Capitolo 38
Gav.
Fu come ricevere un altro pugno al petto per Julyen. Era sicuro sarebbe andato tutto bene, era certo che non avrebbe rischiato - non per il momento, per lo meno.
La verità non doveva venire fuori: aveva sempre programmato tutto, com'era possibile che la Anderz fosse venuta a sapere di lui?
«Cosa…» mormorò voltandosi. Sentiva le parole raschiargli la gola, parevano spilli. Non era nelle condizioni di affrontare Briya. Ed era certo che lei lo sapeva, che avrebbe sfruttato quel vantaggio per farlo fuori, come credeva convenisse per i traditori come lui.
Julyen si era irrigidito, ignorando il dolore mentre stringeva il bordo del lavandino, facendo diventare più chiara la pelle delle nocche mentre aspettava che Briya parlasse.
«Non è il momento di giocare».
Risuonava troppo calma la sua voce e Julyen non sapeva dire cosa significasse: conosceva ciò che sia sulla Discordia sia su Kiaphis dicevano su Briya, sapeva quanto poco bastasse a farle perdere la pazienza e mettere mano alla prima arma che le capitasse sotto mano.
Tutti ricordavano la fine - indegna - che aveva riservato al primo ufficiale, colpevole di averle fatto rischiare la vita su un pianeta.
L'aveva vista alle prese con BIT, quelle minacce che, se il robot non fosse davvero servito alla Discordia sarebbero state attuate senza problemi.
Eppure, ancora non aveva messo mano alla pistola.
Avrebbe avuto tutte le ragioni per ucciderlo seduta stante: portava il marchio della Mano Scarlatta sul collo, il cognome lasciava pochi dubbi riguardo a chi fosse legato, si era avvalso di documenti falsi, aveva mentito a tutti ed era pronto a tradire di nuovo, a macchiarsi di quell'ora che Briya tanto odiava. Ingoiò a vuoto, cercando di voltarsi verso di lei: doveva fronteggiarla nonostante non fosse nelle condizioni per farlo. L'impatto con il pavimento fu più doloroso del previsto: la mano aveva ceduto, le gambe non l'avevano retto e le piastrelle a metà tra l'arancio e il marrone del pavimento gli erano comparse davanti agli occhi in pochi istanti. Strinse i pugni alzando appena lo sguardo quando sentì i passi di Briya avvicinarsi e fermarsi vicino a lui.
«Perché non mi hai fatto fuori?» le chiese non appena la stretta delle mani di Briya si allontanò dalle sue braccia. Era certo che avrebbe chiuso la faccenda lì, invece l'aveva aiutato a raggiungere il letto.
Lei rimase immobile, con le braccia tese lungo il corpo. «Voglio accertarmi della verità».
«Come… come avete fatto a trovarmi?»
«Non parlare, fuscello. Sei in una posizione tale che tutto ciò che dici potrebbe essere un palso fasso: non ho intenzione di transigere sulla giustizia che ti meriteresti, ma se proprio devi morire, preferisco ammazzati io come esempio di quel che non deve essere fatto» sibilò Briya in risposta. «Ma visto che ne sei tanto curioso, è presto detto: stavamo controllando i documenti di tutti. Ora che l'Armonia è quasi conclusa, la parte più lunga è inserire tutto nei nuovi database» spiegò velocemente, agitando la mano come per scacciare un insetto fastidioso. «Ci sono stati problemi sul tuo: al terzo tentativo andato male, è stato facile per i tecnici capire che c'era qualcosa che non andava e per me, risalire alla tua vera identità, è stato un attimo. Ma non preoccuparti, di questa faccenda lo sappiamo solo io e te: per loro non è stato altro che un problema del sistema. È una cosa che voglio risolvere personalmente». Julyen serrò le labbra, abbassando lo sguardo. «L'ultima cosa di cui ho bisogno adesso è uno scandalo: perdere il potere adesso significherebbe perdere la guerra e condannare Grinda a subire le pene della Confederazione delle Venti Stelle. Non è questo quel che voglio».
Julyen fece un cenno di assenso con la testa.
«Inoltre, pochi giorni fa, ci è stato consegnato un messaggio della Confederazione tramite la Mano Scarlatta. Ci hanno lasciato un ultimatum e, in fondo, c'era un ulteriore messaggio da parte di tuo padre: è un peccato averti scoperto, non potrò dargli la soddisfazione di vedermi morire in modo bastardo, colpita alle spalle da chi mi ero fidata. Avrei dovuto immaginarlo, su Sester, quando il tuo documento falso non funzionò bene». Abbozzò un sorriso. «Ottima contraffazione, in ogni caso».
«Io non…»
«Cos'è? Adesso vuoi inventarti qualche scusa? Ho bisogno di sapere la verità adesso. È vero ciò che si dice nel messaggio? Che sei riuscito a ingannare tutti? Che il tuo obbiettivo era togliermi di mezzo?»
«Immagino di sì, non ne sono certo, ma credo di sì, sì e sì» rispose Julyen senza alzare gli occhi dal pavimento. Si sentiva messo a nudo, come se il pigiama che indossava non servisse a niente: era certo che Briya riuscisse a capire cosa gli passasse per la testa - mentirle, in ogni caso, non avrebbe avuto senso. L’avrebbe capito.
«Perché? Avevi bisogno di tradire di nuovo il Patto? Eravate così convinti che se mi aveste ucciso sulla Discordia l’omicidio sarebbe stato trattato in maniera sbrigativa? Certo che non riuscite ad arrivare alle questioni basilari: ci sono telecamere in ogni angolo, il colpevole sarebbe saltato fuori… in quanto? Dieci minuti? Colpirmi nei bassifondi avrebbe portato a un’indagine più sommaria, magari ci sarebbero state alcune condanne indicative, ma niente di più. Avevate anche il vantaggio dei bassifondi, sulla Discordia non puoi scappare, fuori c’è lo spazio, c’è il vuoto».
«Lo so… è che...»
«Cosa?»
«Non lo so».
«Come immaginavo. Non fare parola con nessuno degli altri di questa conversazione: non ho il tempo per occuparmi di un caso del genere. Per adesso ritieniti sollevato da ogni incarico. Inventati qualche scusa, ormai sei diventato bravo, no?»
Julyen alzò lo sguardo, annuendo piano con la testa e osservando il sorriso tirato che era comparso sulle labbra di Briya. Sembrava delusa, più che altro.
«Perché? Perché non mi hai ucciso?» si sforzò di chiederle. «Avresti tutte le ragioni».
«Perché ho dato uno sguardo a chi sei davvero, a quale è stato il tuo passato. Gli archivi del Patto sono ancora consultabili e io ho accesso a ogni cosa. Mi voglio illudere che tu sia migliore di quel che sembri, fuscello».
***
Briya non era certa di aver fatto la scelta giusta: continuava a lanciare occhiate alla pistola che aveva appoggiato sul pavimento della palestra, chiedendosi se sarebbe stato meglio portare a termine la prima idea che aveva avuto quando il messaggio di Kaeler si era concluso, lasciando che sullo schermo rimanesse il suo sorriso beffardo.
Era caduta nella loro trappola.
Sferrò un pugno contro il sacco che ondeggiò appena, sfiorando il muro per poi tornare verso Briya che lo fermò con entrambe le mani.
Di quanti altri avrebbe dovuto sospettare?
A quanti aveva dato la fiducia per poi essere ricambiata con un tradimento?
Era la prima volta che forse percepiva un tale vuoto intorno a sé: neanche quando si era lasciata alle spalle il futuro incerto della Terra si era sentita così in pericolo. Era stato vedere crollare a poco a poco quello che era diventato il suo presente, la nuova realtà per cui combattere che si era creata.
Non doveva dargli un’altra possibilità, non a lui: era fin troppo chiaro il marchio che aveva sul collo e le informazioni che aveva trovato nei database degli archivi combaciavano alla perfezione con la sua vera identità.
Avrebbe dovuto fare di testa sua, ma la presenza di Damian che aveva ascoltato la parte finale gliel’aveva impedito: il sovrano era fin troppo gentile nei confronti dei nemici, non avrebbe mai sopportato la reale brutalità che la guerra contro la Confederazione delle Venti Stelle offriva a chiunque ne venisse risucchiato all’interno.
Era da sola all’interno della palestra e la cosa la agitava ancora di più: era andata lì per sfogarsi, per scaricare quella rabbia che avrebbe voluto gettare addosso a Julyen, magari con una scarica di colpi in pieno petto.
Colpì di nuovo il sacco, spostando poi lo sguardo sui pesi colorati che erano impilati in modo ordinato in un angolo della sala, non troppo lontano dagli specchi. Evitava di incrociare lo sguardo con il suo riflesso: non le importava vedersi, sapeva chi fosse, quale obbiettivo avesse. Era sempre tutto ciò che le era importato, era l’idea con cui l’avevano cresciuta.
Eppure, le risultava difficile aggrapparsi a quella mentalità: non ci riusciva a immaginare una conclusione felice per la guerra, non lo riteneva possibile.
Damian sì, invece.
Per lui tutto si sarebbe sistemato, tutto sarebbe stato risolto e la Proxima Hemitea avrebbe conosciuto un periodo di pace. Sembrava ignorare il fatto che, una volta conclusa la guerra, sarebbe arrivata la fase più delicata: ripartire. Vincere contro la Confederazione era un conto; sradicare l’idea della specie pura, far cambiare mentalità a quei pianeti che fin da subito si erano accordati era impossibile.
Sferrò un altro pugno, asciugandosi poi il sudore dalla fronte con la stoffa dei mezzi guanti che indossava per proteggersi le nocche dai colpi. Avrebbe voluto urlare, sfogarsi in altro modo: a lei, l’essere poco belligerante di Grinda stava stretto.
Era una mentalità che conosceva, ma che non riusciva a condividere: sentire l’odore del sangue dei nemici l’aveva segnata più di quanto avesse immaginato nel profondo.
Appoggiò la fronte sul saccone, respirando con la bocca aperta per cercare di calmare il battito accelerato, risultato del suo allenamento. Sentiva i muscoli delle gambe tirare, aveva ignorato il dolore finché non era diventato tale da farle tremare, portandola a perdere più volte la stabilità che avrebbe dovuto avere nei calci. Era passato troppo tempo da quando aveva sentito per l’ultima volta il solleticare leggero dell’asciugamano sulle spalle, il gocciolare del sudore sul collo e sulla fronte.
Si allontanò, tirando un altro pugno, per poi scuotere velocemente la mano, dopo che una fitta di dolore dalle nocche le era arrivata al gomito.
Scosse la testa, afferrando la borraccia che aveva lasciato in terra vicino all’asciugamano, bevendo velocemente la poca acqua che le era rimasta. Non era più abituata ad allenarsi con i ritmi che aveva sviluppato nel periodo in cui il Patto aveva tentato di riorganizzarsi. Avrebbero dovuto capirlo che da quella sconfitta non avrebbero mai potuto risollevarsi davvero. La Mano Scarlatta iniziava già ad avere troppo potere, troppi sostenitori: avevano lasciato la questione in secondo piano, avevano preteso di far finta di niente.
Avevano sbagliato.
Si erano illusi.
Avevano creduto in ideali ormai morti.
Ma l’avevano capito troppo tardi.
L'angolino buio e misterioso
Ed eccoci al penultimo capitolo di Discordia.
Adoro scrivere di Briya, adoro torturare i personaggi, adoro mettere nei casini coloro che potrebbero passarla liscia.
E niente, ci vediamo venerdì per l'ultimo capitolo 😈
(finalmente siamo quasi ad Armonia, oh yes).
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