XVI.I -Sbavature-
*Nobody puts Baby in a corner*
Ho solo una precisazione da fare su quello che sarà l'ultimo capitolo della Terza Parte: Eros
Lo so, Trastevere non è mai deserta, nemmeno alle quattro del mattino di una notte artica di dicembre. Licenza narrativa, abbonatemela ;)
Spero sinceramente che non molliate la presa alla fine del capitolo, vi dirò di più, sta stupendo anche me perché avevo iniziato a scrivere il capitolo con un obiettivo che poi però è cambiato. E' ciò che più mi piace di questa passione. Che poi più che passione la definirei <estensione>, perché la scrittura non è altro che questo per me: un'estensione della mia persona, delle mie dita, una concretizzazione della mia fantasia. E della mia vita.
Il telefono le vibrò tra le mani, non ci fu bisogno di sbloccare lo schermo per leggere il messaggio.
Leonardo: Dove ti trovi?
Sì guardò intorno: la cameriera, un gruppo di universitari che cantavano in coro, un paio di ragazze che scrivevano al cellulare.
La luce giallognola del pub e l'odore forte di birra la circondavano.
***
La porta del pub si aprì con uno scampanellio e Dennis si voltò di scatto, sul malgrado sperava che quell'idiota tornasse.
Un drink entrò nel suo campo visivo, alzò gli occhi sul cameriere e lo ringraziò con un cenno.
Gli faceva anche schifo il margarita.
Perché non si trovava sul divano assieme a Giulia e Azzurra a sbavare su Heath Ledger in 10 cose che odio di te?
La vera domanda era un'altra: era forse dispiaciuto per aver offeso quel tipo?
Sinceramente dispiaciuto?
Forse sì. Forse era stato troppo acido con lui.
Forse era stato stronzo in maniera gratuita.
Forse.
Forse avrebbe fatto bene a chiedere scusa.
Anche se lo aveva già fatto.
Forse no.
Nah.
Fissò ancora qualche secondo il drink, dopo di che si alzò dallo sgabello e si diresse verso il centro del locale.
***
Gli occhi di Mirko erano sconfinati.
Si stavano guardando, c'erano solo loro per Roma a quell'ora della notte.
Ogni tanto si sentiva qualche risata o qualche sbadiglio provenire dal lungo fiume, dai locali mezzi vuoti, dalle strade avvolte dalla foschia.
Stavano passeggiando in silenzio.
Perché non l'aveva baciata?
Ci aveva ripensato?
Non riusciva a smettere di chiederselo ,quella domanda se ne stava lì sopra la sua testa come una nuvola scura in agguato dietro ad un cielo terso.
***
<<Oh mio Dio>>
Sospirò Giulia esausta.
Era sdraiata sul tappeto del salotto, ai piedi del divano a gambe aperte: le mutande appese ad una caviglia, Leonardo Mirzì sopra di lei.
Era arrivato al pub in una ventina di minuti, quella notte.
Aveva un pastrano nero sopra ad un dolcevita beige che faceva risaltare i capelli corvini.
L'aveva salutata dalla porta, facendole cenno di raggiungerlo: allora Giulia aveva pagato con le mani tremanti e svelta aveva seguito Leonardo fino alla sua macchina.
Le aveva chiesto che musica volesse ascoltare, poi senza dire nulla l'aveva avvicinata a sé e l'aveva baciata.
Erano entrati in casa incespicando, si erano slacciati i jeans e in un batter d'occhio erano finiti sul divano, mezzi nudi e avvinghiati.
Giulia aveva tenuto gli occhi chiusi tutto il tempo, concentrandosi per non pensare ad altro che al piacere che stava provando.
Si era sentita sexy, appagata nell'eco dei suoi gemiti mentre lo seduceva e lo avvolgeva con le cosce bianche come la luna che li spiava dalla finestra aperta.
<<Carino quello>> disse lui schiarendosi la gola.
Giulia tornò al presente, abbassò gli occhi sul tatuaggio e accennò un sorriso.
Leonardo poggiò il mento sulle dita.
<<Posso chiederti come mai hai cambiato idea?>>
Giulia fissò lo sguardo sulla finestra.
<<Su cosa?>>
<<Su...quello che vuoi da me>>
Pensò a Benedetto, a sua madre, alla sua vita.
Scosse la testa.
<<No.-gli rispose con un sorriso- Però stavo pensando che non sarebbe male farlo fuori dalla finestra>>
<<Cosa?!>>
Scoppiò a ridere.
<<Affacciata alla finestra, con le tette al vento e il freddo della notte nelle narici>>
Prese un respiro e sorrise, lo guardò.
Leonardo si tirò sui gomiti e guardò verso la finestra con la luce della luna intrappolata tra i denti.
Giulia osservò i muscoli delle braccia contrarsi mentre si alzava in piedi, sbandierando un fisico snello e prestante.
Le offrì una mano, allora Giulia la strinse e si lasciò tirare su.
In un attimo furono al davanzale: sentì le sue dita scorrerle sulla schiena, fino al collo, fra i capelli e poi di nuovo giù per i fianchi e tra le cosce.
Passò il resto della notte così: a riprendersi la sua libertà affacciata ad una finestra al primo piano, spogliata di ogni responsabilità e disillusione, piena di pagine bianche e sbavature sui bordi.
***
<<Non ho mai avuto tempo>> le disse Mirko, le lanciò un'occhiata mentre passavano davanti ad un albero: lui a destra e lei a sinistra.
<<Non ho mai avuto pazienza>>
Erano arrivati a Piazza Trilussa, ormai deserta e gelata.
<<Sai credo che fare l'incidente sia stata la cosa migliore che potesse capitarmi>>
<<Ah sì?>>
I loro passi riecheggiavano addosso alle insegne accese e alle saracinesche abbassate a metà.
Azzurra si guardò intorno e si rivide lasciare il Sottosopra e Leonardo Mirzì di gran carriera.
Lui le aveva detto che voleva studiare la paura delle persone di innamorarsi.
Lei gli aveva detto che non aveva paura dell'amore, anzi era forse la cosa che voleva di più al mondo.
Guardò Mirko che le stava parlando seduto uno scalino più giù rispetto a lei.
Il rumore della grande fontana alle loro spalle cullava quel pensiero.
Non si ha forse paura della cosa che si desidera di più al mondo?
<<Tutto ok?>> le domandò.
Azzurra scosse la testa e alzò le spalle.
<<Perdonami, mi sono distratta, stavi dicendo?>>
<<Dimmi se ti sto annoiando eh, non farti problemi>> scherzò lui, ma i suoi occhi dicevano il contrario.
<<Non mi stai affatto annoiando, sono io che ho sempre problemi a stare nel presente>>
<<Viaggi di fantasia>> constatò con un sorriso, Azzurra avrebbe tanto voluto che fosse una cosa positiva.
Ma non era proprio così.
Scese di uno scalino per sedersi più vicino a lui: sperava che così facendo sarebbe riuscita a non dare spazio ai suoi pensieri di rovinare sempre tutto.
<<Stavi dicendo? Ti prego ricomincia>>
Il suo profumo era buonissimo, dolce e fresco come i cornetti alle tre di notte.
<<Stavo solo dicendo che in quegli istanti, mentre volavo a tutta velocità e la moto si schiantava, non ho avuto il tempo di pensare nulla. Nulla. Non è vero che ti passa la vita davanti, non capisci nulla e poi ti ritrovi per terra che tremi come una foglia con la vita ancora addosso. Forse tutta addosso per la prima volta. E il tempo ce l'ho invece, eccolo. Ho il tempo per riflettere sulle mie scelte, per non lasciare che la vita mi scivoli addosso, posso attraversarla. Ecco mentre rotolavo sull'asfalto anche la mia vita è cambiata da così a così>>
Concluse facendo vedere il dorso della mano e poi il palmo.
<<Mi piace un casino prendermi del tempo>> aggiunse a voce più bassa.
Si ritrovò agganciata ai suoi occhi senza sapere cosa rispondere, finché non fu lui a distogliere lo sguardo.
Era una cosa profonda, ecco cosa aveva capito di lui: era profondo.
Ma non profondo come i discorsi che si fanno sulle sedie di plastica nelle serate di agosto, no.
Era profondo come i pensieri che non si ha il coraggio di dire ad alta voce, era profondo come i respiri che si prendono per riemergere dal buio delle notti insonni, era profondo come l'orizzonte in cui si ripongono sogni e speranze e come i desideri che si esprimono davanti ad una candelina accesa mentre tutto attorno c'è rumore e dentro di te solo una voce.
<<Io invece ci sono sempre stata larga dentro al tempo: era vuoto e lo riempivo da spettatrice. Disegnavo, osservavo e immaginavo. Ma ripensandoci adesso non ho idea di come abbia fatto a resistere tutti questi anni senza momenti come...questo>>
Abbassò gli occhi, sentì le ciglia fredde sulle guance e il cuore battere più forte.
Le loro braccia si sfioravano e il rumore dei loro giacconi le ricordava quanto fossero vicini.
Lentamente si voltò verso di lui e Mirko fece lo stesso: con cautela alzò gli occhi nei suoi e si concentrò per metterli a fuoco.
Sembrava di guardare nel futuro.
Sembrava di guardare negli occhi dei propri sogni.
Sembrava di guardare negli occhi il tempo.
<<Che ne dici di un cornetto?>>
La domanda le uscì di bocca prima che potesse zittirla. Lei e la sua stupida voglia di sdrammatizzare.
Lui abbassò lo sguardo sulle sue labbra, poi sorrise stupito.
<<Ahm okay>> rispose portando gli occhi di fronte a sé.
Aveva sbagliato?
Cavolo ora avrebbe pensato che non lo volesse baciare.
Era stata una cretina.
<<Cornetto sia allora>> la incitò tirandosi in piedi.
Aveva rovinato tutto, lo sapeva.
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