitore di andare a vedere la televisione.
Il corvino prese a ripulire la tavola e lavare le stoviglie senza rivolgere parola al ragazzo che sospirando, andò in salotto a sedersi sul divano insieme a Dahyun. «Cosa guardi?» le chiese, accarezzandole il capo.
«Le principesse sirene» disse la più piccola contenta, guardando lo schermo illuminato, completamente incantata da quel programma.
«Oh anche a me piacciono molto sai? Qual è la tua preferita?» chiese il moro, mentre la bambina gli si arrampicava addosso, sistemandosi sulle sue gambe, poggiando la guancia sul suo petto.
«La blu» rispose Dahyun, mentre venivano raggiunti anche dal corvino che prese posto al loro fianco.
«Cosa guardate?» chiese dunque il proprietario di casa.
«Le principesse sirene» disse i due in contemporanea. «A Dahyun piace la blu e a me la rosa» disse il modello, ridacchiando appena.
«A te quale piace papà?» chiese la bambina, guardando suo padre con occhioni luminosi.
«La verde» rispose il corvino, portando una mano su quella del modello che posava sulla propria coscia. Quest'ultimo sorrise appena alla sua presa e la ricambiò, alzando lo sguardo nei suoi occhi. Sembravano così felici ed erano circondati da un'aria di possibilità e potenzialità. Perché si, avevano del potenziale: avrebbero potuto essere tutto, così come potevano essere nulla.
«Allora siamo le principesse sirene» disse ridacchiando Dahyun, tenendo il capo poggiato al petto del moro, facendo ridacchiare appena anche suo padre che inclinò la testa, fino a poggiarsi anche lui al modello, circondando entrambi con le braccia, avvicinandoli a sé.
La bambina sorrise a quelle attenzioni, guardando entrambi in viso. «Mamma e papà si vogliono bene...» disse contenta.
Jungkook abbassò lo sguardo su di lei, prima di alzarlo negli occhi del modello che arrossì leggermente.
«Non so se sia giusto che mi chiami così» sussurrò Taehyung alla bambina, accarezzandole il capo, cercando di essere il più cauto possibile.
«Non vuoi?» chiese la bambina, guardandolo con i suoi occhioni, mettendo un piccolo broncio.
«Non voglio che tu mi sostituisca alla tua vera mamma» sussurrò il modello, guardandola negli occhi. «Non voglio che poi...»
Jungkook vide gli occhi di sua figlia affievolirsi e quello fu abbastanza per risvegliarlo da sonno. Si alzò di scatto non lasciandolo finire, prendendo la piccola in braccio. «A volte dimentico che te ne andrai. È l'ora di andare da Emma. Papà deve andare a lavoro» disse, dirigendosi alla porta per infilarle il cappottino, prendendo il suo zainetto.
«Jungkook» Taehyung si alzò di scatto, guardandolo dispiaciuto. «Resto io con la bambina, non ho nulla da fare» sussurrò, guardandolo.
«No» rispose subito e serio il corvino, non voltandosi a guardarlo, sistemando il cappottino alla piccola, prendendola in braccio. «Non voglio che passi altro tempo con te. Ha già perso abbastanza» disse serio, uscendo dalla porta, sbattendola alle sue spalle.
Il modello sussultò a quel rumore così forte, abbassando poi lo sguardo, andando a vestirsi. Non poteva biasimarlo ma allo stesso tempo non riusciva a non sentirsi ferito per il suo comportamento. Cosa avrebbe dovuto fare? Lasciarla continuare per poi darle un'altra sofferenza, andandosene? Non era meglio dirglielo già da ora?
Jungkook portò la bambina da Emma e durante tutto il tragitto non disse una parola. La bambina percepì lo stato inquieto del padre e non disse nulla. Gli chiese addirittura scusa prima che lui la lasciasse alla badante. Quelle parole e quel tono colpirono Jungkook così forte che durante il viaggio di ritorno, si lasciò sfuggire qualche lacrima di frustrazione. Si fermò davanti casa propria, bussando un paio di volte per intimare a Taehyung di muoversi.
Quando si ritrovarono entrambi nell'auto, diretti per l'ennesima volta a casa dei Kim, il minore si voltò verso Jungkook, tenendo lo sguardo basso per qualche secondo. «Scusami... io non... non volevo davvero» sussurrò il ragazzo, portando una mano sul suo braccio; mano che il corvino scansò quasi subito.
«No. Scusami tu» rispose, non voltando neanche una volta lo sguardo verso il moro. Non voleva guardarlo... non poteva guardarlo. «Non dovevo portarti qui... non dovevo fare niente di ciò che ho fatto» disse, scuotendo il capo, tenendo gli occhi fissi sulla strada davanti a sé. «Dovevo semplicemente considerarti il fratello di Jimin e basta».
«Jungkook...» cercò di prendergli la mano il moro. «Per favore...»
«No» gli scacciò malamente la mano. «Non toccarmi... Ti ho chiesto di non farlo Taehyung. Ti avevo chiesto...» scosse il capo, sospirando, cercando di fare ordine tra le sue emozioni e pensieri. «Dio perché...»
Taehyung lo guardò dispiaciuto, mentre si fermavano davanti casa sua. «Ascoltami... non era davvero mia intenzione, non avrei mai pensato che sarebbe andata a finire così... e credimi... sono così confuso anche io» disse scuotendo il capo.
«Capisci che non conta più, Taehyung?» scattò improvvisamente il corvino, voltandosi per la prima volta verso di lui. «Te ne andrai e io sarò di nuovo da solo» sussurrò con gli occhi appena lucidi, tornando a guardare il volante, cercando di calmarsi.
«Mi dispiace... mi dispiace tanto» sussurrò il minore, abbracciandolo, poggiando il capo sulla sua spalla.
«Per favore...» supplicò quasi il maggiore. Non ce la faceva... non lo sorreggeva più. «Staccati».
Taehyung tirò su con il naso, alzando appena il capo, portando una mano tra i capelli scuri del corvino. «Mi odi ora?»
«Vorrei farlo» sussurrò Jungkook, chiudendo gli occhi, rimanendo fermo.
«Allora... allora vado» sussurrò il modello, staccandosi da lui, tenendo lo sguardo basso, aprendo piano la portiera.
Fu in quel momento che Jungkook allungò il braccio per afferrargli il polso, fermandolo dallo scendere. Tenne gli occhi incollati alla pelle nera dello sterzo. Non avrebbe alzato lo sguardo nelle sue iridi. Non poteva ascoltarli ancora... non poteva.
«Si?» rispose subito il modello, voltandosi verso di lui.
«Vattene...» sussurrò il corvino. «Torna a Seul... ti prego» lo disse senza guardarlo, prima di riportare la mano sul volante.
Taehyung rimase per qualche secondo fermo, con le labbra schiuse, a guardarlo. Lo stava seriamente cacciando via? Gli aveva fatto davvero così male? «Ma le vacanze non sono ancora finite» sussurrò.
«Vattene... per favore» disse di nuovo, alzando lo sguardo sulla strada davanti a sé. «Vattene via» insistette, prima di mettere in moto l'auto, quasi ad indicargli che quelle sarebbero state le sue ultime parole.
«Vedrò cosa fare...» sussurrò il moro, chiudendo la portiera, voltandosi per dirigersi verso la porta di casa con le lacrime che salivano sempre di più ad ogni passo.
Solo in quel momento Jungkook si permise di guardarlo per l'ultima volta, come per dire addio definitivamente a quella possibilità. Come per dire definitivamente addio al potenziale che avevano e che sapeva non avrebbero mai potuto realizzare.
Angolo autrice:
Ed eccoci con il capitolo 10! Come promesso ad inizio settimana. Il prossimo arriverà nel weekend quindi rimanete sintonizzati!
I prossimi capitoli saranno belli movimentati, quindi tenetevi pronti!
Spero vivamente che la storia vi stia piacendo e mi piacerebbe conoscere le vostre opinioni al riguardo.
Detto ciò, alla prossima,
Stels&Co.
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