Dirty crossword

Louis saliva su quella supposta metallica, ormai, solo per un motivo. 

Il primo giorno lo ricordava bene: aveva rotto la sua auto e per arrivare a lavoro aveva dovuto piegarsi al mezzo di trasporto più utilizzato. Proprio lui, sì, che aveva sempre schifato la gente come si faceva con gli appestati nel 1600.

Quel primo giorno era rimasto in piedi per tutto il tragitto, nonostante la maggior parte delle sedute fossero libere. Di fronte a lui, c'era solo un ragazzetto col viso nascosto dal giornalino che aveva visto distribuire davanti agli ingressi della metro. A quell'orario, tardi rispetto all'ora di punta, c'era relativamente poca gente per fortuna: ne contò una dozzina in quel vagone. Il suo lavoro gli permetteva di viaggiare nelle ore più tranquille, fiù.
"Questa è la prima e l'ultima volta" si ripromise convinto, solo per vederla sfumare come cenere al vento, coi giorni a venire.
Nonostante l'auto riparata, infatti, custodita gelosamente nel suo garage, Louis aveva continuato a prendere la metro, per lo stesso tratto, per settimane.
Il motivo? Quel ragazzino con lo zaino tra le gambe e il giornale a nascondere il viso. La prima volta lo aveva notato a stento, ma quel tanto da risultarne incuriosito. Vedeva soltanto i suoi ricci come una montagnola circondata da una cancellata grigia, che erano le pagine del giornalino. E la sua voce: arrochita e smaliziata, appena percepibile, ma che nel silenzio graffiante di quel mezzo era più che udibile. La curiosità spiccò la vetta per un 13 orizzontale del cruciverba che il tipetto tutto ricci stava compilando: "Si alza la mattina". Louis ci pensò, distrattamente, perché ormai l'aveva udito. Cosa si alzava la mattina?
Non ebbe modo di ascoltare i propri pensieri perché quella voce, con espressione d'ovvietà: "ma certo, è facile: erezione" disse, cogliendolo impreparato. Louis, difatti, aveva sgranato gli occhi e si era guardato attorno per constatare se qualcun altro avesse udito, come lui. Eppure, tutti sembravano troppo distratti dal proprio mondo per rendersi conto di ciò che era effettivamente successo.

Ma come potevano riuscirci? Quel tipo non solo aveva dato la risposta sbagliata, ma aveva usato anche uno squallidissimo doppio senso. Vero, ma pur sempre squallido.

"Oh dannazione, avanzano delle caselle" lo sentì, ancora, per poi vederlo tirare su le spalle. "Le annerisco" concluse, prima di guardarsi di sottecchi attorno, per vedere se qualcuno lo stesse cogliendo in fallo mentre imbrogliava. Incrociò gli occhi azzurri di Louis e, piuttosto che sentirsi in imbarazzo, il tipetto tutto ricci gli sorrise da sbruffone, puntellando le sue guanciotte piene con due soffici solchetti.
A quel punto, però, fu Louis a sentirsi in soggezione, colto in flagrante per aver sbirciato nella sua direzione; perciò seppur inutilmente guardò altrove, avvicinandosi alle porte automatiche e costringendosi a non curiosare ulteriormente dalla parte di quel ragazzetto.

Per una settimana aveva preso la metro alla stessa ora, aveva dopotutto ancora la scusa dell'automobile rotta.

Giovedì, così, si mantenne vicino alle porte automatiche, ma il tipo coi ricci era ancora lì, a fare il suo stesso tragitto e a scendere a chissà quante fermate dopo la sua, forse diretto a scuola o all'università. Seduto scomposto e con le spalle curve fasciate dal suo cappotto, Louis non si accorse quando ciò fosse accaduto, ma a metà viaggio se lo ritrovò nei posti a sedere vicino a lui, ancora con quel giornale davanti al naso e il sorrisetto vispo, che lui poteva osservargli di profilo.

Questa volta, la curiosità di Louis venne spiazzata da un 15 verticale: "affermazione di successo". Louis sentì il sudore freddo correre lungo la schiena. Sperò che la prima volta, il giorno precedente, avesse capito male, ma quando il tipo "Ah, sì, gemito" esclamò estasiato, Louis non ebbe più dubbi: era troppo vicino a lui, per poter cullarsi nella menzogna di aver udito male. Ancora.


Venerdì, Louis si sedette, impegnato a studiare un discorso da fare per la riunione del pomeriggio con i soci. Il tipo tutto ricci, quel giorno, era distante. Ma quando il vagone si fece più vuoto, Louis allungò le orecchie e lo sentì: "35 orizzontale: là, dove non giunge il Sole".

Alzò gli occhi al cielo.

"Questa è facile" esclamò il tipo.

Non. poteva. crederci.
Lunedì, si sedettero vicino. Dopo un lungo fine settimana in cui entrambi avevano vissuto la propria, distante, vita. Il ragazzino tutto ricci gli avanzò perfino un sorriso, al quale Louis aveva risposto con un cenno, prima di sedersi accanto a lui. Non che fosse una sua iniziativa, per carità! Quella era l'ultimo posto rimasto libero.
Quel Lunedì, fu un 32 orizzontale: "finale che non ammette repliche".

Louis si era torturato le labbra per tutto il tempo in cui attese la risposta maliziosa dell'altro, spizzando con la coda degli occhi il foglio grigio su cui egli scriveva.

Quel cruciverba non aveva nulla di corretto: sembrava vigere la regola dell'errore perpetuo. Si morse perfino l'interno delle guance, spazientito da quell'essere vivente che lo esasperava a suon di doppi sensi.
"Forse... orgasmo?" lo sentì optare, mentre faceva un tentativo puntellando con la penna sul foglio e sillabando la parola. Louis alzò gli occhi al cielo.

E che cazzo, no!

"Oh, ci sta... però non sono d'accordo!" commentò, girandosi verso di Louis per – forse? – ricevere la sua opinione in merito. Questo, invece, si alzò indispettito e si avvicinò alle porte. Benché per la sua fermata mancasse ancora mezzo tragitto.
Martedì, finalmente ultimo giorno senza auto, per Louis. Entrò nella metro alla stessa ora, sullo stesso vagone. Quel tipo era ancora lì. Come se lo attendesse. Lo vide sedersi compostamente, subito dopo averlo inquadrato vicino alle porte, desideroso forse che Louis gli si sedesse nuovamente vicino e che gli concedesse una seconda possibilità?
Louis sospirò e cadde nel tranello. Si sedette accanto al ragazzo, sistemando la propria valigetta tra le gambe.

Il tipo, in quel giorno autunnale, nascondeva i suoi bei ricci indomabili sotto un cappello di lana. Peccato, però, che quei riccetti fossero proprio l'unica eccezione che Louis gradisse. Ah no, c'erano anche le fossette.

Il cruciverba a sfondo sessuale, comunque,  (cosa che invece detestava perché capace di imbarazzarlo) non si fece attendere molto.

A un 16 verticale, però, Louis non seppe più come trattenersi: perché "Nel mezzo di gambe"  fu subito seguito da un sussurro che solo lui poté udire "pene".

Louis strinse i pugni ma rimase seduto. Palesemente stizzito, lo sentì ridacchiare. Quanto gli urtavano le persone, santissimodio!

Fu un 18 verticale, quel giorno: "Non è un lavoro di mano" al quale, tutto contento, il tipo affermò: "fellatio, ci sta! Che fortuna" spingendolo ad alzarsi, frustrato, dopo avergli lanciato un'occhiataccia.

Si sentiva un gran coglione, perché, insomma, era lui che andava a ricercarlo ed era sempre lui a essere curioso di vedere fino a che punto potesse abbassarsi quella sua immaturità imbarazzante.

Prima di scendere, Louis gli lanciò un'altra occhiataccia. Lo vide chiaramente mentre lo salutava con una mano e un sorriso sghembo dipinto sul viso gioviale. E Louis quasi inciampò tra lo spazio vuoto della metro e il pavimento, a causa sua.

Evitata la caduta, si maledì promettendosi di non prendere mai più quel mezzo infernale, fatto di tipi astuti pagati probabilmente dal Demonio in persona per coglierlo nella dannazione.

Eppure sappiamo benissimo che Louis tornò il giorno dopo in quella metro, in quel vagone, a quello stesso orario. E sappiamo anche il motivo, ora. Ma quando si avvicinò al ragazzo e gli si sedette affianco, quel Mercoledì, Louis acciuffò il giornale strappandoglielo dalle mani lunghe e affusolate, come se ci fosse della confidenza tra loro, benché non avessero mai parlato.

Lesse il cruciverba, alla ricerca di qualcosa di utilizzabile.

Ci mise il tempo di un mezzo tragitto da una fermata all'altra, ma quando trovò quel 17 orizzontale, il viso gli si illuminò birichino: "lo fa chi arruffiana il prossimo per i propri scopi". Il tipo tutto ricci, d'altro canto, lo guardava incuriosito e con un mezzo sorrisetto soddisfatto. Louis lo vide con la coda dell'occhio, e si sentì turbato dal modo in cui quelle iridi verdi lo stavano fissando giocose o come quelle labbra increspate, morse dai denti, attendessero la sua mossa.

Poi scrisse: RIMMING. Ovviamente, era sbagliata. Ovviamente, Harry avrebbe gradito. Così Louis gli riconsegnò il giornale, attendendo col capo dritto e il collo rigido la reazione. Lo sentì ridere di gusto e, senza sapere perché, si rilassò sorridendo divertito e inorgoglito.

"Piacere, Harry" gli avanzò una mano. Louis la fissò: era questo che voleva, no? Ci aveva pensato tutta la notte. "Louis" rispose, stringendogliela e andando finalmente contro a tutte le sue fobie.

"Ti va di aiutarmi con le prossime?" gli chiese Harry. Louis sorrise allietato "Con piacere" soffiò.

Due settimane dopo, in quel tragitto di mezz'ora, loro erano ancora lì. Due settimane dopo, Louis ebbe il coraggio di fare la sua richiesta.

"Se indovini il 15 verticale, ti invito a cena".

Harry chinò il capo sul cruciverba, mordendosi le labbra con gli occhietti posseduti dalla frenesia di trovare quel dannato quindici verticale: doveva azzeccarlo perché voleva andare fuori a cena con Louis. Louis si sentì rilassato ed eccitato al tempo stesso.

Quando Harry lo trovò, scoppiò a ridere leggendo ad alta voce: "Grosso serpente".

E sul giornale, tra quelle caselle, andando oltre quelle consentite, Harry scrisse: "Spero il tuo, Louis".


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