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Era una strana sensazione, di insicurezza e di sicurezza messe assieme, era inquieto, pensava di esser scaraventato contro la parete opposta da un momento all'altro. Un brivido lo percorreva ad ogni suo sospiro che avvertiva. Voleva alzarsi e allontanarsi, ma contemporaneamente si sentiva debole a tal punto da non voler muoversi.
Restò finché non avvertì il suo respiro diventare più leggero, forse anche un po' di più, seduto al suo fianco, per controllare che non avesse altri incubi. Non voleva restare, doveva controllare se c'era qualcosa che la potesse aiutare. Ma ora che dormiva non se la sentiva di svegliarla per far ricominciare il dolore.
Voleva sapere perché non gliel'avesse detto, perché non voleva dirgli il motivo, ma non poteva pretendere molto da lei ora. C'era stato vicino, a vedere i suoi pensieri, ma lei l'aveva fermato e non saperne il motivo lo rendeva nervoso.
Le sue condizioni erano peggiorate, la febbre si era alzata, la ferita non accennava a migliorare, prima raggiungevano la base, meglio era.
Mancava poco ormai, ma può sempre succedere di tutto in due ore.

Finn non capiva cosa stesse succedendo. Perché Rey non aveva cercato di allontanarsi da lui? Sapeva che era stata catturata, che era ferita, nulla di più. Non era a conoscenza di cosa fosse successo dopo, di cosa avesse passato, e non poterlo sapere era insopportabile.
Non poteva nemmeno dire di essere sicuro che fosse viva, perché l'ultima immagine che aveva di lei era un corpo steso a terra circondato dal suo stesso sangue.
Non voleva ricordarlo, era qualcosa che voleva eliminare dalla mente fino a che non fosse arrivato alla base, doveva solo aspettare.
La nave. Quella nave, l'aveva persa. Il Millenium Falcon era una parte essenziale per Rey, fondamentale per ogni missione.
Ricordava di aver visto più volte lei e Chube intenti a ripararla e a fare modifiche ai vari sistemi.
Non era giusto quello che era successo, o almeno per lui non lo era, non lo era assolutamente e non riusciva ad accettarlo.
La missione era iniziata bene: appena arrivati erano riusciti ad eliminare molte delle loro difese, erano entrati, ma non avendo trovato nulla avevano fatto marcia indietro, arrivati all'hangar c'era stato un gran casino. Ma perché allora, seppur le loro forze, quelle del Primo Ordine, stessero per sopraffarli, l'aveva visto debole? Perché non era rimasto su quella nave invece di salire sul Falcon? Non era la sua nave? Quella sotto il suo comando?
Qualcosa doveva essere successo, qualcosa che Finn percepiva come strano e incomprensibile.

Faceva freddo quella notte, ma quasi non se ne curava, pensava solo a scappare. Sì, stava scappando. Era spaventata, terrorizzata. Si fermò con il fiato corto e si appoggio alla parete fredda, vi scivolò contro e si mise a sedere stringendo le ginocchia.
Il vento gelido le veniva addosso, come intento a volerla consumare il più possibile, mentre i suoi singhiozzi si perdevano nel buio. Era calma e contemporaneamente agitata e scossa, non sapeva dire se il proprio respiro fosse troppo veloce o se fosse del tutto assente, forse una via di mezzo che le permetteva di soffocare alcuni gemiti intenti a farla tremare.
Sola. Sì, sentiva così, di nuovo. Fissava le sue mani intrecciate e portate vicino al petto per proteggerle dal gelo, la giacca sottile che aveva indosso non serviva a molto. Ma cosa ci faceva lì? Perché stava congelando in quel posto da sola?
Voleva tornare indietro, si voltò verso i passi appena percorsi che la attiravano verso di loro con sempre maggiore intensità, ma decise, più che altro si impose controvoglia, di aspettare ancora un po', dopotutto non era tenuta a nulla, poteva rimanere lì quanto voleva, o per quanto si sarebbe imposta di restare.
Non lo voleva ammettere, ma in quel momento avrebbe avuto bisogno solamente di un po' di silenzio per riflettere, solo che non voleva pensare, non lo avrebbe fatto, non poteva permetterselo.

Le coperte erano aggrovigliate attorno alle sue gambe, la imprigionavano in una presa stretta. Cercò di districarsi, ma aveva dimenticato per due secondi quello che la costringeva a stare a letto e subito fu percorsa da una scossa di dolore, che la fece piegare in due, ma non si sentì nulla di più che un sospiro più pesante degli altri, come qualcosa di soffocato.
Non si udiva nulla, nessun rumore che non fosse proveniente da uno dei sistemi della nave e per lo più erano ronzii di varie tonalità.
Voleva mettersi a sedere, ma trovò un'idea migliore quella di rimanere immobile.
Poi dei passi leggeri e lenti si fecero spazio nel corridoio, poteva essere solo Kylo visto che su quella nave erano presenti solo loro due. Socchiuse gli occhi quando lo vide, attento a studiare qualcosa mentre la guardava fermo sulla soglia dell'ingresso di quella stanza. In effetti, ora che ci pensava, sembrava tutto strano, ogni cosa lo pareva: dal fatto che lui fosse lì, che l'avesse salvata e che lo stesse ancora facendo, che lei fosse riuscita a....cambiarlo?, no, forse aveva solo portato alla luce la sua parte migliore, quella fragile, che lui stesso aveva sepolto. E ora? Cosa sarebbe successo?
Chiuse del tutto gli occhi e per due brevi istanti percepì di nuovo le sue braccia attorno a lei, i visi a poca distanza, l'energia di entrambi mescolata in una tempesta che li soffocava ad ogni sguardo.
Quando li riaprì lui la stava fissando, credeva che sarebbe rimasto lì a guardarla ancora a lungo e si sentì improvvisamente a disagio, ma Ren mosse di poco la testa verso un punto oltre ciò che le era visibile da quella posizione e riprese a camminare.

Ci fu un momento di silenzio, la nave era muta, i passi di Kylo erano cessati e Rey stava cercando di alzarsi, sentiva qualcosa, aveva una sensazione di inquietudine che le pesava addosso. Si udì un suono elettronico, che si prolungò per pochi secondi, poi smise. Si portò un braccio attorno alla vita per potersi muovere meglio, ma fu buttata a terra.

Aprì gli occhi lentamente, all'inizio vide solo immagini sfocate di cose che cadevano, ma quando mise a fuoco si rese conto di trovarsi tra le macerie di qualcosa. Forse un cortocircuito aveva mandato in sovraccarico uno dei sistemi della nave e un condotto era esploso, Rey sapeva che poteva essere stato solo quello ad aver causato un'esplosione del genere. Si sentì cadere anche se era già sul pavimento: la nave stava precipitando.
In casi come questo avrebbe dovuto azionare i propulsori per rallentare la caduta, ma non era lei alla guida, anzi, non sapeva nemmeno se ci fosse qualcuno.
Si alzò a fatica, i rumori incessanti degli allarmi le sembravano bombardare la testa e in più era costretta ad avanzare china in avanti cercando di evitare i vari pezzi di metallo e altri componenti sparsi nel corridoio.
Si affacciò alla cabina di controllo e non c'era nessuno, prese posto su una delle poltrone ed iniziò ad azionare alcune leve, almeno gli stabilizzatori erano ancora attivi.
Erano stati attratti dalla gravità di un qualche pianeta, usciti a velocità luce con i motori fuori uso lì vicino era inevitabile e ora stavano cadendo.
Rey constatò che faceva freddo sempre più vicini erano alla superficie. Un pianeta ghiacciato, poteva andare peggio e che finissero su uno inospitale e privo di ossigeno.
La leva dei propulsori era dura da abbassare, ma riuscì a tirarla abbastanza forte e subito la nave fu sbalzata in avanti e indietro per poi passare all'essere sospesa nell'atmosfera del pianeta ed iniziare infine a ricadere lentamente, la forza esercitata dai retro razzi non bastava a ritornare nello spazio, ma almeno non sarebbero finiti schiantati al suolo come un asteroide.
Il ghiaccio si stava espandendo sul rivestimento della nave, fino al vetro al quale si stava affacciando: montagne enormi di neve, venti freddi e in lontananza quello che sembravano i resti di una postazione, che fosse della Ribellione o del Primo Ordine non aveva importanza, tanto era abbandonata.
Si stacco da quella visione così...desertica e congelata e, tenendosi sempre stretta con un braccio attorno alla vita, si fece spazio fuori dalla cabina, voleva trovare l'origine dell'esplosione, ma qualche passo più avanti di lei stava un corpo ricoperto di pezzi di paratie e da un mantello nero che presentava qualche bruciatura su un lato.
Si avvicinò e sposto lentamente un pezzo di metallo da sopra il suo petto.
Di certo, anche se aveva subito qualche graffio e botta a causa del guasto, stava in condizioni migliori di lei. Non le piaceva vederlo in quella situazione perché era come se anche lei avesse quei tagli e quei lividi ora, solo che erano invisibili.

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