XVIII atto
https://youtu.be/cRZU5gbqyJg
Ester era molto preoccupata perché i suoi genitori e il nonno l'avevano convocata prima che venisse servita la colazione, cosa che non si era mai verificata nella sua famiglia dacché saltare il primo pasto della giornata, considerato sacro, equivaleva a una dichiarazione di forte crisi.
Era stato dato ordine che la tavola rimanesse addirittura priva della copertura della tovaglia e la messa in risalto degli intarsi di marmo policromi non solo non controbilanciava in dolcezza né le pastarelle né i profumi della frutta estiva, ma acuiva il senso di precarietà che era sbocciato la sera precedente.
Fernando non le aveva voluto dire di cosa lo avevano accusato, le aveva suggerito di stare calma e di raccontare la verità, tralasciando la parte dei baci, come aveva già fatto in precedenza.
«Perché non vuoi raccontarmi cos'è successo?» gli aveva domandato poche ore prima.
«È meglio di no: se dovesse solo scapparti qualche particolare, capirebbero che ci siamo parlati.»
«Potrebbero scoprire il nostro segreto?»
«Pensa alle conseguenze.»
L'aveva stretta a sé, baciandola sulla fronte per rassicurarla o, forse, per tranquillizzare sé stesso.
«Se dicessimo loro che.. che ci vogliamo bene?» suggerì la ragazza con un filo di voce.
La discostò da sé per guardarla in viso, la sua espressione di speranza dava adito a ben pochi fraintendimenti e il cuore gli balzò nel petto mentre l'eco delle parole di Ignazio il Capitalista si scontravano col suo sentire. Deglutì a vuoto.
«Forse dovremmo aspettare qualche anno. La tua maggiore età, a esempio.»
Ester aveva corrugato la fronte.
«Più di tre anni? Ma lo capiranno tutti che io...»
Si morse le labbra e inspirò a fondo col naso.
«Non dovrà capirlo nessuno, altrimenti potremmo non avere alcun futuro.»
La parola futuro, pronunciata col tono tenero di un amante, commosse la ragazza che schiuse le labbra e vi passò velocemente la punta della lingua per inumidirle, mentre nella sua mente si era aperto un varco negli anni a venire, il tempo si era piegato e, in quella nuova forma convessa, riusciva ad aggirare gli ostacoli che si sarebbero frapposti qualora i due cugini avessero deciso di condividere la loro gioia.
Per fortuna lo stomaco si era chiuso a Ester perché bastò la memoria delle spensierate colazioni trascorse in quel salone per risvegliarle un languore che era più legato alla felicità che al desiderio zuccherino delle sfogliatelle appena sfornate. Mentre guardava le tre paia d'occhi intente a fissarla, non poteva impedirsi di raffrontarle con lo sguardo eterocromico di Fernando, la stranezza delle sue iridi sembravano acuire la sensazione di affetto profondo che le trasmettevano.
La ragazza adocchiò le sedie, sarebbe sembrato un discorrere più civile da seduti, ma nessuno degli adulti sembrava voler approfittare della comodità. I tre si allinearono idealmente sull'arco di circonferenza che vedeva la piccola Ester al centro, soggiogata al loro interrogatorio.
«Adesso che non c'è Fernando, puoi raccontarci la verità. Ha picchiato Ansgar?» domandò Terenzio che, tra tutti, sembrava quello più calmo.
«No, papà. L'ha solo buttato a terra con una spallata.»
Imelda si portò una mano alla bocca e trattenne un singulto.
«Perché lo avrebbe fatto?»
Ester sgranò gli occhi e cercò di respirare per contrastare il calore che sentiva arrampicarsi lungo la gola fino alle guance.
Per l'affetto che provava nei confronti dei suoi familiari, voleva credere che non potessero pensare che Fernando avesse pestato il tedesco in modo tanto brutale, anche se era vero che era stata lei a persuaderlo a desistere dal mettergli le mani addosso.
«Ansgar stava... lui mi stava... io non volevo che mi abbracciasse.»
Vide suo padre aggrottare le sopracciglia e scuotere la testa.
«Ti ha abbracciato contro la tua volontà?»
«Non volevo.»
Ignazio si accese un cubano e fece qualche boccata guardando fuori dalla finestra.
«Ansgar ha detto che ti stava corteggiando e che Fernando vi ha interrotti.»
«Io ho chiamato aiuto. Lui era lì. Mi ha aiutato. Non lo ha picchiato.»
«Aveva la camicia piena di sangue.»
Ester alzò la gonna e mostrò le ginocchia sbucciate.
« Avevo le mani sporche perché sono caduta: sono stato io a inzaccherarlo.»
«Ti ha fatto cadere lui?» domandò sua madre.
«Non ha fatto niente né a me né ad Ansgar.»
«Allora si è procurato quei lividi da solo?» domandò, sarcastico, suo nonno.
«Non so chi sia stato, ma di sicuro non Fernando. Gli ho chiesto di portarmi via e poi siamo sempre stati assieme.»
Sua madre le si avvicinò, le accarezzò la testa per blandirla.
«Fernando ti ha obbligato a mentire? Ti ha fatto del male? A me puoi dirlo.»
«Lui mi ha solo aiutato. Ansgar, semmai, lui voleva farmi del male!»
Si pentì subito e richiuse la bocca all'istante mentre vide i suoi scambiarsi un'occhiata dubbiosa.
«Tuo cugino non saprà mai che ci hai detto la verità.»
«È la verità che vi ho detto.»
Imelda scosse il capo sconsolata, tornò accanto al marito ed Ester sentì che gli disse con voce bassissima: «Lui la condiziona fin da bambina... Cosa ti ho sempre detto di quel demonio?»
Come facesse sua madre a dire che era il demonio per la sola presenza di due iridi di colore diverso le era ancora ignoto dopo tanti anni. Poteva essere il diavolo tanto stolto da farsi scoprire a causa di un segno così evidente?
«Ansgar ha detto che ti stava solo corteggiando» disse secco il nonno.
«Io non voglio che mi corteggi.»
L'uomo alzò le mani in posizione paternoster mentre teneva stretto tra i denti ingialliti il sigaro e parlava a mezza bocca.
«Tu non vuoi uno dei partiti più nobili d'Europa?»
«No.»
«Certo che lo vuoi!»
«Certo che no!» urlò Ester, sorprendendo tutti, a partire da sé stessa perché non aveva mai risposto così ai suoi parenti.
«Tu devi volerlo!» tuonò ancora più forte il nonno spezzando coi denti la punta del sigaro che cadde sul pavimento spargendo la cenere incandescente sul parquet.
«Mai! È una persona cattiva e non lo vorrò mai!»
Aveva sforzato così tanto le corde vocali che la voce le uscì di due tonalità maggiori, cosa che, non appena ebbe finito di parlare, la fece piegare su di sé e tossire. Quella reazione non le diede modo di accorgersi dell'avvicinamento di suo nonno che aveva alzato una mano per schiaffeggiarla in viso con tanta forza da voltarle la faccia.
Ester sentì un schiocco sordo, seguito da un forte calore irradiarsi dall'orecchio destro all'occhio. Avvertì la vischiosità calda del sangue colarle lungo il collo e in bocca il sapore metallico.
Nessuno della sua famiglia l'aveva mai picchiata prima di allora.
Per la sorpresa rimase senza fiato e per reazione si portò la mano all'orecchio offeso mentre ripensava alle volte che suo nonno, da bambina, l'aveva tenuta sulle ginocchia per farla giocare.
Chi era quell'uomo che adesso voleva imporle un corteggiatore con la violenza?
Terenzio, altrettanto sorpreso, si mise tra il suocero e la figlia, furente per l'accaduto.
«Da quando alzate la mano contro la creatura?»
«Creatura? È abbastanza grande per sposarsi e avere figli.»
Ester sentì la voce giungerle ovattata, più che altro avvertì un fastidioso ronzio che non accennava a diminuire, però non le fuggì la parte dello sposarsi e avere figli.
«Io non sposerò mai Ansgar» sussurrò a denti stretti e, quando vide Ignazio avanzare ancor di più verso di lei, ostacolato da suo padre, ebbe così paura che si voltò e scappò via.
Nello spalancare la porta, quasi finì tra le braccia del cugino che, al vedere il sangue colarle dall'orecchio, cercò di fermarla, ma fuggì anche da lui.
Fernando fece per seguirla, ma la voce di Ignazio lo richiamò all'ordine.
Non era mai stato in un tribunale, ma immaginò che la sensazione dovesse essere la stessa. Quando entrò nella stanza, anche lui notò l'assenza del consueto banchetto mattutino. Non poteva essere altro che la suggestione, ma gli sembrò di percepire l'odore del sangue di Ester e strinse le mani per non dire nulla che potesse peggiorare la situazione.
«Mia figlia si ostina a difenderti! Anche davanti all'evidenza.»
Imelda gli era andata incontro con uno sguardo di fuoco e lui si sentì in colpa pur non avendo fatto nulla di male.
A parte baciare Ester.
Ma lui non vedeva alcun male in ciò che avevano condiviso.
Si volevano bene fin da bambini, erano sempre stati uniti, si erano aiutati e continuavano a farlo. Il giorno prima lui aveva aiutato la cugina e oggi lei si era pure presa un ceffone per lui.
«Io non ho fatto del male né al Tedesco né a Ester. L'unico che ha ferito Ester in questa stanza è chi dice di volerle bene.»
Vide Terenzio annuire, stringere le mani a pugno e serrare la mascella.
«Non ti permettere, dopo tutto quello che abbiamo fatto per te» disse Ignazio ostentando una calma quasi innaturale che lo accusò di quanto era successo.
«Vi sono debitore, lo so e non lo dimentico, ma non per questo permetterò che mettiate ancora le mani addosso a mia cugina.»
L'uomo sollevò la mano anche verso di lui, ma Fernando si erse in tutta la sua statura facendo demordere il vecchio.
«È più facile picchiare una ragazzina quando non fa ciò che volete, vero?»
«Non osare rivolgerti a me con questo tono. Ti ricordo che il tuo futuro è nelle mie mani» disse Ignazio e sorrise nel guardare il genero chinare la testa. «Dovresti imparare da tuo zio che conosce bene il suo posto in questa famiglia.»
«Conosco bene sia il valore di mio zio sia quello dei miei disegni senza che voi mi diciate come devo giudicare.»
A Terenzio vennero gli occhi lucidi alle parole del nipote. Se solo suo fratello avesse potuto vedere che uomo era diventato!
«I disegni su carta valgono meno di un foglio bianco se non vengono portati sul mercato. Non te lo insegnano in quella costosa università che pago io?»
A Fernando non rimase altro che mostrare le nocche.
«Se avessi picchiato il vostro pupillo, avrei le mani contuse. Vedete qualche segno? E non si è vantato mille volte di essere uno dei più forti nella palestra dove fa pugilato? Possibile che non si sia difeso?»
Alzò il viso a mostrare i lineamenti perfetti e rimase in attesa di un verdetto.
«Mio nipote dice la verità» disse Terenzio ritrovando il coraggio dalle parole lusinghiere che aveva sentito poco prima. «Invece di ringraziarlo per averci riportato Ester a casa, lo abbiamo accusato.»
«Riportare a casa...» iniziò Ignazio, ma venne interrotto dalla figlia, piccata.
«Non puoi dire così, hai sentito cos'ha detto Ansgar.»
«Perché dovrei credere a uno che non conosco, quando mio nipote dimostra da anni la sua lealtà nei nostri confronti?»
Sia Ignazio che Imelda si zittirono e fissarono con aria ostile zio e nipote che sembrano essersi coalizzati.
«Per favore, Fernando, vai a vedere come sta mia figlia. In questo momento non vorrà intorno nessuno di noi tre.»
Era da un po' che non raccoglievo soldi vendendo uno spazio pubblicitario 😵💫😅😂😂
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