XIII.II Silvano


*Nobody puts Baby in a corner*
Eccomi di nuovo! Sembra un miracolo, lo so.
Prima di lasciarvi alla lettura ho un quesito per voi: quale copertina preferite per la terza parte? Questa o quella nel capitolo precedente?
Vi aspetto nei commenti!!!


Erano seduti ad uno dei tavolini del bar, proprio quello su cui si era soffermata poco prima.

Mirko si stava portando una sigaretta alle labbra: gli occhi chiari posati sul palmo della mano che nascondeva la sigaretta dal vento.

Aveva appoggiato le stampelle al muro e teneva la gamba destra stesa sotto al tavolino rotondo, le sfiorava le scarpe.

Azzurra non capiva cosa sentiva.

Non era a disagio, quegli occhi la facevano sentire a posto, anzi, molto più a proprio agio di tante altre volte, ma sentiva una stretta allo stomaco come quando doveva dare un esame.
Lo sapeva benissimo cosa sentiva.

No, non è vero. Non è quello che credi. Ti stai solo esaltando perché hai una vita sociale di una lumaca e lui è il ragazzo che vedi più spesso.

Una vocina nella sua testa la corresse

Veramente il ragazzo che vedi più spesso è Leonardo, se ci pensi bene. O Damiano. Quando sei con loro non senti questa elettricità, come la chiami tu.

Non aveva tutti i torti.

<<Allora, come mai non si può entrare?>>

Domandò Mirko con un sorriso spigliato.

Il suo sorriso era più leggero del solito, adesso non cercava più di evitare il suo sguardo, anzi sembrava avere la schiena più dritta e gli occhi più accesi.

Era come se avesse cambiato inquadratura alla sua vita, sembrava che fino a qualche tempo prima avesse una soggettiva su qualche problema o elemento disturbante, mentre ora se ne stava appoggiato alla sedia di acciaio con gli occhi allungati su un campo lunghissimo.

Azzurra si concentrò sulla domanda.

Il cameriere arrivò a consegnare le ordinazioni: un caffè amaro per lui in una tazzina bianca e un ginseng per lei in un bicchierino di vetro.
Il tavolino era di quelli con una gamba più corta delle altre e per questo rischiavano ad ogni mossa di far rovesciare tutto.

Azzurra osservò il cameriere da fuori grazie alla vetrina incisa di scritte dorate sul menù e sulla storicità del locale, riportò lo sguardo su Mirko.

<<Ero giusto andata via quando ti ho braccato>> cominciò, sperò che lui non ricordasse di averla vista in confidenza con Leonardo.

<<Ero andata via perché quando sono arrivata ho sentito Ilaria insieme a Renato>>
Mirko scattò in avanti, verso di lei: gli occhi svegli spalancati e la tazzina del caffè con dentro il naso.

<<Oddio, stavano facendo cose?>>
Azzurra abbassò gli occhi, scoppiò a ridere.

<<No, non credo. Comunque sembrava che volessero stare soli>>
Mirko gustò il resto del caffè con un'espressione compiaciuta della bocca.

<<Hai capito Renatino e Ilaria>>

Le lanciò uno sguardo e ammiccò con un sopracciglio, la fece ridacchiare.

<<Stavo pensando>> disse Mirko, si allungò sullo schienale, lasciando stesa la gamba fasciata, tirò fuori il portafoglio e lasciò una banconota sotto al piattino.

Azzurra sentì la voce di Dennis nella testo Ecco che ti propone una cosa porno, eccolo!

<<Possiamo riprendere le lezioni di Sabrina, che ne dici? Io non posso ballare, ma magari troviamo qualcosa da fare, no?>>

Sempre Dennis nella sua testa oddio così ti guarda ballare e ti spoglia con gli occhi dagli spalti!

Il tono con cui aveva proposto la cosa era spicciolo, spigliato, ma gli occhi che incontrarono quelli di Azzurra erano incerti.

Sembravano nascosti dietro alle ciglia, intenti a sondare le sue espressioni senza mostrarsi troppo.

Azzurra mandò giù il nodo allo stomaco e annuì, gli sorrise.

<<Certo, sì. Per me non c'è problema.>>
 se vuoi spogliarmi. Con gli occhi. DENNIS ESCI DAL MIO CERVELLO!

<<Però, ecco, non posso darti un passaggio perché ancora non posso guidare. Ma posso venirti a prendere in autobus>> sfoggiò un sorriso e Azzurra temette di aver spalancato la bocca.

Si schiarì la voce raccogliendo la propria borsa da terra.

<<Mhmh. Per me va bene>>
Altroché se andava bene.

Si alzò, aggiustò il cappotto e guardò il cielo nebuloso.

Dall'altra parte della strada una figura esile e incappucciata si dirigeva proprio verso il Porto.

Le treccine rosse la fecero sussultare.

Era Damiano, le si strinse il cuore: e se avesse visto suo padre assieme ad Ilaria?

Sbirciò verso il loro lato della strada e Azzurra si rese conto a malincuore che aveva accelerato per loro.

Guardò Mirko: lui si stava rimettendo sulle stampelle, ma dall'espressione che aveva si era accorto anche lui di Damiano.

Fissò la schiena del ragazzo che si allontanava, afflosciò le spalle e poi spostò gli occhi su di lei.

<<Abbiamo una missione>> gli disse.

Dovevano assolutamente salvare la situazione.

Non poteva permettere che Damiano lo scoprisse in quel modo.

Mirko però non rispose, guardò oltre le sue spalle con aria torva.

<<Ah sì? Sono la mia specialità!>> si sentì dire, ma non era stato Mirko.

Azzurra strinse i denti e quando si voltò non aspettò neanche di vederlo in faccia per parlare.

<<Leonardo, che ci fai qui?>>

Il sottotesto era: che diavolo sei tornato a fare, brutto idiota?

Lui scrollò le spalle e porse la mano a Mirko.

<<Niente, volevo salutarti>> le fece l'occhiolino e poi si rivolse a Mirko.

<<Piacere, sono Leonardo>>
Mirko appoggiò il gomito sulla stampella per non farla cadere e cercò di ricambiare la stretta.
<<Mirko>>
<<Bene>> sottolineò Azzurra.
I due si stavano ancora guardando.
Leonardo con il suo cappotto da detective Conan da un lato, Mirko con il suo giubbotto da Renegade dall'altro.
<<Adesso che mi hai salutato puoi andare, abbiamo da fare>>
Lo guardò così male che perfino il piccione che era dietro di lui volò via.
Un'occhiataccia della serie: se non ti levi di torno ti faccio rimpiangere il giorno in cui sei nato.
Mirko fece un passo indietro: il vento infilato nel giacchetto slacciato, la stampella ad indicare la direzione di Damiano.
<<Posso pensarci io a lui, tranquilla>>
Non poteva perdere altro tempo.
<<Vengo con te>> disse lei, proprio mentre Leonardo si metteva in mezzo.
<<Grazie! Fantastico, amico>>
Mirko spostò lo sguardo da lui a lei, asserì col capo per tranquillizzarla e si avviò.

***

Azzurra non attese un secondo di più: girò sui talloni e gli puntò un dito contro.
<<Te lo dico io come finisce l'esperimento antropologico, brutto idiota di un decerebrato: che il ricercatore rimane solo come un deficiente! Sei un imbecille! Un imbecille totale>>
<<Figurati>> fu la sua risposta.
Se ne stava con le mani in tasca, il cappotto stretto al corpo snello e i capelli scompigliati dal vento freddo.
Gli occhi marroni sotto un'espressione furbesca, intoccabile.
Il cameriere di prima era tornato a ritirare le tazzine e i soldi, si affacciò tra loro: la mano bianca e affusolata con la banconota appesa alle dita.
<<Signorina, lo scontrino>>
Azzurra lo afferrò senza staccare gli occhi dall'antropologo.
<<Sparisci>>
Il cameriere sgambettò via terrorizzato.
Leonardo alzò le mani e così fece.

***

Damiano gli riconsegnò l'accendino.
Erano seduti ai piedi dell'ingresso del Porto.
Mirko era riuscito a raggiungerlo per un pelo.
Certo se non ti fossi fermato ogni due secondi per sbirciare Azzurra con quel Leonardo ci avresti messo meno
<<Grazie>> gli disse, si accese la sigaretta e buttò fuori il fumo con le braccia sulle ginocchia.
Mirko guardava il cielo plumbeo: stormi di rondini ci volavano dentro, appesantiti dall'umidità e dal grigiore di quella giornata.
La verità era che stava cercando di guardare ovunque tranne che Damiano.
<<Lo avevo capito>> aggiunse il ragazzo.
Mirko prese un tiro e si passò una mano tra i capelli sudati: aveva fatto una corsa su un piede solo per fermarlo.
D'altra parte lo capiva fin troppo bene: aveva fatto la stessa cosa un'ora prima sul ponte, aveva attraversato facendo di tutto per non vederla con quel Leonardo, ma era stato impossibile da evitare.
Aveva fermato Damiano dicendo la prima cosa che gli fosse passata per la testa.
La prima cosa vera, almeno.
Non era mai stato bravo ad improvvisare.
<<Ti piace Azzurra>> aveva semplicemente detto.
Era all'altezza della svolta, dietro l'angolo Damiano saliva lo scalino su cui erano seduti ora.
Il ragazzo si era fermato: aveva abbassato gli occhi sulla maniglia antipanico che stava stringendo e poi aveva lasciato cadere le dita nel vuoto.
<<Sì>> aveva detto in un soffio, poi aveva sorriso e si era seduto sullo scalino.
<<E piace anche a te>>
Aveva concluso.

***

Azzurra si affrettò sul marciapiede.
Sperava davvero che quella improvvisata di Leonardo non avesse rovinato tutto.
Tutto cosa, poi? Non c'è niente fra te e Mirko
Ricordò a se stessa.
La nostra amicizia, ovvio. Se Mirko dovesse credere che Leonardo è il mio ragazzo non sarebbe mio amico per codice d'onore tra maschi
Codice di che? obiettò la sua coscienza
Niente. Lascia perdere. sbuffò.

Il marciapiede era disseminato di carte di giornali trasportati in giro dai mulinelli di vento.
Le correnti si incontravano alla svolta, ognuna da direzioni diverse: un furgone marrone era parcheggiato a cavallo del marciapiede con le doppie frecce lampeggianti, il corriere stava controllando qualcosa sul suo palmare, appeso al portellone spalancato come tarzan.
La rotonda era deserta: le nuvole avevano coperto quel fazzoletto di cielo e i pochi passanti se ne stavano stretti nei cappotti con la testa incassata nelle sciarpe.
Azzurra diede uno sguardo alle insegne ingiallite dal tempo e dopo aver preso un respiro svoltò: Mirko e Dennis erano seduti ai piedi dell'ingresso che si smezzavano una sigaretta.
Mirko con una mano tra i capelli mossi, Dennis con i gomiti poggiati alle ginocchia.
Le treccine rosse attaccate alla testa la facevano sembrare smisuratamente più piccola rispetto al corpo.
Azzurra dedicò più attenzione a Mirko: lui aveva alzato gli occhi su di lei e la sua espressione era cambiata, si era raccolta nello sguardo con un che di indecifrabile.
Era come se guardasse verso di lei come si guarda verso il mare aperto.
Una folata di vento la spinse verso di loro, Mirko accennò un ammiccamento per farle capire che la missione era compiuta.
Fu in quel momento che la porta dietro di loro si aprì e Azzurra temette il peggio: spalancò gli occhi, Mirko si irrigidì sul posto, l'unico a voltarsi fu Dennis.
<<Stai fumando, signorino?>> la voce calda di Ilaria ruppe il silenzio.
Dennis mentì spudoratamente.
La donna si spostò da davanti l'ingresso e sorrise ai tre.
<<Allora? Entrate?>>
Dennis saltò in piedi e lanciò un'occhiata di sottecchi a Mirko e Azzurra, poi sorrise alla madre e scomparve dietro la porta a vetri.
Azzurra e Mirko si guardarono, il ragazzo le fece segno di passare per prima.
<<Grazie>> gli rispose regalandogli un sorriso, si voltò continuando a camminare all'indietro.
Mirko chiuse la porta dietro di sé.
<<Diffida di chi dice che la galanteria è morta>> le disse con un ghigno.
<<L'unico che mi apre le porte ormai è il mio amico Dennis. Che è gay>>
Scoppiarono a ridere.
<<E io>> la corresse lui.
Si guardarono, sospesi.

Nel corridoio erano rimasti solo loro e le scatole di Ikea, per cui Azzurra andò a sbattere col polpaccio contro una di loro, imprecò tra i denti per il dolore mentre Mirko l'afferrava per i polsi.
<<Attenta!>>
Strinse gli occhi per il dolore e quando li riaprì si rese conto di quanto fossero vicini: Mirko la teneva ancora stretta per le braccia.
<<Grazie>> disse per la seconda volta.
Lui rimase in silenzio qualche attimo di troppo.
<<Figurati>> rispose e la lasciò andare.

                                                                           ***

<<Che diavolo ci fa quel coso in casa mia?>>

Chiara era rimasta con il piatto di pasta a mezz'aria.

Flavio era appena rientrato, lei stava giusto apparecchiando per il pranzo, se non fosse stato per il pappagallo grigio che aveva sulla spalla.
Flavio aveva un sorriso da orecchio a orecchio.

<<Ti piace? E' un cenerino addestrato a mano, si chiama Silvano!>>
Chiara fissava quattro paia di occhi agghiacciata.

<<Perché, Flavio, hai un pappagallo sulla spalla?>>
Si portò una mano al pancione, dopo aver fatto sbattere il piatto sul tavolo da pranzo.

<<Silvano>> disse il pennuto.

<<Parla?!>>
<<Parla?!>> esclamarono i due all'unisono: Flavio entusiasta, Chiara atterrita.

L'uomo aggrottò le sopracciglia sugli occhi cerulei, si avvicinò alla compagna, ma si mantenne a distanza quando la vide saltare dallo spavento.

<<Tesoro, lui è la mascotte del Porto! Siamo in un porto di mare, con dei pirati! Vuoi che non ci sia un pappagallo parlante? E' stato un affare>> si pavoneggiò.

Chiara assottigliò gli occhi.

<<Vuoi tenere davvero questo povero pappagallo?! Lo sai che questo emisfero non è il suo habitat naturale? Lo sai che ne soffrirà? Vuoi davvero tenerlo tutta la vita chiuso in una gabbia lontano dai suoi simili? Quanto ti è costato l'affare? Lo sai che fra un paio di mesi nascerà tuo figlio? Te lo ricordi, almeno questo?!>>

Flavio afflosciò le spalle, Chiara abbassò gli occhi sul piatto vuoto, lo prese tra le dita e lo ripose attraversando la cucina come un fulmine.

<<Credo che oggi pranzerò da sola>> sentenziò infine.

Flavio, completamente dimentico dell'animo animalista della compagna, si scambiò uno sguardo con Silvano.

<<Silvano>> disse di nuovo con la voce gracchiante tipica dei pappagalli.

<<Andiamo in ufficio Silvano, ti faccio vedere dove lavoriamo>> disse mogio, si fermò sulla porta per poi voltarsi verso la compagna: i capelli legati in una crocchia arruffata, il pancione che le impediva di avvicinarsi al tavolo rotondo.

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