10
L'attesa fino alla sera fu estenuante, chi sa perché ma quell'orologio si muoveva più lentamente del solito, troppo lentamente.
Forse questo derivava dal fatto che stesse lì davanti come una statua, senza staccare gli occhi dalle lancette.
Jeff si scocciò di vederlo a non fare niente, così lo prese per il colletto della maglia e lo portò nel salotto.
"Ti insegnerò un paio di cose su come uccidere: mi fai molta pena...TOBY!"
"C-che c'è o-ora!?"
"Devi fare da manichino."
Un ragazzo con i capelli castani entrò nella stanza, lanciando un'occhiata di fuoco a Jeff.
"C-che v-uoi?"
"Devo insegnare al nuovo arrivato come uccidere, oppure si farà scappare l'obiettivo."
"Oh-oh! Qualcuno si è p-preso una c-cotta!"
Poi si girò verso Eric e gli fece l'occhiolino.
"N-non si è m-mai p-preoccupato d-dei n-uovi arrivati! "
"Sta zitto, waffle vivente."
Passarono tutto il pomeriggio insieme, Jeff che insegnava a Eric come uccidere in modo efficace, Toby che veniva usato come manichino e Eric che cercava di capire se le parole del castano erano vere.
Finalmente la notte arrivò e con quella la maggior parte dei killer nella casa si dovettero iniziare a preparare.
Prima che Eric uscisse Jeff lo prese per la manica.
"Vedi di non fallire, idiota!"
A quel punto il ragazzo si fermò e lo guardò negli occhi.
"Perché ti importa di me?"
Ci furono alcuni secondi di silenzio in cui Jeff soppesava l'opzione di dirgli una bugia, ma alla fine fu sincero.
"Prima non me ne fregava niente di te, ma poi ho visto la tua conversazione con E.J questa mattina e ho capito che...sei più intrigante di quello che pensavo."
Eric era basito, ma alla fine sorrise.
"Anche tu non sei male."
Poi uscì dalla porta, pronto a dirigersi verso l'indirizzo segnato sul biglietto.
Si sentiva strano, qualcosa stava mano a mano crescendo dentro di lui, ma non sapeva bene cosa fosse di preciso.
Il vento della notte gli scompigliava i capelli mentre correva in mezzo agli alberi, fino alla città.
Non ebbe neanche bisogno di guardare i cartelli, sapeva le vie di quella città a memoria, passò per i vicoli secondari, in modo da non farsi notare.
Arrivò sul retro della casa, era sicuro fosse la sua.
Passò dal retro e notò che la porta che affacciava sul giardino era aperta, ma tutte le luci erano spente, in quel momento intuì che la stupidità doveva essere una cosa ereditaria.
Entrò silenziosamente senza produrre il minimo rumore, si guardò intorno, le camere erano al piano superiore.
Grazie al cielo su ogni porta c'era scritto il nome del proprietario, almeno qualcosa di buono c'era.
La camera di Thomas era proprio come se l'aspettava: vestiti sporchi ovunque, videogiochi, la divisa della squadra di rugby era l'unica cosa ordinata e pulita in tutto quel caos.
Lui era lì, che dormiva tranquillo nel suo letto a baldacchino in mutande (beh, almeno era ben dotato lì sotto).
Aveva pianificato tutto, sapeva esattamente cosa voleva fare.
Prese le sottili catene dalla grande tasca delle felpa e iniziò ad arrotolarle intorno a collo e mani.
Il ragazzo si svegliò solo quando era troppo tardi, stava già per morire soffocato, riuscì a dire solo una cosa.
"Chi sei t-u?"
"Una fottutissima bambola."
Era vero, era stato comandato da Cri tutta la sua vita senza saperlo, ed ora che era finalmente riuscito a combatterlo era arrivato lo slander-man a prendere il suo posto.
Poi Thomas esalò il suo ultimo respiro, morì appeso, proprio come una marionetta.
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