Two.
- Dannazione! - impreco alla vista della quarta fotografia venuta sfocata e mi sbrigo ad eliminarla.
Continuo poi a guardare il resto delle immagini scattate durante la settimana.
Dopo averne cancellate alcune, appoggio la macchina fotografica sul tavolino e lascio che la mia schiena aderisca al sedile, sbuffando.
Poi giro la testa verso destra, guardando fuori dal finestrino dell'aereo su cui mi trovo in questo momento.
Penso.
Non posso fare altro che non sia pensare.
Penso alla mia vita e sospiro chiudendo gli occhi.
Ho diciannove anni e sono un fotomodello.
Sarebbe tutto così bello se non fosse per alcuni particolari.
Mia madre è morta, da quel momento mio padre è diventato un uomo freddo, distaccato, che parla con me solo se è veramente obbligato a farlo, e che il resto del tempo resta chiuso nel suo studio a lavorare.
Tutti sanno il nome del grande stilista Gabriel Agreste e ormai sanno tutti anche il mio nome, per via dei molteplici articoli su di me, per via di tutte le mie foto su alcune copertine di riviste di moda in cui indosso abiti di mio padre.
Eppure l'unico a non sapere della mia esistenza sembra proprio l'uomo che in parte mi ha permesso di venire al mondo.
Fino ai miei quindici anni, non avevo mai frequentato scuole pubbliche, solo private, sempre per colpa del mio genitore.
Per questo non ho molti amici.
Be', per questo e anche perchè molti dei miei compagni non erano la simpatia in persona o mi parlavano solo perchè ero il figlio di Gabriel Agreste.
L'unico vero amico che ho è Nino, un ragazzo alto, con i capelli neri cortissimi, sempre con il suo cappello in testa, con la passione per la musica e per il divertimento in generale.
È stato il mio primo amico, mi è stato sempre vicino in questi quattro anni che ci conosciamo, mi fa sorridere anche nei momenti più tristi e sono felice di avere accanto una persona come lui.
È probabilmente l'unica ragione che ho per continuare ad andare avanti e oltre a questo, è la sola persona a sapere della mia passione: la fotografia.
Il tutto è iniziato come hobby, per finire ad essere un'azione che compio ormai giornalmente, a meno che non abbia servizi fotografici in ballo.
Adoro fotografare.
Con le immagini posso esprimere emozioni, posso parlare senza proferire parola.
E devo ammettere che sono anche abbastanza bravo.
Certo, per ora le mie fotografie comprendono solo paesaggi di Parigi, la città in cui vivo, ma voglio spingermi oltre, per questo ora sono su un aereo diretto a Londra.
Passerò lì quindici giorni, di cui tre sono dedicati a servizi fotografici, ma ho chiesto a Nathalie, la segretaria di mio padre, di convincerlo a farmi restare qui per quindici giorni per "ampliare le mie conoscenze sulla lingua inglese e per visitare meglio il posto", e lui, stranamente, ha acconsentito.
Così, eccomi qui.
Io, la mia macchina fotografica, e il paesaggio fuori dal finestrino.
Ad un tratto, sento un rumore strano ma riapro gli occhi solo quando sento qualcosa di fresco sul lato destro della mia maglietta.
Mi giro subito a controllare e, oltre a due enormi chiazze rosse sui miei vestiti, vedo una ragazza, probabilmente caduta, essendo sdraiata sul sedile accanto al mio.
Non appena incrocia il mio sguardo, arrossisce violentemente e si rialza.
Ha i capelli neri, legati in due codini bassi, e i suoi occhi sono grandi e blu.
Indossa una maglietta bianca, sopra di essa una camicetta nera e dei jeans rosa.
- Oh mio Dio! - dice la ragazza, mortificata. - Io... Io... Mi dispiace tanto! Scusi! Non volevo! È stato un incidente, io... -
La fermo alzando la mano e le sorrido.
- Non ti preoccupare, va tutto bene. -
- Io... Oddio, ehm... Venga con me, l'accompagno in bagno! -
- Non ce n'è bisogno, davvero, non si preoccupi. -
Sorrido ancora per tranquillizzarla e lei sembra farlo, infatti torna a sedersi al suo posto, dopo avermi chiesto ancora scusa.
Mi alzo, prendo dal mio zaino una maglietta pulita e un paio di pantaloni e vado verso il bagno.
Entro subito e mi cambio, per poi uscire con gli abiti sporchi in mano.
Mi ritrovo davanti la ragazza di prima che mi porge una borsina.
- Ecco, può mettere i vestiti macchiati qui in modo che quelli della sua valigia non si sporchino. - dice imbarazzata.
È davvero carina, devo ammetterlo.
La ringrazio, mentre faccio come consigliato.
Poi le porgo la mano.
- Dammi pure del "tu".
Comunque, io sono Adrien Agreste, con chi ho il piacere di parlare? -
- Oh, sei il figlio di Gabriel Agreste, il famoso stilista! - dice sorridendo.
Annuisco leggermente deluso dal fatto che probabilmente, ancora una volta, la fama di mio padre possa avere la precedenza su tutto.
Faccio per ritirare la mano, ma la ragazza me la stringe, ancora sorridente.
- Comunque, piacere! Io sono Marinette, Marinette Dupain-Cheng! -
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