Capitolo 4: Gavin (aggiornato)


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Gavin

Continuo a guardare l'orologio e mi chiedo se verrà. Forse stava solo scherzando quando ha detto che accettava il lavoro. Il suo sguardo sfrontato a continuato a tornarmi alla mente in questi due giorni. Invece, pochi minuti dopo, la vedo entrare assonnata e ciondolante. Nascondo la risata che sento affiorarmi sulle labbra dietro uno sguardo freddo e annoiato.

«Sei in ritardo», dico e mi appoggio con a un tavolo sperando di metterla in soggezione. Lei mi guarda per un attimo imbambolata poi si riprende e cerca di sistemarsi i capelli con le dita. Sembra essere a disagio. Ottimo.

«Solo di cinque minuti », si giustifica poco convinta.

«Forse dove lavoravi prima. Ma qui teniamo alla puntualità». Prendo la cartelletta dietro e la lascio cadere sul tavolo di fronte a lei. «Ecco il tuo contratto di lavoro. Leggilo con attenzione e, se lo ritieni opportuno, firmalo. Cominceremo appena sarai pronta».

Cerco di sembrare impassibile, ma non mi è sfuggito il modo in cui i capelli si adagiano morbidi sulla curva del collo, mentre legge attentamente fogli. Poi li firma e me li riconsegna.

«Sono pronta», dice guardandomi dritto negli occhi. Li sfoglio, poi mi riappoggio al bordo del tavolo, incrocio le braccia al petto e ricambio il suo sguardo.

«Lo scopriremo subito. Per le prossime due settimane lavorerai con me. Le regole sono tre e sono semplici: ascolta bene tutto quello che ti dico, non lo ripeterò. Osserva quello che faccio, non te lo mostrerò di nuovo. Ripeti e impara, non tollererò errori. Hai capito?»

La vedo stringere appena le labbra. L'idea non le piace. Non va a genio neppure a me, ma ormai è tardi per tornare indietro.

«Va bene», sospira infine.

«Ok, seguimi. Ti presento gli altri».

Spingo la porta basculante e la reggo mentre lei passa sotto il mio braccio. Sembra così giovane, non solo per l'aspetto. Il suo modo di porsi fiero e allo stesso tempo arrogante mi ricorda il mio qualche anno fa. E questa cosa mi fa incazzare.

«Questo è Samuel Rescot, il nostro chef», dico indicando l'uomo alto e biondo in divisa bianca che, nonostante la mia presentazione professionale, allunga un braccio abbronzato e sporco di farina.

«Piacere di conoscerti, Lora. Kit mi ha parlato di te. Benvenuta all'inferno». E le fa l'occhiolino. Poi si rimette al lavoro, ma non mi sfugge il sorrisetto strafottente con cui mescola quella vellutata.

Lora lo ringrazia pensando che stia scherzando.

«Lei è Joslyn, la responsabile di sala. Rivolgiti a lei per qualsiasi problema con i clienti». Le stringe la mano in modo cortese, ma meno caloroso che con Samuel.

«E questo è Kit, il mio socio, che hai già conosciuto», dico nel momento stesso in cui la porta si apre e io sposto Lora per lasciar entrare il nuovo arrivato.

«Oh, che sorpresa! Sono proprio felice di vederti, mia cara», dice Kit baciandole la mano. «Ti porgo il mio più caloroso benvenuto».

Lora ricambia il saluto con un sorriso imbarazzato.

«Bene, se abbiamo finito con le cerimonie, noi avremmo del lavoro da fare», dico lanciando un'occhiata eloquente alla porta.

«Certo, certo. Andate pure. E... Gavin? Mi raccomando, fai il bravo», mi riprende Kit, provocando una risata generale.

«Sì come no, la sbranerà prima di arrivare a sera», commenta Samuel, come se Lora non fosse accanto a me e non potesse sentirlo.

«Mi auguro di no. Non sono molto facile da digerire. Non vorrei gli venisse il mal di pancia», ribatte lei con un'ironia che mi spiazza.

Su questo non ho dubbi, penso. 



TO BE CONTINUED...


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