XIV atto

Ester sedeva su una panchina situata sotto un gigantesco eucalipto del suo giardino. 

A occhi chiusi, cercava di concentrarsi sulla miscela di fragranze che sentiva, legno caldo unito all'erbaceo delle foglie acuminate della pianta centenaria. Il sole stava giungendo allo Zenith, adombrando le già fievoli note di caprifoglio e di fiore di limone, mentre il pungente salmastro lottava per prendere la scena. 
Un altro profumo si fece strada, una fragranza a lei ben nota, proveniente da Firenze, quella che suo cugino indossava quasi fosse una seconda pelle. Non aprì gli occhi e sperò che la lasciasse in pace dopo quanto era successo. 

Dei fatti di quella mattina, la lezione di anatomia non era stata la cosa peggiore. 
Era scappata non tanto per ciò che aveva intuito, ma perché aveva percepito il baratro che si era aperto tra lei e il suo amico di sempre. Fino ad allora era stata convinta che avrebbero trascorso la vita assieme perché, anche quando divisi, si era sentita comunque legata a lui. Sapeva, senza sapere come, che sarebbero diventati intimi di nuovo e avrebbero riconosciuto di essere un'unica anima divisa in due corpi. 

Quella mattina, però, suo cugino aveva riso di lei e non con lei. Non era mai successo prima. Era come se, ora, la considerasse inferiore.

La conferma della sua inferiorità era sopraggiunta quando, a metà mattina, Ansgar si era presentato in compagnia di suo fratello, di suo nonno e di Don Salvatore. 

Come ho già accennato, Ignazio il Capitalista, che stava investendo parecchio per creare una società automobilistica e mettere a frutto le idee di Fernando, aveva cercato in tutti modi di far avvicinare il giovane a Don Salvatore. Questi, il tizio che si era preoccupato dell'iniziazione della sera precedente, un imprenditore assai noto al Sud Italia, stava valutando se entrare o meno nell'affare solo e unicamente per le voci che giravano riguardanti la genialità del progetto di un motore così innovativo che sarebbe stato il più all'avanguardia a livello mondiale. L'uomo aveva sentito che non solo il Fascio teneva d'occhio il giovane genio, ma anche nella vicina Germania c'era chi suggeriva che una simile mente avrebbe contribuito a far uscire la nazione dalla crisi economica. Don Salvatore, dall'apparente aria bonaria e perbene, aveva le sue spie e queste si stavano dando da fare per dipanare un nodo intricato. 

A quando pare, Ansgar aveva veramente una discendenza antica e nobile; la sua famiglia , sostenitrice di Hitler in tutto e per tutto, vantava investimenti in ogni settore e, in quel momento, stava puntando l'attenzione sull'industria bellica, automobilistica e chimica. 

A parte l'amore per le sostanze stimolanti, Ansgar e Ignazio il Cocainomane avevano altri due interessi in comune: Ignazio il Capitalista e Fernando.

Secondo le spie di Don Salvatore, Ansgar aveva conosciuto casualmente l'amico proprio in seguito a una fuga di notizie riguardanti il motore e, poi, aveva insistito per accompagnarlo in Italia quando questi era stato richiamato all'ordine dal nonno. 

Molto probabilmente il Tedesco (che dopo i fatti nell'agrumeto perse il soprannome l'Ancangelo) aveva programmato tutto, ma un terzo incomodo l'aveva fatto innervosire più del dovuto e, si sa, per superare l'ira cosa c'è di meglio di un po' di droga? Ansgar aveva tollerato Gilles per interesse: quel francese puzzolente sembrava avere un'inclinazione indecente per l'italiano. Di lui e della sua perversione si sarebbe occupato a tempo debito, ora avrebbe dovuto risistemare il guaio commesso la sera prima. Aveva sottovalutato la dolce e ingenua Ester. Il fatto che fosse assai bella aveva abbassato le difese già minime date dall'abuso di cocaina e alcolici: non aveva capito più nulla e, per un attimo sufficientemente lungo, l'aveva considerata una di quelle ragazzette che gli si buttavano ai piedi per via del suo aspetto angelico e dei suoi natali ariani. 

La cosa peggiore per Ester, dunque, non era stata la lezione di anatomia.

Nel salotto, ancora fresco per via del fatto che non fossero nemmeno le dieci, Ansgar protendeva le braccia che ospitavano 30 rose bianche verso un'inorridita Ester. Lei guardava alternativamente suo padre e suo nonno: erano perplessi, è vero, ma assai meno di quanto si aspettasse che lo fossero. Si chiedeva non solo perché non buttassero il Tedesco di nuovo fuori dal cancello, ma, addirittura, venisse fatto accomodare in veranda. 

Ansgar sembrava veramente dispiaciuto, forse per via del suo bel viso martoriato. Un cerotto spiccava sul naso tumefatto e due grosse ecchimosi gli dipingevano di blu le guance.

«Mi dispiace per ieri sera. Sono stato frainteso, forse a causa del mio entusiasmo nei confronti di Ester.»

Lei non poteva credere che si permettesse pure di insultarla dicendo che era stata lei a non aver capito. Fece per ribattere piccata, quando sua madre le bloccò la mano con la sua.

«Non è il caso di farne un dramma, figlia mia.»
Lui aveva cercato di baciarla e l'aveva toccata senza il suo permesso!
«Quindi, mio caro, deduco che le vostre intenzioni con nostra figlia siano serie?»

«Mamma!»

«Più che serie, signora. Sono venuto a scusarmi e a chiedere il permesso di portare Ester a fare una passeggiata per Amalfi. Questo pomeriggio va bene?»

«Papà, di' qualcosa.»

Terenzio non fece in tempo a parlare che si intromise nonno Ignazio.

«Ma certo, ma certo... Ester sarà felice di prendere un gelato, non è così? Lo imparerete presto: non siamo una famiglia rancorosa e la nostra Ester è il nostro fiore all'occhiello.»

«Ma io...»

«È la ragazza più bella che abbia mai visto.»

«Papà, per favore...»

Terenzio guardò suo suocero, sua moglie e, quando finalmente si degnò di ricambiare l'attenzione della figlia, non potè fare altro che sollevare le spalle.

Ester tentò di parlare altre tre volte, ma era diventata trasparente. Era lì, assieme a loro, ma era come se non ci fosse. Parlavano di lei come se fosse stata in un'altra stanza. A nessuno interessava né il suo parere, né sembrava fare caso ai suoi tentativi di comunicare.

«Dove vive la vostra famiglia?»

«Principalmente viviamo a Berlino, ma abbiamo proprietà in ogni regione della Germania, in Austria, in Russia, in Sudafrica, in America del Nord e del Sud.»

Suo nonno stirò le labbra in un sorriso abbozzato e appoggiò le mani sulla pancia guardando alternativamente il Tedesco e sua nipote.

«Quanti dipendenti conta la vostra fabbrica di auto?»🏎

«Nonostante la grande depressione, siamo riusciti a tenere aperta la sede di Hameln... È un momento di grande fermento.»

Chiunque, a quel punto, si era reso conto che l'arrivo di Ansgar non era casuale come aveva voluto far credere. Chiunque... a parte Ignazio il Cocainomane che aveva raggiunto una tale capacità di rimanere immobile che, ai nostri giorni, avrebbe avuto un successo enorme come statua umana in qualche città d'arte. Era stato chiamato più volte dalla sorella, ultima sua speranza per avere una possibilità di fuggire il gelato pomeridiano, ma lui era rimasto fedele all'immobilità fino ai saluti finali.

Il nonno sembrava oramai un amico di vecchia data di Ansgar e persino Don Salvatore sembrava essersi ammorbidito nei suoi confronti.

«Stiamo progettando un motore che in Italia vi sognate.»

Il Capitalista gli batté una mano sulla spalla un paio di volte e, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro, scambiò una fuggevole occhiata con l'altro imprenditore.

«Vedremo, vedremo...»

«Signore, voi state tramando qualcosa?»

«In Italia diciamo non dire gatto se non l'hai nel sacco, un proverbio che dovreste importare in Germania.»

Ansgar si passò una mano sul mento mentre si voltava verso Ester.

«Chissà? Forse con un nipote acquisito potreste, in futuro, aver voglia di confidarvi.»

Suo cugino aveva riso di lei e non l'aveva nemmeno raggiunta durante la visita di Ansgar. 

Forse stava ancora smaltendo la sbornia o stava ripensando a ciò che aveva fatto la sera prima nel casino o, cosa più probabile, stava lavorando al suo progetto. 

A nessuno dei suoi famigliari sembrava che importasse più qualcosa di lei. Ma quando era successo? Le era sempre sembrato che il suo parere fosse importante e ora? Cosa era cambiato? Erano tutti in subbuglio per il motore di Fernando, ma un pezzo di metallo poteva essere più importante di un membro della famiglia? Evidentemente sì.

Con ancora gli occhi chiusi si concentrò solo sul profumo di Fernando seduto accanto a lei. 

Qualche mese prima era entrata in camera sua di soppiatto per spruzzarne un po' sul fazzoletto di pizzo e potersi addormentare col suo odore nelle narici. Sebbene quel piccolo espediente avesse ricreato la sensazione di avere il cugino accanto, non era rimasta soddisfatta  perché era certa che mancasse qualcosa. 
Con gli occhi chiusi,  nel silenzio caldo del mezzogiorno, percepiva la nota assente nella preziosa boccetta, quella che apparteneva a lui solo. Se avesse seguito l'istinto avrebbe reclinato il capo verso il suo torace, per appoggiare il naso appena sotto la clavicola, vicino all'ascella. Era da lì che proveniva quel suo odore. Avrebbe voluto chiedergli di non mettere il profumo di Firenze per verificare se, anche senza, sarebbe stato in grado di farle sentire le gambe inconsistenti. 

Invece si irrigidì e aprì gli occhi. Se avesse solo osato chiedergli tale insensatezza, lui avrebbe riso di lei. Di nuovo.

«Ester, perché stai qui con questo caldo? Rischi di svenire... Ci sono quasi quaranta gradi all'ombra.»

«Vorrei stare qui tutto il giorno.»

«Dopo aver mangiato, potremmo riposare un po' e, quando rinfresca, andare in spiaggia oppure ad Amalfi a prendere un gelato.»

Era troppo! Perché continuava a prenderla in giro?

«Ti diverti, non è vero?»

Fernando rimase di sasso. Da una parte sospettava che la cugina fosse piccata per ciò che aveva scoperto quella mattina, ma dall'altra sperava che la sua offerta di pace non venisse ignorata. 

«No, Ester. Voglio solo che torniamo amici.»

«Amici? Non credo che siamo amici io e te. Un amico non avrebbe pensato di prendermi in giro proprio su una cosa che non voglio fare.»

Il giovane aggrottò le sopracciglia. 
«Cosa non vorresti fare?»

«Come se non lo sapessi...»

«Oh, Ester, piantala di menare il can per l'aia e dimmi cosa non vuoi fare!»

La ragazza strinse la stoffa del vestitino tra i pugni stazzonandolo, ma era l'unico modo che conosceva per non scoppiare in lacrime davanti a lui.

«Non voglio andare ad Amalfi a prendere il gelato!»

Lui scoppiò a ridere e le picchiettò le nocche sulla testa.

«Sei diventata tutta matta. Da quando in qua non ti piace il gelato? Basta che mi dici dove vuoi andare...»

«Come fa una persona intelligente come te a essere così stupida? Non è che non voglia prenderlo con te, non voglio prenderlo con Ansgar!»

«Ansgar?»

Dalla sua espressione, Ester capì che non era a conoscenza di ciò che era accaduto. Non lo aveva detto per prendersi gioco di lei, forse voleva veramente appianare le cose.

«Non sai nulla, non è così?»

«Cosa non so?» domandò in una tonalità più alta della sua abituale.

«Lui è venuto a scusarsi per il comportamento di ieri...»

Fernando le mise la mano sul braccio e strinse.

«Scusarsi?»  

«Non ti  ricordi di ciò che ha fatto ieri sera?»
Cercò di andare con la memoria al momento in cui era rientrato in casa. Ignazio si era complimentato del fatto che fosse andato in un casino. Erano tutti agitati, Ester e Terenzio in particolare... Ma Ansgar cosa c'entrava?
«Ha cercato di baciarmi e mi ha messo le mani addosso, ma papà l'ha bloccato. Ieri sera lo ha fatto, ma oggi non ha detto nulla.»

«Cosa ti ha fatto oggi?» 

Strinse la mano così forte che lei sottrasse il braccio piccata.

«Mi fai male!»

«Ti ha toccata?»

«Mi ha invitato a prendere il gelato ad Amalfi.»

Le guance di Fernando si rilassarono e sorrise, cosa che innervosì la cugina.

«Basta che gli dici di no, perché fai tutte queste storie?»

«Ho detto di no, ma nessuno ha badato a me e il nonno mi ha obbligato ad andare con lui.»

«Ci parlo io con Ignazio.»

Ester sorrise per la prima volta quel giorno e, dal sollievo, abbracciò il cugino. 

Finalmente poteva appoggiare il naso sotto la sua clavicola per aspirare l'unico odore in grado di ridarle la speranza che, prima o poi, loro due si sarebbero confidati di sapere la verità, ossia che erano un'unica anima divisa in due corpi.

🏎 Molto probabilmente alcuni lettori attenti avranno capito di che fabbrica parlo, ma è meglio se non lo scrivo. Quindi se vi lanciate a indovinare e lo scrivete nei commenti o nei messaggi privati, non posso confermare. 😵‍💫

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