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Ho paura.

È una semplice affermazione, ma sovente ciò che noi interpretiamo per debolezza è in realtà la dimostrazione di non essere fragili, perché ci vuole coraggio e non poca forza ad ammettere di essere spaventati.
Spesso vediamo il dolore dove non c'è e, molto spesso, non vediamo il dolore dove in realtà prospera. Non è per poca attenzione, è solo che è difficile vedere oltre le apparenze.

Ben era una di quelle persone che difficilmente dicono di avere paura, ma, per quel che riguardava Rey, negli occhi poteva avere una tempesta. Erano scuri, luminosi laddove la luce riusciva a colpirli e per lei ogni riflesso era qualcosa di meraviglioso.
Ciò che la colpiva non era la loro parte chiara, data dalla luce che vi si infrangeva, ma era l'oscurità che vi si celava dietro, ne era attratta, come se essa cercasse di trascinarla inesorabilmente al suo interno. Era una sensazione di benessere e un misto di brividi e...terrore. Rey lo vedeva, dietro quella superficie dura, vedeva la paura. È un pericolo che molti sottovalutano, perché a differenza di molti che credono che provare paura ci renda più forti e più coraggiosi in alcuni casi, in realtà essa ha il potere di consumare la nostra mente, a volte persino di comandarla, fino a darci l'illusione di stare bene, fino ad ingannarci, a celarci ogni piccola parte triste della nostra vita, finché non arriva il momento giusto per attaccarci con l'unico obbiettivo di annullare ogni difesa, ogni possibilità di contrattacco.

Per Rey non era stato facile, no, per lei non era stato affatto facile guardare tutta quella distruzione concentrata nella sua mente contorta, non era stato facile trasformare ciò che era il peggio nel meglio, vedere il male e sentire il bene sotto di esso, nascosto sotto quello sguardo così intimidatorio e, in qualche modo, distruttivo.
Ma adesso era diverso: per la prima volta si trovava davanti al suo passato.

Luke era stato, per lei, un mentore. L'aveva istruita, guidata, ma non aveva mai guardato oltre l'insegnamento, in effetti non aveva mai pensato di doverlo fare. Ma cosa potesse significare per Ben...non lo sapeva e ciò la stava torturando, perché non ce la faceva più a stare in silenzio senza fare nulla e adesso che si trovava tra di loro, come da tramite in piedi a poca distanza da entrambi, si sentiva in colpa a non riuscire a concentrarsi, come se la sua fosse stata un'azione impulsiva quella di mettersi in mezzo senza riflettere.
E faceva male, sì, le facevano male tutti quei pensieri che stavano passando nella mente di lui, erano confusionari e distruttivi.

Improvvisamente Ben alzò lo sguardo e lo fissò in quello di Rey in una muta richiesta di allontanarsi prima che la ferisse in qualche modo, perché sentiva il peso che gli gravava addosso di nuovo e sapeva che semmai avesse ceduto tutto sarebbe ricaduto anche su di lei.
Per questo la guardò, la osservò, come se cercasse di assorbire ogni sua forza, prima che un velo scuro passasse sui suoi occhi e li rendesse bui, vuoti. Le mani, lei lo notò solo in quel momento, erano chiuse a pugno ed erano strette così forte da far diventare le nocche bianche.
Ben sembrò aspettare l'esatto secondo in cui Rey cercasse di avvicinarsi per respingerla, una forza invisibile non le permise di andare avanti e ciò ebbe lo stesso effetto di ricevere un calcio nello stomaco. Instabile, lei fece due passi per allontanarsi, pur consapevole che, anche se la mente le urlava di scappare, tutto ciò che la parte meno razionale di lei voleva era solo spingerla verso quel pericolo che aveva di fronte. Ma quello che non si aspettava era che proprio questa sua parte le sarebbe costato molto, a partire da come ogni pensiero logico fu scacciato, rimpiazzato dal ceco bisogno di riuscire ad avere un contatto con lui.
Volle riprovare a scontrarsi con quella barriera che lui aveva alzato. Forse l'aveva fatto per paura di...di lei? Forse era colpa sua? Era per lei? Aveva paura di distruggerla, ma non sapeva che in realtà la stava ferendo di più in questo modo: allontanandola.

Ma adesso era più difficile superare la voragine che li divideva perché entrambi erano feriti da loro stessi, lei per la distanza, lui per la consapevolezza di star sbagliando.

Ho paura...No, non esprimeva paura, lei vedeva ciò che lui stava cercando di nascondere sotto il terrore. O forse è il terrore che è così. Non è forse lui che racchiude rabbia, odio, tutti quei sentimenti che solitamente ci spaventano? È il terrore per noi stessi che ci distrugge, perché tutti siamo, inevitabilmente, terrorizzati da ogni nostra azione o parola.

Rey si rifiutò di mollare, non voleva che l'allontanasse quando sapevano benissimo entrambi che ciò li avrebbe annientati, distrutti completamente.
Nell'esatto istante in cui lei fece ancora un passo avanti Luke disse il suo nome, non come richiamo, ma per avvertimento.
-Rey, non...- la frase rimase a metà.

Il conflitto che Ben stava avendo lo portò a compiere ciò che si era ripromesso più volte di non fare: Rey era completamente sua prigioniera, stretta da una forza invisibile che si rifiutava di lasciarla andare. Non voleva lasciarla andare, non poteva.
-Ben- Rey riuscì a pronunciare solo questo; contrasse le dita, e quel leggero movimento, assieme allo sguardo completamente perso nel buio dei suoi occhi, bloccò anche Ben. Il suo sguardo si trasformò in pochi secondi da concentrato e pieno di rabbia a ferito, smarrito e lei cadde, mollata e lasciata cadere pesantemente dalla sua presa.

Faceva fatica a respirare e le sensazioni che provava, un miscuglio di odio e dolore, non un dolore rabbioso e distruttivo, ma un dolore che lo stava ferendo e consumando, di quelli che non ti permettono di pensare razionalmente, lo costrinsero a indietreggiare, sbattere contro la parete e, seppur sapesse che ciò l'avrebbe ferito ancora di più, puntò lo sguardo su Rey.
Era a terra, stava appoggiata sulle braccia e faceva respiri profondi, ma teneva la testa chinata a guardare il pavimento, non poteva vedere i suoi occhi. Fu più distruttivo di quel che si aspettava, perché lui aveva bisogno del suo sguardo, l'unico a poterlo calmare, ma anche a farlo impazzire.
Confuso e, per quanto non volesse darlo a vedere, terorizzato da sé stesso, da ciò che aveva fatto, da tutto, non oppose nessuna resistenza quando le ginocchia non lo sorressero più e Luke lo afferrò per una spalla prima che cadesse.
-Ben, sai cosa mi ha sempre stupito di te? Sei in grado di sistruggerti da solo e non te ne rendi conto. Eppure non so come riesci ancora ad amare, cerca di non reprimere anche questo, è tutto ciò che ti resta.-
Le gambe di Ben non resistettero quando Luke lo lasciò, ma stranamente riuscì a rialzarsi dopo alcuni secondi, rimanendo in piedi davanti a Rey, mentre la porta produceva l'ennesimo suono metallico.
Era rimasto solo, solo con lei, solo con tutto ciò che era in grado di distruggerlo.
Si chiese come Luke l'avesse notato. Era così evidente il mare di emozioni che si rifletteva nei suoi occhi quando la guardava? Si notava così tanto i brividi che gli provocava?

Si chinò fino ad essere a pochi centimetri dai capelli raccolti in una coda disordinata di lei, erano un'ammasso informe, ma li trovò belli comunque, come se la trovasse perfetta anche quando non lo era.
Allungò esitante una mano fino a sfiorare il mento, obbligandola a sollevare lo sguardo su di lui. Finalmente poteva rivedere i suoi occhi, anche se feriti. Ma lei lo guardava ancora con bramosia, con desiderio, come poteva desiderare qualcosa di così distruttivo?
Ritrasse di scatto le dita, come scottato da quel contatto.
-È per questo che ho paura, Rey. Non puoi vedere cosa sono? Io posso dare solo questo: dolore.
Perché ti stai ostinando a fare questo? Perchè non mi lasci?-
Dopo alcuni secondi riprese a parlare, sotto le sue parole era celata un punta di supplica.
-Non sopporto di vederti così, ti prego, io posso anche cadere, ma tu no, non puoi. È solo che io sono tremendamente consumato, non guardo altro se non ciò di cui necessito e io ho bisogno di te, per questo non ho diritto di chiederti di rimanere, ma lo sto facendo.-
Si avvicinò pericolosamente al volto di Rey, facendo mischiare il proprio respiro con il suo. Le provocò una scossa inattesa, che le portò brividi in ogni parte del corpo.
-Resta.- era una tortura quella richiesta, detta con tale dolore da far male anche a lei.
-Non c'è niente che mi possa portare indietro.- affermò Rey e lui, per la prima volta, vide i suoi occhi iniziare a diventare lucidi. Nonostante fossero lacrime, trovò lo spettacolo nel suo sguardo stupendo, vedeva come ogni cosa si rifletteva in esso. Si sentì sopraffatto.
Ben non lo capiva ancora: lei sarebbe rimasta comunque, indistintamente dalla sua volontà.
Le loro labbra si scontrarono delicatamente, quasi timorose di quel contatto. Un ultimo respiro, preso di fretta, neanche il tempo di riempire i polmoni, prima di soffocare in quel bacio.

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