20 - Shopping

Buongiorno meravigliose persone che leggete.
Scusate per il ritardo, ma questo capitolo è stato parecchio difficile. Finora è quello che ha richiesto il maggior intervento di censura, e comunque qualcosina ho dovuto lasciare, altrimenti non si capiva neanche quello che stava succedendo. Spero che vi piaccia, fatemelo sapere nei commenti.
Baci sparsi.
Noy

Samuel sfiorò il cachemire dei maglioncini sollevò un tricot girocollo di cachemire verde scuro, lo girò e lo rigirò, se lo appuntò sulle spalle. «Che ne pensi?»

Kay gli lanciò uno sguardo distratto e annuì. «Bello, bello. Andiamo a provarlo.» Afferrò un paio di jeans e si avviò verso i camerini del Reparto Uomo della UPIM in centro. Scostò una tenda e si infilò dentro, Samu passò oltre e venne afferrato e trascinato per il cappotto nello stesso camerino. Kay chiuse il gancio e si posò l’indice sulle labbra. «Sh», un sorriso malevolo gli incurvò le labbra, «spogliati.»

Samuel spalancò le palpebre e si portò entrambe le mani alla bocca, scosse la testa. Non aveva mica intenzione di… c’era solo una tenda tra loro e il resto del negozio!

«Spogliati» pur in un soffio, l’ordine del master era inequivocabile. Ecco perché lo aveva preparato prima di uscire, lasciandolo insoddisfatto e divorato dal desiderio per tutto il viaggio!

Samu appese il cappotto scuro all’appendiabiti, si indicò i pantaloni e al cenno affermativo di Kay, li slacciò e li lasciò scivolare a terra. Il cuore e lo stomaco erano in tumulto, pur non essendo un orario di piena, c’erano uomini che entravano e uscivano dai camerini, che parlottavano davanti alla tenda. Un’ondata impetuosa di brividi gli risalì la schiena, si abbassò gli slip bianchi che Kay gli aveva fatto indossare, sfilò le scarpe e mollò tutti gli indumenti a terra. Si piantò a gambe larghe con le mani contro la parete. Era pronto.

Il master si posizionò alle sue spalle, armeggiò con i pantaloni e gli sfiorò il viso. «Girati, voglio guardarti.»

Gli tremarono le ginocchia nel voltarsi verso di lui, i battiti del cuore gli pulsavano in gola. Kay gli afferrò i fianchi e lo spinse contro la parete, gli occhi grigi erano famelici, più simili a quelli di un animale selvatico che a un umano. Sigillò le labbra su quelle di Samu in un bacio ingordo, le mosse e lo obbligò ad aprire la bocca, le lingue si intrecciarono, sapeva di menta fresca.

Samuel gli mise le braccia attorno al collo e gli circondò i fianchi con le gambe, schiacciato tra lui e la parete, e iniziò a strusciarsi sul master. Senza interrompere il bacio, in un ansito, gli sfuggì: «Ti prego.».

La voce profonda di Kay era ridotta a un sussurro roco: «Ripetimelo, puttanella, pregami.»

Una freccia di desiderio lo trafisse e l’intero corpo di Samu sussultò a quella semplice richiesta. La tenda si mosse, qualcuno cercava di aprirla. Samuel gli strinse ancora di più le gambe attorno ai fianchi, gli prese il viso tra le mani e lo allontanò fino a metterlo a fuoco, fino a perdersi nei suoi occhi, pieni di bramosia. «Ho bisogno di sentirti dentro di me», appoggiò la testa all’indietro e inarcò la schiena, «ti supplico, master, per favore.»

«Vuoi che ti sfondi?» Una mano di Kay rimase a sorreggerlo, l’altra gli afferrò una chiappa, si chinò di nuovo per baciarlo, gli leccò la bocca e gli ghermì il labbro inferiore con i denti.

Samu aveva le parole bloccate in gola, l’eccitazione lo travolgeva. C’era qualcuno subito dietro la tenda che voleva entrare, la stava tirando. «Oddio», mugolò, «fammi tutto quello che vuoi.»

Il master si schiarì la gola e voltò la testa verso la tenda. «Occupato.» La sua voce profonda gli rimbombò nel petto, una mano forte gli agguantò il polso e gli girò il braccio dietro la schiena. Dalle labbra della puttanella uscì un debole lamento, soffocato dalla lingua di Kay che riprese possesso della sua bocca.

Il master gli mollò il polso e Samu tornò a circondargli il collo con le braccia. Kay passò a baciargli il collo, una mano gli accarezzò la schiena. «Reggiti a me», gli affondò il viso tra i capelli, «e non fiatare.» Gli tastò la pelle sensibile. Samuel soffocò un singhiozzo contro la sua spalla e strinse tra i denti la lana del cappotto. Il corpo bollente gli dava le vertigini, la pelle gli tremava dai brividi che la percorrevano.

L’aria attorno a loro era sempre più soffocante, non era certo che stesse contenendo abbastanza i suoni che gli nascevano in gola. Li avrebbero scoperti e cacciati, la sua stupida faccia sconvolta dal piacere sarebbe stata schiaffata su tutti i social.

Il bruciore durò meno di un istante, Samu trattenne il respiro, il cuore gli martellava la cassa toracica come se volesse scappare. Lo stava riempiendo tutto e più si faceva strada dentro di lui e più la mente si svuotava, il corpo si rilassava, divenne gelatina, sorretto solo dalla parete.

«Sono tutto dentro, S…» Kay riprese a baciarlo, gli succhiava la lingua e le labbra, non gli diede nemmeno il tempo di abituarsi.

Scosse violente di pura libidine lo tormentavano, Samuel gli ghermì la stoffa del cappotto. Aveva la vista oscurata e i sensi annebbiati, il piacere gli montava dentro e lo soffocò, una scia di liquido senza fine iniziò a fuoriuscirgli dalla punta moscia del pene.

All’improvviso, la deliziosa pressione interna scomparve, Kay era uscito del tutto. Era venuto?

«Girati.» Il master lo fece scivolare lungo la parete fino in terra, le gambe non lo avrebbero mai retto. Samu sollevò il capo verso il viso di Kay, implorante. Il master lo afferrò per le braccia e lo fece girare, gli spalmò la faccia contro il cartongesso e gli piegò la schiena a novanta gradi. Fu molto più veloce questa volta. La mente si svuotò, ansimava, il master gli premette una mano sulla bocca. Non riusciva più a trattenersi, fu sopraffatto di nuovo e la realtà smise di avere senso.

***

Samuel fece scorrere l’acqua del rubinetto del bagno del negozio e si sciacquò le mani. Era ancora ricoperto di sudore, accaldato, le labbra gonfie per i baci. Le scosse nel lavandino e staccò un pezzo di carta. Sollevò il capo verso Kay, che al lavandino affianco si stava lavando le mani. «Senti una cosa…»

«Dimmi tutto» il master annullò la distanza tra loro e scosse le mani verso il basso. Come poteva essere così tranquillo, dopo quello che avevano appena fatto?

Samuel si schiarì la gola, erano soli. «Mi hai chiamato S, prima? E anche a casa…» Pensare era difficile, l’odore di Kay così vicino a lui lo confondeva.

«Sì», lapidario, senza nemmeno un sorriso, gli insinuò le mani sotto al cappotto e gli palpeggiò le chiappe, «grazie.»

Lo aveva appena usato come asciugamani?

«Non chiamarmi così.» Cos’era quel tono lamentoso? Gli toccò la barba, voleva baciarlo, non dirgli che non voleva che usasse quel nomignolo. In fondo, a chi importava?

Kay lo trascinò per i fianchi verso di sé. «Oppure?»

Oppure? Non poteva dargli niente in cambio e quelle labbra erano così rosse e così invitanti. No, c’era un’altra cosa che avrebbe dovuto dirgli. Kay gli lambì le labbra e Samuel si perse nel bacio, cercò la sua lingua e ci giocò, la succhiò e gli esplorò tutta la bocca.

Il preservativo!

Si staccò da lui e lo spinse via, soffocò le parole per non urlare. «Mi sei venuto dentro!»

Kay si allontanò verso la porta, un ghigno arrogante gli rovinava l’espressione. «Già. Andiamo, non abbiamo ancora finito il tour della città.» Posò la mano sulla maniglia. «C’è un localino proprio sotto alle Due Torri dove ti voglio portare a mangiare. E poi fotterti nel bagno.»

«Kay, ma che cazzo…» Samuel si passò una mano sulla pancia, usava sempre il preservativo, sempre. «Non… non puoi…», gli mancava di nuovo il respiro e aveva i battiti accelerati, ma non per l’eccitazione, «Kay, ascoltami bene-»

«No, Samuel, sei tu a dovermi ascoltare», il master puntò verso di lui e Samuel arretrò di un passo, «sei mio e per due giorni ti posso fare tutto quello che voglio.»

«Non erano così gli acc-»

«Interrompimi di nuovo o metti di nuovo in dubbio i miei ordini e desideri e col cazzo che domani torni a casa.» Aveva lo sguardo cupo e gli occhi grigi lo penetravano con la stessa intensità con cui prima il suo uccello lo aveva trafitto.

Anche lui appariva così, quando si rivolgeva a un sub?

Samuel deglutì e sbatté le palpebre. Kay era sempre stato così alto? Sembrava svettare su di lui di almeno mezzo metro.

«Sei mio, puttanella, ripetilo con me e sarò generoso. Ti farò persino mangiare qualcosa.» Di nuovo quel ghigno bastardo gli comparve sulla bocca.

Nella tasca interna del cappotto gli vibrò il cellulare, una chiamata in arrivo. Samuel sussurrò, senza forza: «Mi stanno telefonando, devo rispondere.»

Ma dove gli era finita la voce?

Kay mosse la testa in cenno di diniego. «Prima dimmi che sei mio, poi puoi rispondere al tuo ragazzo.»

Come faceva a sapere chi lo stesse chiamando? Era un Dio.

«Sono tuo, master. Scusa la mia impertinenza.»

«Ora rispondi», Kay lo spinse contro la parete del bagno, gli infilò le mani sotto il maglioncino e iniziò ad accarezzargli il petto e a baciargli il collo.

Era Gabriele davvero. Samuel fece scorrere lo schermo per rispondere. «Ehi, ciaH-» Kay gli strizzò un capezzolo e fu come se avesse preso la scossa, venne trafitto fino al membro, che si contrasse. Il saluto finì in un gemito.

Dal telefono la voce di Gabriele uscì preoccupata. «Tutto bene? Samu?»

«S-sì, scusa… ho… ho battuto il mignolo.»

Kay prese a lasciargli morsettini leggeri a fior di pelle sul collo e continuò a stuzzicargli i capezzoli.

Gabriele stava dicendo qualcosa, avrebbe dovuto ascoltarlo. Samuel abbassò il telefono e inarcò la schiena, il master lo reclamava e non avrebbe potuto rifiutarsi di compiacerlo.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top