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Poi se ne andò, lasciandolo solo nel corridoio freddo pieno di spifferi, così poi lui si diresse in quella che sarebbe stata la sua nuova camera. Ci entrò titubante, aveva riacquistato quella poca sanità per chiedersi cosa cavolo fosse successo, dove fosse, come ci era finito e soprattutto cosa gli stava accadendo?
Sfortunatamente però non aveva ancora notato alcun sentore di emozioni, non una che fosse magari paura, rabbia, confusione; aveva solo tante domande.
Si buttò sul letto sgangherato posto vicino al muro, a parte quello nella stanza non c'era neanche un altro mobile e tantomeno una lampada.
Si mise a guardare il soffitto e senza che neanche se ne accorgesse gli occhi gli si stavano chiudendo nuovamente.
" Ehilà Eri! Non dormire di nuovo.....oppure cosa posso fare io?"
"Lasciamo in pace."
"Uffa! Perché sei così scontroso ultimamente...?"
"Perché per colpa tua ora sono in una casa di assassini!"
"In realtà è colpa nostra"
"Sei stato tu a dirmi cosa fare..."
"Ma sei stato tu a farlo."
Precisò, all'improvviso si sentirono alcuni colpi leggeri alla porta, lui si alzò svogliato ed andò ad aprire, anche se leggermente intimorito.
Davanti a lui si ritrovò una bambina abbastanza piccola, i lunghi capelli marroni le arrivavano fino alla vita, era tutta ricoperta di sangue e gli stava sorride.
"Ciao! Io sono Sally" Disse la piccola tutta contenta.
"Hm...ciao...io sono Eric."
"Vuoi giocare con me?"
"C-certo..."
Si stava già immaginando i peggiori scenari di morte, quando la bambina estrasse svariati fogli e una scatola di colori e matite.
Si misero a disegnare sul pavimento, Sally disegnava alberi, cani e gatti; mentre Eric (che aveva sempre avuto la passione per il disegno) fece il disegno del 'ragazzo della sua testa'.
"Oh! Che carino, sono io?"
"Si, ma ora fai silenzio."
"Che cattivo! Comunque questa bambina mi sta simpatica."
"Anche a me, però vedi di smettere di parlare se non vuoi farla spaventare!"
A quel punto fu Sally stessa a intromettersi.
"Non ti devi preoccupare! Non mi fai paura, anche se parli col tuo amico immaginario!"
"Non è che sia proprio un amico..."
Precisò Eric.
Dopo quello, Cri iniziò a urlare e a piangere.
Eric si mise le mani sulle tempie e chiuse con forza gli occhi, era completamente steso a terra, mentre si dirimeva.
Poi sentì un peso: Sally gli si era gettata tra le braccia, la testa nell'incavo del collo, i capelli che gli facevano il solletico.
Da quanto tempo? Da quanto tempo qualcuno non lo abbracciava?
A quel punto fu il turno di Eric di piangere, perché finalmente era felice.
Anche il corvino nella sua testa si era finalmente quietato.
Giocarono e disegnarono un altro po', finché Sally non venne chiamata da un'altra sua amica e salutò Eric.
Lui si poggiò con la schiena al muro e visto che non aveva niente da fare chiuse di nuovo gli occhi.
Non riuscì a capire quanto dormì, ma quando si svegliò davanti alla sua porta si trovava un foglio pieno di scritte.
Lo prese con titubanza, finché non si ricordò cosa aveva detto Jack, gli salì un groppo in gola e dovette fare un bel respiro.
Thomas Collins
17 anni, via ***** numero **
Scuola Meanville
"Non ci credo..."
Il ragazzo che doveva uccidere era uni dei suoi bulli.
All'improvviso quel groppo che aveva in gola svanì e sulle labbra gli si disegnò un sorriso.
Nello stesso momento di fianco a lui passò proprio Eyeless Jack, che si torturava le mani con frenesia.
"Lo so che la prima volta può essere un po' traumatico, ma ti devi ricordare che..."
"Oh...stai tranquillo! Non mi poteva capitare di meglio."
Poi sorrise di nuovo e con tutta la naturalezza del mondo gli chiese:
"In questo posto si fa colazione oppure rimate digiuni?"
"Certo che facciamo colazione...al piano di sotto."
"Fantastico!"
Scese velocemente le scale, lasciando Jack lì da solo, probabilmente con la bocca spalancata dallo stupore e gli occhi sgranati.
Quando Eric mise piede nella sala da pranzo tutti si girarono verso di lui, il silenzio calò sulla stanza, finché qualcuno non commentò.
"Guarda, guarda...il mio schizofrenico preferito!"
Disse Jeff, puntandogli il coltello con cui stava stendendo la marmellata alla gola.
"Non soffro di schizofrenia!"
Gli rispose lui di rimando.
"Certo, certo!"
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