Capitolo 5: Fermata
Glossario:
Clochette = campanellino
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(Musica d'atmosfera: Hallelujah - Brian Crain cover)
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Era solo un altro lunedì mattina nella vita di Nathalie Sanscoeur. Anche se non si sarebbe necessariamente categorizzata come una persona mattiniera, preferiva svegliarsi molto presto per osservare in silenzio il sole sorgere, il suo amato gatto Clochette appollaiato pigramente in grembo, mentre si godeva altrettanto il lusso di prepari per la giornata in assoluta tranquillità.
La sua routine quotidiana di scorrere le notizie di moda sul suo tablet mentre placidamente sorseggiava un caffè nero, fu nulla di che come sempre...finché non iniziò a guardare attraverso l' hashtag Adrien Agreste, come faceva sempre.
Clochette non apprezzo essere violentemente spruzzato col caffè. Nathalie tossì e sputacchiò, asciugandosi la sua bocca gocciolante e il naso. Afferrò il tovagliolo disponibile più vicino (che, come scoprì dopo, risultò essere non un tovagliolo ma un costoso maglione da lavare solo a secco), con cui pulirsi la faccia e il tablet. Saltando giù e guardando indietro con quella che era sicuramente la versione felina di un sogghigno, Clochette se ne andò da una Nathalie molto confusa, che continuava a rimanere a bocca aperta e boccheggiare di fronte alla sfocata foto del suo protetto, mano nella mano con l'unica e sola Ladybug.
Inspirò aspramente e saltando giù dalla sedia, Nathalie prese il cellulare, prima per comporre il numero di Nadja Chamack, seguito dal numero dell'avvocato degli Agreste, sperando che loro potessero aiutarla a minimizzare il potenziale danno di quella situazione.
"Gabriel non deve scoprirlo" mormorò a nessuno in particolare, stringendo il tavolo con le nocche bianche dalla stretta.
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Un paio di ore dopo, Adrien sedeva al tavolo della gigantesca sala da pranzo degli Agreste, punzecchiando ansiosamente la sua colazione aspettando cosa sarebbe successo dopo. La privazione di sonno di una notte piena di brutti sogni (incubi cronici erano uno degli sfortunati effetti di usare un miraculous contro il suo uso effettivo), aveva amplificato solamente l'esasperante attesa.
L'altra notta era stato terrorizzato a controllare le notizie, preoccupato che le foto dell'appuntamento con Ladybug fossero indubbiamente trapelate su internet. Non c'era modo che lui fosse così fortunato da sfuggirgli. Comunque, aveva ricordato che nessuno dei cellulari che li puntavano avevano il flash attivo, e per cui, c'era una piccola possibilità che le foto non fossero venuti chiare abbastanza da confermare che quelli fossero veramente Ladybug e Adrien, e non qualcuno in cerca di attenzione. Era quel piccolo raggio di speranza che gli aveva permesso di cadere in un sonno agitato.
Una speranza che fu spazzata via quando controllo il suo cellulare alle tre del mattino (essendosi svegliato di soprassalto da un incubo particolarmente vivido). Come risultato, passò le ore seguenti cercando più foto, compilare reclami e report di tutti i social media, sperando che venissero eliminati quanto prima che qualcuno vicino a lui potesse scoprirli, e non era riuscito più a prendere sonno.
"Buon giorno, Adrien" risuonò improvvisamente una voce femminile dal tono severo, dall'altra parte della grande sala da pranzo.
Adrien represse una smorfia. "Buon giorno, Nathalie."
Nathalie fece una paura, si mordicchiò le labbra mentre lo fissava senza battere le palpebre, e poi continuò: "Avete lezione di cinese alle sei stasera come sempre. Hai anche un servizio fotografico la mattina presto domani, con la sveglia alle cinque, quindi si assicuri di mettere la sveglia per l'ora giusta. Il suo saggio di pianoforte è questo sabato, dunque non si dimentichi di avere esercitazioni extra questa settimana."
Adrien ricambiò lo sguardo con aspettative, chiedendosi quando un ammonimento sul suo comportamento e le sue conseguenze sarebbero arrivate. Una pausa pesante e un'aria di tensione aleggiava tra i due, e la mancanza di comunicazione risultò imbarazzante, quindi Adrien si sforzò di dire: "Certo."
Nathalie lo fissò di rimando, cercando di fare del suo meglio per mantenere un comportamento professionale e un'espressione non curante, anche se Adrien poteva affermare che stava lottando per mantenere la sua compostezza. Adrien si sentiva spezzettato internamente, contorcendosi le mani sotto il tavolo, domandosi se lei sapesse.
Certo che sapeva, era Nathalie. Ma perché non ha detto nulla?!
Dopo alcuni secondi, che gli sembrarono come se fosse sulla cima di una montagna russa e aspettando ansiosamente la caduta, Nathalie infine disse: "é tutto." Aggiunse un veloce: "Le auguro buona giornata.", prima di andarsene bruscamente.
Adrien consapevole di dover evitare che la mascella cadesse.
"G-grazie Nathalie!" riuscì a tirare fuori quando lei aveva quasi raggiunto la porta.
Si fermò bruscamente e si voltò indietro, gli occhi pieni di un' emozione che lui non seppe decifrare. C'era una comprensione silenziosa fluttuare nell'aria tra di loro. Una solidarietà. Una strana sorta di patto forgiato tramite un'affinità, tramite un bisogno di sopravvivere insieme come alleati in territorio ostile.
"Prego" rispose piano e uscì dalla stanza, lasciandosi alle spalle un Adrien molto confuso.
Il ragazzo sprofondò nella sedia come un palloncino sgonfio, riprendendosi dalla pressione e ansia che aveva originariamente anticipato da quell' incontro. Ogni volta che c'era qualcosa che poteva farlo finire nei guai, Nathalie era sempre gentile abbastanza da avvisarlo in anticipo. Non aveva menzionato nulla a lui (e lui era sicuro che lei sapessi con chi era la notte prima), ciò significa che Gabriel non l' aveva scoperto e che lei non aveva intenzione di dirglielo, dato che lui confidava sul fatto che lo informasse di qualunque novità che potesse interessargli.
Questa non era la prima volta che Nathalie metteva il suo lavoro da parte per Adrien. Perché dovrebbe continuare a rischiare il proprio lavoro, la sua posizione di confidente di suo padre e suo braccio destro, quindi di parlare, del suo comportamento? Non riceveva nessun aiuto tangibile da lui; non c'era nulla con cui potesse ripagarla. Non accumulare favori o debiti sulla sua testa, o altrimenti avrebbe già detto qualcosa. Adrien sapeva che non era felice di lavorare per loro e comunque non si sarebbe mai rassegnata. Perché era ancora lì dopo tutti i problemi che gli Agreste le avevano comportato nella sua vita?
Qualunque fosse la regione, Adrien ne era grato. Lui aveva lasciato uscire un gran respiro di sollievo, sperando che un po' della leggendaria fortuna di Ladybug (che apparentemente gli era rimasta un po' addosso l'altra notte) rimanesse un po' più a lungo.
Dopo aver finito di prepararsi, Adrien aprì la porta di casa ed era a metà strada nell'attraversare la soglia, quando sentì una voce severa chiamare il suo nome dall'interno della casa. Si voltò per vedere Gabriel, che era appena uscito dal suo ufficio. Adrien percepì un brivido spiacevole solleticargli la spina dorsale, anche se cercò di mantenere la sua espressione neutra.
"Buon giorno, Padre" rispose casualmente come avrebbe fatto.
Gabriel si avvicinò finché non furono a un metro di distanza w lo guardò dall'alto attraverso gli occhiali. Nonostante avesse quasi raggiunto la sua altezza, lui sembrava ancora così grande e imponente che Adrien non poté fare ameno di quasi tremare quando fu così vicino dopo tutti quegli anni.
"Ho potuto percepirti la scorsa notte" disse infine Gabriel. "Cos'é successo?"
Adrien poté sentire i suoi arti raggelarsi. Sicuramente suo padre aveva percepito la sua angoscia quando aveva avuto l'attacco claustrofobico nello sgabuzzino con Ladybug la sera prima. Per lui, essendo in grado di avvertire forte emozioni veniva naturale come respirare a un certo punto.
"Oh, Io...ehm...Io stavo guardando un film horror" mentì con più noncuranza che poté.
Gabriel inarcò un sopracciglio e la sua bocca si contorse in una smorfia di disapprovazione.
Adrien non era sicura che apparisse o meno convincente. Continuò: "Mi dispiace se ti ho disturbato. Mi ero dimenticato quanto non mi piacessero i film horror, ma ero veramente preso dalla storia e volevo vedere cosa succedeva." Sforzò sé stesso di sorridere, ma era quasi sicuro che probabilmente sarebbe apparso come una faccia di un emoticon grignante.
Grabriel grugnì leggermente in segno di riconoscimento. "Capisci che non deve succedere di nuovo. Sei stato fortunato che fossi già nel letto a leggere un libro. L'emozione che veniva da te la scorsa notte era abbastanza allettante, e ho spesso considerato se tu potessi essere più efficiente come akuma che come Chat Noir."
Reprimendo una smorfia, Adrien rispose con aria abbattuta: "Capisco."
Presero le loro strade in silenzio, non avendo più nulla da dirsi. Adrien camminava lentamente, cercando disperatamente di schiacciare le emozioni negative che provava attualmente dato che non voleva alertare suo padre di nuovo. Un senso d'irrequietezza e disperazione stava crescendo lentamente adesso in lui, lungo la strada, eppure non riusciva a comprendere cosa stesse cercando di fargli fare. Voleva scomparire, scappare lontano dall'altra parte del mondo e non dover vedere mai la sua casa, e persino Parigi, mai più.
Prendendo un profondo respiro, si ricompose.
Devo calmarmi. Pensa, Adrien... Pensa a qualcosa di buono, pensa a qualcosa di bello, pensa a qualcosa che ti rende felice. Tipo i cuccioli, o il gelato. O...
O lei.
Adrien sentì la gola seccarsi e mandò giù un grosso groppo in gola. Permise alla sua mente di direzionarsi verso ricordi migliori, pensando a Ladybug e il suo dolce sorriso; al modo in cui sentiva le sue braccia sottili quando lo abbracciava, così confortevoli e calde, facendolo sentire completamente al sicuro; o come profumava di fiori freschi primaverili e pioggia, e la sua dolce voce quando cantava la melodia che lui associava con amore incondizionato e accettazione grazie a sua madre.
Inconsciamente toccandosi la guancia, arrossì mentre ancora una volta rivedeva mentalmente il momento in cui Ladybug l'aveva baciato e come aveva fatto sentire il suo corpo, quasi andasse a fuoco. Colse sé stesso a desiderare di essere stato capace di ricambiare il bacio, domandandosi pigramente come sarebbe stata la sua morbida pelle contro le sue labbra, invece...
I suoi occhi si spalancarono.
Cosa sto dicendo?!
Scosse velocemente la testa, avendo finalmente raggiunto il suo autista, cercando definitivamente di ignorare il turbinio di farfalle nel suo stomaco mentre saliva in macchina e tentò mentalmente di preparasi (di nuovo) per la giornata.
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(Musica d'atmosfera: Dance for me Wallis - Abel Korzeniowski, W.E.Soundtrack)
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Ladybug correva attraverso i tetti, cercando agitata per sfuggente akuma caramellosa, di cui la presenza le faceva solamente gorgogliare lo stomaco ancora più forte.
Perché dev'esserci un akuma ora? é ora di pranzo!! Perché Papillon vuole che io sia affamata?! Volevo solo il mio sandwich! Beh, preparati a subire l'ira di una Ladybug "affamata", stronzo!!
Oscillava attraverso gli edifici lanciando occhiate preoccupate verso il basso. A sinistra e destra le persone erano state trasformate in statue di cioccolato, le quali creavano un problema più grande dato che era un giorno particolarmente caldo di Agosto, quindi non aveva molto tempo prima che le statue iniziassero a sciogliersi.
Doveva sbrigarsi e trovare quell'akuma.
Sentendo un ruggito tonante, saltò a terra e si lanciò verso il rumore, solo per trovare la persona akumatizzata puntare un gigantesco cannone di cioccolato contro una bambina. Separata dai suoi genitori, la bambina urlò e corse, ma non c'era alcuna via dove potesse scappare via dal quell'uomo molto più grande.
"Fermo!! Non sparare, é solo una bambina!" gridò Ladybug, correndo verso di loro.
Con la sorpresa di Ladybug, l'akuma puntò il suo cannone verso il cielo e fece fuoco. Eppure non fu una densa fiumana di cioccolato che si aspettava che fosse.
"Sei serio?? Una pioggia di cioccolato?!" sbottò Ladybug incredula. Infine raggiunse la ragazzina, Ladybug la strinse a sé, facendo roteare il suo yo-yo sopra di loro per proteggerli come un ombrello. Scherzò: "Ecco così staremo all'asciutto!"
"Allora farò sentire agli altri il dolore!" ruggì il mostro, evocando un'onda di cioccolato da cavalcare, usando una gigantesca barretta di cioccolato come tavola da surf, e si precipitò verso uno shopping center dove le persone stavano ancora lottando per evacuare.
"Ehi, torna qui!" esclamò Ladybug, inseguendolo. Richiamò la bambina, indicando un negozio di tessuti di cui conosceva i proprietari. "Entra in quel negozio laggiù con l'insegna blu! Ti aiuteranno a nasconderti!" Lanciando un'occhiata da sopra la spalla per assicurarsi che la ragazzina si dirigesse verso l'edificio, quindi si concentrò sull'akuma.
Ladybug accorciò gradualmente lo spazio tra lei e l'akuma, che era a un paio di quartieri di distanza ruggendo tra la folla. Prima che Ladybug potesse raggiungere l'akuma, qualcosa la colpì forte al fianco, spazzandola via e spingendola di lato contro un edificio.
Le si mozzò il fiato e vide le stelle, lei capì a malapena cosa fosse appena successo e lottò debolmente invano. Fortunatamente, riuscì istintivamente a proteggersi il collo da qualunque arma dura di metallo la stesse tenendo giù, quindi cercò di spostarla una volta che notò la sua presenza, ma era troppo disorientata per farcela.
Grugnì, scacciando la sfocature dalla sua vista e cercando di identificare il suo aggressore. Quando aprì completamente gli occhi, ne incontrò un paio verdi e iridescenti, il loro inconfondibile bagliore famigliare le lanciò un brivido lungo la spina dorsale.
"Chat...?" gracchiò, atterrita, sentendo lo stomaco pesante com un'incudine. Fissandolo con occhi spalancati ed essendosi arresa senza parole, la sua mente si riempì di domande, ma una singola sovrastava le altre.
Perché?
Ladybug si sentì stupidamente ingenua ora, avendo abbassato la guardia, pazzamente deducendo che solo perché Chat non si era ancora visto, significava che le sue parole avessero avuto un impatto su di lui. Com'era stato presuntuoso da parte sua presumere che con alcuni bei gesti significativi sarebbe stata in grado di costruire i principi di un'amicizia con qualcuno che era stato suo nemico per anni, com'era stata totalmente arrogante.
Provò disperatamente di non farsi troppe illusioni su dove la fedeltà di Chat Noir sarebbe stata deposta al prossimo attacco di akuma. Eppure, ora che quel momento era infine arrivato, si sentiva ancora tristemente impreparata per il carico di dolore che stava provando.
Il suo petto si sollevava rapidamente e si costrinse a rispondere all'attacco, volendolo disperatamente prendere a pugni, a calci, fare qualsiasi cosa piuttosto che rimanere paralizzata sotto la sua pressare ancora non poteva raccogliere le forze. Sapeva che doveva farlo. Ne era sempre stato in grado, di mettere da parte qualunque preoccupazione e curiosità che aveva riguardo il ragazzo sotto la maschera, per fare il suo lavoro. Ma per qualche ragione questa volta era diverso. Aveva compromesso sé stessa e la propria competenza nel suo tentativo sfortunato di negoziare una pace tra loro?
Non posso ferirlo. Semplicemente non posso.
Nel mezzo della sua confusione, iniziò a pregare con voce rauca: "chat, per favore, Io...". Ma fu interrotta quando lui mise le gentilmente le dita sulle sue labbra. Si chinò su di lei, il leggero ma seducente profumo di pelle e costosa acqua di colonia che portava sempre con sé le fece attorcigliare lo stomaco. Il mondo sembrò fermarsi mentre premeva contro di lei, e poteva a malapena sentire il trambusto intorno a loro.
La guancia di Chat Noir si strofinò leggermente contro la sua e lei sussultò leggermente, il piacevole contatto confusionario le procurò la pelle d'oca su tutto il corpo. Infine lui sussurrò: "L'akuma è nella sua frusta dentro il suo grembiule. Fa attenzione alla sua spara reti di liquirizia."
Si soffermò per alcuni momenti quindi si tolse, dandole un ultimo indecifrabile occhiata, e veloce com'era apparso, se ne andò. Ladybug rimase lì, stupefatta. Tutto quello che poteva fare era fissarlo voltarsi come un'ombra, mentre ogni cosa sembrava muoversi a rallentatore.
Cosa diavolo è appena successo?
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L'incidente con l'akuma caramellosa non fu solo l'episodio di una volta. Chat Noir rimase un indiretto partecipante nei successivi combattimenti con le acume, stando mai un posto più a lungo di quanto gli serviva per placcare discretamente o mettere all'angolo Ladybug, sempre facendolo sembrare come se stessero combattendo, se segretamente sussurrando la posizione dell'oggetto akumatizzato, qualche consiglio o indizio, e occasionalmente, alcune parole di cautela.
Ma Adrien sapeva che non avrebbe potuto continuare per sempre. Suo padre aveva detto poco a riguardo ma sapeva che lo aveva notato, e le sue scuse riguardo impegni precedenti e lezioni da frequentare, o sostenendo di essere preoccupato riguardo la sicurezza dei cittadini, (Gabriel aveva sempre deriso sdegnosamente ai suoi tentativi di proteggere coloro nell'immediato pericolo), non avrebbe retto molto a lungo. Era solo una questione di tempo prima che Gabriel iniziasse a sospettare veramente.
Tutto quello di cui aveva bisogno era più tempo.
In qualche modo, nel mezzo del suo programma caotico e le attiva extracurricolari, nelle ultime settimane Adrien aveva iniziato a cercare segretamente e studiare quando più materiale poteva riguardo gli artefatti magici (per quanto le informazioni fossero limitate), sperando di trovare qualche modo dove lui e suo padre non sarebbero più stati avversari con Ladybug, e ogni cosa che avrebbero potuto risolvere abilmente e senza violenza.
Finora non aveva trovato nulla anche remotamente utile, e il suo morale stava precipitando.
E quindi Adrien si ritrovò nel sotterraneo come spesso faceva, stringendo un bouquet di garofani rosa e davanti alla capsula di vetro (si rifiutava di chiamarla bara o feretro), dove sua madre giaceva. Forti luci brillanti e fluorescenti illuminava la gigantesca camera sotterranea, la quale dava un'atmosfera fredda e clinica, quasi come una camera d'ospedale.
(Musica d'atmosfera: True Colors, Brooklyn duo cover)
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Stette lì per un po', attratto dalla sua figura. Da quando era caduta in come simile alla morte, non era invecchiata di un solo giorno, apparendo raggiante e bellissima come non mai.
Proprio come lui la ricordava.
"Ciao, mamma" disse, facendo scorrere un dito sulla superficie dura e fredda, parlando piano e con reverenza, come se un tono di voce più forte di un mormorio avrebbe potuto crearle disagio.
"é così bello vedere il tuo viso in questo momento. Sta scucendo così tanto ultimamente". Sospirò, quindi si tenne occupato, mettendo i fiori freschi in un vaso ornamentale che stava sul tavolo, gettando il vecchio mazzo nel cestino li sotto.
"Papà si sta tenendo molto occupato e quasi mai lo vedo, anche meno del solito. Siamo come estranei. Qualche volta mi sembra come se il vero Gabriel Agreste sia stato rapito dagli alieni anni fa e quello che abbiamo ora è un malvagio sosia marziano." Finì di armeggiare con i fiori e si appoggiò contro la capsula, parlando con disinvoltura: "Voglio dire, sai com'é lui, non è mai esattamente stato un allegro raggio di sole; é sempre stato un tipo metodico" rise lievemente.
"Ma ora lui è..." Grugnì con una smorfia e si grattò la nuca. "Ora lui è più...un buco nero. Non c'é più una singola traccia o scintilla di luce in lui. E succhia la tua felicità se passi del tempo intorno a lui. Non sono sicura come Nathalie possa avere a che fare con lui ogni giorno. Non capisco veramente cosa gli sia successo dopo tutti questi anni. Voglio dire, so che gli manchi, come sempre. Ma è come se ci fosse qualcosa di più. E io..." fece una pausa, spostando il peso a disagio. "Non penso sti andando così bene. Di salute, intendo."
Prendendo un profondo respiro, continuò: "L'ho incontrato una volta mentre stavo tornando, mentre stava avendo uno dei suoi attacchi di tosse e...ho visto il sangue sul fazzoletto. Sono corso verso di lui e gli ho chiesto di portarlo da un dottore, ma lui ha rifiutato sostenendo che era solo una vecchia macchia. Eppure, da quel giorno, ha iniziato ad usare fazzoletti neri al posto. Non mi dirà mai esattamente come l'utilizzo del miraculous contro Ladybug lo stia influenzando, ma so che questo é collegato. Non so per quanto tempo possa portarlo avanti."Fece una pausa, mordendosi il labbro. "Sono veramente preoccupato per lui" disse infine. Rimase in silenzio per alcuni minuti, pulendo distrattamente alcune impronte dal vetro con la manica, cercando di trattenersi dall'immaginare due bare una di fianco all'altra.
Mai nella sua vita aveva mai provato una tale pesantezza, una tale tristezza, una tale pesantezza provata nell'anno passato. Il suo rapporto con il padre si era deteriorato fin peggio di come avrebbe mai ritenuto possibile. Gli sfoghi esplosivi, violenti e imprevedibili di Gabriel tenevano tutti intorno a lui costantemente sulle spine. E anche se Adrien odiava ammetterlo, aveva quasi paura di stare nella sua stessa casa. Era arrivato al punto da indossare un attillato guanto di pelle nera, così che si sarebbe svegliato se Gabriel avesse tentato di sottrargli l'anello. Non era accaduto finora, ma nessuno poteva più stare troppo sicuro intorno a lui al giorno d'oggi. Qualcosa doveva cambiare, ma non sapeva cosa fosse.
"Comunque, mi dispiace, abbastanza per questo" Cambiò argomento, corrugando il volto perso nei pensieri. "Oh! La scuola inizia la settimana prossima, quindi sarà abbastanza eccitante! Inizierò a vedere i miei amici ogni giorno, invece di una volta ogni settimana. Ti piacerebbero, mamma, so che è così" divagò emozionato. "Ti ho parlato di loro prima. Nino, Alya, e...oh, penso che ti piacerebbe specialmente Marinette. é una persona molto artistica, come sai. E lei é super simpatica. Vorrei che potessi conoscerli tutti. Un giorno, forse..." Sorrise tristemente, desiderando con tutto il cuore che quel giorno arrivasse veramente, eppure ancora la sua speranza continuava a vacillare.
"Oh, é..." Adrien volto leggermente la testa quasi fece una smorfia, come un bambino che stava per essere sgridato. "C'é...qualcun altro di cui vorrei parlarti. Non so se contarla ancora come amica, ma io...io sto passando del tempo con, ehm...con L-Ladybug" balbettò. "N-Non arrabbiarti però! Sto solo cercando di capire come aiutarti e non doverla combattere. Dev'esserci un modo per entrambi. Non l'ho ancora trovato. So che probabilmente sarebbe più facile continuare a fare cosa papà dice e semplicemente rubarle il miraculous, ma dopo tutti questi anni tuttavia non ha funzionato e Sono...io non..."si affievolì, lottando per trovare le parole giuste e le sue mani si strinsero a pugno.
Dannazione. Perché é così difficile?
Lasciò uscire un grosso, tremante sospiro, raggomitolandosi. "Sono stanco di combattere, mamma. Sono semplicemente stanco." Si inginocchiò ai piedi di sua madre, appoggiandosi pesantemente contro la piattaforma e vi poggiò una mano sopra.
Passarono alcuni minuti. Adrien strofinò il pollice a lato della sua capsula malinconicamente, immaginando come le cose erano molti anni fa. Si sarebbe seduto su morbido tappeto lussuoso, appoggiato tra le gambe di sua madre, mentre teneramente gli strofinava la testa seduta sul suo divano preferito, e avrebbero parlato per ore.
"Sto usando con lei. Con Ladybug, intendo" disse infine. "Ho avuto modo di conoscerla un po'. E ogni volta che sono con lei, semplicemente mi colpisce che sia solo...una ragazza normale. Una ragazza normale a cui sono stati concessi enormi poterti, ma tuttavia, solo una ragazza. Non è una di quelle arpie inquietanti con fauci per cavarti gli occhi con le sue mandibole, come papà l' ha sempre fatta sembrare. Lei é..." Sorrise affettuosamente, il sorriso raggiungergli gli occhi per la prima volta quel giorno. "é un tipo forte, veramente. é così diversa da quello che mi sono sempre aspettato che fosse. é dolce e divertente, molto amichevole, ed é molto cari...Ehm, voglio dire..."La sua testa scattò verso l'alto, gli occhi spalancati. "Lei é, ehm...!Lei é abbastanza pulita." Si schiarì la gola e combatté contro il bisogno di sbottonarsi la maglia, dato che improvvisamente si era fatto molto caldo nella grande e vuota stanza.
"Comunque, eh..." Tossì una volta e continuò: "So che posso fidarmi di lei. Voglio solo che tutti noi andassimo d'accordo, e so che lo vuole anche lei." Un lato della bocca si alzò verso l'alto e guardò verso Emilie. "Sarà il nostro piccolo segreto, ok?"
Si alzò e appoggiò la parte superiore del corpo sul vetro, mettendo un braccio attraverso la capsula e posizionando la testa sulla superficie fredda; era la cosa più vicina a un abbraccio che riuscisse avere da lei.
Guardò i suoi lineamenti rigidi con un piccolo sorriso sul suo viso e disse dolcemente: "Ti voglio bene, mamma. Verrò a trovarti spesso, ok?"
Adrien si fece strada giù dalla lunga piattaforma, raggiungendo infine l'uscita. Diede un ultima occhiata al fondo della camera, la brillante luce verde della vegetazione nell'oasi artificiale contrastava fortemente contro le travi, colonne e muri della stanza neri e grigi. Spense le luci e uscì, il forte cigolio della porte di metallo risuonare attraverso l'antro, che divenne quindi ancora una volta una tomba silente.
Sorpresa sorpresina!
Ho avuto un po' di problemi durante le vacanze e so di aver saltato un paio di appuntamenti con voi... mi dispiace... spero però che abbiate passato un buon tempo con amici e parenti!
Spero inoltre che questo capitolo extra vi sia piaciuto, fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate!
Un bacio e a presto la vostra
BlackRose🌚🌹🖤
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