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Rey si alzò e si distaccò con fatica da lui, fece per dirigersi verso l'uscita e rivolse uno sguardo alla finestra. Era ancora notte, non ricordava l'ultima volta che si era fermata a guardare un paesaggio in questo modo: completamente persa in esso. Era troppo strano, dopo tutto quello che aveva passato, ritrovarsi a fissare una semplice finestra.

-Ci vediamo dopo.- sussurrò prima di uscire dalla stanza e far ritorno nella propria.
Entrata si accorse di non essere stanca, anche se gli occhi imploravano riposo la mente non la smetteva di pensare e ripensare a tutto quello che era successo.
Lo sguardo cadde sulla sedia vicino al letto: alcuni vestiti ben ripiegati stavano appoggiati su di essa e riuscì a distinguere nella semioscurità anche degli stivali poco distanti. Evidentemente Luke sapeva che non sarebbe stata ferma, ormai la conosceva.

Si avvicinò alla sedia e prese tra le mani i vestiti, si cambiò e, sollevata la giacca, si accorse che c'era ancora qualcosa. Prese l'impugnatura della sua spada e l'agganciò alla cintura. Un piccolo foglio stava ben ripiegato sotto di essa.

"Appena ti svegli aspetta l'alba, dirigiti in sala comando, il generale ha richiesto la tua presenza."

lo lesse un paio di volte, diede un'occhiata all'ora e constatò che mancavano ancora tre ore all'alba, poi lo mise in tasca e si diresse verso la porta. Attraversato il corridoio scoprì che la porta d'uscita si affacciava all'interno dell'hangar principale, perciò non fu difficile orientarsi anche con la poca visibilità che c'era vista l'ora tarda.
Rey si diresse verso la sala comando con l'intenzione di aspettare lì, ma proprio quando stava per arrivarci passò di fronte a qualcosa di famigliare. Si voltò e con passi lenti si avvicinò al Millenium Falcon, o almeno a quel che era visibile di esso. Da quando si era svegliata non aveva ancora le immagini ben chiare, ma si ricordava di star precipitando, i comandi erano impazziti e i sensori davano dati senza senso. Un circuito era andato in sovraccarico e lei aveva allontanato velocemente le mani per poi essere sbalzata in avanti a contatto con qualcosa di freddo.
Sembrava un ricordo recente, ma in realtà non sapeva da quanto fosse in quella stanza, se da ore o magari da giorni interi, in fondo le ferite che aveva riportato erano ancora doloranti. Ma era lì, era viva, lei ce l'aveva fatta.

La nave era malridotta, ma lei, come chiunque altro avesse mai pilotato il Falcon, sapeva bene che era ancora in grado di volare.
Le ammaccature erano evidenti e i vetri erano per lo più rotti, ma la struttura era ancora integra e i motori non sembravano riportare gravi danni.
La passerella era aperta, così si sedette lì in mezzo, non aveva voglia di stare a gironzolare per la base, ma neanche restare in quella stanza dell'infermeria.
Si girò per dare una veloce occhiata all'interno e scorse alcuni tubi pendenti. Chube non doveva essere stato felice di vedere la nave ridotta così, chissà come avrebbe reagito Han? ...non ci pensava spesso, dopo tutto l'aveva conosciuto per poco tempo, ma era stato importante, come chiunque altro l'avesse aiutata. All'inizio non comprendeva il distacco con cui guardava tutti, ma poi aveva capito che in fondo non era antipatico, non era solo un uomo diffidente e di poche parole, al contrario era stata una delle migliori persone che avesse mai incontrato.
Sospirò e si lasciò cadere completamente sulla passerella.

Solo in quel momento si rese conto da cosa fosse circondata: il Falcon non era l'unica nave danneggiata, altre erano allineate lungo il perimetro dell'hangar, numerosi pezzi metallici erano sparsi sul pavimento a segnare i danni causati dai numerosi colpi delle navi del Primo Ordine. Rivide le esplosioni, i resti delle navi che cadevano, come se stesse rivivendo da capo quei momenti, il rumore incessante dei sistemi di rilevamento, le scie di detriti lasciati dai vascelli distrutti. Si alzò e si guardò nervosamente intorno, era stranamente a disagio, sentiva un gran mal di testa. Continuava ad osservare, ma niente si muoveva, ed era questo il problema: le sembrava che ci fosse troppa calma. Quella calma che viene subito dopo qualcosa di movimentato, piena di tensione e in cui tutti sono così tranquilli da ignorare il fatto che il pericolo potrebbe tornare. Il silenzio sarebbe stato l'unico preannuncio del suo arrivo.

La porta cigolò, un lieve suono nel silenzio che stava piano piano riempiendo l'aria. La sala era deserta e silenziosa, Rey si avvicinò al tavolo olografico e ne percorse il bordo con la mano.
Altri passi si aggiunsero ai suoi e, in un momento di panico, si voltò velocemente per poi calmarsi constatando che fosse solo Luke.
-Maestro.-
Non c'era nessun altro, Rey se ne rese conto solo quando la porta si chiuse. Abbassò lo sguardo sulla console che aveva davanti e riportò gli occhi sulla persona che aveva di fronte.
-Sapevo che non saresti venuta se ti avessi detto che volevo parlarti, sei sempre stata un po' a disagio in queste situazioni.- disse Luke con tono calmo e osservò Rey, come se la trovasse diversa.
Si sedette al tavolo, ma lei non lo seguì e rimase in piedi a guardarlo.
-Che cosa dovrei dire?- era semplice come domanda, ma la risposta la spaventava, non sapeva cosa raccontare, come parlare di ciò che era successo.
-Nulla che tu non mi voglia dire, ma ci sono cose che devo sapere. Sono sicuro che anche tu abbia la mia stessa sensazione: lo avverti anche tu, il pericolo, e sai che non sta tardando ad arrivare di nuovo.-
Ci fu un momento di pausa, poi parlò di nuovo.-Sei diversa, com'è successo?-
Rey non poteva negare, non era facile da ammettere a sé stessa, ma era cambiata, sia in meglio che in peggio. Era più forte, si sentiva tale, ma d'altra parte adesso aveva una debolezza e sapeva che ciò costituiva un pericolo per lei e forse anche per gli altri.
-Ho sbagliato.-
-In cosa?- chiese Luke, felice, anche se non lo dava a vedere, che lei parlasse.
-Non lo so, in tutto o forse in nulla.- lei si diresse al tavolo e si sedette. -Mi hai detto che l'attaccamento è proibito, che un Jedi può provare compassione, ma che i sentimenti più forti costituiscono una minaccia, che spesso possono sfuggire al nostro controllo. Ho paura di aver fatto ciò che va contro a questi principi e ora sono spaventata e so che non dovrei provare paura, ma non posso, non riesco a reprimere quello che sento.-

-Non è sbagliato. Vivere senza le emozioni equivarrebbe al non riuscire a contenerle, non devi solamente lasciare che prendano il controllo.-

I motori erano stati avviati, i sistemi erano stati sottoposti tutti ad una diagnostica e infine l'attesa era quasi giunta al termine. Così erano passati i minuti da quando Lord Seilith aveva messo piede sul Finalizer.
Il mantello nero ricopriva quasi interamente la sua figura, attraverso la copertura metallica, attraverso la fessura per gli occhi, ogni tanto si notava un riflesso e si potevano intravedere le pupille cerchiate dalle iridi rosse. Incuteva a dir poco timore a chiunque sul ponte di comando.
Si voltò quando il generale era a poca distanza, si stava dirigendo appunto verso di lui.
-Il Leader Supremo non vuole interferenze di alcun genere, per questo le rammento di dover attendere una mia comunicazione prima di far qualcosa.-
Hux fece per parlare, ma fu interrotto.
-Dovete essere paziente, se si attacca un animale ferito il più delle volte, invece di trovare una preda facile, essa si può rivelare più forte di prima.-

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