XXIII atto
https://youtu.be/vhpWQTS4UPQ
Ester, la sua pari.
Lo era sempre stata. Anche se più piccola, più ingenua, più disincantata. Grazie a queste qualità aveva saputo vedere oltre le sue demoniache apparenze e, priva di pregiudizi, gli aveva donato il cuore senza pretendere nulla. E Fernando le aveva dato il suo, senza remore, forse col solo timore di forzarle la mano perché ancora giovane, timore infondato perché anche lei aveva sempre sentito il legame esistente tra loro.
Ester, la sua pari.
Pronta a imparare, desiderosa di farlo e di condividere l'esperienza nuova del piacere sessuale, senza timore né falsi pudori.
Aveva il suo odore sulle mani, un profumo dolciastro e floreale che gli faceva battere il cuore ancora più forte. Avvicinò la punta delle dita ancora umide per passarsele sulle labbra e sentirne il sapore. Non aveva mai... Ester sapeva forse di miele d'erika? Forse tra le sue gambe scorreva il nettare degli dèi?
Scivolò verso il basso, benedicendo ogni centimetro della sua pelle con minuscoli baci. Le mordicchiò il fianco facendola ridere, senza rispondere alla domanda «Dove stai andando?» che gorgogliò timida dalle sue labbra, carezzandole le gambe affusolate e fermandosi a fissare i petali rosei che s'intravedevano tra i riccioli chiari.
Avvicinò il naso: il suo odore era più forte che sulle dita, da lì sgorgava il filtro d'amore che gli fece traboccare il cuore. Appoggiò le labbra sulle sue più piccole passando la punta della lingua proprio ove s'incontravano in un germoglio pulsante. Ester balzò a sedere serrando le gambe e allontanandolo dal paradiso.
«Dimmi che non è così che ti darò piacere!» esclamò scandalizzata, coprendosi col lenzuolo.
Fernando si tirò in ginocchio. Le tolse il lenzuolo con calma, le avvolse il viso tra le mani e appoggiò la fronte alla sua. Si chiedeva se avesse sbagliato qualcosa... In quel momento si rammaricò di non avere molta esperienza. Le due prostitute gli avevano fatto scoprire come prendere il piacere, ma non come darlo anche in altri modi.
«Non ti piaceva?»
«Non ho detto questo, ma pensavo di doverti toccare io...»
«Anche. Ma hai un odore e un sapore che mi fanno impazzire e volevo...» le disse passandole le dita incriminate sotto il nasino. Ester arrossì violentemente.
«Sei splendida. Profumata. Buona.»
La ragazza abbassò il viso, ancor più imbarazzata e trattenne il fiato. Fernando sapeva benissimo cosa stava fissando e capì che sarebbe stato crudele verso sé stesso e verso di lei non accontentare la sua curiosità.
«Toccami, Ester.»
Ester passò i polpastrelli sulla pelle liscia, poi lo impugnò sulla punta. Il giovane mugugnò d'estasi e mise la mano sulla sua per stringergliela attorno al suo sesso che rispose subito gonfiandosi ancora di più.
«Insegnami.»
Fernando si impossessò delle sue labbra mentre la mano guidava quella di Ester, modulandone forza e velocità, in un crescendo sincopato. Iniziò a respirare forte, rovesciando la testa indietro e chiudendo gli occhi
«Come sei duro, qui», gli sussurrò nel sentirlo gemere. «Duro, ma hai anche la pelle così morbida e liscia.»
«Sono duro per il desiderio che ho di te. Ti piace toccarmi?»
Fernando tolse la mano lasciandole modo di tirarsi indietro, sperando, bramando che continuasse. E lei non solo non smise ma, anzi, aumentò la stretta, il ritmo, godendosi l'effetto che gli leggeva sul viso.
«Mi piace tutto di te.»
«Dio, quanto ti voglio! Tu sei mia, Ester, mia!»
La vide sorridere con aria birichina quando la mise sotto di sé, combattuto più di prima. Era al limite già da un po', cercava di tenere il piacere sotto controllo respirando piano.
«Solo tua, per sempre. Tu sarai mio? Per sempre?»
Quella dichiarazione, la visione di loro due allacciati, il profumo che si levava dai corpi eccitati vinsero la battaglia che il giovane aveva ingaggiato con sé stesso.
Si avventò sulle labbra morbide e schiuse, per trattenere l'urlo, incapace di arginare il forte orgasmo che pulsò dalle sue pelvi fino alla testa, scuotendolo come mai gli era successo.
Si riversò, caldo e fluido, sul suo addome, marchiandola come aveva tante volte immaginato di fare.
In quel momento, scevro di pensieri ma colmo di desiderio e sensazione, la gioia si distillò dal sogno più importante diventando realtà.
Con ancora il fiato corto, la guardò per capire cosa pensasse... Di sicuro non sapeva nulla del piacere di un uomo, del suo orgasmo e dell'eiaculazione.
«Noi ci apparteniamo e sempre sarà così» dichiarò con lo sguardo colmo d'emozione, stringendola a sé e bagnandosi col suo stesso seme. Ester si mosse piano, sotto di lui, mugugnando qualcosa. «Ti... ti imbarazza o ti disgusta?»
«Cos'é?» chiese lei con curiosità.
«Il mio seme. Quando un uomo ha l'orgasmo succede questo...»
Ester corrugò la fronte e poi spalancò giochi.
«Faremo un bambino così?»
Fernando fece una piccola risata e le baciò il naso: «Non esattamente... Quando sarò dentro di te, e mi succederà ancora, allora ci saranno possibilità di avere un bambino, ma così no.»
Ester sollevò lo sguardo di scatto.
«I nostri bambini nasceranno così?»
«Sì, mio dolce tesoro, ma solo se il mio seme feconderà l'ovulo che il tuo corpo prepara ogni mese.»
«Il mio ovulo? Questa parte della biologia non era nel programma.»
Quando lei sbuffò e scrollò la testa, la interrogò con lo sguardo.
«Dalla spiegazione di mia madre non avevo capito che fosse così divertente» esclamò serissima facendolo ridere di gusto. Vedendo che lei, invece, rimaneva impassibile, le solleticò i fianchi per il gusto di sentirla scalciare e dimenare sotto di sé come quando era bambina.
Erano tanto presi dal loro gioco che non sentirono la porta aprirsi e chiudersi.
«Fernando, basta, ti prego. Basta!»
Il giovane si sentì afferrare al collo e al braccio, sollevare di peso e buttare a terra.
Il lenzuolo sul letto. Il pavimento freddo. L'urlo trattenuto di Ester.
Alzò lo sguardo, il cuore perse un battito, il sangue defluì dal viso.
Suo zio guardava alternativamente lui ed Ester, paonazzo e col volto deformato da stupore e rabbia. Doveva essere furente vedendo con che facilità l'aveva sollevato nonostante la sua altezza.
Terenzio alzò il pugno vibrante in direzione del viso sbiancato, poi lo riabbassò. Aprì la bocca per parlare, la richiuse, incapace di esprimere le emozioni che lo sopraffacevano. Un urlo basso gli sgorgò dalla gola, seguito da un ringhio rivolto ai due giovani.
«Vestitevi, per l'amor di Dio!»
L'uomo si voltò mentre Fernando ed Ester si comportavano come Adamo ed Eva scoperti da YHWH a rubare la frutta dall'Albero dell'Eden.
Fernando allungò la camicia da notte a Ester, indossò il pigiama, poi aiutò la ragazza ad alzarsi dal letto e le circondò le spalle col braccio con fare protettivo.
«Siamo presentabili.»
Terenzio si girò. Il viso aveva perso la tinta scarlatta, era diventato cereo, così come erano bianche le labbra e le nocche delle mani ancora strette a pugno.
«Non avremmo voluto fartelo sapere co...» iniziò il giovane ma venne subito interrotto dalla mano alzata.
«Taci. Mi sto ancora chiedendo perché ti abbia preso in casa mia, ti abbia cresciuto come un figlio. Più d'un figlio: non mi sono mai fidato di Ignazio come ho fatto con te. E tu hai disonorato mia figlia sotto il mio stesso tetto.»
Fernando abbassò il capo e strinse Ester ancor di più sotto la sua ala.
La sentiva tremare, ma in quel momento non poteva fare nulla se non tenerla al suo fianco.
«Non ho disonorato Ester.»
«Eravate nudi nello stesso letto. Cosa dovrei credere?»
«Papà, io...»
Terenzio guardò sua figlia e arrossì, imbarazzato lui stesso dall'averla sorpresa senza vestiti addosso.
«E staccati dai lui, per l'amor di Dio!» disse esasperato. Ester fece un passo a lato, Fernando non la trattenne e abbandonò il braccio lungo il fianco. «Ti ha violato?»
«No... Lasciaci spiegare.»
«Ti ho lasciato troppa libertà, ecco la spiegazione! Da quanto tempo disonorate la casa in cui vi ho cresciuti?»
Il tono di voce di Terenzio rimaneva basso, ma Fernando capì che era per non attirare l'attenzione della moglie e, soprattutto, del personale di servizio che avrebbe diffuso la notizia in men che non si dica.
«Non abbiamo mai disonorato la tua casa, zio» disse il giovane alzando il mento con orgoglio mentre allungava la mano per prendere quella della ragazza. «A parte dormire assieme, non abbiamo fatto nulla. Anche se eravamo nudi, lei è ancora vergine... E ieri abbiamo deciso di sposarci.»
Sentì le dita gelide della cugina stringerlo e tremare. Sperava che non si mettesse a cercare la propria verginità per terra come aveva già fatto in passato.
Terenzio spalancò gli occhi e sbuffò dal naso.
«Sposarvi?»
«Ci apparteniamo l'uno all'altra da sempre... Ester non sposerà Ansgar, né nessun altro.» Anche se Fernando aveva risposto risoluto e sicuro di sé, dentro tremava.
Aveva paura che, con la loro azione scellerata, si fossero giocati l'unico familiare che avrebbe potuto essere dalla loro parte.
Suo zio l'avrebbe allontanato? Oppure convincere addirittura Ester che si era comportato da uomo da niente? No, la sua Ester non avrebbe mai potuto pensare una cosa simile: lo conosceva meglio di quanto lui conoscesse sé stesso.
«Quando ti ho chiesto di avere cura di lei intendevo di farlo come avrebbe dovuto fare Ignazio se non fosse stato un cocainomane senza cervello! Tu, però, la testa che funziona ce l'hai... Perché mi hai fatto questo?»
«Nessuno ha più a cuore Ester di me, a parte te e la zia ovviamente. Io voglio che lei sia felice, che realizzi i suoi sogni. Io mi prenderò cura di lei.»
Ester iniziava a indispettirsi del fatto che stessero parlando di lei come se nemmeno fosse presente. Battè il piedino a terra e schiarì la voce.
«Papà, io voglio sposare Fernando da quando ero bambina, dalla prima volta che l'ho visto. Se pensi che l'abbia considerato come un fratello, sei in errore. Non sposerò nessuno se non lui, anche se tu... anche se tu dovessi essere contrario!»
Terenzio guardò la figlia più stupito che mai perché non si era mai permessa di rispondergli in quel modo ma, ancora prima che potesse rispondere, Imelda aprì la porta e rimase ferma sulla soglia con la fronte corrugata.
Guardò dapprima il letto disfatto, poi figlia e nipote spettinati e ancora vestiti con indumenti per la notte, il marito dai tratti alterati e, infine, le mani intrecciate dei due giovani.
«La colazione è servita da un pezzo. Ansgar ha chiesto di poter passeggiare con Ester in riva al mare... Vai subito a vestirti.»
«Abbiamo un problema, qui, Imelda» le disse il marito sottovoce perché la porta della camera era aperta.
«Ester, vai a prepararti. Salterai la colazione per non far aspettare Ansgar.»
La donna aveva ignorato volutamente il marito e aveva fatto cenno alla figlia di andare.
«Io non andrò da nessuna parte. Mamma, mi aiuterai a organizzare il nostro matrimonio?»
La donna sorrise: «Avete deciso di sposarvi?»
«Ieri.»
«Ansgar non mi ha detto nulla, tu sapevi qualcosa, caro? È venuto a chiederti la sua mano?»
«Non vuole sposare il crucco, Imelda! Vuole suo cugino!» sbottò Terenzio, questa volta incurante del fatto che qualcuno potesse sentirlo. «Tu e i tuoi romanzi d'amore! Leggere quelle scemenze chissà che fantasie romantiche le ha messo in testa?»
Imelda chiuse la porta alle sue spalle e vi si appoggiò.
«Ester, adesso tu ti farai bella per passeggiare in riva...»
«Hanno dormito assieme e si vogliono sposare!» disse il marito esasperato di fronte all'ipocrisia di sua moglie.
La donna guardò il letto sfatto e si portò la mano alla bocca.
«Mia figlia ha fornicato col demonio?»
«Giuro che Ester è ancora vergine!» disse Fernando sperando che questo potesse mitigare la rabbia dello scoprirli assieme.
Imelda fissò suo marito scuotendo la testa: «È tutta colpa tua! Sapevo che ci avrebbe portato solo guai» e, così dicendo, riaprì la porta e uscì lasciando i tre di nuovo da soli.
«Andate a vestirvi come si conviene. Continueremo dopo questa conversazione.»
Terenzio si incamminò verso la porta, ma Ester lo fermò prendendogli mano con entrambe le sue.
«Papà, è lui l'uomo che ho sempre voluto accanto a me. Ti prego, non negarmi la possibilità di essere felice.»
Il genitore si voltò per guardarla negli occhi: «Avrei dovuto essere più severo con te e negarti più cose: ora saresti una giovane donna responsabile.»
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