Capitolo 17, Lora




Lora

Non lo sento per giorni. Lui non mi chiama né io chiamo lui. Non posso dire di non essere delusa, ma forse è meglio così. Chiudo gli ultimi scatolini che Jeremy carica in macchina. «Pronta?», mi chiede.

Annuisco. Tiro la porta, inserisco la chiave e la giro, e ho l'impressione di stare serrando qualcos'altro: l'ultima porta che collegava il suo cuore al mio.

Jeremy mi raggiunge, mi prende per le spalle e mi spinge verso l'auto.

«Hai fatto la scelta giusta, sorellina». Mi dà un bacio sulla guancia e mi apre la portiera. Osservo per l'ultima volta la casa teatro del mio amore per un uomo perennemente in bilico fra luce e ombra, e mi chiedo se il problema in realtà non fossi io, se non mi sia sfuggito qualcosa e non ci fosse qualcos'altro che avrei potuto fare per lui. Decido di non pensarci, distolgo lo sguardo e lo sposto sulla strada che scorre davanti a me.

«Vuoi che gliele porti io?», mi chiede Jeremy indicando il mazzo di chiavi che stringo nella mano.

«No, fa lo stesso».

«Come vuoi». Gira la macchina e si dirige verso il ristorante.

Sento il metallo pungermi la pelle, mentre con l'altra mano tiro la porta d'ingresso.

Lui è seduto al bancone, una biro fra le labbra, concentrato sopra un plico di scartoffie.

Mi siedo accanto lui, che segue con lo sguardo la linea del mio corpo fino ad arrivare al viso.

«Ciao», mi saluta abbandonando ciò che stava facendo.

«Ciao», rispondo imbarazzata e divertita allo stesso tempo da quello sguardo.

«Sono felice di vederti». E so che è sincero.

Cerco di non farmi distrarre, poso le chiavi sul bancone e le sposto verso di lui.

Il suo sguardo si scurisce.

«Sapevi che sarebbe successo».

Le prende e le infila in tasca. «Già. Beh... speravo avere più di tempo».

«Mi dispiace, Gavin, io non posso andare avanti così. Quello che provo per te non è cambiato, ma i dubbi sono troppi. E io ho bisogno di certezze in questo momento».

Si alza. «Lo capisco. Se è questo quello che vuoi, non ti ostacolerò. Ma prima che tu prenda una decisione definitiva vorrei potarti in un posto. Me lo permetti?» Allunga una mano e mi invita a seguirlo, facendomi compiere un altro passo verso il punto di non ritorno. Nonostante questo, l'afferro lasciandomi guidare fuori dal ristorante.

*

Quando arriviamo, la galleria dove ho incontrato per la prima volta Vanessa, la Dame in blu, è completamente al buio. Non riesco a intravedere i quadri sulle pareti né qualsiasi altro dettaglio. Davanti a me, un corridoio immerso nell'oscurità rischiarato soltanto dalla flebile luce dei nostri cellulari.

«Che ci facciamo qui?», chiedo spaventata ed elettrizzata allo stesso tempo.

«Voglio mostrarti una cosa. Non muoverti», dice passandomi accanto e scomparendo nel buio.

Qualche secondo dopo, tutto si illumina. Rimango senza parole. L'alto soffitto si accende della luce di migliaia di stelle. Le pareti bianche riflettono il blu del cielo notturno proiettato sul soffitto, dando quasi l'impressione di poterlo toccare un dito.

Gavin torna al mio fianco e mi spinge a camminare accanto a lui attraverso quel sentiero di stelle che, man mano che avanziamo, si fanno sempre più numerose e brillanti.

«Lora, quando ti ho conosciuta il mio cuore era un enorme buco nero e, per quanto cercassi, non vedevo nessun barlume di speranza davanti a me. Poi sei arrivata tu, e con il tuo entusiasmo hai inondato di luce la mia vita, conducendomi oltre quel buio che credevo impenetrabile». Ci fermiamo alla fine del corridoio. «Ora voglio restituirti parte di quella luce».

Indica una stella sopra le nostre teste che sembra brillare più delle altre. «Lei è Lux». Estrae due fogli dalla tasca dei jeans. «La nostra stella. Nostra figlia».

Senza parole leggo il certificato, e le lacrime cominciano bagnarmi irrefrenabili il viso. «Gavin, io...» Non riesco a proseguire. Gli getto le braccia al collo e lascio che sia il mio bacio a esprimere le emozioni che le parole non sono in grado di contenere.

Valentina

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