Un altro giorno

Era uno dei giorni della dialisi.
La faceva già da mesi, prima da casa. Poi quando tornò di nuovo in ospedale andavamo semplicemente al piano sotto.
Col lettino, già. L'ultimo intervento per togliere il tumore al rene aveva toccato la spina dorsale. Paralisi.

<< Monica, ci sei?>>

<<Si mamma, sono qui>>

<<Sai qual'è la mia paura, che mi terrorizza? Non è essere paralizzata, ma svegliarmi sola e non trovare nessuno. Prometti, statemi sempre vicino. Non lasciatemi sola. >>

<< Scherzi mamma? Mai e poi mai ti lasceremo sola>>

Mio padre pianse quel giorno.
Lui era un uomo tutto d'un pezzo, grande e forte. Amava sua moglie tantissimo.
In dieci anni di malattia non la lasciò sola mai.
Mai.

Anni in cui guariva, tornava a casa e la speranza era forte, poi in due mesi di nuovo in ospedale....per dieci lunghi anni.
Dieci lunghi anni.

Mio padre mi disse

<< Non ce la faccio piu! Non è possibile! Ormai deve morire, non può soffrire così!
Maledizione! Ma dov'è questo Dio?? Basta!>>

<< Vero papà, ma lei spera ancora. Parla di quando tornerà a casa, che servirà un montacarichi per entrare in casa con la carrozzina. >>

Si sapeva che questa volta non sarebbe tornata. Ma lei ci credeva.
E il montacarichi inutile fu costruito.

Come?
Come?
Non è semplice lasciarsi andare e morire? Smettere di lottare?
Non lei. Lei era una forza di donna. Forte nella mente.

<<Quanto dolore in questo corpo>> diceva.
Ma la mente non cedeva.

Quel giorno io andai alla dialisi, odiavo quel posto. Non mi fa schifo il sangue, ma vederlo girare in questi tubicini mi faceva un senso simile a graffi su una lavagna.
Lo stesso che provo quando faccio gli esami del sangue.

La coricarono supina, nella posizione standard.
Contemporaneamente doveva arrivare il fisioterapista, per la ginnastica motoria.
" Dopo l'intervento, con la ginnastica magari è possibile riprendere sensibilità "

"Dottore? Dottore? Mia madre sta morendo, e marcia dappertutto! Perché cristo di un Dio deve forzare le gambe?"
"MA CHE CANZO DICE? RIPRENDERE SENSIBILITÀ? "

Inferno, essere piccola tra meschini medicuncoli incapaci.

Era tranquilla quel pomeriggio, tentando di farsi forza.
Arrivò il fisioterapista e cominciò il suo lavoro.
Si accorse che sotto il camice non c'era niente, si accorse che il lenzuolo si stava impregnando di quel liquido giallastro misto a sangue....era visibilmente schifato ma proseguiva.
Lo odiavo
Lo odiavo.

Non so cosa provocarono quei movimenti ma mia madre prese ad urlare.
Lui si fermava e lei urlava più forte ancora!!,

<< La prego non si fermi! Fa più male! La prego non si fermi!!>>

Lui scappò, farfugliando che non era suo compito più ora questo....

<< Monica, muovi la gamba ti prego!! Ti prego!!>>

Vado....comincio a muovere e guardo il corpo nudo e disfatto così esposto come carne da macello.
E penso a quanto era bella, a quanto avesse tenuto alla sua persona....penso alla dignità che mi ha insegnato.
Dignità!
Sempre, pure quando soffri.
Devi soffrire ma con compostezza....e ora? È così che si muore?

Non è giusto morire così.

Dignità nella sofferenza! Dignità nella morte!

L'infermiera, l'unica brava donna che conobbi in quegli anni, ebbe pietà e mi allontanò.

<< Faccio io ora, ragazzina. Tu hai già fatto molto>>

Poi lei si addormentò.

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