Prologo
I miei bisnonni furono due delle cinquecentomila vittime dell'influenza spagnola del secolo scorso. Nel gennaio 1919, durante la terza ondata, lasciarono orfani quattro bambini che avevano un'età compresa tra i due e gli undici anni.
Durante l'estrema unzione, il bisnonno affidò a Dio tutte le sue creature e, in particolare, raccomandò al prete che il suo primogenito venisse mandato da Terenzio in Campania, perché «solo lui ha le possibilità di crescerlo come merita».
Terenzio era il fratello a cui il bisnonno era più legato anche se i rapporti si erano allentati dopo che era migrato da Reggio Calabria a Napoli. Nella città partenopea, grazie all'avvenenza che aveva ereditato dal trisavolo, era riuscito a impalmare la figlia di un uomo che commerciava con l'America in beni che andavano dal cotone al cacao e che aveva accumulato molte ricchezze durante la prima guerra mondiale.
Le ipotesi del suo arricchimento sono due: i benpensanti dicono col commercio d'armi; i malpensanti aggiungono, all'elenco dei beni importati e alle armi, la cocaina, i cui effetti, appena testati da Sigmund Freud sull'amico Ernst von Fleischl-Marxow, sarebbero stati più ampiamente sfruttati durante il secondo conflitto mondiale. Probabilmente esiste una terza ipotesi, quella vera, ma chissà se mai ne verremo a conoscenza?
Terenzio aveva saputo della dipartita del fratello un mese dopo l'accaduto e, dopo altri trenta giorni, aveva aperto una lettera inviata dal prete sopracitato con le ultime volontà che lo designavano come affidatario del nipote undicenne, un ragazzino «un po' particolare ma, con l'aiuto di Dio, anch'esso diventerà un buon cristiano».
Mentre l'uomo richiudeva la missiva e si interrogava se per particolare il prete intendesse con atteggiamenti criminali, Imelda, sua moglie, era entrata per esibirsi nella quotidiana lamentela al riguardo dell'indolenza di loro figlio Ignazio.
L'oggetto della disperazione della consorte era prontamente cambiato una volta appreso di dover accogliere il nipote mai conosciuto. Nei giorni a seguire, la donna passò dall'atteggiamento di martire a quello di crocerossina, da zia che avrebbe fatto le veci di madre a estranea che non voleva in casa chissà chi e con chissà quale educazione.
Nell'estate del 1919, dopo alcuni mesi trascorsi in orfanotrofio alla stregua di personaggi dickensiani, i figli orfani del bisnonno vennero ridistribuiti come pacchi tra i parenti superstiti e Fernando venne mandato a vivere in Campania, molto distante da Reggio Calabria... Di fatto, egli perse non solo i genitori, ma anche i fratelli.
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