XIII atto

Fernando stava avendo quell'incubo in cui ci si accorge di dormire e non ci si riesce a svegliare. Quanti di voi lo hanno sperimentato, si ricorderanno che non è piacevole perché, benché si provi ripetutamente a sollevare le palpebre, convinti che quello sia il modo per uscirne, queste sembrano incollate tra loro. L'esperienza è già di per sé claustrofobica, ma se si aggiungono tre litri di alcol a una prima esperienza sessuale traumatica, si può ben immaginare quali terribili momenti deve aver vissuto il nostro eroe. 

Ciò che lo fece uscire dall'incubo fu il desiderio. 

Dopo aver sperimentato il senso di solitudine che deriva dall'unirsi a corpi della cui anima nulla importa, la voglia di stare con Ester e di ritrovare quell'idillio sperimentato da bambini era così forte da trasformare l'incubo in un sogno dove lei era presente e viva, vestita solo della sua camicia da notte di sangallo bianco, tanto casta quanto sensuale, coi suoi occhi pervinca contornati da ciglia dorate e le sue dita affusolate e curiose.

Il desiderio di averla accanto aveva interrotto il circolo vizioso dell'incubo che gli faceva vivere infinite volte l'unione con le due prostitute. Ora c'era lei nel suo letto, non nel modo di quanto erano piccoli, ma come avrebbe voluto averla da quel momento in poi. Sentiva l'energia scorrere tra loro, il contatto con la sua pelle, il profumo dei capelli morbidi, la dolcezza del respiro.

Il suo corpo era in equilibrio tra due fuochi. L'etanolo, metabolizzato in parte ad acido acetico, gli bruciava i neuroni, lo stomaco, i muscoli persino, mentre il desiderio gli infiammava la pelle, facendo lavorare alacremente le sue ghiandole sudoripare e vasodilatando il complesso sistema idraulico che regge e governa l'organo sessuale. 

Bastò la sensazione che i polpastrelli leggeri di Ester percorressero la sua asta per non fargli capire più nulla. Quanto era bello quel sogno, se solo fosse stato vero... La spostò sotto di sé con un movimento che aveva immaginato talmente tante volte da sembrargli naturale. La sua Ester rispose aprendosi a lui, arcuando la schiena flessuosa, premendo il bacino contro il suo nel muto desiderio di annullare ogni distanza. Quanto ne sentiva il bisogno! Negli ultimi giorni si erano comportati come due estranei e non voleva che quell'astio andasse avanti.

In quel sogno perfetto desiderava non ritrovare mai la strada per la veglia, ma qualcosa sembrava stonato...  Ester era fin troppo viva e vera, con il seno morbido e i sospiri trattenuti.

Anzi, lei era proprio lì, in carne e ossa. 

Forse imprecò. 
Forse si scostò. 
Forse non fece nulla.

Come era possibile che lei fosse lì? Quando era successo? Non ricordava nulla a parte il sogno che iniziava a sgretolarsi e a perdersi nei meandri della realtà.

Scattò in ginocchio sul letto, ma solo quando s'accorse dello sguardo della cugina puntato sul suo inguine, s'accorse di essere nudo ed eccitato. Afferrò il lenzuolo e si coprì, quasi fosse Adamo scoperto a rubare frutta nel Gan 'Eden. 

Ester, rossa come non l'aveva mai vista, si era messa a cercare qualcosa. Forse era solo l'imbarazzo che le fece sollevare il cuscino e guardare sotto il lenzuolo più volte. Eppure doveva aver perso qualcosa.

Le conseguenze della nottata brava gli acuirono il mal di testa e la nausea. 
Non voleva che lo vedesse in quel momento, si sentiva sconfitto e non più il cavaliere con l'armatura scintillante che sapeva di essere stato per lei.

«Cosa cerchi?»

Avrebbe voluto inveire non solo perché non rispondeva, ma perché ignorava da cosa fosse spaventata. Forse lo era dalla sua nudità, non si ricordava nemmeno di essere andato a letto senza pigiama; forse lo era dal suo desiderio, ma non era una cosa che avrebbe potuto nascondere in quella circostanza. 

Le aveva fatto forse del male?

«Cos'hai perso?»

«Ho perso la verginità.»

Fernando sentì il sangue defluire dal viso. Non poteva essere successo così. Ester lo avrebbe odiato per sempre, lui non se lo sarebbe mai perdonato. Per anni aveva atteso che lei diventasse donna in modo da costruire qualcosa di bello e unico... e ora? Tutto era perduto. Unirsi a lei dopo essere stato con due meretrici, come aveva potuto farle questo? Si sentiva in qualche modo defraudato, anche se non avrebbe potuto incolpare altri che sé stesso. 

Guardò il letto. Immacolato. 
Scostò il lenzuolo dal pube per controllare se avesse macchie rosse addosso. Nessuna. 
Il sangue tornò a circolare sul suo viso e fece un profondo respiro. Non era successo alcunché. 

«Ester, calmati! Non puoi aver perso la verginità!»

La ragazza scuoteva la testa mentre gli occhi si colmavano di lacrime. Le mise le mani sulle spalle per scuoterla e farla uscire dal panico immotivato, lasciando cadere il lenzuolo.

«Ti dico di sì! Invece di stare lì nudo con quel serpente minaccioso che mi fissa, perché non mi dai una mano a cercarla?» domandò stizzita togliendo lo sguardo volutamente dal suo basso ventre.

Fernando smise di scuoterla e strinse le dita, incurvando le spalle e abbassando la testa per non farsi vedere in volto e controllare se il suo pene assomigliasse a un serpente minaccioso.
«Come avresti perso la verginità?» 

Aveva cercato di modulare la voce, ma risultò strana alle sue stesse orecchie. 

«Io... tu eri nudo... e io... ho dimenticato di stringere le ginocchia.»

A quelle parole, la testa di Fernando scattò verso l'alto.

«Le ginocchia?»

La ragazza tirò su la camicia da notte quanto bastava per mostragli la parte incriminata. 

«Queste! Non erano strette tra loro... E ora chissà dov'è andata? Non posso più sposarmi senza verginità!»

Incapace di trattenersi oltre, Fernando scoppiò a ridere tanto da lacrimare abbondantemente.

Dapprima, Ester impallidì e un attimo dopo sentì le guance incendiarsi. Aveva avuto la conferma che quel fatto della verginità, così come lo aveva raccontato sua madre, era solo una corbelleria il cui crederci l'avrebbe fatta sembrare ancor più patetica agli occhi degli altri. Anzi, peggio, agli occhi di suo cugino. 

Perché sua madre le aveva giocato uno scherzo simile? 

Mentre il giovane riprendeva fiato e cercava di contenersi, lei fece leva sull'orgoglio rimastole per alzarsi in piedi e fuggire da dove era entrata. La vendetta contro suo cugino le si era rivoltata contro. Oltre alla mortificazione per la figura barbina, era rammaricata di aver perso forse l'unica possibilità di far breccia nel cuore di Fernando in modo diverso, ossia come una donna. Se solo sua madre le avesse detto come stavano realmente le cose...

Mise un piede sul davanzale, ma la presa forte di suo cugino la trattenne.

«Scusami.»

Il sussurro dell'unica parola le tolse ogni volontà di allontanarsi. Era nudo alle sue spalle, ne percepiva il calore attraverso il sangallo. Ne sentiva l'alito caldo tra i capelli.

«Invece di prendermi in giro, perché non mi racconti la verità?»

Si voltò per affrontarlo e l'odore del suo corpo la investì ancora una volta facendole tremare le gambe. Non solo l'olfatto, ma tutti i sensi erano elettrizzati, percepiva persino il sibilo del respiro e il battito del cuore del giovane come se fossero propri. La pelle formicolava al solo sfiorare la  sua nuda e gli occhi non sapevano dove posarsi per trovare pace. Ciò che la fece sentire ancora più strana fu, però, il forte senso d'acquolina che la spingeva a pensare cose bizzarre, come quella di assaporare le labbra di Fernando. Era diventata una pervertita? Parola con cui aveva appellato Ansgrar, ma di cui non conosceva il significato esatto.

«Cosa vuoi sapere?»

Dovette ripeterle la domanda perché era così presa dalla sua estasi da non riuscire a decifrare il senso di quanto udito.

«Cos'è il piacere?»

Era ancora tra le braccia del giovane e non aveva alcuna intenzione di muoversi per non rovinare quel momento. 

La guardava con un'espressione che non gli aveva mai visto, forse perché aveva le pupille così dilatate da sembrare che avesse entrambi gli occhi scuri. Sentiva i muscoli forti sotto le dita, il torace contro il proprio seno e quella cosa premuta su di sé le regalava una dicotomica sensazione di repulsione e attrazione.

«È ciò che provi adesso, Ester.»

Lei socchiuse le labbra inumidendole con la punta rosea della lingua, incapace di distogliere lo sguardo. 

«Ho letto che in un casino si va per comprare il piacere... Non ti bastava abbracciare me?»

«È diverso.»

«Come?»

Fernando la discostò, soggiogato dal rimorso.

«Io volevo farlo con te la prima volta...»

«Fare cosa?»

Fernando rialzò il viso e le si avvicinò tanto che entrambi sentirono la dolcezza dei loro respiri.

«Vorrei... Ester, io vorrei farmi spaccare il naso da te.»

La ragazza sgranò gli occhi mentre il suo indice le sfiorava le labbra. Non sentiva alcuna delle sensazioni avute con Ansgar, ma qualcosa che aveva sperimentato solo con lui in precedenza. Desiderò che la baciasse, ma la voce di suo padre echeggiò al di fuori della porta. 

Senza pensare, Ester puntò al ramo dell'albero e, contemporaneamente, Fernando la prese in braccio, la trascinò a letto per coprirla col lenzuolo e metterla alle sue spalle.

«Mi vedrà! Perché non mi hai fatto uscire?»

«Non lo so, Ester. Se stai zitta e io fingo di...»

Non fece in tempo a finire la frase che la porta si aprì. La ragazza si esibì nella tanatosi battendo il record di performance dell'opossum, Fernando chiuse gli occhi e approfondì il respiro.

Non si sa per quanto Terenzio osservò il giovane fingere di dormire, ma ai due sembrò un tempo infinito e, solo quando l'uomo richiuse la porta alle sue spalle, i cugini si liberarono dal lenzuolo ridendo per allentare la tensione.

«Lo zio mi avrebbe scorticato vivo.»

«Mia madre sarebbe morta.»

Si abbracciarono, più per il sollievo che per altro.

«Dovresti tornare in camera tua, adesso.»

«Mi assicuri che non ho perso la verginità?»

«Te lo giuro.»

«Tu, per caso, hai idea di che forma possa avere?»

Fernando deglutì a vuoto, indeciso se parlare o meno.

«Nel tuo intimo c'è una membrana...» disse, per nulla convinto di stare facendo la cosa giusta, ma spinto dalla ferma convinzione che l'ignoranza fosse un male peggiore della pudicizia, «Una membrana sottile che si lacera quando...»

Ester sgranò gli occhi e divenne paonazza.

«Intendi tra le mie gambe?»
Lui annuì.
«Come si rompe?»

 «Quando un uomo si unisce a te.»

«Si unisce?»

Fernando scelse quel momento per esercitare la maieutica: si denudò e lasciò che lei giungesse alla conclusione. 

«Tu ti sei unito a una donna ieri notte?» 
Tremava tutta, anche se cercava di dominarsi, e gli occhi le erano diventati liquorosi.

Il giovane tacque di nuovo, questa volta per non mentirle e, quando Ester si alzò per raggiungere la finestra, la lasciò andare.

Si sentiva un miserabile.







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