Dolce è l'ira in aspettar vendetta (I)

Storia scritta per le Badwrong Weeks 2023

Fandom: Kimetsu no Yaiba/Demon Slayer

Personaggi: Akaza/Kyojuro Rengoku, Rengoku Kyojuro/Kamado Tanjiro

Prompt: cheating, A costringe C a guardarlə mentre scopa B suə partner

!! WARNING !!

Alternative universe, age gap, underage, dub-con, voyeurismo, unrequited love, cheating, mental coercion, blackmail, teacher/student relationship



Ipocrita.

Rengoku Kyojuro era un maledetto ipocrita e Akaza non riusciva a darsi pace di fronte a quella dura e cruda realtà dei fatti.

Con lo smartphone ancora stretto nella mano destra e quella immagine impressa a fuoco nella mente - oltre che ben conservata all'interno della galleria del telefono -, Akaza varcò la soglia di casa come una furia, sbattendo la porta con rabbia cieca. Vi si poggiò contro di schiena e rimase un secondo a fissare l'ingresso di casa sua senza vederlo davvero, il fiato corto nei polmoni. Sentiva il sangue ribollirgli nelle vene e la testa pulsare senza sosta.

Suo padre lo chiamò dalla stanza da letto, preoccupato per il forte tonfo che aveva sentito, e il giovane ragazzo dai capelli rosa come fiori di ciliegio si vide costretto a darsi una calmata, prima di farsi vedere dal proprio genitore. Suo padre stava poco bene ormai da tempo e di grattacapi gliene aveva già dati tanti, nel corso degli anni. Non voleva dargli ulteriori pensieri, facendosi vedere in quello stato alterato.

Chiuse gli occhi, celando le iridi ambrate dietro le palpebre, appoggiò la testa contro il legno della porta e inspirò profondamente dal naso un paio di volte. Infilò lo smartphone nella tasca della divisa scolastica - provando per un secondo a scacciare via la nauseante sensazione che gli serpeggiava dentro e che gli faceva attorcigliare le viscere al solo pensiero di ciò che era raffigurato in quella foto -, tolse le scarpe e si diresse in direzione della camera da letto con passo lento. Incanalò altra aria, mentre percorreva il corridoio, e si stampò sul viso il più falso dei sorrisi, tirando a forza le labbra in su. Sperava di apparire quanto meno convincente agli occhi di suo padre.

«Akaza, figliolo, tutto bene?» Chiese l'uomo che se ne stava seduto sul letto, le spalle poggiate alla testiera.

«Ciao, papà.» Lo salutò Akaza, appoggiandosi con disinvoltura allo stipite, le braccia incrociate al petto. «Scusami, mi è solo scappata la porta dalle mani. Come ti senti, oggi?» Domandò poi, cercando sempre di mettere momentaneamente da parte i pensieri che rischiavano di farlo uscire di senno.

«Un po' meglio. Sembra che le medicine inizino a fare effetto.» Rispose il padre, accennando un sorriso stanco e facendo riferimento ai medicinali che erano riusciti a procurarsi con immensa fatica, mettendo da parte i pochi spiccioli guadagnati durante le ore di lavoro part time che aveva deciso di svolgere dopo scuola. «Tuo fratello Hakuji?»

«Si è proposto di accompagnare Koyuki fino a casa. A breve dovrebbe rientrare.»

Proprio in quel momento, il suo telefono suonò, avvisandolo dell'arrivo di un messaggio da parte del suo gemello. Lo prese e sbloccò lo schermo con l'intento di rispondere, ma l'immagine che lo aveva tormentato apparve davanti ai suoi occhi. Aveva dimenticato di chiudere la finestra delle foto e adesso che l'aveva vista di nuovo, sentì di non poter più mascherare la rabbia che gli albergava dentro.

«Dice che sarà a casa tra dieci minuti. Io... vado a studiare.» Disse sforzandosi di sorridere e congedandosi così dalla stanza del padre.

Percorse il corridoio quasi correndo, avvertendo nuovamente la testa pulsare fastidiosamente e il sangue risalirgli fino al cervello, portandolo a vedere letteralmente rosso per la rabbia. Entrò nella sua camera da letto, fece scattare la serratura della porta e caricò un pugno con tutta la forza che aveva in corpo, scaricandolo subito dopo contro il sacco da boxe che utilizzava per i suoi allenamenti di kick boxing. L'attrezzo oscillò pericolosamente sulla sua pedana d'appoggio e Akaza ringhiò frustrato, ricominciando a colpirlo senza badare troppo alle nocche che cominciavano ad arrossarsi ad ogni affondo fatto con foga.

Quando finì di riversare tutta la propria rabbia contro il sacco di cuoio, sentendo la tensione scivolargli via dal corpo, ciò che rimase dopo quella sfuriata fu il dolore alle mani e un'insopportabile sensazione di vuoto che si diramava proprio dal petto - e che faceva male più delle nocche sbucciate. Si lasciò andare di peso sul letto e guardò il soffitto bianco, fregandosene di stropicciare ulteriormente la divisa scolastica che non aveva nemmeno pensato di togliere mentre si sfogava.

Passò alcuni minuti in quel modo, perso nei propri pensieri e con quel fastidioso peso sul cuore che gli impediva di ragionare lucidamente; poi infilò nuovamente la mano in tasca e prese lo smartphone, portandoselo davanti al viso. Premendo il tasto di sblocco, lo schermo si illuminò mostrando la notifica del messaggio di Hakuji. Aveva dimenticato di rispondergli, ma ormai non aveva senso, dato che sarebbe sicuramente rientrato nel giro di una manciata di minuti.

Fissò le poche parole scritte da suo fratello per un tempo indefinito, prima di poggiare il dito sul touchscreen per sbloccare nuovamente il telefono e ritrovarsi a guardare ancora una volta quella foto che lo aveva mandato fuori di testa: il suo professore di storia, Rengoku Kyojuro, per cui aveva una cotta colossale sin dal primo momento in cui aveva posato gli occhi su di lui, stava baciando Kamado Tanjiro in un angolo appartato del sottoscala della scuola. Forse pensavano di essersi nascosti per bene, di non essere visti mentre si scambiavano quel bacio che di casto aveva ben poco, ma purtroppo per loro Akaza non perdeva mai di vista il suo bel Kyojuro e li aveva immortalati proprio mentre erano intenti a esplorarsi il palato a vicenda.

Una nuova ondata di rabbia si impossessò di tutto il suo corpo e quasi non lanciò il telefono contro la parete opposta della stanza pur di non dover guardare ancora quella foto. Non riusciva a capacitarsi di come le cose avessero preso quella piega, di come fosse possibile il suo non accorgersi della relazione che il professore portava segretamente avanti con Kamado. In tutto quel groviglio di pensieri e domande, solo una parola continuava a risuonare nella sua mente con la stessa forza di un boato: ipocrita.

Akaza ricordava perfettamente le parole che avevano lasciato le labbra di Kyojuro quando, poco più di un anno prima, aveva deciso di dichiararsi e di mettere a nudo quel forte sentimento che covava dentro di sé sin dal primo giorno in cui aveva messo piede a scuola. Il professore di storia lo aveva rifiutato repentinamente, dicendogli che una relazione tra insegnante e alunno era immorale oltre che proibita per via del suo essere ancora minorenne, e che sarebbe stato meglio per lui cercare di superare la cosa, riducendo il tutto a una semplice sbandata adolescenziale, come se i suoi sentimenti non fossero forti e reali.

In quel momento, Akaza si era sentito morire dentro. Mai, in tutta la sua vita, aveva provato un sentimento tanto destabilizzante. Tuttavia, quando Rengoku gli aveva scompigliato i corti capelli rosa con un grande sorriso sulle labbra poco prima di congedarsi, il suo cuore aveva perso un battito e lui non aveva potuto fare a meno di sorridere a sua volta, dimenticando immediatamente tutte le ammonizioni che il professore gli aveva fatto. Lui non era il tipo che si lasciava scoraggiare dalle circostanze, né uno a cui piaceva seguire le regole - si ostinava a tingere i capelli di rosa e aveva riempito il suo corpo di inchiostro nero come la notte anche se la scuola imponeva un certo tipo di etichetta -, quindi si ripromise che avrebbe continuato a corteggiare il suo professore finché non fosse stato in grado di conquistarlo, anche se aveva appena ricevuto un rifiuto.

Adesso che aveva scoperto che quello stesso professore tanto risoluto stava nascondendo la sua relazione con uno studente - tra l'altro, più piccolo di Akaza di due anni -, non poteva fare a meno di sentirsi tradito. Cos'aveva in meno rispetto a Tanjiro? Perché con lui aveva tirato fuori tutti quei paroloni e quelle leggi morali, mentre con Kamado sembrava che la cosa non avesse più importanza? Più si poneva quelle domande, più sentiva la rabbia ribollire e la bile risalire su per la gola; più guardava quella foto, più sentiva la voglia di fare qualcosa per riprendersi il suo Kyojuro.

Fu proprio in quel momento, con quel pensiero persistente, che un'idea prese forma. Sussurrandogli all'orecchio come un serpente tentatore, con la stessa intonazione del canto ammaliante di una sirena, Akaza si lasciò pervadere dal dolce richiamo della vendetta. Prima di chiunque altro, Rengoku sarebbe stato suo e sapeva già su quali tasti premere esattamente per avere ciò che desiderava.

• • •

«Soyama, cosa significa tutto ciò?» Chiese Rengoku, entrando nell'aula in cui il suo allievo gli aveva dato appuntamento, richiudendosi alle spalle la porta con un tonfo sordo.

Akaza si limitò a guardarlo con un sorriso sfacciato dipinto sulle labbra, lo smartphone in una mano e i fianchi appoggiati contro la cattedra presente nella stanza. La scuola era ormai quasi del tutto vuota e, a parte loro, solo pochi altri erano rimasti fino a quell'ora per svolgere le attività pomeridiane.

«Piaciuta la foto?» Domandò a sua volta invece di rispondere, continuando a guardare il professore di storia con quel suo ghigno irriverente e un luccichio divertito ben leggibile nelle iridi ambrate.

La sera prima, spinto da quella improvvisa e irrefrenabile voglia di reclamare per sé ciò che pensava gli appartenesse di diritto, Akaza aveva mandato l'immagine incriminante al suo professore di storia, accompagnandola con poche e semplici parole: "Se non vuoi che il preside e i giornali vengano a sapere di questa cosa, raggiungimi in aula dopo la fine delle attività". Il suo era un ricatto in piena regola, ma Dio solo sapeva quanto era dolce e invitante l'idea di vendetta che aveva preso forma nella sua mente.

«Cosa vuoi esattamente, Soyama?» Chiese ancora Kyojuro, un'espressione seria sul volto e il tono duro.

«Kyojuro, quante volte devo dirti che mi puoi chiamare semplicemente "Akaza"?»

Insolente. Irriverente. Sfacciato.

Akaza era sempre stato un tipo fuori dagli schemi; imposizioni e ruoli non facevano per lui e la cosa gli aveva portato spesso molti guai. Aveva iniziato a chiamare Rengoku per nome sin dal primo momento e aveva continuato a farlo, anche dopo essere stato ammonito dallo stesso professore. Amava sentire il peso del nome di Kyojuro sulla lingua, gli piaceva come suonava quando lo chiamava e, ancor di più, godeva nel vedere come reagiva quando continuava con ostinazione ad usare il suo nome anziché il cognome.

Dal momento in cui si era dichiarato, aveva provato a convincere il professore a fare altrettanto con lui. Non gli piaceva essere chiamato per cognome, non dal suo Kyojuro e non quando erano in due a condividere lo stesso nome di famiglia - provava quasi un senso di gelosia quando Rengoku si trovava a dover precisare che si stava rivolgendo ad Hakuji e non a lui, tutte le volte che pronunciava quei kanji che li accomunava. Gli sarebbe piaciuto sentire, almeno una volta, come suonava il suo nome pronunciato dalle labbra di Kyojuro, ma l'uomo aveva declinato quel suo invito con il solito sorriso carismatico e aveva continuato ad usare ostinatamente il suo cognome durante tutto l'anno.

Ma quel giorno le cose sarebbero andate diversamente. Akaza sapeva di avere in pugno il suo professore di storia e già pregustava il momento in cui lo avrebbe piegato ai suoi voleri. Se le cose sarebbero andate secondo i suoi piani, Rengoku l'avrebbe chiamato per nome più e più volte, supplicandolo. Un fremito lo scosse impercettibilmente, di fronte all'immagine deliziosa ed invitante che si era andata a creare nella sua mente.

«Non so come tu abbia fatto ad avere quella foto, ma vorrei che la eliminassi e...»

«Non sei esattamente nella posizione di poter avanzare pretese, sai?» Lo interruppe Akaza, il sorriso sornione sempre fisso sulle labbra. «E poi, anche se cancellassi la foto dal cellulare, ne ho salvate diverse copie sul computer. Per non parlare della stampa che ho conservato in uno dei miei quader-»

«Cosa vuoi?»

Kyojuro pose nuovamente la stessa domanda di pochi attimi prima, avanzando nella stanza fino a raggiungere il ragazzo che nel frattempo si era seduto sulla cattedra. Akaza guardò il professore dritto nelle iridi vermiglie, trovandosi davanti la sua espressione dura e contrariata, ma non si lasciò intimidire. Conosceva perfettamente ogni sfumatura e sfaccettatura di quel viso che aveva osservato con minuziosa attenzione in quei quattro anni e non fu difficile leggere il profondo disagio e timore che albergava dentro l'animo dell'uomo.

«Voglio che tu sia mio

Quelle parole scivolarono fuori dalle labbra del ragazzo con una facilità disarmante ed ebbero un impatto così potente, che Akaza non poté fare a meno di rabbrividire e sentire la propria pelle arricciarsi piacevolmente. Avrebbe voluto pronunciarle in un'altra circostanza, in un contesto diverso da quello, ma non riuscì comunque a negare a sé stesso che in quel modo la situazione era parecchio più eccitante.

«Soyama, ne abbiamo già parlato. Non possiamo

Di fronte a quell'ulteriore rifiuto, Akaza sentì l'ira montargli dentro e non riuscì più a trattenersi. In uno scatto, afferrò Kyojuro dalla camicia e se lo tirò addosso, facendo sì che i loro volti fossero vicini ma non abbastanza da potersi sfiorare. Puntò le iridi ambrate in quelle vermiglie dell'altro e lasciò che la rabbia si riversasse fuori dal proprio corpo.

«Tieniti per te le tue ramanzine da ipocrita, Kyojuro. Ricordo perfettamente cosa mi hai detto, quando ti ho aperto il mio cuore, eppure eccoti impegnato a saccheggiare la bocca di Kamado con ardore e passione.» Disse a denti stretti Akaza, sbloccando prontamente il telefono per far vedere ancora una volta la foto al professore di storia. «Per lui non valgono le stesse regole? Eppure siete studente e insegnante per come lo siamo noi, la differenza di età che vi divide è maggiore rispetto a quella che intercorre tra me e te. Cos'ha lui che io non ho?»

Kyojuro guardò la foto e si lasciò investire dalle parole di Akaza senza riuscire a controbattere. Sapeva che non sarebbe stata una buona idea cedere al sentimento che aveva iniziato a provare per il giovane Kamado, che prima o poi qualcuno li avrebbe scoperti; aveva pure provato a tenersi lontano da quel ragazzo così puro e splendente come un raggio di sole, ad imporre il suo ruolo anche con lui, ma senza successo. Seppur fosse vero che all'amore non si comanda e che non si decide di chi innamorarsi, Rengoku capiva perfettamente come si dovesse sentire in quel momento Akaza e non poteva che dargli ragione, suo malgrado.

Di fronte al silenzio di Rengoku, Akaza si indispettì e non poco, ma riuscì a tenere a bada la nuova ondata di rabbia solo perché la sua dolce vendetta stava per trasformarsi in realtà. Mancava solo un ultimo passo e poi avrebbe ottenuto definitivamente ciò che voleva.

«Non vuoi che Tanjiro venga a sapere che vi ho scoperti, mettendo così a rischio la sua carriera scolastica, vero?» Chiese mellifluo, premendo finalmente sul tasto giusto, quello che avrebbe piegato il ligio e carismatico professore di storia.

Kyojuro si sentì messo alle strette, di fronte all'incalzare incessante di Akaza. Se all'inizio aveva quasi pensato di sorvolare sulle conseguenze che avrebbe comportato far uscire allo scoperto quella foto, sentendosi pronto a prendersi tutte le colpe di quel gesto di fronte a chi avrebbe chiesto spiegazioni - avrebbe ammesso di aver costretto Tanjiro, così non ci sarebbero state ripercussioni sul giovane ragazzo, anche a costo di perdere il suo ruolo di insegnante -, adesso che Akaza aveva tirato direttamente in ballo anche il giovane Kamado, Rengoku si sentì ancora più in dovere di proteggerlo in qualche modo.

«E va bene, hai vinto tu. Ma ad una condizione: eliminerai ogni traccia di questa foto.» Acconsentì infine il professore, sospirando appena, sconfitto.

Akaza esultò mentalmente e sorrise di fronte al suo successo. Quasi non gli sembrava vero, di essere riuscito ad ottenere tanto facilmente ciò che aveva bramato con tutto sé stesso fino a quel momento. Anche se il suo piano di vendetta non era ancora del tutto completo, si sentiva già al settimo cielo così. Kyojuro sarebbe stato finalmente suo.

«Hai la mia parola.» Disse senza perdere il sorriso dalle labbra, bloccando lo smartphone per rimetterlo in tasca.

Continuando a tenere salda la camicia del professore di storia, Akaza lo tirò in modo che potesse posizionarsi meglio tra le sue gambe. Allentò appena la presa dalla stoffa solo per poggiare il palmo aperto contro il petto ampio di Kyojuro, percependone il calore e la forma dei muscoli ben delineati. Allungò l'altra mano fino ai folti capelli biondi del professore e iniziò a giocherellare appena con alcune ciocche che gli ricadevano placide sulle spalle; poi, guidato dall'impazienza, portò i polpastrelli contro la sua nuca per aggrapparsi a lui e allungare il viso mentre se lo tirava ancora di più addosso.

Le loro labbra si scontrarono in un bacio impacciato, e nonostante Akaza sentisse quanto fosse rigido Rengoku e tenesse sempre bene a mente che tutto ciò stava succedendo solo perché lo aveva praticamente costretto, non poté fare a meno di sentire lo stomaco attorcigliarsi per la felicità. Aveva perso il conto di quante volte si era perso ad immaginare quel momento, di quante volte aveva sognato di poter baciare Kyojuro, di poterlo stringere a sé. Finalmente tutto ciò stava diventando realtà e più niente avrebbe potuto fermarlo dall'avere ciò che aveva desiderato con così tanta bramosia.

Provò ad approfondire il contatto facendo sgusciare la lingua fuori dalla bocca per poi passarla in una carezza umida contro le labbra serrate del professore. Pur trovandosi davanti a quell'evidente rifiuto, Akaza non si perse d'animo. Si allontanò appena dal viso di Rengoku solo per portarsi vicino al suo orecchio e mordergli lievemente il lobo. Lo sentì rabbrividire e irrigidirsi e non poté fare a meno di sbuffare una risata roca dritta contro il suo padiglione auricolare. Trovava estremamente tenere le sue reazioni a quelle attenzioni che gli stava dedicando.

«Avanti, Kyojuro, perché non dai anche a me un bacio come quello che stai dando a Tanjiro in quella foto?» Mormorò Akaza con voce roca, soffiando appena sulla pelle che aveva precedentemente inumidito con la propria saliva.

Il professore di storia irrigidì la mascella e chiuse per un attimo gli occhi, prendendo un profondo respiro. Imprimendosi bene a mente che lo stava facendo solo per evitare che spiacevoli conseguenze potessero riversarsi sulla carriera scolastica del giovane Kamado, Kyojuro afferrò per le spalle il ragazzo dai capelli rosa come fiori di ciliegio, lo allontanò dall'orecchio che stava continuando a vezzeggiare e si fiondò letteralmente sulle sue labbra. Insinuò repentinamente la lingua dentro la sua bocca e cominciò ad esplorargli il palato, per come aveva chiesto.

Akaza sgranò le iridi ambrate per la sorpresa e, in un primo momento, rimase inerme mentre il professore richiedeva la sua collaborazione sfiorandogli lentamente la lingua. Quando prese finalmente coscienza di ciò che stava accadendo, il ragazzo perse ogni freno inibitore e ricambiò il bacio con passione. Gli circondò il busto con le braccia e strinse le gambe attorno ai suoi fianchi, tenendolo stretto a sé come se avesse bisogno di toccare con mano qualcosa che gli desse la conferma di non trovarsi dentro uno dei suoi sogni, come se avesse paura che Kyojuro potesse andarsene da un momento all'altro. Con quei gesti improvvisi, Rengoku si trovò trascinato in avanti dall'impeto di Akaza e dovette reggersi al bordo della cattedra per evitare di sbilanciarsi troppo e gravare con il suo peso sul corpo del ragazzo, finendo magari per fargli male in qualche modo.

Nel vedersi sovrastare in quella maniera dal suo bel professore, Akaza si ritrovò a sospirare nel bacio e l'eccitazione prese presto possesso di tutto il suo essere, serpeggiando lungo ogni terminazione nervosa fino a concentrarsi tra le sue gambe. Puntellò meglio i talloni sulla zona lombare di Kyojuro e alzò di scatto i fianchi, facendo così scontrare la propria erezione contro il ventre teso dell'altro. Rengoku sgranò gli occhi vermigli e cercò di scostarsi come se si fosse bruciato, come se improvvisamente la consapevolezza di ciò che stava facendo con il suo alunno l'aveva colpito in pieno viso con la stessa forza di uno schiaffo.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top