Seven. - Adrien's thoughts
Scusate in anticipo se questo capitolo non sarà un granchè e anche un po' noioso
Volevo "ricominciare", dopo la lunga pausa, con qualcosa di un pochino soft
Comunque, volevo anche informarvi cheee.. la storia è quasi giunta al termine
Si, lo so che è durata davvero pochissimo
Prometto che le prossime che scriverò saranno più lunghe e soprattutto non ci metterò anni ad aggiornare LOL
E saranno anche fatte meglio
Oggi è pure iniziata la scuola (per me, non so per voi, fatemelo sapere magari con un commentoh) quindi sono super cARICAAAAno.
Bene, mi sono dilungata anche troppo
Ora poTETE GODERVI IL CAPITOLO
~~
Apro lentamente gli occhi e il soffitto bianco dell'appartamento è la prima cosa che vedo.
Mi giro pigramente verso il comodino e controllo l'ora sul mio telefono: 7:15.
Sbuffo rigirandomi sul lato e cerco disperatamente di addormentarmi.
Dopo aver litigato con il letto e il cuscino per circa dieci minuti, decido di alzarmi, consapevole del fatto che non sarei riuscito a riaddormentarmi.
Vado in bagno e mi tolgo i boxer infilandomi poi sotto la doccia.
Mentre l'acqua scorre lungo il mio corpo, ripenso al bacio mancato tra me e Marinette.
Ero a pochi millimetri da lei.
Mi bastava solo un secondo in più.
"È proprio vero che la sfiga mi perseguita." penso tra me e me risciacquandomi il bagnoschiuma e lo shampoo.
Esco dalla doccia, mi asciugo un po' il corpo e mi lego poi l'asciugamano intorno alla vita.
Ne prendo un altro e mi asciugo alla buona i capelli, attacco il phon alla presa di corrente e finisco il lavoro.
Vado in camera e mi metto un paio di boxer, dei jeans una maglietta nera e una giacca bianca.
Mi pettino i capelli davanti allo specchio, prendo il cellulare, la macchina fotografica ed esco di casa.
Oggi non chiederò un appuntamento a Marinette, vorrei stare un po' da solo a pensare.
E a scattare qualche fotografia, se possibile.
Dopo aver fatto una veloce colazione e aver comprato un panino nell'eventualità che più tardi mi venga fame, passeggio un po' per le vie di Londra mentre chatto con Nino.
Mi sta raccontando le sue avventure all'ultima festa a cui ha partecipato come dj: a quanto pare un tizio era così ubriaco che si è messo a ballare su un tavolo di vetro, rompendolo in mille pezzi.
Il padrone di casa, arrabbiato nero, l'ha quindi scaraventato in piscina.
Ridacchio leggermente per poi mettere via il cellulare e fermarmi sul marciapiede.
Mi sistemo insieme all'attrezzatura in un punto in cui non dovrei disturbare i passanti e inizio a scattare alcune foto.
Al cielo, alle strade... Tutto quello che mi capita sott'occhio.
Ad un tratto, un bambino sulle spalle di un uomo, il quale presumo sia il padre, passa davanti a me.
Nel frattempo, una donna cammina al loro fianco ridendo e guardando il figlio.
Mi pervade ad un tratto un misto di felicità e tristezza.
Felicità, per quel bambino e la sua famiglia.
Tristezza, per me e la mia.
La mia famiglia è ormai praticamente distrutta.
Prima era tutto diverso.
Andavamo in vacanza, giocavamo a giochi da tavolo, ballavamo, cantavamo, andavamo in bici... Sorridevamo.
Eravamo tutti e tre insieme, a ridere e scherzare. A divertirci.
Da quando mia made è morta, invece, io e mio padre non parliamo praticamente mai.
È da tantissimo tempo che non lo vedo sorridere o ridere.
Lui se ne sta sempre rinchiuso nel suo ufficio, a non so far cosa.
Mi manca mia madre. Mi manca mio padre.
Mi manca il rapporto che avevamo.
Nonostante la nostra situazione attuale, gli voglio bene.
Davvero troppo.
Non potrei sopportare di perdere anche lui.
Farei di tutto per recuperare tutto quel che ora non c'è più.
Prima che si allontanino troppo, scatto una foto alla famiglia, riuscendo ad immortalare il momento in cui si guardano a vicenda e ridono.
Dopodichè mi siedo in terra, vicino alla mia attrezzatura e mangio il panino di poco fa, scorrendo i post nella home di Instagram.
Ad un tratto, una piccola coccinella si posa sulla mia mano.
La fisso e anche lei sembra fissarmi, muovendo le piccole antenne.
Cerco di toccarla ma nel momento in cui il mio dito si avvicina, lei vola via.
La guardo andarsene e solo quando riabbasso lo sguardo noto un gatto nero.
Sta guardando nella direzione in cui la coccinella se n'è andata, miagolando.
Ma non è un miagolio felice.
Gli accarezzo la testa e solo allora sposta lo sguardo su di me.
Anch'esso, come il miagolio, è triste. Spento.
Cerco di coccolarlo un po' per farlo sentire meglio, ma non funziona.
Qualche secondo dopo, la pioggia inizia a cadere.
Il meteo l'aveva previsto, ma non prima delle tre di pomeriggio!
Metto velocemente a posto la mia attrezzatura prima che si rovini e m'incammino verso l'appartamento.
Poi però mi ricordo del gatto.
Mi giro verso di lui, lo chiamo per farmi seguire, ma non si muove di un millimetro.
Resta a guardarmi, come per comunicarmi qualcosa.
Non ho tempo da perdere, quindi torno da lui, lo prendo in braccio coprendolo con la mia giacca e inizio a correre verso casa.
Arrivato nell'appartamento, chiudo la porta e lascio il gatto sul pavimento, che si mette subito a gironzolare per casa.
Dopodiché, mi affretto a chiudere tutte le finestre.
Quando sto per chiudere l'ultima, il micio mi compare vicino.
Mi guarda, poi con un balzo salta fuori dalla finestra.
"No!" grido, temendo il peggio, visto che il mio appartamento è situato al quinto piano di un palazzo.
Subito dopo, il gatto scompare nel nulla, lasciando nell'aria solo una nuvola di fumo nero.
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