III atto

La vita di Fernando era cambiata per ben due volte nel giro di ventiquattro ore. 

Dopo che la mano venne curata e fasciata in modo appropriato, lo zio Terenzio portò il nipote a fare il giro della loro dimora estiva. Sembrava un vero e proprio Eden, nel senso di un giardino circondato da alte mura da cui nessuno poteva uscire né tantomeno entrare senza permesso.

Proprio come il Covid-19 ha modificato le nostre abitudini nel 2020, allora fu l'influenza Spagnola a segregare tutti nelle proprie abitazioni. Avere più palazzi in cui risiedere era un bel vantaggio, allontanarsi dalle città era appannaggio dei ricchi e, infatti, in quella famiglia non morì nessuno, a differenza dei genitori di Fernando che erano voluti rimanere a Reggio Calabria, pensando di essere più forti del virus e sperimentando di persona quanto le cose invisibili fossero più letali dell'orgoglio. 

Terenzio mostrò i terrazzamenti, il limoneto, il giardino all'italiana e accennò alla scalinata ripida che permetteva di raggiungere il mare. Imelda si era rifiutata di unirsi alla comitiva, mentre Ester, Coco e Ignazio seguivano l'uomo ascoltando i racconti di quando era giovane e viveva con Giovanni. Un paio di volte, si era anche asciugato una lacrima senza farsi vedere. Fernando non apriva bocca, ogni tanto la manina di Ester cercava la sua, soprattutto quando Ignazio si metteva a correre avanti e indietro agitando le braccia come non aveva mai fatto, il contatto con quella bambina gli era di conforto e rappresentava per lui l'unica sincera speranza in quella nuova vita. Suo zio era cambiato, cosa innegabile, ma sarebbe stato difficile il benvenuto visto che la mano gli pulsava e doleva. 

Il sole riverberava sui marmi bianchi tanto da non riuscire a tenere gli occhi aperti; il mare, dall'alto della loro posizione, sembrava una colata d'oro e il profumo salmastro si mescolava a quello dei fiori di limone ed eucalipto. La temperatura era in aumento e, presto, trovarono riparo tra le spesse mura domestiche che mantenevano un certo grado di frescura, specialmente ai piani inferiori. 

I coniugi continuarono a ignorarsi per tutta la giornata; Ignazio, in down, si rinchiuse nella sua stanza non si sa a far cosa; Ester e Fernando andarono nella biblioteca, ognuno seduto, per conto suo, sui divanetti in stile veneziano, lei per guardare un libro illustrato, lui per leggere Pinocchio.

«Sai già leggere?»

La bambina aveva sollevato il viso e aveva scrollato il capo da una parte all'altra, stringendo a sé il coniglietto.

«Coco, però, conosce le lettere dell'alfabeto e le sa anche scrivere.»

«Brava, la tua Coco. Allora sa quasi leggere... prova a chiederle se vuole che le mostri come.»

Ester afferrò l'orecchia di pezza, bisbigliò qualcosa e annuì. Poi si alzò, prese il suo libro e si mise accanto al cugino.

«Ho insegnato a leggere anche a Giovanni.»

«Tuo fratello?»

«Sì.»

«Dov'è? Perché non viene qui?»

Fernando sospirò. Li avevano separati tutti quanti, dislocati presso parenti che non conoscevano, a parte Caterina che era stata accolta da sua nonna.
Chissà se Giovanni e Nicola avevano ricevuto il suo stesso benvenuto?
Chissà se e quando li avrebbe mai rivisti?

«Ci sono qui io, non ti basta?»

Ester aveva fatto un risolino e si era stretta al suo fianco.

Fernando non era avvezzo a quelle dimostrazioni di affetto: nella sua famiglia, forse a causa delle origini nobili di sua madre, era ritenuto opportuno avere un atteggiamento distaccato. Solo con Giovanni riusciva ad aprirsi e a ridere.
Dai suoi zii sembrava valere la stessa regola e l'unica eccezione era la bambina che non si vergognava di mostrare i suoi sentimenti. 

Dopo un paio d'ore, Ester riuscì a leggere la prima parola senza alcun aiuto.

«A-L-B-E-R-O. Albero!»

«Giusto. Prova con questa che è difficile.»

«Gi-U-A-R-Di-A-R-E. Giurdiare... ma cosa vuol dire?»

«Attenta: quando vedi la G e la D, pronunciale senza la i. Riprova.»

«Guardare.»

«Bravissima!»

Ester emise un gridolino di gioia proprio mentre la porta si aprì ed entrò sua madre.

«Io e Coco sappiamo leggere» disse garrula e il viso della donna si distese prima che il sorriso le morisse sulla labbra alla vista degli occhi dai due colori diversi. Imelda notò che i cugini erano seduti assai vicini, come se si conoscessero da una vita invece che da poche ore, e sua figlia sembrava più a suo agio con Fernando che con Ignazio. Si disse che era a causa della minore differenza d'età, ma non ne era convinta. Con la scusa di provarle un vestitino, l'allontanò dalla biblioteca e dal quel demone che stava soggiogando la sua creatura.

La notte avvolse il palazzo di silenzio, si sentì solo il cigolio di una finestra aperta e richiusa.

I passi leggeri e ravvicinati di una bambina svegliarono Fernando che, anche senza accendere la luce, riconobbe chi fosse entrato dalla finestra.

«Ester, non puoi stare qui.»

«Io voglio dormire con te così non ti succede niente.»

Il ragazzino sorrise all'idea di avere come angelo custode una bambina che non si allontanava mai dal suo coniglietto di pezza. Era grato che fosse venuta anche quella sera perché, in sua compagnia, sentiva meno la mancanza dei suoi genitori e dei suoi fratelli.  Allargò le braccia e la strinse a sé, proprio come lei faceva con Coco. 

Tutti e tre si addormentarono subito.

Così accadde ogni notte per oltre un anno, fino a quando le città tornarono alla vita dopo la fine della pestilenza. Nessuno si accorse mai che i due cugini avevano trascorso assieme gran parte delle notti, addormentati abbracciati dopo essersi raccontati storie.

Il ritorno al palazzo di Napoli fu un vero cambiamento per tutti.

A cominciare da Ignazio che non voleva saperne di tornare in collegio a studiare e aveva iniziato a soffrire di una grave forma di insonnia dovuta presumibilmente all'abuso di cocaina. Aveva perso l'indolenza, ma non desiderava in alcun modo né studiare né lavorare. 
A sedici anni, gli ormoni in subbuglio e a lungo trattenuti lo spingevano a ricercare la compagnia delle ragazze che, grazie alla miscela esplosiva giovinezza-bellezza-denaro, gli si concedevano in cambio di piccoli favori o regali.

Fernando venne inizialmente affiancato da un precettore assunto da Ignazio il Capitalista e dimostrò di avere non solo una predisposizione particolare per tutte le materie scientifiche, ma anche la giusta dose di curiosità e ambizione necessarie per farsi strada nella vita.  
A Napoli, però, era diventato inquieto. 
Imelda aveva osservato come ricercasse sempre più spesso la compagnia della cugina, circostanza che la fece preoccupare così tanto da andare a pregare suo padre di mandarlo in collegio, un ottimo collegio per carità. Il patriarca scelse il migliore, a Roma, e Fernando ed Ester dovettero salutarsi e stare lontani mesi interi. 

Si potevano vedere solo durante le feste comandate e in estate, quando trascorrevano le vacanze nel palazzo liberty. Non appena si riabbracciavano, ritrovavano la complicità di sempre, il tempo sembrava essersi fermato a quel primo giorno in cui si erano visti per la prima volta. 

Le pagine di diario di Ester di quando sono lontani sono assai tenere perché è come leggere lettere a lui indirizzate dove gli descrive ogni cosa nei minimi dettagli e lo informa sui suoi progressi negli studi. 
Coco, col sopraggiungere del decimo anno, divenne un coniglietto usurato appoggiato al comodino più per abitudine che per vero affetto, ma questo è il triste destino degli animali di pezza.

Di Fernando si sa ben poco, solo che divenne più schivo di carattere. 
L'adolescenza gli aveva regalato una considerevole altezza, un fisico forte e agile e, alla rinomata bellezza di famiglia, vi era il particolare del suo sguardo, così inquietante e singolare che lui stesso iniziò a considerarlo un pregio piuttosto che un difetto.
Sua zia, però, da quel primo giorno non l'aveva più vessato né gli aveva vietato di scrivere con la sinistra, cosa che rimase per sempre un mistero. A mio parere il fatto è legato a quanto il marito le disse all'orecchio quella mattina, ma temo che non lo sapremo mai.

Ad Amalfi i due cugini non avevano perso l'abitudine di raggiungersi per dormire abbracciati e, nonostante il letto diventasse sempre più piccolo col passare degli anni, non vi fu mai alcuna malizia nel loro condividere il magico momento della notte... Per lo meno, questo si legge nel diario, ma non abbiamo il punto di vista di lui nel pieno dell'adolescenza.

Conoscendo Ester attraverso i suoi scritti, sono sicura che avrebbe raccontato se il cugino si fosse comportato in modo diverso... cosa che non accadde fino a quando la piccola bambina di casa non crebbe, divenne signorina e le sue forme cambiarono da un anno all'altro. 






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