Capitolo 8
Mi faceva male tutto. Non solo il corpo, la testa, ma persino il cuore. Era come se fosse stato distrutto in mille pezzettini.
Non avevo dormito per nulla dopo aver lasciato la casa di Camila. Il dolore non era nemmeno causatomi dalla droga. Peraltro l'effetto era svanito dopo poco. Il problema era la sensazione di aver perso la ragazza dagli occhi castani. Pensare al modo in cui mi avesse guardata davanti alla porta e alla sua voce arrabbiata, mi faceva venire la nausea. Non avrei potuto immaginare che avrebbe scoperto che fossi fatta. Avevo rovinato tutto.
L'unica cosa piacevole di quella mattina era l'odore del caffè fresco. Sarei dovuta ritornare a Los Angeles ma non ero nelle condizioni adatte, così decisi di chiamare il mio manager e cancellare tutte le commissioni per avere almeno un giorno di riposo.
Il caffè bastava ed avanzava per il momento, anche perché non avevo intenzione di usare di nuovo quella robaccia. Tutte le mie speranze erano svanite, quando Camila mi aveva detto di andarmene. Adesso avrà finalmente capito quanto sono disperata però. Mi sono sempre chiesta perchè lei fosse interessata a me..
Rimasi sorpresa quando sentii il campanello suonare, perchè nessuno sapeva che fossi in casa, ma a Los Angeles. Mi alzai dal letto e mi diressi verso la porta. I miei occhi si spalancarono quando la vidi in piedi davanti all'entrata. Camila.
"Hey." Dissi in totale shock. Non mi sarei mai aspettata di trovarla lì davanti alla porta di casa mia.
"Ciao, sono arrivata nel momento sbagliato?" Chiese dolcemente.
"No, non del tutto. Entra." Risposi immediatamente, lasciandola entrare. "Vuoi del caffè? Ne ho fatto un po'."
Annuì leggermente, facendomi notare l'eyeliner nero sulle sue palpebre. Non del tutto nero, come quello sbavato che avevo io, ma comunque perfetto senza sbavature. Mi seguì in cucina e si sedette vicino al tavolo, mentre io versavo il caffè in due tazze.
"Ti offrirei qualcosa da mangiare, ma non ho nulla nel frigo." Dissi cercando di tirar fuori una conversazione.
Il mio cuore batteva all'impazzata. Mi aveva colta di sorpresa. 'E se fosse venuta qua solo per dirmi che non ci dovevamo più vedere?' Pensai. I miei occhi la osservarono per qualche secondo, ma lei guardò soltanto fuori. Misi due cucchiaini di zucchero nel caffè.
"Ecco." Dissi posando la tazzina di fronte a lei sul tavolo.
Avevo capito che lei non volesse stare vicino a me, così mi sedetti dalla parte opposta. I suoi capelli erano racchiusi in un fiocco, proprio come faceva quando eravamo giovani. Anzi sembrava molto più giovane in quella semplice maglia bianca abbinata a dei jeans blu e delle converse basse. Era comunque bella ed appena incontrai i suoi occhi marroni, il mio cuore iniziò a battere ancora più forte. La sua naturale bellezza era ancora più mozzafiato.
"Mi dispiace per.." Dicemmo nello stesso momento. I nostri occhi si incontrarono confusi e non riuscimmo a trattenere una risata nervosa.
"Per favore, fai iniziare me. Non sono sicura, poi potrei perdere il coraggio." Disse, intanto io mi preparai mentalmente per il peggio.
"Mi dispiace tanto per averti 'cacciata' l'altra sera." Si scusò. "Non avrei dovuto parlare di certe cose in quel modo. Non volevo prenderti alla sprovvista. C'era così tanta tensione in me, dovevo liberarmi. Ma non ho mai voluto farti sentire... così male, da farti prendere quella robaccia."
Il mio cuore questa volta sprofondò nel petto nel momento in cui la sua voce si bloccò, alla fine. Si stava prendendo la colpa perché io mi ero drogata al suo compleanno. Esiste qualcuno che si preoccupa così? Vederla così addolorata per il mio sbaglio mi stava uccidendo.
"Camila non è stata colpa tua. Non dormivo da quarantotto ore ed il mio corpo.." Cercai di giustificarmi, ma lei mi interruppe.
"Non c'è bisogno di spiegare, Lauren. Non sono qui per giudicarti perchè ti ho già detto che non riesco a capire come tu faccia a sopportare tutto lo stress e l'ansia che sopporti tutti i giorni e che hai sopportato per dieci anni. Tutto quello che voglio dire è che mi dispiace di aver contribuito a ciò e sono sempre disponibile per parlarne.. quando vuoi."
Non sapevo cosa dire. C'erano così tante cose che volevo dirle, ma nulla uscì fuori dalla mia bocca. Ci volle un po' per riprendermi e formare una frase.
"Anche io devo dirti qualcosa." Dissi esaltata, perché ero un po' in ritardo per dirlo. La notte prima mi aveva fatto aprire gli occhi e volevo farle capire come mi sentivo io. Ricordare le sue parole, quando mi chiese perché non avevo bevuto, fu il mio punto di inizio.
"Non mi sono mai vergognata di quello che abbiamo fatto." Ammisi sinceramente e vidi la sua faccia alzarsi perché avevo risposto finalmente ad uno dei suoi dubbi.
"Ma pensavo che tu lo fossi..L'intimità che avevamo, il modo in cui mi allontanavi dopo tutto è il motivo per cui non mi sarei mai aspettata che tu provassi quello che mi hai detto. Forse non ero consapevole dei tuoi sentimenti e appunto non ho potuto ricambiare, ma volevo che sapessi che anche per me è stato speciale, tutto quello che abbiamo fatto. Odio pensare che per te forse fosse solo un gioco, perché per me non lo era."
Mentre parlavo le mie dita tremavano perché avevo toccato un argomento delicato. Non volevo rovinare le cose, ma Camila mi sorrise rassicurandomi.
"Lo so." Disse con voce tremante. "Ho sempre saputo che ti importava di me, anche a livello emotivo anche se non provavi lo stesso. Ed è stato il motivo per cui mi sono lasciata andare comunque, anche se non mi amavi." I suoi occhi iniziarono a riempirsi di lacrime e lo stesso stava succedendo a me. "Non me ne pento. Non mi sono mai pentita e tu dovevi saperlo. Stare con te era.. È stata la notte più magica e perfetta che io abbia mai potuto immaginare. Ricordo di essermi sentita così appagata e sicura."
Mi sentivo come se il mio petto stesse per scoppiare perché il cuore mi batteva troppo forte quando Camila iniziò a parlare in modo onesto dei suoi sentimenti. Non capivo le mie emozioni però. C'erano così tanti ricordi che mi frullavano per la testa. Ogni parola che rilasciava era perfetta. Fu un grande passo per noi, non avevamo mai parlato di tutto quello che era accaduto. Vederla così, così presa nel raccontare, scaturiva qualche speranza. Mi faceva pensare che forse c'era ancora qualche speranza. Ma speranza di cosa? Non lo so.
"L'unica cosa di cui mi pento è il modo in cui ti ho trattata." Continuò ed i miei occhi si riempirono ancora di più di lacrime. "Stare distante da te era l'unico modo per far fronte ai miei sentimenti. Non c'era nessuno con cui potevo parlare di noi due e ciò ha reso la cosa ancora più difficile. Ignorarti era incredibilmente difficile, ma almeno è stato meno doloroso che affrontare la realtà. Ammettere che mi ero innamorata di qualcuno irraggiungibile. Non è giusto quello che ho fatto, ma spero che mi perdonerai."
"L'ho già fatto." Dissi subito incontrando il suo sguardo. Una lacrima cadde dai suoi occhi e andò a finire nella tazza di caffè. "Non piangere, per favore." Pregai, con una voce che era quasi un sussurro.
"Mi dispiace, non volevo arrivare a questo punto. Ma è come se mi fossi tolta un peso dalle spalle, ora che sai. Ed ora che è tutto finito, posso andare avanti felice."
Ed in quel momento, il mio cuore si spezzò.
Dev'essere stata una sorta di vendetta del karma per tutto ciò che avevo fatto. Proprio quando avevo capito di provare qualcosa per la donna di fronte a me, lei mi aveva detto il contrario. Poteva andare avanti, anzi era già andata avanti perché stava uscendo con qualcun'altra - perfetta -, ma sentirle dire che fosse tutto finito, fu come prendere una pugnalata nel cuore.
"Lauren, voglio essere tua amica ed esserci quando ne hai bisogno, proprio come tu ci sei sempre stata per me. Forse riuscirò a ripagarti per essere stata la migliore amica di sempre e per averti ferito così tante volte." Continuò a dire e i miei occhi erano stracolmi di lacrime.
Ero esausta e stanca, troppo stanca per trattenermi. Stavo per scoppiare.
Nascosi il viso tra le mani, imbarazzata per aver ceduto davanti a lei. La cosa peggiore era che non sapevo il motivo per cui piangessi. Troppe cose stavano vagando per la mia testa. Il dolore nel mio cuore era troppo da gestire. Troppo, troppo e ancora troppo.
Stavo ormai singhiozzando in modo incontrollabile e in pochi secondi sentii Camila avvolgere le sue braccia attorno a me. Da una parte ero felice che mi confortasse, ma dall'altra ero devastata perché sapevo di aver perso l'occasione per stare con la persona che mi avrebbe reso felice. Mi abbracciò forte come se stesse cercando di sostenermi. Mi sentivo come se stessi per svenire. La stanchezza fisica e mentale stava diventando sempre più evidente.
Non so quanto tempo fosse passato, ma Camila non mi lasciò andare finché non fui io a staccarmi. L'imbarazzo era stampato sul mio volto quando tentai di non guardarla. Dovevo sembrare uno zombie.
"Che ne dici di farti una doccia ed intanto io vado a comprare una vera colazione con del caffè decente?" Disse ed io sapevo che stava cercando di tirarmi su di morale.
"Non ti offendere, ma le tue abilità nel fare il caffè non sono affatto migliorate."
Mi fece ridere lievemente così da riuscir ad alzare lo sguardo verso quegli occhi che sembravano penetrare nella mia anima. Annuii solamente e in poco tempo mi ritrovai al piano di sopra a cercare di pulirmi il meglio possibile. La doccia fu rilassante e mi scrollò un po' di tensione di dosso. Uscita, rapidamente presi un paio di jeans neri, la mia maglietta dei Rolling Stone e degli stivali altri prima di raggiungere di nuovo la donna in cucina.
Decise di guidare e immaginai che avesse visto che sembravo davvero uno zombie. Nessuna delle due parlò mentre eravamo in viaggio per il bar piccolo ma accogliente in cui mi stava portando. Arrivate, una giovane donna sulla nostra età si avvicino a me non appena uscii dalla macchina e mi chiese una foto.
Non avevo mai trattato male i miei fans. Quando la ragazza vide Camila, sembrò quasi spaventarsi, ma iniziò a parlare delle Fifth Harmony e di quanto le amasse. Cercai di essere il più coinvolgente possibile, ma Camila per fortuna prese l'iniziativa e ci fece scattare una foto con la ragazza, per poi farci entrare nella caffetteria finalmente libere.
C'erano poche persone all'interno e sapevo che aveva scelto questo posto proprio per quel motivo. Ordinò due caffè e qualche dolce per la colazione, mentre io mi sedetti al tavolo. Sapevo che cercava di tenermi su di morale.
"Quando parti?" Mi chiese rompendo il silenzio, non appena si sedette porgendomi la colazione.
"Domani mattina. Sarei dovuta essere a Los Angeles questa mattina, ma non ci sono riuscita." Dissi vagamente.
Notò il mio disagio nel parlare di lavoro, quindi cambiò argomento.
"Sai, fanno alcune serate speciali qua ed io ho cantato alcune volte per aprirle. E' l'unico posto in cui mi sono esibita da quando il gruppo si è sciolto." Rivelò ed io finalmente notai un palco a pochi passi da noi.
Un sorriso si formò sulle mie labbra perché il solo pensiero di lei cantare mi scaldò il cuore. Era da tanto che non sentivo la sua voce.
Sentii una colpetto sul braccio e, girandomi, vidi una bambina che mi guardava teneramente.
"Sei Lauren Jauregui?" Chiese con una voce tenera.
"Si, sono io. E tu chi sei?" Risposi con un grande sorriso.
"Sono Katie." Aveva probabilmente cinque anni. Mi guardava con occhi pieni di ammirazione.
"Puoi cantare qualcosa per me?" Mi sorprese con la sua richiesta, poichè mi aspettavo una foto o un autografo.
"Sì, canta per lei Lauren." Disse Camila indicando il piccolo palcoscenico. Sapeva esattamente che io non sarei stata in grado di dire no alla piccola bambina.
"Per favoreeee!" Disse la voce infantile ed io presi un respiro.
"Va bene, ma se ci buttano fuori per il caos, darò la colpa a te!" Mi rivolsi a Camila facendola sorridere.
Mi diressi verso il palco dove c'era un pianoforte e così decisi di sedermi sulla panca di fronte ad esso. Ho sempre amato suonare, ma poche volte avevo avuto il tempo di sedermi e di essere creativa con nuove melodie. C'erano molte canzoni che avrei potuto scegliere, ma mi ricordai solo delle parole che avevo scritto pochi giorni prima. L'ispirazione della canzone a cui stavo lavorando era la giovane donna seduta a pochi passi da me. Senza sapere cosa stessi facendo iniziai a suonare la melodia.
Il tono della mia voce roca suonava un po' più agitato del solito, anche se feci del mio meglio. Non ero in grado di guardarla mentre cantavo. La canzone non era finita ed era molto breve, ma estremamente personale, cosa che la rese più complicata. Sapere che i suoi occhi fossero addosso a me fece aumentare il battito del mio cuore. I miei occhi invece erano quasi chiusi.
"When I look into your eyes,
it's like watching the night sky,
or a beautiful sunrise,
there's so much they hold.
I won't give up on us,
even if the skies get rough.
I'm giving you all my love,
I'm still looking up.
'Cause even stars they burn,
some even fall to the earth.
We've got a lot to learn,
God knows we're worth it.
No, I won't give up."
(http:www.youtube.com/watch?v=ErYtXcsVBR8)
Non mi accorsi di star cantando con tanta passione. La mia voce echeggiava in tutta la caffetteria rendendo partecipe chiunque. Lentamente aprii gli occhi e la prima cosa che vidi furono gli occhi di Camila. Sembrava quasi sopraffatta. Non c'era motivo per cui potesse capire che la canzone riguardasse lei, ma il suo sguardo mi fece tremare letteralmente.
Non appena mi alzai dalla panca la testa iniziò a girarmi e il mio corpo non riuscì più a muoversi. Le gambe non mi reggevano più, non potevo evitarlo. Svenni.
*Flashback*
La sigaretta intrappolata tra le mie labbra era accesa da circa un'ora, da quando mi ero seduta davanti al pianoforte. Mi stavo colpendo leggermente la testa con la penna, cercando di tirar fuori un po' di fantasia per la melodia da usare con la canzone.
Ero da sola nell'appartamento e non sapevo dove fossero le altre. Non mi importava. La mia connessione con il gruppo non esisteva quasi più. Eravamo socievoli, ma non amiche. Mi ero creata nuovi amici e, nonostante tutti odiassero Jason, lui mi aveva fatto scoprire un nuovo mondo. Un mondo che mi faceva fuggire dalla paure che provavo da tempo.
La paura era una buona ispirazione a volte. Non riuscii a farmi venire in mente una melodia, ma suonai comunque la prima canzone che mi venne in mente. Non cantai, ma suonai e basta la canzone, non nuova, ma che avevo sempre amato. Per non parlare di una certa persona, parte della band e mia ex-migliore amica, che amava cantarla con me quando eravamo sul palco insieme.
()
C'era qualcosa di così avvincente nel perdere se stessi nella musica, che completava la propria anima. Quando l'ultimo suono rimbombò nella stanza, sospirai leggermente. Avevo una certa sensazione. Non potevo vederla, né sentirla, ma sapevo fosse lì. Girai la testa e trovai Camila in piedi sulla porta che mi guardava.
"Da quanto tempo sei lì?" Chiesi posandomi la sigaretta dietro l'orecchio.
"Abbastanza da ricordarmi il motivo per il quale ho sempre invidiato il tuo talento." Disse facendomi arrossire. Era la cosa più bella che mi avesse detto in quell'ultimo periodo.
Si avvicinò a me e mi stupì ancora di più quando si sedette vicino a me, sulla panca, sfiorandomi le gambe.
"Amo quella canzone." Disse con calma.
Non sapevo cosa dire o fare, perché ultimamente la nostra amicizia era diversa. Fredda. Averla vicina e parlare con lei era irritante, ma allo stesso tempo eccitante.
"Puoi suonarla di nuovo?" Chiese e la guardai. "Solo un'altra volta."
Il suo sorriso era irresistibile e mi trovai ad annuire.
"Solo se canti." Dissi dolcemente.
Le mie dita iniziarono a posarsi sopra i tasti neri e bianchi. La sua voce mi abbagliò. Non importava quante volte l'avessi già sentita, non mi ero mai stancata di essa. Rendeva ogni canzone unica.
"Cause you are the piece of me I wish I didn't need,
Chasing relentlessly, still fight and I don't know why.
If our love is tragedy, why are you remedy?
If our love's insanity, why are you my clarity?"
Calò un silenzio tombale nella stanza, non appena finì di cantare. Le farfalle nel mio stomaco erano incredibilmente troppe. Molto lentamente guardai al mio fianco verso la ragazza più giovane. I miei occhi verdi osservarono le sue labbra, ancora socchiuse e lei stava facendo lo stesso con me. Stava guardando intensamente le mie labbra e tra noi non c'era quasi spazio. Il desiderio di baciarla ed eliminare la distanza tra le nostre bocche era irrefrenabile. Forse mi vuole?' Pensai.
"Lauren?" Sentii una voce maschile chiamarmi ed entrare nella stanza.
Entrambe saltammo in aria e per fortuna riuscimmo a staccarci prima che Jason ci raggiungesse. Camila si era alzata ed aveva già lasciato la stanza. Sospirai e salutai l'uomo.
La mattina dopo tornai a casa dopo una notte di festa piuttosto pesante. Le altre ragazze si sarebbero dovute alzare presto per la conferenza stampa di quella mattina. Appena entrata mi diressi verso la cucina, mi serviva un caffè. Beh, in realtà non ne avevo proprio bisogno perchè prima avevo preso qualcosa di più pesante. Eppure, lo presi.
Sentii qualcuno scendere le scale. Mi girai e trovai Camila in pigiama. La guardai dai piedi fino alla testa quando entrò in cucina.
"Hey." Disse assonnata e preoccupata.
"Ciao." Risposi semplicemente, non riuscendo a toglierle gli occhi di dosso.
"Sei appena tornata a casa?"
"Sì."
Non volevo che iniziasse a farmi altre domande, quindi diedi una breve risposta, facendola sospirare. Prese la scatola dei cereali per poi sedersi, come se non ci fossi stata. I miei occhi seguivano ogni suo movimento e riuscii a percepire quanto fosse nervosa.
"Sento l'odore di alcool da qui, sai?" Disse mentre sorrideva.
"Stai dicendo che puzzo?" Ribattei facendole uscire una risatina, proprio come avrei voluto.
"No, ti sto dicendo di fare la doccia, magari prima che ce ne andiamo."
Adesso era in piedi e mi rivolgeva la schiena. Osservai ogni piccola curva del suo corpo. Il mio cervello, in quello stato, mi faceva fare e pensare cose che non avrei mai fatto. Essere sveglia e attenta era una cosa, ma in quella situazione mi stavo... eccitando. Era dannatamente sexy.
Ieri sera eravamo state così vicine mentre suonavamo il pianoforte, che mi chiesi cosa sarebbe successo se Jason non ci avesse interrotto.
Mi avvicinai a lei da dietro e mi fermai quando i nostri corpi si scontrarono. I suoi muscoli erano serrati. Mi morsi il labbro inferiore. Dio Santo, l'odore del suo shampoo mi aveva fatto chiudere gli occhi dalla beatitudine.
Rapidamente spostai i suoi lunghi capelli di lato e scoprii il suo collo. La pelle d'oca formatasi sul suo corpo era inconfondibile. Non si mosse, né disse nulla. Non riuscii a farne a meno.
"Vuoi venire con me?" Sussurrai sulla sua pelle e la sentii ingoiare i cereali.
Non rispose, ma non mi fermò. Soffiai vicino al suo collo, procurandole un brivido. Mi bagnai le labbra velocemente e inclinando la testa. Iniziai ad attaccare il punto che sapevo dalla precedente esperienza la facesse impazzire. La punta della mia lingua sfiorò delicatamente la sua pelle. Prese un respiro profondo ed evitò di far uscire un gemito dalle sue labbra.
Stava cercando di non cedere, ma fino a quando non mi avrebbe fermata, non ci sarebbe stato motivo di fermarmi. Avvolsi un braccio attorno al suo esile corpo, tirando il suo corpo verso il mio. Tremava.
Mossi l'altra mano con passione e le afferrai un seno, sopra il tessuto del pigiama. Sapevo che non indossava il reggiseno, perchè sentii subito il tuo capezzolo eretto, cosa che mi fece gemere di gioia.
Fin quando non mi afferrò la mano e la tolse. Pensavo che mi avrebbe spinta via, ma rimasi sconvolta quando mi portò il braccio verso il basso e fece entrare la mia mano nei suoi pantaloni. Proprio quando sfiorai il tessuto della sua biancheria intima, sentii dei passi provenire dalle scale.
"Merda." Sibilai e nello stesso momento Camila mi spinse via, dirigendosi verso il lavandino. Dinah entrò in cucina.
"Che succede ragazze?" Salutò nel solito modo.
"Giorno." Disse Camila con una voce molto traballante, che mostrava quanto fosse eccitata.
Avevo bisogno di una doccia, sicuro. Una doccia fredda, molto fredda. Senza dire nulla lasciai la stanza, ma sentii la voce di Camila dire "Come si può essere gentili un minuto e diventare un'altra persona la mattina dopo?"
Sapevo che stesse parlando di me, ma lei non sapeva cosa mi avesse indotto a fare ciò. Lei.
'Non lo dovrà mai sapere' Mi dissi.
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