Cap. 7

Honey 96


Robert masticò malamente un'imprecazione, mentre finiva di chiudersi la camicia della divisa. Le dita continuavano ad incrociarsi tra di loro, facendolo sbuffare sempre più innervosito, ed impedendogli di abbottonare ogni singolo bottone al primo tentativo.

Riuscire ad avere una giornata quasi normale, molte volte, gli sembrava un obbiettivo a dir poco impossibile.

Prima l'Università, poi il ristorante, dopo ancora quella stupida camicia che non voleva collaborare con lui... gli mancava giusto che sbucasse fuori un ausiliare del traffico per mettergli una multa salatissima sul parabrezza della macchina e si sarebbe potuto definire completamente a posto.

L'occhio del ragazzo cadde poi sul proprio telefonino, abbandonato su un ripianetto del proprio armadietto nello spogliatoio del locale.

Una volta uscito, avrebbe assolutamente dovuto chiamare Lyla. Poteva ben immaginare lo stato d'animo dell'amica, e non poteva lasciarla sola in un momento del genere.

Non solo le spiaceva per lei, ma si sentiva anche in colpa. Era stato lui per primo a spingerla tra le braccia di Ciel O'Konnor, consigliandole di lasciarsi andare e godersi il tutto.

Se avesse anche solo potuto immaginare che razza di persona fosse il dottore, non solo avrebbe cercato di salvaguardare meglio l'amica, ma con molte probabilità avrebbe anche reagito in maniera diversa al ristorante giapponese.

Finita l'impresa titanica di chiudersi la camicia, si legò in vita il grembiule beige con su il logo giallo del locale, ed uscì pronto per iniziare il proprio turno lavorativo.

Mediamente erano sempre almeno in tre a coprire lo stesso turno al locale e a dividersi i compiti; uno serviva e puliva i tavoli, un altro faceva cassa e l'ultimo si occupava di servire la gente al bancone. A livello teorico sembrava tutto molto semplice, ma quando si passava ai fatti concreti... era tutt'altro.

Non solo facevano una fatica immane a stare dietro, e a sopportare, la moltitudine di clienti che arrivavano continuamente, ma dovevano far fronte anche agli imprevisti più disparati.

La cassa che smetteva di funzionare, la macchina del caffè che si accendeva una volta sì e altre due no, e i colleghi che non si presentavano all'ultimo... come esattamente era capitato quel giorno.

- Robert! È un disastro! -

Venne travolto in pieno, non appena mise piede fuori dallo spogliatoio, da un piccolo uragano biondo che altri non era che Summer, una delle sue colleghe. Era visibilmente scossa, rossa in viso, e con gli occhi spalancati come se si fosse ritrovata davanti ad uno spettro all'improvviso.

- Che succede? -

- Mark ci ha bidonati! Ha appena chiamato il capo dicendo che non può venire! -

Fu il turno di Robert di sgranare gli occhi, allibito.

- Ancora? - domandò conferma, con una forte note infastidita nella voce - Che cosa ha avuto questa volta? Gli hanno investito l'amico immaginario? -

- Dice di essersi ammalato -

Il castano inarcò un sopracciglio.

Nemmeno Summer credeva alla risposta che gli aveva appena riferito.

- E io sono l'amante segreto di Jason Momoa. Ora, per quanto mi piacerebbe dirti che è tutto vero, e che a letto si comporta come un vero Khal, sappiamo benissimo entrambi che sono entrambe due enormi cazzate. Perciò... - fece una piccola pausa - Guarda. Non mi interessa nemmeno sapere perché quello lì non si è voluto presentare, ancora, a lavoro. Chi lo sostituisce? -

Il silenzio che seguì lo fece rabbrividire d'orrore.

- Mi stai prendendo in giro, Summer... -

- Te l'ho detto che è un disastro! - piagnucolò, in difesa, lei.

- Ma porca miseria, come è possibile che non ci sia nessuno a coprire il turno di quel disgraziato? Nessuno nessuno? Ci siamo solo noi due? -

La ragazza annuì.

Loro due. Da soli. A coprire un turno in cui avrebbero dovuto essere, come minimo, in tre. In un locale che presto si sarebbe riempito di gente, e che avrebbero potuto abbandonare solo dopo le 9 di sera.

Robert non riusciva a trovare parole per descrivere quanto stesse odiando, dal profondo del cuore, quella giornata.











- Benvenuto al Honey 96! Che cosa ti posso portare? -

L'uomo alzò appena gli occhi dal menu colorato per vedere il viso sorridente, ma comunque molto stanco, della cameriera bionda del locale.

- Emh... - esitò un secondo, riportando lo sguardo sul foglio plastificato che reggeva tra le mani tatuate - In realtà non ho ancora deciso. Potrei avere ancora qualche secondo? -

- Certo, nessun problema! Ripasso più tardi -

La ragazza gli rivolse un nuovo sorriso cordiale, prima di allontanarsi verso un altro tavolo.

L'uomo si lasciò andare contro lo schienale della poltroncina su cui era seduto.

Sbuffò e portò una mano alla tasta posteriore dei pantaloni, dove sapeva esserci ancora il proprio telefonino. Erano quasi le 4 del pomeriggio, e lui era bloccato lì.

Quel giorno era stato un continuo altalenarsi di eventi particolarmente spiaceli a piccole, grandi, gioie.

Era riuscito a rivedere e passare un bel po' di tempo con sua sorella e suo fratello, dopo una vita che non si vedevano tutti insieme.  Prima gioia della giornata.

Aveva incontrato... lui. È quella era stata la seconda gioia della sua giornata.

Ma aveva mandato tutto in vacca, con i suoi modi di fare abbastanza... grezzi, e aveva già ricevuto un poco implicito due di picche prima ancora di poterci seriamente provare. Primo, ovvio, enorme evento spiacevole.

Suo fratello gli aveva poi fatto una lavata di capo che nemmeno quando aveva quindici anni gli era mai capitato di subire, e gli aveva giustamente fatto notare che si era comportato da egregio cazzone. Seconda sfiga del dì.

Ed infine, la crème de la créme, la sua moto aveva ben pensato di collassare malamente in mezzo alla strada, lasciandolo a piedi e costringendolo a rifugiarsi nel primo posto aperto per aspettare l'arrivo del suo migliore amico.

Se avesse potuto, Alberich avrebbe sbattuto la testa sul tavolo più che volentieri.

- Che giornata del cazzo -








- Ehi, Summer. Hai bisogno di una mano con i tavoli? -

Dall'altro lato del bancone, Robert osservò con aria preoccupata la propria collega venire verso di lui.

- Se potessi te ne sarei eternamente grata, Rob - sospirò la bionda distrutta, ponendo sul proprio vassoio un paio di bicchieri di soda che il ragazzo aveva giusto finito di spillare - Quelli del tavolo 5 mi stanno tirando via la pelle di dosso -

- Il gruppetto di liceali? - chiese conferma, sporgendosi appena per dare un occhio alle persone sedute dall'altra parte del locale.

- Sì - gemette, addolorata - I ragazzini sono i peggiori. Creature ignobili...-

Robert si lasciò scappare un risolino.

- Lo sai che anche noi siamo lo siamo stati a suo tempo, vero? - le fece notare, divertito.

La bionda scosse con forza la testa, sgranando gli occhi.

- No no - fece oscillare un dito - Io alla loro età mica ero così, e scommetto che lo stesso vale per te -

Fecero appena in tempo a girarsi i due per vedere uno dei ragazzi del tavolo infilarsi due cannucce di carta nel naso, ed iniziare ad agitare le braccia come una scimmia, scatenando l'ilarità dei compagni.

- Eww - fecero entrambi, in sincrono.

- Ok, hai ragione - concordò il castano - Non eravamo assolutamente così -

- Visto? -

Il suono di un bicchiere che si infrangeva al suolo li fece sobbalzare.

- Ti prego dimmi che quella scimmia non ha appena rovesciato uno dei milkshake che gli avevo giusto portato poco fa -

Summer si girò verso Robert, ad occhi chiusi, facendo lunghi e profondi respiri.

- Dimmilo, ti prego. Sennò potrei non rispondere delle mie azioni -

Il castano fece per sporgersi per controllare la situazione alle sue spalle.

- No, quella scimmia non ha fatto rovesciare un milkshake... -

La bionda strinse le labbra, e strizzò gli occhi ancora chiusi.

- Li ha rovesciati tutti. Vero? -

- Già -

- Ma porca... -

La ragazza si premette una mano sulla bocca, per non completare l'imprecazione.

- Se vuoi vado io da loro... -

- No - lo fermò lei, risoluta - Ci vado io. Tu piuttosto vai a vedere se l'omaccione sexy al tavolo 9 è pronto per ordinare, mentre io vado a prendere uno spazzolone e a imprecare nello sgabuzzino -

Omaccione sexy?

Robert si accorse solo in quel momento dell'uomo seduto a qualche tavolo di distanza da lui. Era solo e dava le spalle a buona metà del locale.

Il castano strizzò appena gli occhi per captare più dettagli possibili dalla sua figura. Aveva... una sagoma familiare. Davvero troppo familiare...

Gli ci vollero alcuni minuti per comprendere per quale ragione quella persona gli sembrasse così nota, e quando capì, Robert partì a passo di carica.








- Lo sai che quello che stai facendo è tranquillamente perseguibile dalla legge? - 

Alberich sobbalzò visibilmente sulla poltroncina, evitando per un pelo di far scivolare a terra il proprio telefonino. Gli era quasi preso un accidente, e ne evitò un secondo per un pelo quando riconobbe la figura furiosa davanti a lui.

- Che cosa ci fai tu qua? - diede voce ai suoi pensieri, osservando il castano sorpreso.

- Che cosa_ Che cosa ci faccio io qua? - fu il turno del castano di far trasparire il proprio stupore - Che cosa ci fai tu qua, semmai! - gli fece notare, puntandogli la matita con cui prendeva le ordinazioni contro.

- La mia moto si è guastata praticamente qua davanti, e sto aspettando che mi vengano a prendere - gli raccontò, passando gli occhi sulla sua divisa e fermandosi sull'apetta del logo - Bell'uniforme comunque -

Robert sentì il sangue ribollire di rabbia.

- Non mi prendere in giro - batté un piede a terra - Pensi davvero che possa credere ad una scusa del genere? Fra tutti i quartieri, fra tutte le strade, in cui ti si poteva rompere la moto... proprio qua davanti? Serio? -

Anche Alberich lo riconosceva; era una situazione alquanto assurda. Fra tutti i posti in cui poteva capitare una cosa del genere, il destino aveva proprio voluto che succedesse là.

Sì, era davvero assurdo.

- Mi rendo conto quanto sia irrealistica come situazione... - sospirò il corvino, passandosi una mano tra i capelli - Però è successo, e non posso farci niente. Non sono un pazzo maniaco che si mette a pedinare le persone, se è questo che ti preoccupa -

- E io che ne posso sapere se stai dicendo il vero? - l'osservò con sospetto l'altro - Magari è tutta una tecnica studiata a tavolino la tua -

Alberich rialzò gli occhi chiari, e Robert si sentì perforare da quello sguardo.

Non aveva mai visto una persona avere uno sguardo tanto intenso. Lo faceva sentire... strano. Non sapeva nemmeno lui come lo facesse sentire.

- Ma tu sei sempre così? -

- Così come? -

- Diffidente verso gli altri -

Robert arricciò la bocca.

- Sempre - confermò, poi - La vita mi ha insegnato a diffidare sempre del prossimo. Specialmente degli sconosciuti e delle persone con stampato in fronte "poco raccomandabile" a caratteri cubitali -

Alberich si lasciò sfuggire una risata divertita.

- Ed io apparterrei ad entrambe le categorie, vero? -

- Esattamente - annuì Robert, assottigliando gli occhi.

- Sullo "sconosciuto" possiamo anche lavorarci, ma sul "poco raccomandabile" purtroppo non posso garantirti niente -

E lo sguardo che gli lanciò poco dopo fece intendere a Robert che non si stavano riferendo allo stesso tipo di "poco raccomandabile".

- Io con te non voglio lavorare proprio su un bel niente -

Il tatuato si portò una mano al cuore, fingendosi colpito.

- Così mi ferisci però -

Robert gli lanciò l'ennesima occhiataccia - Posso immaginare quanto ti possa dispiacere, guarda - commentò, sarcastico.

Ne aveva avuto fin sopra i capelli di quel buffone. Così, preparando taccuino e penna, si mise in posizione per prendere la comanda.

- Allora? Vuoi ordinare o no? -

- Mhh... - Alberich riportò l'attenzione per poco sul menò plastificato - Te rientri tra l'opzioni di scelta? - ammiccò.

Robert a momenti non gli tirò il taccuino in testa, arrossendo vistosamente in viso.

Uno screanzato!

Quell'orso pompato di steroidi non era altro che un grandissimo screanzato!

- Assolutamente no! - squittì, sconvolto.

- Allora prendo un milkshake alla pesca - optò, tranquillo, passandogli il foglio come se nulla fosse.

Robert rimase interdetto per un secondo, però poi si riprese e dopo aver scritto l'ordine con fastidio, prese il menù e se ne andò via.





Tornato a lavorare dietro al bancone del locale, Robert non mollò nemmeno per un secondo con lo sguardo il corvino tatuato.

Non si fidava di lui, e non si sentiva propriamente a suo agio nel saperlo a così metri di distanza.

Anche se si era accertato di quello che gli aveva raccontato, mandando la povera Summer a controllare se ci fosse davvero una moto davanti all'Honey, c'era qualcosa in quel ragazzo che non gli quadrava del tutto. Non si fidava.

C'era sotto qualcosa. Ci avrebbe scommesso.

- Se continui a fissarlo con così tanta insistenza, potrei iniziare a credere che l'omone sexy ti piaccia, Robby -

- Ma sei completamente fuori di melone, Summer? - l'osservò, allucinato - Come può venirti in mente una follia simile, si può sapere? -

La bionda inarcò un sopracciglio, mettendosi entrambe le mani sui fianchi.

- So riconoscere uno sguardo interessato quando ne vedo uno -

- Che?? - squittì d'istinto, attirando l'attenzione di un paio di signore sedute al bancone - Summer, ripigliati. Io non ho nessunissimo sguardo interessato. Interessato! Ma figuriamoci! Al massimo, l'unica cosa che mi può interessare è sapere quando leverà le tende - aggiunse subito dopo, con un tono di voce più moderato.

Summer non parve ascoltarlo, e lo capì quando vide un enorme sorriso sornione formarsi sul viso della collega.

- See - ridacchiò - Ci credo -

- Sono serio! -

- Non lo metto in dubbio - ridacchiò, ancora.

- Summer, sono davvero davvero serio! -

La ragazza scosse appena la testa.

- Robert, guarda che non ci sarebbe niente di male nell'ammetterlo -

Il castano si sentiva prossimo all'esplosione isterica peggiore della sua vita, e dovette lottare con tutto se stesso affinché questo non accadesse. Per questo si limitò a farsi scappare un verso di esasperazione, attutito dalle labbra ben serrate.

- Non c'è niente da ammettere, perché non c'è nessun tipo di interessamento da parte mia - precisò, fissando bene negli occhi la ragazza.

- Mh - mugugnò allora lei - Niente di niente? - ci tenne ad essere sicura.

- Niente di assolutissimamente niente - annuì, lanciando di sfuggita uno sguardo al tavolo dell'Orso-tattoo.

- Anche se riconosco che fisicamente sia... ben piazzato, questo non implica necessariamente che ci debba essere dell'interessamento. E ho anche le mie ragioni, credimi, per non volerci avere a che fare -

- Sarà - scrollò le spalle, posizionando su un vassoio vuoto un paio di lattine di soda - Ma secondo me formereste una bella coppia -








Il tempo continuò a passare inesorabilmente, e in un battito di ciglia si fece il crepuscolo fuori.

Il locale si era per lo più svuotato, ma Robert sapeva che si sarebbe trattato solo di una calma momentanea. Un piccolo momento di semi pace prima della tempesta che si sarebbe abbattuta su di loro per l'orario di cena.

Mentre Summer era intenta a pulire con energia alcuni tavoli dall'altra parte dell'Honey 96, Robert era ritornato nella sua postazione dietro il bancone.

Non c'erano davvero quasi più clienti da servire, e gli unici rimasti si potevano contare sulle dita di una mano. Orso-tattoo compreso.

Il castano tirò fuori dalla tasca del grembiule il proprio telefonico, e rimase sorpreso nel constatare che mancavano giusto pochi minuti alle 6:30 del pomeriggio.

Il ragazzo tatuato era rimasto seduto per quasi tutto il tempo al suo posto, in silenzio e tranquillo, senza dar noia né alla sua collega né a lui. Aveva giusto ordinato altri due milkshake a Summer, e li aveva sorseggiati con apparente calma mentre digitava con frenesia sul telefonino.

Forse un piccolo segno che non fosse in realtà così tranquillo come sembrava dare ad un prima occhiata.

- Ehi, scusami -

Quando si parla del Diavolo...

Robert alzò appena lo sguardo per incontrare nuovamente quello chiarissimo del tatuato, e non appena lo fece sentì una strana morsa all'altezza del petto.

- Posso chiederti una tazza di caffè? - gli domandò, appoggiando gli avanbracci sul bancone

Robert annuì, e si diresse verso la macchina del caffè.

- Niente più milkshake? - gli venne spontaneo chiedere, mentre afferrava una tazza di ceramica pulita e la caraffa di caffè.

Il corvino scosse la testa.

- Se ne bevo un altro rischio che mi venga il diabete. Ho bisogno di bilanciare gli zuccheri del sangue -

A Robert sfuggì una risata sommessa, mentre gli versava il liquido fumante e scuro davanti agli occhi.

- Non credo che una tazza di caffè possa bastare, sinceramente - gli fece notare, passandogli la tazza.

- È per questo che sono venuto qua a prenderlo qua da te, e non l'ho chiesto alla tua collega - sorrise - Comunque grazie... - si sporse appena per leggere meglio la targhetta di metallo, pinzata sulla camicia - Robert -

Il modo in cui marcò sul suo nome gli fece per poco perdere un battito, ma non glielo diede a vedere.

- Mi stai dando implicitamente dell'acido? - inarcò un sopracciglio scuro.

Il tatuato nascose un sorriso dietro alla tazza fumante - Giusto un po' -

- Togli pure il "po'" - iniziò - So di essere una stronza acida fino al midollo - finì, scrollando le spalle ed andando a riporre la caraffa di liquido marrone.

- Acido e diffidente. Certo, che è un'accoppiata micidiale - ragionò ad alta voce Alberich, dopo aver preso un altro sorso di caffeina.

- Già. Aggiungici pure facilmente irascibile, permaloso e polemico. Un sacco di aggettivi terribili che tutti insieme formano il peggior incubo di chiunque. Fossi in te scapperei a gambe levate, finché posso - gli consigliò, caldamente. 

- Nah. Non sono uno che scappa così facilmente dalle situazioni difficili - scosse la testa, lanciandogli una lunga occhiata - E poi sei uno spasso. Punzecchiarti è una vera goduria -

Ed eccolo lì, di nuovo. Quello sguardo così intenso che non preannunciava nulla di buono, e lo faceva sentire fortemente a disagio.

- Lieto di essere diventato il tuo giullare di corte - incrociò le braccia al petto, con fare infastidito - Non doveva venire il tuo amico a prenderti? -

Che tradotto voleva essere "Quando ti levi dalle palle, esattamente?".

- Già - strinse le labbra in una linea sottile - Doveva essere qua già ore fa... -

Sembrava davvero infastidito dalla cosa, e per questo Robert decise di non infierire con nessun'altra battuta o frecciatina.

Effettivamente era lì dentro da un sacco di ore, e chiunque nella sua situazione dopo anche solo la metà del tempo avrebbe iniziato a dare di matto. Sicuramente Robert lo avrebbe fatto.

- Hai provato a sentirlo? -

La sua domanda lo fece sorridere amaro.

- Non ci avessi provato. È tutto il pomeriggio che gli scrivo -

- E chiamarlo? -

- Pure -

Il castano iniziò a sentirsi dispiaciuto per lui, ma cercò di accantonare quei pensieri in un angolo della sua testa.

Doveva ricordarsi prima di tutto di chi avesse davanti, e soprattutto di chi fosse il fratello.

Come poteva dimenticarsi di quello che era successo solo poche ore prima? Come poteva dimenticarsi di ciò che era successo a Lyla?

Anche se non era stato direttamente Alberich a farle del male, non poteva comportarsi come se niente fosse. Era pur sempre il fratello di chi aveva trattato malissimo la sua migliore amica.

Non avrebbe mai potuto dimenticare una cosa simile.

Il suo flusso di pensieri venne interrotto dallo squillo di un telefonino, che realizzò essere quasi subito quello del corvino davanti a lui.

- Oh, finalmente! - lo sentì sospirare, sollevato, mentre accettava rapido la telefonata - Tom, e che cavolo! Si può sapere che fine hai fatto, amico? -

Robert non seppe mai cosa l'amico del tatuato gli disse al telefono, ma non ce ne fu bisogno. Riuscì lo stesso ad immaginarselo dalle sue espressioni.

Tom non sarebbe venuto.

- Cristo! - lo sentì rispondere, passandosi una mano tatuata sul viso, per poi sbuffare sonoramente - Devo supporre che nemmeno nessuno degli altri possa venire qua, vero? -

Attese la risposta, e scoppiò a ridere.

Una risata bassa, cupa.

- Grandioso. Veramente grandioso - e l'ennesimo sbuffo.

- Troverò un modo per arrangiarmi. Grazie lo stesso, Tom. Salutami gli altri -

Quando chiuse la telefonata, l'omone tatuato sembrava essere prossimo a sbattere la testa contro il bancone.

Fu in quel momento che il dispiacere tornò a farsi sentire nel petto di Robert.

- Ti ha dato buca -

Un'affermazione.

Nessuna domanda.

- Già - annuì, prendendo un altro lungo sorso di caffè.

- Non hai nessun altro che possa venirti a prendere? -

Il corvino scosse la testa.

- Mia sorella a quest'ora se ne sarà già tornata a Filadelfia, e mio fratello è troppo impegnato per potermi venire a prendere sta sera -

Nel sentire nominare il dottore, Robert socchiuse gli occhi e strinse le labbra in una linea dura.

- Oh, immagino. Sarà troppo impegnato con la sua ragazza -

Alberich alzò fulmineo il viso, per osservarlo con evidente confusione.

- Eh? - fece - Di chi stai parlando? -

- Della sua ragazza, ecco di chi -

Alberich sembrò ancora di più confuso di prima.

- Stai parlando della tua amica? Non sapevo avessero già ufficializzato -

Il castano sentì il sangue andargli alla testa.

- Non prendermi per il culo. Sto parlando della sua ragazza, quella di oggi -

Il corvino tatuato batté le palpebre un paio di volte. Gli ci vollero alcuni secondi per realizzare di chi stesse parlando Robert, e quando lo fece... scoppiò in una risata fragorosa.

- No, aspetta un secondo... - riuscì a dire, tra una risata e l'altra - Non starai parlando di... di... di Katia, spero - rise ancora.

- Che ne so di come si chiama. Parla della tipa con cui eravate oggi a pranzo -

Non fece in tempo a dirlo, che il corpo del corvino venne scosso da una nuova risata ancora più forte.

- No, oddio. Questa gliela devo dire a Katia dopo. Che storia -

Robert strinse la mascella ancora più infastidito.

Che cosa diavolo c'era di così divertente?

- Posso sapere, per cortesia, che cosa di fa ridere così tanto di gusto? -

Prima di rispondergli, Alberich parve asciugarsi via una lacrima che gli stava sfuggendo dall'angolo dell'occhio.

- Te lo spiego subito, scusami - ritornò a parlare normale - Katia, la ragazza che era con noi oggi, è nostra sorella -

Oh...

Robert rimase ammutolito, mentre le braccia gli ricaddero ai lati del corpo.

- Sei serio? - fu l'unica cosa che riuscì a domandare.

Il corvino annuì.

Robert sentì l'impellente bisogno di dover avvisare immediatamente l'amica, e così fece.

- Scusami un secondo - e prese in un lampo il proprio smartphone, e con altrettanta velocità scrisse a Lyla.

Si sentiva un'idiota nel non aver neanche lontanamente calcolato la possibilità che fosse la sorella. Avrebbe dovuto intuirlo che c'era qualcosa di strano.

- Oh, ora capisco... -

Robert si rivolse verso il corvino, che lo stava osservando attentamente, mentre si reggeva il mento con una mano.

- Tu pensavi che Katia fosse la ragazza di mio fratello, e che di conseguenza lui stesse prendendo in giro la tua amica, con cui sappiamo entrambi avere qualcosa... - ragionò - Perciò, e su questo ci posso scommettere, sei stato così lapidario con me proprio per questo - e il sorriso con cui finì di dirlo, fece storcere la bocca a Robert.

- Non è vero - disse, in un primo momento - Solo in parte - aggiunse poi.

Alberich sorrise vittorioso, consapevole di aver fatto centro.

- E l'altra parte a cosa sarebbe dovuta? - volle informarsi.

- A quel gesto osceno che hai fatto al ristorante, e ai tuoi modi di fare -

E quando Alberich riprese a ridere, Robert sentì l'infrenabile desiderio di rovesciargli addosso la caraffa di caffè bollente.


















HARLEY'S BOX:

Allora.

Ci siamo!

Questo capitolo mi è costato un pezzo di anima, che non ne avete idea.

Avrei dovuto finirlo mesi fa, ma poi si sono messi di mezzo gli esami (stendiamo un velo pietoso, ve ne prego), poi la vita e adesso l'uni.

Se consideriamo poi il fatto che entro in uni alle 10, esco alle 19:30 e devo comunque trovare il tempo per studiare e vivere... vorrei avere uno sgabuzzino in cui rinchiudermi e urlare. Ho detto tutto.

Ma passiamo alle cose importanti

IL CAPITOLO NON È FINITO.

E qui posso percepire la vostra confusione.

Il capitolo sarebbe dovuto andare oltre, ma visto che sono già oltre alle 4000 parole e 17 fogli di word... ho pensato di tagliare qua, e andare avanti nel prossimo.

Ci tengo molto a rinnovarvi un particolare invito, visto che ho notato che in molti non mi avete ascoltata (in realtà manco letta mavabeh)





ATTENZIONE

SUPER ATTENZIONE

GUARDATE IL TESTO IN CAPSLOCK

SE SIETE ALLA PRIMA LETTURA DI DIVERSI, VI SCONSIGLIO DI ANDARE AVANTI A LEGGERE PERCHÉ SE MISCHIATE CAPITOLI NUOVI (R) E VECCHI NON CI CAPIRETE UNA FAVA

PERCHÉ CI SONO DEI BUCHI TEMPORALI E AVVENIMENTI CAMBIATI

SE VOLETE ANDARE AVANTI SIETE LIBERI DI FARLO, ma io comunque vi ho avvertito

Ci tengo a ripeterlo perché, non voglio risultare scortese, ma mi sono ritrovata sommersa di commenti e messaggi... e mi sono un po' rotta di continuare a rispondere sempre la solita tiritera.

Mi spiace veramente, perché so essere colpa mia comunque tutta questa confusione.

Io mi trovo da una parte a volere riscrivere la storia (perché i vecchi i capitoli lascatemelo dire erano osceni e io avevo iniziato a vergognarmene) e dall'altra ad andare avanti.

Non è una situazione facile, e ora come ora non si può tornare indietro.

Vi chiedo di pazientare almeno finché non arriverò al capitolo 9 e da lì la situazione sarà molto più easy.

Io adesso scappo e vado a morire in un angolino freddo della stanza

Bacini stellari a tutti

-Harley



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