Amor el Día de los Muertos

Ecco il mio disegno per il concorso di ElisaCaffari, spero ti piaccia e, qui di seguito, inserisco il racconto.

Il mio nome è Rosalia Marisela Martin e sono messicana, come lavoro faccio la giornalista. Scrivo da quando riesco a ricordare, non c'è mai stato nulla che contasse più nella mia vita dell'esprimere me stessa attraverso quel magnifico dono che è la parola e, perfino adesso che sono al tramonto della mia esistenza, mi ritrovo ad usufruire della mia vecchia amica un'ultima volta per raccontare qualcosa di me, in particolare, l'incontro con l'uomo che, fin dal nostro primo incontro, ha sempre rappresentato Amore. Se mai nell'esistenza vi capiterà di provare ciò che sentii io, allora mi capirete almeno in parte, vi riconoscerete in me, e realizzerete il mio desiderio più grande, perché solo chi sa quanto questo sentimento sappia essere puro e gentile, travolgente e passionale allo stesso tempo, ma anche doloroso quando risulta impossibile da raggiungere, saprà e sentirà attraverso le mie parole ciò che provai io. Inutile perdersi in inutili vaneggiamenti, come il mio mestiere mi ha sempre insegnato, a volte coesione e semplicità sono il modo migliore per attirare anche i lettori meno appassionati quindi spero mi perdonerete per la rapidità delle mie affermazioni, scusando l'eventuale oggettività e distacco come deformazione personale. Concludo infine questo breve prologo con un aforisma dell'autore Raùl Aceves : " Escribimos para olvidar, leemos para recordar " la cui traduzione è " Scriviamo per dimenticare, leggiamo per ricordare " quindi, mentre i miei ricordi si fissano sulla carta con queste parole, a voi, ai quali vengono donate, io faccio un'unica richiesta, qualsiasi cosa accada, vi prego, non ci dimenticate.

A quel tempo ero una giovane ragazza piena di sogni, ambizioni e desideri, l'unico obiettivo che avevo nella vita era farmi un nome nel crudele mondo dell'editoria d'informazione e fu quel bisogno bruciante di eccellere che, per puro caso, mi riportò dalla grande New York, nella quale mi ero trasferita per il motivo sopracitato, al mio luogo d'origine, il pericoloso, ma suggestivo Messico, la terra dei miei avi. Rivedere la mia famiglia rimasta lì quando mi ero trasferita altrove, circa cinque anni prima, non fu nemmeno il primo punto della mia lista di cose da fare, il minuscolo articoletto che avrebbero inserito nella rivista per la quale lavoravo, era ancora più importante. Nonostante il mio racconto non fosse destinato alla prima pagina e consistesse in un piccolo reportage sull'evento più importante di quel periodo, compreso fra l'1 ed il 2 Novembre, e conosciuto generalmente come "Commemorazione dei Defunti", in spagnolo "Dìa de los Muertos" o, ancora più semplicemente, "Dìa de Muertos", non m'importava, avevo solo intenzione di far fruttare quei due giorni al massimo, ma ancora non sapevo quanto ne sarei uscita profondamente cambiata. Fra interviste e ricerche sul computer, più cose mi venivano raccontate, più cominciavo a considerare sciocca e pagana quella festività, la convinzione che, preparando biscotti colorati da mangiare in famiglia sopra le bare dei propri defunti, avrebbe tranquillizzato gli spiriti e permesso loro di vivere in un mondo di eterna gioia, festività e beatitudine, era per me esilarante e primitiva, degna di popolazioni retrograde quanto la messicana rispetto all'americana, ma mi sbagliavo. Il primo dei due giorni lo passai girovagando per i cimiteri per fare delle foto alle famiglie che si accingevano a decorare le "tavolate" con fiori e statuette decorate che rappresentavano scheletri vestiti con abiti sfarzosi e coi capelli intrecciati, fu allora che sentii per la prima volta il suono della sua chitarra. Ricordo che, allo scopo di evitare quanto più possibile le folle e ricercando ambienti più intimi, avevo scelto come location per i miei scatti e le mie descrizioni, uno dei cimiteri più piccoli e lontani dal centro, non mi aspettavo di incontrare qualcuno a parte delle anziane signore o dei nuclei familiari piuttosto ridotti, quindi comprenderete la mia sorpresa quando, seguendo il suono che si perdeva nel vento freddo autunnale, mi ritrovai davanti ad un giovane uomo, che suonava il suo strumento leggermente scordato, davanti ad una bara spoglia, appoggiato ad il tronco di un albero. Solo a guardarlo mi sembrò di perdermi, i suoi capelli lunghi e corvini gli scendevano lungo la spalla destra, intrecciati al termine con un sottile nastro color avorio, teneva gli occhi chiusi e le labbra leggermente aperte sussurrando impercettibilmente delle parole che non riuscii a capire all'epoca e di cui mai saprò il significato. Le sue dita, flessuose e capaci, correvano abilmente lungo il manico ed il corpo della sua chitarra in legno scuro sulla quale milioni di ghirigori dorati s'inseguivano in una corsa eterna, portava una lunga stola che lo copriva quasi interamente e non mi resi conto di aver trattenuto il respiro mentre lo fissavo fino a quando non smise di suonare e si voltò verso di me illuminandomi con le sue iridi blu e sorridendo. Se solo all'epoca avessi lasciato parlare il mio cuore invece che il mio ego probabilmente mi sarei gettata fra le sue braccia e l'avrei baciato con trasporto, ma ahimè, non ero come adesso e quindi mi limitai ad incrociare le braccia assumendo il volto più serio che riuscii ad ottenere.

<< Non lo sa che questo è un luogo sacro ? Non dovrebbe permettersi di fare quello che le va come suonare il suo orribile strumento disturbando i visitatori >>
<< Mi perdoni señorita, non era mia intenzione disturbarla mentre visitava i suoi parenti in attesa di domani. Sono solo un umile chitarrista e mi piace allietare coloro che non vi sono più con la mia musica, in particolare, coloro che, a differenza dei suoi familiari, non hanno più alcuno che li ricordi e sono destinati a diventare cenere >>

E potete credere alle mie parole che, se non lo fece la sua spiegazione, bastò la sua voce per farmi sciogliere, non avevo mai incontrato prima alcuno come lui, certo, le sue convinzioni mi parevano del tutto insensate, ma allo stesso tempo le aveva esposte in modo talmente limpido e sincero che, come potete vedere, riesco a rimembrarle tutt'ora, nonostante quel momento sia ormai trascorso da molto. Mi ritrovai a sorridergli, rapita ed intenzionata a scoprire di lui quanto più potevo, tanto che misi momentaneamente da parte il motivo per il quale ero andata lì e concentrai su di lui tutte le mie attenzioni. Il suo nome era Pedro Pascual Reyes, unico componente rimasto della sua famiglia, decimatasi in uno dei periodi di crisi della città, ci tenne inoltre a specificarmi che, a causa di questo, una volta che se ne fosse andato anch'egli, tutti coloro di cui racchiudeva la memoria , sarebbero scomparsi insieme a lui, la trovai una cosa triste ed una grande responsabilità. Lo sguardo languido e malinconico di Pedro mi spinse a promettergli che, qualsiasi cosa sarebbe accaduta, da quel momento in avanti ci sarei stata io a ricordarlo e che, in questo modo, il loro passato avrebbe vissuto attraverso me e, come potete vedere, ancora oggi tengo fede alla parola data. Inutile spiegarvi quanto fu splendida la giornata che passammo insieme a chiacchierare, mi permise finalmente di aprire un lato di me più vivido e solare che credevo di aver perso nel grigio e frenetico tenore della città, gli parlai anch'io della mia famiglia e lui riuscì a convincermi ad andare a trovarli alla fine del mio soggiorno. Mi godetti ogni fugace incontro dei nostri occhi, i più piccoli ed accidentali sfioramenti, ne ricercavo quanti più potevo ed intanto cresceva dentro di me il bisogno di lui, ero certa che il cosiddetto colpo di fulmine fosse solo una favoletta da adolescenti, ma dovetti ricredermi quando, giunta l'ora del tramonto, abbandonare la compagnia del misterioso corvino chitarrista, mi lasciò un tale peso al petto che solo un suo fugace bacio, rubatomi da egli stesso prima di lasciare per l'ultima volta la mia mano, riuscì a restituirmi la serenità. Promettemmo di rivederci l'indomani, sotto quello stesso albero, al chiarore delle prime candele, in modo che potessi finire il mio articolo prima di vederci per ballare insieme alla festa, indisturbati fra le tante persone troppo occupate a mangiare e stare insieme ai propri cari per notarci nel nostro piccolo e privato angolo di paradiso. Passai l'intera nottata pensando a lui, il suo blu compariva ogni qualvolta abbassavo le palpebre, il mattino ed il pomeriggio seguenti, terminare il mio articolo richiedette più tempo de previsto, non riuscivo proprio a concentrarmi, nonostante i miei sforzi, quand'ebbi finito mi rimase solo un'oretta scarsa per prepararmi e così, con il cuore che batteva all'impazzata e la luce del tramonto a sparire alle mie spalle, mi ritrovai a dover correre a perdifiato per raggiungere il luogo dell'incontro. Giunsi alle porte del cimitero quando ormai il sole non c'era più e le persone già stavano mangiando, ignorai ogni persona e non feci nemmeno una fotografia limitandomi a raggiungere il luogo dove avevo scorto per la prima volta la figura di Pedro il pomeriggio prima. Per un attimo mi parve che non ci fosse nessuno, ma non appena diedi un rapido sguardo ai dintorni per poi tornare al punto di partenza, lo trovai lì, avvolto in un lungo mantello scuro come le tenebre ed il viso nascosto dall'ombra dell'albero, l'unico motivo per il quale riuscii a riconoscerlo anche alla fioca luce delle poche candele nelle vicinanze, erano le sue ciocche corvine e lunghe, il nastro che le legava però era color rubino. Mi avvicinai sorridendo e sistemandomi l'abito lilla che avevo indossato, un dono che avevo ricevuto da mia madre per il mio compleanno di quell'anno, era la prima volta che lo mettevo, lo avevo fatto per lui, perché per una volta non avevo avuto alcuna intenzione di sembrare professionale, Pedro era stato il primo a farmi desiderare di essere carina. Al mio gesto lui retrocedette di più, non ricordo bene quello che mi disse, se non erro mi domandò del mio ritardo e mi avvisò che, a causa del calare della notte, mi sarebbe sembrato diverso, cambiato ed avrebbe dunque potuto spaventarmi, ma io lo amavo e lo amo tutt'ora troppo intensamente perché potesse esistere una ragione che mi spingesse ad allontanarlo, anche se, devo ammetterlo, rimasi molto sorpresa nel vedere per la prima volta il suo reale aspetto. I suoi occhi furono per me il vero shock, il loro splendido blu aveva lasciato posto a due buchi neri infossati, come quelli degli scheletri, al centro dei quali brillavano due braci rosse, lo zaffiro perduto era stato racchiuso nei petali di un fiore che li circondava, con il volto così decorato e mutato era in tutto e per tutto identico ad un teschio messicano. Nonostante il mio stupore trovai dentro di me il coraggio di avvicinarmi ulteriormente, per un istante ebbi addirittura il dubbio che fosse una maschera, o almeno me lo augurai, ma nulla poteva cancellare la realtà dalle cose, bastò che Pedro allungasse una mano per accarezzarmi, le sue dita annerite sui polpastrelli e nocche, ma bianche nella parte superiore, erano due pezzi di ghiaccio contro il mio viso mentre asciugavano una lacrima sfuggita al mio controllo.

<< Cosa sei Pedro ? Perché non me l'hai detto ? >>
<< Perché al primo sguardo che mi lanciasti io capii che già ti amavo e volli egoisticamente rubarti una giornata insieme per cancellare, anche se solo per un breve periodo, la solitudine che il mio compito comporta. Devi sapere che, in ogni cimitero del mondo esiste uno come me, l'ultimo di una lunga serie di dimenticati. Con la mia musica, allieto le anime il giorno prima del Dìa de Muertos, per prepararli e risvegliarli, ricordando loro che esiste ancora qualcuno che li pensa ... Ed oggi, che il mio compito è concluso, riacquisto la mia vera forma e festeggio sulla Terra con i resti dei pasti consumati dalle persone, come premio per il lavoro svolto >>

Pianse insieme a me, con tanta forza che sembrò andare in pezzi ed io lo baciai, con grande intensità e bisogno, non mi interessava, perché mi ero innamorata di lui come uomo, ma ancora di più per quello che faceva ed, una volta conosciuta la verità, ho capito che, per quanto impossibile sarebbe stato, avrei voluto stargli accanto per sempre. Quella fu la nostra prima ed ultima notte insieme, non fui in grado di abbandonarlo fino al mattino dopo quando sentii sparire il suo corpo dal mio abbraccio e mi ritrovai a fissare l'immagine sbiadita dello splendido viso di Pedro sulla foto attaccata alla lapide accanto alla quale ci eravamo abbracciati. 

Giungo così alla fine del mio articolo più importante, con la vista ormai appannata dal sonno e la stanchezza nel cuore, già so che, appena avrò chiuso le palpebre, non le riaprirò più, ma non temo la fine, ho vissuto la mia esistenza nella gioia e non ho rimpianti per le scelte che ho fatto, eccetto che per una, lo ammetto, avrei voluto avere dei figli, qualcuno a cui lasciare questo racconto per essere ricordata, perché la mia promessa entrasse nel cuore di qualcuno che potesse portarla avanti. Perciò a te, che hai trovato questa lettera, se hai avuto la bontà di giungere fino alla sua fine ed hai compreso quanto importante sia stato per me redigerla, ti prego, pensa a me, pensa a Pedro, ricordaci anche solo per un istante così, anche se per poco, forse potremo rivederci ancora una volta e finalmente il chitarrista del mio cuore potrà sentirmi dire quel "ti amo" che mai sono riuscita prima d'ora a rivelargli.

Ecco le varie fasi di elaborazione del mio disegno. Non occorre che li guardiate per forza, è una cosa che faccio solo perché mi va, per mostrare dei dettagli nel disegno che, una volta concluso, magari non si notano. Se volete saltare questa parte fatelo pure ^U^

1) Disegno a Matita 

2) Colorazione dei Volti

3) Colorazione dei Capelli

4) Colorazione degli Abiti

5) Colorazione della Scritta e Firma

Qui sotto taggo gli altri giudici del concorso :

Biancaneve-1
Alex_Bieber87

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