VIII atto
Fernando rincorse la cugina solo quando la vide intraprendere l'ascesa alla ripida scalinata.
Era livido.
Con Ansgar, innanzitutto, per aver cercato di baciare Ester contro la sua volontà.
Con Ignazio, per non aver preso le difese della sorella.
Con quella sciocca che gli era saltata al collo.
Con tutta la combriccola per aver preso in giro l'ingenuità di una ragazzina.
Ma, soprattutto, con sé stesso perché si era comportato come il più grande stupido dall'alba dei tempi. Cosa gli serviva il saper progettare un motore all'avanguardia quando non riusciva a dimostrare a Ester che era la persona più cara al suo cuore?
S'affrettò sui gradini, l'avrebbe raggiunta, avrebbe sistemato tutto. La sua Ester, così comprensiva, così dolce, così amabile, doveva aver corso perché non la vedeva ancora. Col fuoco nei polmoni, accelerò. Una figura bianca era seduta a terra, a capo chino e con le spalle scosse da singhiozzi. Si sentì stringere il cuore. Rallentò fino a camminare e, facendo meno rumore possibile, le si sedette accanto.
Era raggomitolata in modo da appoggiare la fronte alle ginocchia e la testa avvolta dalle braccia come a difendersi dalla crudeltà del mondo. Fernando le sfiorò la mano e lei alzò la testa di scatto fino a incontrare i suoi occhi.
Aveva la mano, la gola e il vestito macchiati del sangue secco di Ansgar, la faccia sporca di terra e i capelli scarmigliati perché si capiva che si era disfatta della treccia con rabbia.
«Vattene.»
«Io non ho...»
«Non aprire bocca.»
«So che sei arrabbiata, ma ti prego, dimmi che cosa posso fare.»
«Hai una macchina del tempo?»
Fernando le sorrise, sapeva che lei non sarebbe rimasta arrabbiata per molto.
«Anche io vorrei non aver mai essere andato con loro...»
Ester lo fermò con un gesto della mano e si alzò in piedi.
«Io vorrei che i tuoi non fossero morti per non averti mai dovuto conoscere.»
Girò i tacchi e se ne andò, lasciandolo seduto sul gradino senza parole.
Cercò di alzarsi, ma le forze gli erano venute meno. La sua immaginazione gli proiettò nella mente il filmato di cosa sarebbe successo se Ester non fosse stata l'adorabile bambina che lo aveva consolato per un numero infinito di notti, quando si svegliava e piangeva perché era rimasto solo. La sua vita sarebbe stata migliore se i suoi fossero sopravvissuti all'epidemia di Spagnola?
Aveva dato per scontato che lei ci sarebbe sempre stata, che l'avrebbe sostenuto qualunque cosa avesse fatto, che non l'avrebbe mai abbandonato, ma lui cos'aveva fatto per lei? A parte aiutarla in matematica? Si sentì meschino.
Avrebbe potuto essere che aveva reagito così per gelosia? Impossibile: era ancora bambina dal punto di vista sentimentale. L'aveva capito da come si era comportata quando avevano dormito assieme il passato inverno. Per lei, lui era asessuato, un compagno di giochi, che ignorava il desiderio che gli incendiava il sangue. Era stato tentato mille volte di baciarla... avrebbe rotto il naso anche a lui? Sarebbe scappata via disgustata anche da lui?
Ripercorse i fatti accaduti poco prima.
Ester stava correndo verso di lui mentre aveva le braccia impegnate a sostenere quelle due ragazze.
Che idiota era stato?
La verità era che non voleva che i tre ragazzi pensassero che ci tenesse a Ester in modo particolare perché aveva la sensazione che avrebbero usato la sua debolezza contro di lui o, addirittura, contro di lei.
Ester aveva un'espressione disgustata... Ma per averlo visto con le ragazze o per il sangue che aveva addosso?
Un attimo dopo, era arrivato quel biondo forsennato, la faccia imbrattata e la camicia che pareva avesse appena squartato un maiale, e aveva detto di aver tentato di baciarla... Poi l'aveva presa in giro.
E lei era scattata.
Errore: non era scattata subito, ma quando Ansgar aveva commentato la sua eterocromia come un difetto.
Le labbra si piegarono in un sorriso. Era importante per lei.
Il sorriso gli si spense. O lo era stato fino a quel momento.
Perché tutto era degenerato: la trinità e le ragazze l'avevano derisa perché ignorava cosa fosse un bacio passionale.
Lui era rimasto immobile.
Mentre lei lo cercava con lo sguardo per essere sostenuta, lui non aveva fatto alcunché.
E la ricciolina gli era pure saltata al collo per baciarlo, come se non fosse stata già abbastanza umiliata. Forse quella ragazza aveva intuito che, per lui, Ester era importante e voleva avere una rivalsa ignobile.
Quando la cugina aveva visto i segni rossi di rossetto sulle sue labbra, gli aveva urlato che gli faceva schifo. Testuali parole.
Dopo la disanima di quanto era accaduto, nutriva la speranza che avesse reagito in quel modo non solo per l'umiliazione, ma perché gelosa di lui. Avrebbe solo dovuto rassicurarla del suo affetto e tutto sarebbe tornato come prima.
Si passò la mano sulla nuca mentre il sole arrossava il mare e un venticello serale gli rinfrescava la pelle sudata. Si alzò e camminò di buona lena verso il palazzo.
Non appena mise piede nell'ingresso, sua zia gli andò incontro tenendosi i gomiti con le mani e le labbra serrate.
«Mi vuoi spiegare perché mia figlia sia rientrata in quel modo? Cosa le hai fatto?»
Fernando spalancò gli occhi.
«Bisognerebbe fare questa domanda al biondo ariano.»
Imelda spostò le mani sui fianchi e cercò di guadagnare in altezza per non farsi intimorire dal nipote.
«Hai cercato di calunniarlo? Stai plagiando Ester per farle credere che non sia un bravo ragazzo, non è così?»
«Lui non è un bravo ragazzo.»
«Cos'avrebbe che non va?»
«A parte la dipendenza da cocaina e credersi l'eletto di una razza superiore? Appoggia il Partito Nazionalsocialista di Hitler.»
«Come la maggior parte dei tedeschi, specie quelli che contano.»
«Zia, dammi ascolto. Ester non si merita uno come Ansgar.»
Fernando fece per andarsene, ma lei lo trattenne per un braccio.
«Cosa è successo?»
Lui si mordicchiò le labbra, indeciso se accennarle qualcosa.
«L'hanno presa in giro per la sua ingenuità.»
«E torna a casa sporca di sangue per questo?» domandò stizzita.
«Il biondo ha cercato di baciarla e lei gli ha spaccato il naso.»
La prima reazione della zia fu di sorpresa, ma poi le labbra si piegarono in un sorriso.
«Ci vado a parlare... Certe cose può spiegarle solo una madre.»
Fernando aveva ipotizzato che Ester rimanesse in camera sua per cena, invece era seduta davanti a lui e si comportava come se nulla fosse successo.
Aveva un vestito nuovo, era mai possibile che fosse spuntato dal nulla?
Un vestito che le fasciava la vita in modo così stretto che si chiedeva come potesse respirare. Ed era sicuro che stesse respirando perché la pelle sotto la gola era scoperta e, anche se non si riusciva a vedere l'incavo tra i seni, si intuiva che il petto oscillava verso l'alto e verso il basso, verso l'alto e verso... Da quando, poi, sua madre le permetteva di arricciare i capelli col ferro?
Era cordiale con Ignazio, con Gilles stava scambiando un paio di frasi in francese e, poco prima, aveva risposto alle domande di Ansgar come se fossero amici di vecchia data. Come se si stesse rivolgendo a lui invece che a quello sconosciuto.
Si aspettava dell'astio nei suoi confronti, invece il suo comportamento non era cambiato di una virgola.
Mentre all'inizio era rimasto solo perplesso, man mano che procedeva la serata sentiva montare una tale rabbia dentro di sé che si stupì di non stare sbuffando fuoco dal naso.
Poche ore prima lei aveva fatto una scenata pazzesca, gli aveva detto cose terribili e ora? Nulla.
Cordiale. Affettuosa. Dolce. Come sempre.
Quando la sentì chiedere ad Ansgar se il naso gli dolesse, si trattenne a mala pena dal prendere il teutonico per sbatterlo giù dalla scalinata a calci e poi buttarsi Ester su una spalla per portarla al piano di sopra e farci due chiacchiere.
Come un primitivo. Ed era così che si sentiva: un cavernicolo incapace di contenere ciò che sentiva. Il cervello gli doveva essersi sciolto lasciando a tutti gli altri organi la velleità di dichiararsi guerra a vicenda, una lotta che avrebbe portato al suo completo annientamento.
Imelda fece un paio di allusioni all'età di Ester, al fatto che stesse fiorendo come il bocciolo di una rosa, alla sua purezza... d'animo.
Cosa pensava di fare con quel teatrino? Di mettere sua figlia sul mercato e venderla al miglior offerente? Migliore... lui e la sua razza ariana, che citava continuamente come se fosse garanzia di qualità, potevano tornarsene in Germania e continuare a drogarsi lontani da lei.
«Frau Imelda, Ester è la fräulein più bella che conosca e mi permetto di dire che, vedendo i suoi colori, è senza dubbio alcuno di razza ariana. I miei genitori sarebbero d'accordo con me.»
Se avesse anche solo pronunciato un'altra volta quelle parole, gliele avrebbe fatte ingoiare assieme ai denti.
Solo a lui sembravano strane?
Imelda si compiacque e anche lo zio Terenzio nascose un sorriso all'allusione della bellezza della figlia. Ester era arrossita e aveva spiato di sottecchi Ansgar, come se fosse emozionata, poi lui le aveva sussurrato qualcosa di cui aveva sentito solo le parole naso e dritto.
Non era la Ester di quel pomeriggio. Impossibile che fosse lei. Cosa le aveva detto sua madre?
Quando il palazzo s'addormentò, Fernando si sporse dalla finestra e usò l'albero come aveva fatto mille volte sua cugina. Non aveva mai pensato che fosse così alto da lassù e immaginò il coraggio necessario a una bambina di sei anni per salire fino a lì. Fece attenzione a dove mettere i piedi e si ritrovò sul davanzale della stanza sottostante. Gli scuri erano socchiusi per via del caldo, li aprì e si apprestò a saltare in stanza sperando di non spaventarla.
«Non so perché, ma ti aspettavo.»
Le sue parole improvvise, invece, fecero quasi cadere lui giù dalla finestra.
Non era a letto, ma seduta, nella penombra, su una sedia che aveva spostato lì accanto. Indossava ancora il bel vestito che aveva sfoggiato a cena e i boccoli le incorniciavano il viso.
«Non sai perché sono qui?» le domandò.
«No. Ma ti comportavi in modo bizzarro a cena e pensavo volessi confidarti.»
«Io bizzarro? Tu hai spaccato a quell'esaltato il setto nasale, mi hai detto cose orrende e, dopo qualche ora... Tutto era di nuovo come se nulla fosse accaduto.»
Stava urlando sottovoce e, mentre lui sentiva il viso andargli a fuoco, lei era in piedi, nella penombra, rilassata come non mai.
Quando Fernando l'afferrò per le spalle, lei sbadigliò e si scusò subito dopo dicendo che il sole le aveva procurato un po' di sonnolenza.
«Ti sei messa in mente di farmi inca...»
La ragazza alzò l'indice e glielo sventolò sotto il naso.
«Niente parole volgari, mio caro cuginetto.»
Aveva proprio deciso di farlo incazzare.
Respirò a fondo.
Lui aveva sempre odiato le sceneggiate e non aveva intenzione di iniziare a farne.
«Ester, oggi è stato il nostro primo litigio. Capita.»
«Abbiamo litigato?»
«Sì.»
«Non mi sono nemmeno accorta...»
«Piantala di fare la sciocca. Non sei una di quelle ragazze che c'erano al mare oggi.»
«Quale? Quella che ti ha strofinato il seno sul petto...» e si appoggiò a lui guardandolo languidamente, «o quella che ti ha baciato?»
Si alzò sulle punte dei piedi e, strusciandosi contro il torace, gli si avvicinò al viso, intenzionata proprio a baciarlo.
Non doveva andare così. E non sarebbe andata così, venisse fulminato in quell'istante!
L'allontanò per le spalle mettendola a debita distanza.
«Ah... così non vuoi essere tu a mostrarmi come si fa?»
Fernando ingoiò a vuoto.
Il suo profumo, le sue labbra socchiuse, i suoi occhi languidi.
La morbidezza del suo seno appoggiato a lui.
Non aveva più saliva e si sentiva lui l'inesperto. Tossì per chiarirsi la voce.
«Ester, credo che tu debba andare a dormire e dimenticare la giornata di oggi. Ti dirò di più, non pensare alle cose che ti hanno detto, non è un male che tu non le sappia.»
«Ma le so! Io e mia madre abbiamo fatto un discorso da donna a donna. E ora so tutto.»
Tutto cosa?
«Ti ha spiegato che è bello baciarsi?»
«Certo... e anche cosa accade a un uomo e a una donna quando dormono assieme. Ho detto dormono? Che sciocca, vabbè, diciamo che poi dormono.»
«Chi sei? Che cosa ne hai fatto della mia Ester?»
Lei sorrise mettendosi la mano davanti alla bocca con civetteria.
«Era ora che l'Ester di nessuno diventasse grande.»
Com'era possibile che fosse riuscita a mandarlo fuori dalla grazia di Dio in quel modo? Strinse le mani sulle sue braccia e l'avvicinò di nuovo a sé, intenzionato a zittirla proprio come desiderava. Abbassò la testa, ma le sua labbra incontrarono solo la guancia liscia e calda di lei.
«Sono stanca e mi hai stufato... Chiederò ad Ansgar, domani, con calma, di mostrarmi cos'è un bacio vero. Magari mi perdonerà per avergli spaccato il naso.»
Un lampo squarciò il cielo e per fortuna il tuono era bello forte perché servì a coprire le imprecazioni di Fernando mentre ritornava nella sua stanza.
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