Capitolo 9: Agitato (parte 2 di 2)

(musica d'atmosfera: Broken - Helen Jane Long)


Ladybug atterrò discretamente dall'entrata sul retro della panetteria, portando un Chat Noir privo di sensi tra le braccia. Facendo capolino con la testa in casa e trovando via libera, scivolò dentro e cautamente appoggiò Chat contro il muro, attenta a non scivolare sul infido pavimento bagnato. Liberandosi dalla sua trasformazione, immediatamente le mancò la forza aumentata e l'energia di cui la forma da supereroina la investiva, lasciandole al suo posto stanchezza e affaticamento.

Tikki volò nel retro della sua maglietta per nascondersi. Tirando la testolina fuori, sussurrò: "Sei pronta, Marinette?"

Quest'ultima rispose sarcasticamente mentre strizzava l'acqua in eccesso dai capelli: "Oh sicuro, nessun problema! Appaio giusto dentro e dico 'Ehi, mamma e papà, ho trovato un randagio! Posso tenerlo? é abituato alla lettiera! Vi prego?' Sìììì, funzionerà di sicuro." disse in una smorfia, storcendo il naso.

Tikki ridacchiò, picchiettando la spalla della portatrice. "Fidati del tuo istinto, Marinette. I tuoi genitori capiranno."

Marinette espirò, piegando la testa di lato stancamente. "Non che abbiamo altra scelta." Drizzò le spalle, prendendo un profondo respiro. "Ci siamo."

La porta del salotto dei Dupain-Cheng si aprì con un piccolo scricchiolio. Il sottile odore di dolci e tè oolong si diffondeva nell'aria, familiare e dolce, avvolgendo la stanza in un'atmosfera confortevole. C'era un amichevole chiacchiericcio in mezzo all'indistinto tintinnio di piatti e acqua corrente, mentre un'allegra canzone dei Queen suonava alla radio.

Il padre di Marinette chiamò dalla cucina: "Ciao, tesoro! Farò un po' di cioccolata calda appena io e tua madre finiamo di lavare i piani. Ne vuoi un po'?"

Non ci fu risposta; solo alcuni rumori di passi strascicati e di affaticamento. L'assenza di risposta attirò l'attenzione della coppia. Alzando gli occhi dal loro lavoro, li notarono immediatamente.

Là sulla soglia, in netto contrasto con l'accogliente, piacevole ambiente, stava una Marinette bagnata fradicia, che teneva faticosamente un ragazzo molto più alto e altrettanto zuppo; uno scuro cappuccio gli nascondeva la faccia e i capelli. Era malridotto e zoppicante. I vestiti color pastello di Marinette erano macchiati di un vivido rosso, e, nonostante fosse nero, lo stesso rosso tingeva dov'era visibile l'abbigliamento del ragazzo.

Sabine la fissò impaurita e scioccata, rompendo il silenzio mentre la tazza che stava asciugando le cadde di mano sul pavimento, infrangendosi all'impatto.

"Tom..." gracchiò, scuotendo il marito dal suo stesso stupore, senza togliere gli occhi dalla figlia. Corse verso di lei con le braccia aperte, passando oltre i cocci infranti.

L'omone scombussolato, si diresse verso la coppia e prese tra le braccia il giovane svenuto. "Marinette, sei ferita?! Sei coperta di...di...!"

"Papà, sto bene" lo rassicurò Marinette. "il sangue non è mio, è suo" Indicò la persona tra le braccia di Tom. "E lui è gravemente ferito!"

Tom annuì e si diresse verso il salotto, deponendo i ragazzo dinoccolato sul lato lungo del divano a due sezioni. Sabine riapparve con una bacinella piena di acqua calda e delle pezze per pulire le ferite.

Inginocchiandosi al suo fianco immerse una pezza nella bacinella per pulire la faccia dell' uomo misterioso. Marinette corrugò le sopracciglia in un espressione di disagio, mentre sua madre si avvicinava al cappuccio.

trattenne il respiro, reprimendo un sussulto. Ci siamo. Il momento della verità.

Sabine tirò indietro la stoffa, rivendano un volto splendido dai tratti marcati e un groviglio di capelli biondo oro. La sua pelle era pallida dalla perdita di sangue, le sue labbra incolori, i malaticci occhi infossati si notavano nonostante la maschera nera che gli incorniciava il viso.

Allontanando la mano come se si fosse scottata, Sabine balzò lontano, quasi inciampando nel tavolino da caffè dietro di lei. "é- é CHAT NOIR?!"

"COSA?!?!" urlò Tom, gli occhi spalancati allarmato. Corse dalla moglie, spingendola dietro di lui, facendole efficacemente scudo. "Amore, chiama la polizia!" le urlò. "Farò in modo che non tenti nulla!" Sabine annuì e corse dall'altra parte verso la cucina.

"Mamma, aspetta!" esclamò Marinette, prendendo l'orlo della maglietta della madre. Sabine si fermò a un passo dal bancone dove si trovava il telefono, guardandola confusa.

Marinette spiegò: "Non chiamare la polizia, lo rinchiuderebbero e basta; lui ha bisogno di assistenza medica!"

"Possono dargliela in prigione!" replicò suo padre, sconcertato dalla risposta di lei.

"Ma non si cureranno di cosa gli è successo! Potrebbero persino lasciarlo in questo stato così non scapperebbe!" Insistette Marinette.

Tom si grattò la testa confuso. "Cos'altro potremmo fare? Non abbiamo nulla a che vedere con lui. Come ho detto, lasceremo la polizia risolvere la cosa" ribatté.

"Possiamo occuparci noi stessi delle sue ferite" propose la ragazza.

Gli occhi di Tom si spalancarono allarmati, voltando la testa indietro come l'avesse schiaffeggiato. "COSA?! sei impazzita?!"

"Lo so che suona da pazzi, ma penso che dovremmo farlo restare finché non sta meglio" sostenne Marinette.

Tom incrociò le braccia. "Non puoi essere seria! Questo criminale non è nostra responsabilità! Non possiamo venire coinvolti!2

Aggrottando la fronte, Marinette corse vicino a lui e si mise a gambe divaricate, con le mani suoi fianchi, con l'espressione più intimidatoria che possa fare, apparendo più alta di quanto sia mai stata. "Solo un momento, papà" disse, alzando il dito indice per enfatizzare. "Secondo l'articolo 223 del codice penale francese, 'chiunque si astenga volontariamente dal dare assistenza a una persona in pericolo sarà tenuta responsabile davanti alla corte criminale francese. Questo reato è punibile con cinque anni di reclusione e una multa di 75.000 euro."

"Co-COSA?!" sbottò Tom. "Come cavolo fai a saperlo?!"

"Ho avuto un punteggio perfetto in unità delle forze dell'ordine dei miei studi sociali" Marinette rispose senza perdere un colpo. Aveva dovuto reprimere un sorrisetto nel vedere l'espressione stupefatta del padre. Anni ad essere l'unica protrettrice della città di Parigi significava aveva significato che lei familiarizzasse molto con le su procedure legali e regole. Ma i suoi genitori non avrebbero dubitato della validità della sua affermazione se lei avesse usato la scuola come scusa. "Questo significa che dobbiamo aiutarlo! é la legge!" insistette.

Tom dissentì: "Assolutamente no!! Legge o no, è troppo pericoloso! Potrebbe svegliarsi da un momento all'altro e ucciderci tutti!!"

"Non lo farà!" marinette affermò con convinzione. "Avete mai veramente visto Chat Noir attaccare un civile?" contestò. "Pensateci un attimo! Ricordate quando Nonno Dupain fu akumatizzato? Chat lo aveva fermato dal distruggere la panetteria e lo aveva allontanato da voi. O quando mi aveva salvato dal venire trasformata in pietra quando Nonna era stata akumatizzata? Non ci farebbe mai del male!"

Ricordando quegli eventi, Tom si fermò a riflettere a tutte le possibile ragione perché Chat Noir avrebbe dovuto farlo. Non aveva alcun senso. Quale ulteriore motivo poteva aver avuto in quei momenti? Sicuramente c'era qualcosa. Lui era cattivo. Perché avrebbe dovuto salvarli?

"A prescindere" rispose infine Tom. "Lui era ancora un attivo partecipante e complice di Papillon. Dobbiamo consegnarlo alle autorità."

marinette continuò a temporeggiare. Non poteva rivelare che Chat era ora un amico di Ladybug senza creare sospetti e rischiando che le venissero fatte domande riguardo a come lei avesse queste informazioni riservate. "Non potremmo almeno curare le sue ferite prima di farlo? Nonostante tutto quello di cui è colpevole, dovremmo ripagarlo per averci salvati, non pensi?"

"Anche se volessimo, potremmo solo dargli il primo soccorso. Non siamo equipaggiati per nulla di più serio" rispose lui.

"Il suo miraculous lo aiuterà a guarire; ha solo bisogno di un posto dove stare per un po' fintanto che non starà meglio. Papà, non può morire! Anche se è un criminale, non possiamo lasciare che una persona muoia sotto il nostro tetto. Non quando possiamo fare qualcosa a riguardo!"

Si voltò verso la madre, sperando per un appoggio. "Mamma, sta diluviando fuori. Non possiamo farlo restare, anche se fosse solo per qualche ora? Può anche aver commesso dei crimini, ma nessuno merita di soffrire così!"

Sabine era rimasta in silenzio durante la loro disputa, assistendo attentamente alla situazione, le dita che tamburellavano sul mento come faceva ogni volta che era immersa nei pensieri.

"Mamma, papà...ha bisogno di aiuto...per favore." implorò Marinette, gli occhi scintillanti di lacrime e le mani tremanti intrecciate insieme. Anche se i suoi genitori non sapevano nulla sul suo rapporto con Chat, era impossibile nascondere quanto quest'ultimo contasse per lei.

"Cara, vuoi scusarci per un momento?" rispose infine Sabine alla figlia. "Io e tuo padre dobbiamo deliberare." Prese Tom per mano e si diresse verso la stanza da letto in più vicino al soggiorno.

"Deliberare?! Cosa c'è da deliberare?" Piantò i piedi lui e rispose con urgenza: "E-e non possiamo lasciare Marinette da sola con lui! Tesoro, siamo tutti in pericolo adesso! Questo delinquente è come una bomba che potrebbe detonare in qualsiasi momento! Sappiamo di cosa è capace! Potrebbe Cataclisamare l'intero edificio nell'istante in cui si sveglia."

L'espressione di Sabine si fece seria e risoluta, guardando dritto negli occhi suo marito. Strinse con fermezza la sua grande mano, cercando la sua cooperazione senza una parola.

Alcuni istanti dopo, Tom sospirò. Sabine si stava approfittando della sua più grande debolezza: lui non le avrebbe mai saputo dire di no.

"D'accordo" acconsentì alla fine. Voltandosi verso Marinette ordinò: "Ma chiama se hai bisogno di noi."

La coppia entrò nella camera affianco, non chiudendo del tutto la porta in modo che potessero ancora sentire la figlia in caso di emergenza.

"Dovremmo sbrigarci, non mi piace lasciarla da sola con quel ragazzo" sibilò Tom. "Cos'hai in mente?"

Sabine rispose: "Penso che dovremmo sapere di più su quanto è successo. Ad esempio chi gli ha fatto questo."

Tom agitò le braccia dallo sbigottimento. "Aspetta, perché dovrebbe importare? Cosa c'entra con tutto questo?"

Sabine incrociò le braccia, grattandosi il gomito soprappensiero. "Non lo so... Semplicemente qualcosa non torna."

Forse è incappato in una folla inferocita, o in qualche persona akumatizzata" ipotizzò Tom. "Lui e Papillon sono nemici di tutti; potrebbe essere stato letteralmente chiunque!"

"C'è qualcosa di totalmente strano in tutta la faccenda" continuò lei. "Perché è successo ora? Perché Papillon non l'ha salvato?"

"Sabine, c'è un supercattivo dall'altra parte della porta!" sbottò Tom. "Non siamo detective! Questa non è nostra responsabilità. Dobbiamo chiamare la polizia e mandare questo malfattore fuori da casa nostra adesso!" esclamò lui disperatamente.

"Tom, ha dei superpoteri. Che possibilità avrebbero? Come hai detto tu, potrebbe usare il cataclisma per uscire di prigione. Solo, ascoltami prima" Sabine insistette. "Ricordi le notizie di questa mattina, durante l'attacco akuma? Hanno fatto vedere Chat Noir combattere lui stesso contro l'akuma. L'hanno fatto vedere lasciare la scena con Ladybug. E se fosse successo qualcosa tra lui e Papillon, e ora sono in conflitto tra di loro?"

"Un'altra ragione in più per liberarcene immediatamente "ribatté Tom. "Non possiamo finire in mezzo a un conflitto a fuoco tra due cattivi super potenti. Dobbiamo pensare alla nostra famiglia!"

"Ma Tom, è solo un ragazzo. Non è ancora un adulto a tutti gli effetti, è come la nostra Marinette, e molto probabilmente va ancora al liceo. Forse non è persino ancora abbastanza grande da votare. E dov' è la sua famiglia adesso?"

"Stai seriamente pensado di farlo rimanere?!" Tom guardò Sabine come se gli avesse appena suggerito di ingurgitare un litro di veleno.

Lei scosse la testa piena di preoccupazione. "Mi sentieri terribilmente in colpa se cacciassimo una persona ferita, anche se hanno avuto un brutto passato. Specialmente qualcuno di così giovane" replicò.

"Essere giovani non è una scusa" ribatté Tom a sua volta. "Se è grande abbastanza da terrorizzare la città, lo è anche per prendere le sue responsabilità a riguardo."

"Hai ragione. é grande abbastanza per essere ritenuto responsabile delle sue azioni" gli concesse. "Ma non potremmo aspettare almeno fino al mattino? é tardi, c'è un temporale, e noi dovremmo scoprire di più sulla situazione prima di agire impulsivamente. Ladybug dovrebbe occuparsi di questo, non le autorità" ribadì."Se c'è anche la più piccola possibilità che lui stia lavorando con lei ora, odierei privarla di un alleato. Il cielo sa per quanto quella povera ragazza è stata sola. Dobbiamo trovare un modo di contattarla."

Tom grugnì, massaggiandosi la nuca. "Non lo so Sabine... Hai ragione anche tu, ma comunque... non mi piace."

"Lo so, tesoro, e mi dispiace chiederti questo" disse lei dolcemente, sfregandogli le mani lungo le braccia. "Ma mi sembra giusto. Ed è importante per Marinette. Non penso affatto che lui la ferirebbe. Inoltre, ci ha salvato."

Suo marito annuì a ciò, soppesando le sue parole. Passò un intero minuto; nessuno dei due parlò mentre si tenevano per mano.

Infine, Tom disse: "Beh...sei sempre stata un eccellente giudice di personalità." Sospirò profondamente, mordendosi trepidante il labbro. "Mi fido di te. E mi fido di Marinette."

Sabine gli rivolse un dolce sorriso. "Penso che Chat Noir sia finito sulla nostra porta per un motivo. Non penso sia stata una coincidenza." Dopo una pausa, aggiunse: "E se noi non lo aiutiamo, non lo farà nessuno."

I coniugi Dupain-Cheng rientrarono nel salotto mano nella mano. Dall'altra parte della stanza, una Marinette spossata stava lavorando sodo per pulire le braccia e il volto di Chat Noir. Aveva rimosso il cappuccio e il bastone, e li aveva posati delicatamente sul tavolino del salotto.

La coppia si scambiò un'occhiata, ammirando e apprezzando silenziosamente il grande cuore della loro figlia e la sua capacità di compassione.

Sabine si chinò vicino a lei, posandole una mano sulla spalla. "Perché non ti fai una doccia e ti cambi? Ti sentirai molto meglio. Continuerò io a sistemarlo."

Marinette voltò la testa in torno, alzando le sopracciglia dalla sorpresa.

"Lasciatemelo spostare nella camera degli ospiti, prima" intervenne Tom. "Sarà più facile lì."

La bocca spalancata come un pesce, con la mascella da qualche parte sul pavimento, Marinette cercò di formulare una frase coerente. "Q-questo significa che voi...che noi lo facciamo...che voi lo farete...!"

"Sì, può restare." Tom represse un ghigno e fece del suo migliore per mettere su la faccia da Padre Severo. "Ma solo fino a domani, dopo che abbiamo scoperto di più su cosa è avvenuto. Cercheremo di metterci in contatto con Ladybug. Forse se parliamo prima con lei, riuscirà a trovare una soluzione."

"Grazie, papà! Grazie, mamma! Siete fantastici!" esclamò Marinette, gli occhi scintillanti di sollievo. Si sporse per abbracciare sua madre, ma fu stoppata a metà strada da Sabine che la respingeva indietro per le spalle.

"Mhhhh, forse teniamo quell'abbraccio finché non ti sarai cambiata da questi vestiti sporchi" disse Sabine, storcendo divertita la bocca da un lato.

Marinette guardò in basso verso la sua maglietta sporca di sangue. "oh! Giusto!" Scattò in piedi e si precipitò su per le scale per camera sua, inciampando in un gradino dalla fretta. "GRAZIE RAGAZZI!!"

I suoi genitori si sorrisero a vicenda, quindi iniziarono a spostare la fonte del trambusto di quella notte nella camera degli ospiti.


Lavata e cambiata di fresco, Marinette aiutò la madre a medicare Chat Noir, applicando bende e antisettici dove necessario, e rimuovendo i capi d'abbigliamento per trattare le aree sottostanti. Lavorarono conversando tranquillamente, e ben presto, fu ora per Tom e Sabine di andare a letto così che potessero aprire la panetteria all'alba, come avevano sempre fatto.

"Non stare in piedi fino a tardi" richiamò Sabine. "Lo controllerò in mattinata, così non dovrai preoccuparti di nulla."

"Sì, mamma. Starò qui solo un altro paio di minuti. Buona notte" Cinguettò allegramente Marinette.

Sabine le diede un bacio sul capo, quindi uscì dalla stanza. Ancora una volta Marinette fu lasciata sola con Chat. La stanza era silenziosa se non per il respiro debole ma stabile del ragazzo addormentato e il continuò schizzare della pioggia fuori.

Tikki fece capolino cautamente dalla pochette di Marinette, sussurrando: "Starò sotto il suo letto per accelerare la guarigione. Passami di nascosto dei biscotti ogni tanto, ok?"

Marinette annuì. "Posso farlo" sussurrò di rimando. "Grazie, Tikki."

Guardò la sua kwami sparire sotto il bordo del letto, una miriade di pensieri le vorticava nella testa. Non era sicura se grata e sollevare che i suoi parenti lasciassero restare Chat per la notte, o preoccuparsi per convincerli a permettergli di restare più a lungo di una sola notte, come Fu aveva ordinato.

Concludendo infine di affrontare un problema alla volta, afferrò un cuscino li vicino per sedercisi sopra e prese la mano di Chat, accarezzandone il dorso con il pollice.

Nonostante fosse stanca, notò come lui apparisse più in pace, fisicamente. La smorfia di dolore che aveva medicato sulla fronte era scomparsa; un' espressione più dolce e rilassata gli era apparsa al suo posto.

Si sedette comodamente al suo fianco, guardando il petto nudo e muscoloso alzarsi e abbassarsi lento mentre dormiva profondamente. Un piacevole tremito le percorse il corpo e si morse il labbro, arrossendo.

In qualche modo, nonostante fosse ricoperto di graffi e bende, lui era ancora eccezionalmente bello. Doveva essere ancora più bello sotto la maschera, suppose la ragazza. Sospirando sognante, mise le mani sotto il mento, sbattendo lentamente le ciglia mentre guarda attonita la sua figura dormiente.

Così...bello...

Il suo cervello si interruppe. Aspetta, cosa?? Realizzando dove stavano vagando i suoi pensieri, strizzò gli occhi con un sobbalzo e corrugò la fronte. Marinette, dovresti vergognarti di te stessa!! Questo è letteralmente il momento più inappropriato per mangiarti con gli occhi il tuo nuovo partner!!

Scosse la testa, inspirando aspramente in una testarda negazione.

No, non mangiare con gli occhi... stavi solo... ammirando! Sì! Decisamente in una non- inquietante maniera! Lui sarebbe un fantastico modello per i tuoi disegni! Certamente! Questo è quanto. Già.

Suo malgrado, aprì un occhio e sbirciò verso di lui, un calore sbocciarle nel petto ancora una volta.

Non stavi decisamente mangiando con gli occhi il tuo partner. Il tuo estremamente attraente e dolce partner, che flirta con te senza vergogna ma è veramente ridicolmente gentile, di cui le spalle larghe e le braccia forti danno fantastici abbracci e ti fanno sentire al caldo e al sicuro, e di cui i capelli sono così setosi che potrebbero benissimo essere nella pubblicità di uno shampoo, e... AHHHH, ASPETTA, NO!!!

Mortificata, si chiuse a riccio su se stessa con un un lungo grugnito, coprendosi la sua faccia, ora rosso rubino, con le mani.

Distrarmi... devo distrarmi!!!

Marinette guardò verso Chat Noir per la centesima volta, cercando qualcos'altro che lei potesse fare per metterlo più comodo, dato che rendere sé stessa utile avrebbe sicuramente aiutato il suo cervello stanco a stare lontano da altri pensieri ampiamente indecenti.

Il suo sguardo cadde su un grumo di sporco nei suoi capelli che spiccava notevolmente contro le ciocche chiare. Ora, questo non lo farebbe mai. Tolse lo sgradevole grumo, solo per scoprirne altri rimasti nascosti sotto alcune ciocche ingarbugliate.

Esitante, passò le dita tra le ciocche bionde, lisciandole teneramente e togliendo i pezzetti rimanenti di detriti e polvere. Soddisfatta che avesse fatto del suo meglio, potrebbe eventualmente fargli il bagno (NON PENSARE A LUI CHE FA IL BAGNO, NON PENSARE A LUI CHE FA IL BAGNO), continuò a strofinargli e massaggiare il cuoio capelluto, cercando di dargli più sollievo possibile. Un basso, svolazzante suono emerse dalla sua gola in risposta.

Marinette in immobilizzò confusa, e il suono granuloso cessò. Strano. Inarcando un sopracciglio, fece un'ipotesi. Accarezzò nuovamente la sua testa, e le vibrazioni ripresero. Gli occhi brillanti e curiosi, spostò le sue attenzione nella area intorno alle orecchie da gatto, e il suono tonale si intensificò. Sorrise ampiamente, soffocando uno squittio eccitato delle sue conclusioni.

Sta facendo le fusa. Questo...è così ADORABILE.

Un'onda di sovrabbondante affetto nacque nel suo petto, e dovette reprimere il quasi inesorabile bisogno di abbracciarlo e stringerlo più forte che poteva. Dato che non era un' opzione, comunque, decise per l'altra cosa migliore. Bisogna dare al gattino i suoi grattini.

Canticchiando oziosamente e avvolta in una calma sognante, Marinette continuò a dare a Chat il suo più che meritato amore, perdendo la cognizione del tempo e fermandosi solamente quando sentì il braccio intorpidirsi. Lentamente, fece scivolare la mano giù sulla sua guancia, carezzandola gentilmente. Ancora sorridendo, si chinò in avanti, posando un leggero, ma lento bacio sulla sua fronte.

Ricandendo indietro sul suo cuscino, Marinette sospirò profondamente, completamente esausta. Che giornata. Certamente non si era aspettata che fosse differente dalle altre quando si era svegliata quella mattina. Ripensandoci era quasi sconvolgente, avendo provato una miriade di differenti emozioni in così poco tempo. Shock. Confusione. Dolore. Sollievo: Gioia. Amore. Era sta così terrorizzata, così preoccupata. Era ancora preoccupata.

Portandosi al volto una mano di Chat, ci si appoggiò contro, quasi strofinandotici contro, godendo della sua mano nuda sulla sua pelle. Le sue fusa si erano placate, ma rimanevano. Il gentile suono ondulatorio tranquillizzò anche lei, rendendola languida e serena. Stette così per un lungo momento, nonostante avesse bisogno di andare a letto.

Anche se sapeva che Chat era al sicuro qui in casa sua, non voleva lasciarlo. Non sapeva spiegare perché, ma solo...doveva stare con lui. Una paura irrazionale la tormentava alla base della testa, come lui fosse potuto scomparire o essere portato via nel momento in cui l'avrebbe lasciato da solo. In qualche modo, stare vicina a lui le donava un incredibile conforto. Cosa che, se qualcuno le avrebbe detto alcuni mesi prima che lei si fosse coccolata con Chat Noir, e gli avrebbe dato un massaggi alla testa, lei gli avrebbe riso in faccia.

Marinette espirò, lento, pesante e profondo. Con un grugnito stanco, roteò le spalle all'indietro, cercando di liberarsi della tensione e della rigidità degli eventi del giorno. Erano accadute così tante cose. Cercava di non pensarci più, ma i pensieri erano intrusivi, incessanti, assillanti. Il suo corpo si spostò, cercando di trovare una posizione comoda, ma senza trovare tregua.

Il pericolo immediato era passato, ma i pensieri di Chat sofferente, delle sue urla agghiaccianti e agonizzanti e la batosta continuava a tormentarla, ricordandole della sua inadeguatezza e incapacità di proteggerlo come gli aveva promesso solo poche ore prima. Arricciò strettamente le labbra, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Con una fiera determinazione, votò che non avrebbe mai permesso che quel mostro lo toccasse di nuovo.

Ma, per ora, meritavano un po' di riposo.
Chat era al sicuro, ed erano insieme.
E questo era tutto ciò che contava.

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