two ❪ HOW TO FLY ❫




3.592 parole

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giorno della cerimonia della scelta

Si pentì subito. No, non della scelta che aveva, oramai, compiuto da più di sette minuti e tredici secondi e neanche di ciò che aveva voluto dimostrare ai rappresentanti delle cinque fazioni presenti. Fu quando il sole le accarezzò la pelle non totalmente chiara e le illuminò il viso facendo si che tutti potessero vedere la brezza scuoterle leggermente i capelli mori legati parzialmente, che si pentì. E lo fece della cosa più stupida del mondo che non avrebbe neanche considerato un giorno prima, ancora insicura, debole nelle sue azioni poiché non totalmente persuasa al cambiamento che, però, sapeva di desiderare da tempo incalcolabile. Si rammaricò di non aver indossato qualcosa di più comodo, di non aver trafugato quelle scarpe da ginnastica blu che aveva rubato ad un erudito nella loro ora di Nuoto condivisa e di non averle portate come riserva.


Si diede scherzosamente della stupida per non aver pensato ai secondi dopo che avrebbero seguito la Cerimonia della Scelta una volta giunta alla sua fine. Ne aveva viste sette, anche insieme a Cora, di quelle giornate. Nascoste dietro alle entrate della Scuola nella speranza di riuscire a sbirciare all'interno della sala e ad osservare i nuovi iniziati andare via con le fazioni scelte. Apparivano completamente diversi l'una dalle altre, chi se ne rimaneva in silenzio, chi si abbracciava, chi chiacchierava e chi correva a perdifiato. Li vedevano, gli Intrepidi, spintonarsi ed accelerare verso il centro della città, incuranti di chi si trovasse sulle strade e rischiando anche di travolgere persone totalmente estranee alla loro situazione giornaliera. Aurora ne era da sempre rimasta immobilizzata, quella macchia nera spezzata solo dai colori di chi un Intrepido era, per adesso, solo nel cuore e non nel modo di presentarsi, unita, compatta, a dimostrazione che quella fazione, a discapito di ciò che veniva detto, un'anima ce l'aveva ed era quella di tutti i giovani che insieme gridavano alla libertà e a quante nuove cose avrebbero potuto fare una volta diventati membri a tutti gli effetti. La ex-Candida ricordava di aver visto un ragazzino di diciotto anni, proprio come lei era adesso, prendere in braccio due iniziate Trasfazione e portarle con sé in un luogo che non era mai riuscita a vedere e di aver condiviso lo stesso sorriso che indossavano le due giovani, sognando che un giorno questo accadesse anche a lei. Una volta sua sorella le aveva detto che se i suoi genitori le avessero viste correre, si sarebbero beccate una bella strigliata e quattro scappellotti ciascuno sulla nuca. Quindi fu proprio quello che fecero: due ragazzine di undici anni, indistinguibili se non per i diversi abiti che portavano, correvano per le viuzze di Chicago accanto ad un gruppo di Intrepidi che avevano scosso la testa e scompigliato i capelli di Aurora, quasi come a dirle Ci vediamo presto. Inutile sottolineare che dovettero affrontare una punizione più severa di quella che avevano programmato, ma che comunque considerarono quanto fatto necessario e, soprattutto, divertente come nessun'altra cosa prima di quel momento.


Scosse il capo ed osservò chi le stava vicino, impegnato in una corsetta leggera che presto si sarebbe trasformata in una vera e propria gara a chi sarebbe arrivato prima al luogo prescelto. Osservò che gli iniziati delle altre fazioni erano pochi rispetto agli anni precedenti, solo otto e la maggior parte provenienti dagli Eruditi, anche se quest'ultimo fattore non era di certo una novità. Accanto a lei poteva scorgere le figure di qualche Nato Intrepido pronto  farsi valere nella sua fazione di nascita. La giovane si ritrovò a ragionare sulla faccenda che, nonostante non tutti condividessero un aspetto allenato e pronto a mettersi in gioco, nessuno sembrava fuori posto. Certo, era impossibile non notare gli sguardi preoccupati nascosti da espressioni apparentemente rilassate o dei respiri più profondi che facevano fatica a rimanere stabili nonostante la corsa insignificante. Eppure nessuno mostrava pentimento, tristezza o rimpianto. Le uniche lacrime che aveva visto scorrere sui volti dei Trasfazione erano state nel momento del saluto con le proprie famiglie, anche se per pochi attimi e da lontano, poi tutti avevano iniziato a dimenarsi, a correre, a buttare gli abiti ingombranti che, evidentemente, non riuscivano a contenere l'euforia inattaccabile dei ragazzi. Col senno di poi, anche Aurora avrebbe potuto gettare in terra la sua giacca bianca dal colletto nero per poi guizzare fuori e darsi alla pazza gioia come tutti gli altri. Aveva, al contrario, deciso di stringersi nelle sue vesti per un'ultima volta, assaporando una realtà che mai più le sarebbe appartenuta e cercare di non dimenticare usi e tradizioni della sua fazione così da non associarsi mai a questi ultimi.


Ringraziò mentalmente e per un attimo sua nonna Vìra per averla costretta ad indossare quelle stramaledette scarpe alte anche da bambina, quando il suo unico desiderio era quello di giocare nel fango e strappare margherite che l'avrebbero aiutata a rispondere alle sue svariate domande. Aveva fatto entrambe le cose, ma sempre con scarpe eleganti che finivano nella spazzatura alla fine della giornata per colpa del suo spirito avventuriero e poco conservativo. Ecco, ancora, un altro motivo per il quale non sarebbe mai potuta restare nei Candidi: infatti, per quanto le piacesse prendersi cura di se stessa e donarsi un aspetto presentabile, se l'occasione assecondava, Aurora non faceva cerimonie e si gettava in situazioni che l'avrebbero portata, senza alcun dubbio, a disfarsi completamente senza che le importasse di chi potesse vederla o prenderla in giro, cosa che accadeva frequentemente durante i suoi anni d'infanzia. Una goccia di sudore le imperlò la fronte e lei fu veloce a pulirla con il dorso della mano, già convinta che quella singola goccia avrebbe potuto distrarla se fosse scorsa accanto ai suoi occhi.


Il primo del gruppo lanciò un grido e accelerò di nuovo, beccandosi non pochi insulti soprattutto dai nuovi arrivati. Aurora continuò a correre, in posizione media rispetto ai suoi compagni e si concesse di strabuzzare gli occhi quando proprio colui che aveva condotto i ragazzi ad una velocità maggiore iniziò ad arrampicarsi su una delle fondamenta per i binari del treno che percorreva tutta la città di Chicago che aveva l'aria di essere piuttosto pericolante. Osservò poi come gli altri imitarono il gesto nel modo più frettoloso possibile, forse spaventati all'idea di perdere il loro passaggio oppure eccitati nell'entrare nel mezzo per la prima volta da Intrepidi ufficiali. La giovane scosse il capo e si avvicinò ad uno dei pilastri, corrucciando leggermente al colore arrugginito di quest'ultimo, costringendosi, poi, ad ignorarlo totalmente. Non era l'unica rimasta e questo le scaldò il cuore in un moto egoistico di non essere, almeno in quel momento, la peggiore del gruppo degli Iniziati di quella classe. Si accorse presto di non poter salire facilmente con quelle dannate scarpe e che, allo stesso tempo, non poteva semplicemente toglierle poiché si sarebbe sicuramente tagliata con i ciottoli, macerie e travi presenti in tutta l'area della sua città. Si diede uno slancio abbastanza forte, piegando le ginocchia ed aiutandosi con un movimento di braccia che le permise di raggiungere il primo step per superare ufficialmente quel passo. Mancava solo un altro che superò con leggiadria, decidendo che avrebbe semplicemente fatto forza sulle braccia che aveva allenato molto da quando aveva abbracciato il programma sportivo offerto dall'istituto scolastico.


Quando si trovò accanto ai binari, tirò un sospiro di sollievo che l'aiutò anche a rimuovere delle ciocche di capelli ribelli che non erano più ferme grazie al codino. Chiuse gli occhi per un secondo, rilassandosi e lasciando che i suoi muscoli trovassero attimi di tregua prima che fossero abusati e rovinati nelle prossime settimane a causa dell'allenamento che, sicuramente, sarebbe stato duro, più pesante di quanto già stava immaginando. Per un tempo breve, non senti altro che il suo respiro leggermente ansimante ed il vento dolce farla fremere: era questa la sensazione che più bramava, il desiderio di poter sentire qualcosa e di non interrogarsi su di esso per trovargli una spiegazione plausibile, la voglia di poter urlare per liberarsi di tutto quel peso che nei mesi precedenti era stato completamente riversato su di lei senza condizioni.


Senza che lei se ne rendesse completamente conto, qualcuno le picchiettò un dito sulla spalla sinistra e lei si voltò di scatto, disturbata e, allo stesso tempo, confusa per l'interruzione. Si rilassò visibilmente quando incontrò lo sguardo familiare di quella Pacifica – ops, ex-Pacifica – che le aveva fatto compagnia il giorno prima e con la quale aveva condiviso un bel mucchio di risate. «Non credevo ai miei occhi quando una rozza di mia conoscenza è diventata una Trasfazione proprio negli Intrepidi, non l'avrai per caso fatto per me?» commentò Micah scherzosa, ponendosi giusto al suo fianco ed osservando il luogo da dove sarebbe dovuto sbucare da lì a pochi minuti il treno.


«Ci hai preso in pieno, dolcezza, non ho resistito. Appena ti ho vista scegliere mi sono detta: come posso lasciarla lì da sola in un branco di lupi?» resse il gioco Aurora, decidendo di comportarsi nel migliore dei modi con chiunque le avesse rivolto la parola e, nonostante Micah le fosse decisamente simpatica, questa sua norma individuale valeva per tutto il resto non volendo, di certo, inimicarsi la fazione già al primo giorno.


Quando la rossa si concesse un risolino, l'altra giovane si ritrovò a fare lo stesso, fondando la teoria che la prima avesse una risata talmente bella e sincera da essere coinvolgente anche per lei che preferiva, sicuramente, stare più sulle sue in termini personali. «In ogni caso, non me l'aspettavo, ma ne sono stranamente contenta. Almeno così avrò una compagna con cui scherzare degli altri...»


Roteò gli occhi in un gesto plateale e si portò al petto una mano nel medesimo modo, rilasciando un sospiro fintamente sorpreso. «Non ci siamo, signorina, qui si è troppo cattivi per essere stata una Pacifica, non lo accetto!» sentenziò, aggiungendo altri effetti grazie al piede destro sbattuto a terra.


«Secondo te perché sono scappata?» le fece la linguaccia «Inoltre, non puoi negare che il frontino dell'Erudito non abbia un certo fascino» iniziò, facendo volgere lo sguardo della mora verso il ragazzo additato. «Mi fa salire una certa voglia, credi che ci stia?»


Prima di risponderle, Aurora rifletté sul fatto che, talmente presa da se stessa e dai suoi ricordi, non aveva neanche notato che fossero, effettivamente, gli altri suoi compagni se non attraverso un'occhiata superficiale. Bene, a discapito dei risultati del Test, la giovane non era Abnegante in nessun senso. «Io lo trovo davvero carino, magari gliel'ha cucito la nonna o la mamma, vedo dei nomi incisi sopra» commentò, un lieve sarcasmo ad adornarle la voce di qualche tonalità più bassa rispetto alla media.


«Un mammone non rientra tra i miei desideri»


«Io accanto a te ci vedrei proprio un muscoloso, affascinante, avvenente, attraente, dolce, sensibile e tatuato Intrepido» scherzò la mora beccandosi delle occhiatacce dalla sua compagna che, però, stava per cedere e donarle un sorrisino divertito «Già ti immagino tutta innamorata e presa da lui che mi abbandonerai subito»


«Sei proprio un'idiota»


«Grazie, tutti me lo dicono» si pavoneggiò, constatando, nello stesso momento, che erano state poche le persone che l'avevano coinvolta al tal punto da essere così amichevoli già dal secondo incontro. Aurora diede la colpa, se così ci si poteva riferire, di questo suo carattere stranamente benevolo e simpatico al nervosismo di cambiare fazione e di non trovare qualcuno con cui condividere il suo cammino. In realtà, sapeva benissimo che l'aria frizzante di Micah era l'unica colpevole delle azioni della giovane e, almeno per adesso, non avrebbe potuto desiderare di incontrare persona più adatta con la quale stare insieme.


La mora osservò che la sua nuova amica stava per dire qualcosa ma venne bruscamente interrotta dal fischio del treno in arrivo, un suono che Aurora aveva avuto il dispiacere di sentire durante le prime ore del mattino per via della vicinanza che la sua casa aveva con i binari dell'ammasso di metallo. Non appena lo vide arrivare, una serie di brividi irruppe sulle braccia della giovane, anche se coperte dalla giacchetta e si ricordò improvvisamente di non aver mai visto il mezzo fermarsi per far salire su le persone: dopotutto, nessun'altra fazione al di fuori degli Intrepidi usufruiva di quel servizio e, nel caso avessero dovuto effettuare spostamenti, le quattro divisioni rimanenti avrebbero usato automobili invece che del treno. Impallidì leggermente alla realizzazione che non aveva assolutamente idea di come comportarsi in quella situazione e sperava che i Nati Intrepidi avrebbero mostrato cosa fare ai nuovi arrivati. E lo fecero, eccome se lo fecero. Lo stesso ragazzo che era primo nel momento della corsa, indietreggiò leggermente dalla sua posizione iniziale e si massaggiò leggermente la coscia dandosi, successivamente, uno slancio e gettandosi in uno dei primi vagoni del treno.


Aurora deglutì e, per un solo attimo, penso a come sarebbe potuta essere la vita da Escluso visto che quel processo, più che mostrare coraggio e determinazione, stava ad indicare un suicidio consapevole anche in un perfetto stato mentale. Con gli occhi chiari seguì gli altri suoi compagni provare ad entrare all'interno del mezzo d'acciaio constatando come alcuni dovettero ripetere l'operazione. Man mano che il treno si avvicinava alla sua figura, l'idea di mollare tutto e subito prendeva la forma di un qualcosa di reale. Non aveva mai fatto una cosa del genere e quelle poche volte che aveva saltato da un balcone ad un altro per raggiungere la camera di sua sorella le sembrarono sciocchezze da bambini nonostante al tempo pensava fossero mostra del suo immenso valore. Il fischio della scatola animata elettricamente era sempre più forte, stordendo qualsiasi linea di pensiero Aurora stesse cercando di seguire e, con uno scossone da parte di Micah che si era già approcciata al suo primo salto, provò.


Fu come fare un salto nel buio, sapendo consciamente ed inconsciamente che quello sarebbe potuto essere l'ultimo suo gesto. La distanza tra i binari e la porta del treno era minima, un passo un po' più largo ed anche il più basso del gruppo sarebbe riuscita a superarla, ma tutt'altra storia era quando quella distanza rappresentava, metaforicamente, il proprio futuro. La mora decise di non chiudere gli occhi, cercando di godersi, in qualche screanzato ed idiotico motivo, la sensazione di star volando, di non percepire più la terra sotto i piedi e di sentirsi, ritornava ancora una volta, libero. Non seppe quanti secondi passarono o, per la precisione, per quanti attimi di secondo si librò in aria, ma, ad un certo punto, sentì di potersi dichiarare, finalmente, stabile. Deglutì rumorosamente attirando occhiate curiose da coloro che le erano più vicini anche se nessuna parola venne pronunciata a questo atto che venne giudicato più che normale. Il suo corpo tremava, non per la paura o per scaricare la tensione, ma solo per adeguarsi al meglio alla velocità elevata del treno che permetteva di restare immobili solo per una frazione di secondo.


«Se non siamo morte adesso, non penso che altro ci possa fermare» scherzò Micah, solo a due metri di distanza da Aurora. Il suo aspetto le infuse una sorta di divertimento: i capelli, prima del salto ordinati nel suo stato perennemente ribelle, si diramavano in ogni direzione assomigliando agli alberi che la ex-Candida sapeva essere interminabili nei campi dei Pacifici. I suoi occhi erano contornati da uno strato rossiccio sottolineando quanto il vento, mischiato con l'adrenalina, avesse preso completamente possesso del corpo formoso della sua nuova amica.


Ricordandosi di doverle rispondere, la mora si limitò a schioccare la lingua sul palato e a dissentire con il capo. Aveva la strana sensazione che quello non sarebbe stato l'inizio di qualcosa di dolce, docile, di una via in discesa. Anni dopo, l'avrebbe considerato come l'inizio della sua fine personale.













– pochi minuti dopo –

Si era seduta sul pavimento lercio del mezzo di trasporto, per la prima volta incurante di come si sarebbe ritrovata una volta alzatasi per raggiungere il quartier generale della sua nuova fazione. I suoi pensieri, in quel viaggio che le sembrò essere di ore quando, in realtà, erano trascorsi pochi minuti dal suo inizio, spaziavano come mai avevano fatto prima di quel momento, incontrando argomenti che Aurora pensava di aver completamente rimosso dalla sua mente.


Si costrinse a mordersi la punta della lingua quando il ricordo di sua sorella le balenò in testa per non chiedere alla rossa, con la quale adesso era spalla contro spalla, come si svolgesse l'iniziazione lì. Non era il caso di parlare di altro oltre alla nuova vita da Intrepidi, eppure la mora non poté fare a meno di riservare una piccola porzione del suo animo a quella memoria che avrebbe tanto voluto perdere di Cora. Chissà cosa avrebbe fatto in quel momento se solo avesse potuto correre nei territori infiniti della fazione che avrebbe scelto. Sarebbe diventata più muscolosa, avrebbe dovuto abbandonare un po' della sua pigrizia e imparare a cucirsi un po' la bocca sul modo in cui si sarebbe dovuta vestire, ma sarebbe stata una Pacifica perfetta. Aurora era sicura che nessuno avrebbe meritato l'appellativo dolcezza più di sua sorella, nessuno avrebbe potuto sovrastare la sua personalità gentile ed esuberante e nessuno avrebbe potuto odiarla. Per distrarsi dal punto focale della sua mente, Aurora decise di sbattere il capo più e più volte sulle porte del treno che ormai si era allontanato dalla zona che conosceva.


«Almeno lascia che sia l'iniziazione a distruggerti, non farlo da sola!» una voce che non aveva mai sentito accompagnò la sua disperazione attraverso un tono malizioso e sarcastico. Questo commento le impose di guardare alla sua destra dove un giovane erudito le stava sorridendo in maniera dolce e semplice, un gesto contrastante con le parole pronunciate giusto attimo prima. Senza dire altro, la mora si limitò ad osservare il suo aspetto. Nonostante fosse seduto in uno dei pochi sediolini intatti del mezzo, poté comprendere che il ragazzo era abbastanza alto, anche se aveva poco su di lei. I suoi lineamenti erano un'altra cosa che non corrispondevano con la sua voce bassa e tremendamente roca – tanto roca che gli avrebbe consigliato di prendere un antibiotico se non avesse capito che quella era, effettivamente, la sua voce –, anche questi soffici e lineari, non riuscì a scorgere un'imperfezione sul suo volto dalla pelle diafana. «Mi chiamo Dante» si presentò e Aurora non riuscì a sopprimere il sorrisetto a quella presentazione.


«Non servono i vestiti per capire che sei un Erudito a quanto vedo» gli rispose, non staccando mai gli occhi da quelli scuri di lui. Si aspettò uno sbuffo oppure un commento acido da quella nuova conoscenza ma incontrò solo uno sbattere di mani ed una risata flebile.


«Candida, mh?» disse «Difficile non riconoscervi, questa lingua tagliente ammalierebbe tutti» si permise di dire, quasi come se avesse riconosciuto nella giovane un buon compagno di sarcasmo e acidità.


«Sono Aurora»


«Ed io Micah!» s'introdusse la ragazza al suo fianco, ottenendo un cenno col capo e lo stesso sorriso che prima Dante aveva riservato alla mora anche se era possibile intravedere un velo di curiosità attraversargli gli occhi per qualche secondo.


«Spero non ti dia fastidio quello che sto per dire, ma... una Pacifica negli Intrepidi? Sei sicura di essere abbastanza forte?» esclamò, gettando uno sguardo al di fuori del finestrino per osservare la città.


Aurora non si voltò per osservare il volto della sua compagna, ma poteva decisamente immaginare le mille sfumature di rosso che stavano attraversando il volto della giovane ragazza in modo tale che quest'ultimo fosse simile al suo colore di capelli. «Sicuramente sono più preparata di te, negli Intrepidi conta la forza e, dimmi, quanti campi hai arato negli Eruditi?». La ex-Candida trattenne un risolino alla risposta veloce e leggermente brusca di Micah che proprio non era riuscita a contenersi dal rispondergli a tono.


Dante annuì, stranamente soddisfatto da quell'insulto gelato che aveva appena ricevuto «Bene, bene, sì. Hai qualcosa di Intrepido in te – alzò le mani in segno di resa –, ammetto la mia ignoranza – poi scoccò un occhiolino – e, se posso permettermi, queste parole da un Erudito valgono tanto»


Micah continuò ad osservare il ragazzo con sguardo circospetto, ancora visibile il colore rossastro sulle gote per via dell'offesa che aveva subito, ma non parlò, creando tra i tre un silenzio che Aurora trovò stranamente confortevole anche se era palpabile la tensione che la sua amica emanava nello stare nel raggio di cinque metri da quell'Erudito. Al contrario della idea che la rossa stava maturando nella sua mente, la mora trovava interessante il giovane, anche se non completamente simile a lui. Nei pochi minuti in cui avevano chiacchierato, aveva visto qualcosa in lui, una gioia nel comprendere che non fosse da solo in quell'avventura e che potesse condividere sconfitte e traguardi con qualcuno, anche se si era già creato, non volendo, una mezza nemica.


La sua linea di pensiero venne interrotta da uno scossone poco gentile da parte di Micah che, anche quando si rese conto di aver attirato la completa attenzione di Aurora, continuò a compiere lo stesso gesto. «Dimmi che non stanno saltando... Dimmelo, Auri»











Mi scuso per il ritardo nel pubblicare questo capitolo, ma sono stata molto indecisa se pubblicarlo interamente oppure lasciarlo, per così dire, in sospeso e, facendo un paio di conti, sarebbe risultato sulle 10.000 parole quindi avrebbe anche un po' scocciato. Ci tenevo a ringraziare chi ha votato, commentato e anche chi legge silenziosamente perché mi basta sapere che la storia risulta interessante. Ovviamente sarei molto felice se trovassi qualche recensione o anche un commento semplice in modo tale da comprendere se c'è qualcosa in particolare da cambiare. Grazie mille!

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